“ La
casa dalle finestre che ridono”, forse qualcuno lo ricorda,
è il
titolo di un vecchio film simil-horror di Pupi Avati, e non c'entra
nulla né con l'argomento né coi toni di questa
fanfic. Era
semplicemente il titolo che mi sembrava più significativo,
per
tutt'altre ragioni.
I
due titoli secondari dei capitoli, invece, sono rispettivamente
quelli di una canzone di Frankie Valli, il primo, e delle Weather
Girls il secondo, piuttosto famose, che mi sembravano altrettanto
calzanti anche ritmicamente.
La
storia segue il filone della serie di “Balena”, e
in particolare
si rifà a “Family Man”, sia
perché è ambientata poco dopo, sia
perché riprende un po' quello che era il fulcro di quella
fic,
l'importanza capitale del benessere e dell'allegria dei suoi figli
per Sasuke. Credo, però, che possa essere letta anche
indipendentemente da esse.
Mi
rendo conto che formalmente sembra – è - una fic
un po' mal
riuscita, su di toni, con dei cambi di ritmo bruschi. In
verità, ha
qualche cosa di sperimentale. Ho cercato di mescolare nella scrittura
più generi diversi – la commediola romantica, la
comicità, il
dramma, un po' di sana demenza e un filo di lirismo verso il finale.
Il risultato d'insieme è discontinuo, poco coerente e per
nulla
credibile, e me ne scuso. Spero comunque che non sia una lettura
completamente spiacevole.
A
presto.
La
casa dalle finestre che ridono
I:
Can't take my eyes off you
“ Dunque,
credo di aver ricostruito quasi tutti i punti salienti della
vicenda...”
Sakura,
che stava finendo di lavare i piatti ed aveva le mani immerse nella
schiuma, si voltò con un mezzo sorriso verso la soglia della
cucina,
dalla quale era appena sbucato il figlio.
Itachi,
particolarmente arruffato quel pomeriggio, indossava le braghe di
tela e la maglietta slabbrata con cui era solito girare per casa,
attirandosi il muto rimprovero del padre che poco apprezzava la sua
aria spesso trasandata. Il suo visetto raffinato era aggrottato in
un'espressione assorta e concentrata, ma un po' contrariata a dir la
verità. Aveva nelle mani un blocco per gli appunti e una
matita, di
cui stava distrattamente smangiucchiando la sommità.
“ Di
che parli, tesoro?” lo interrogò Sakura
pazientemente, ormai da
lungo tempo abituata alle stranezze e le eccentricità del
suo
primogenito.
Itachi
era un ragazzino stravagante, pieno di piccole manie, a volte quasi
petulante, sempre molto assorbito da qualche attività cui si
dedicava con impegno, e ben conscio delle proprie molteplici
qualità.
Più cresceva, più la kunoichi lo scopriva
immensamente simile,
quasi identico al padre: a quel Sasuke che suo marito sarebbe stato,
se avesse avuto un'infanzia semplice e spensierata come quella che
aveva fabbricato al figlioletto.
Sì,
Sakura Haruno stravedeva per sua figlia Chiyo, la perla di casa
Uchiha. Ma il debole che aveva per Itachi era un legame ancor
più
viscerale, per certi versi, a volte meravigliosamente sconvolgente,
che resisteva intatto anche all'adolescenza di lui. Ogni tanto le
capitava di soffermarsi ad osservarlo, ammirata, e sentirsi colmare
dall'orgoglio al pensiero che l'aveva fatto lei.
“ Beh,
per la verità l'immagine d'insieme è ancora molto
frammentaria,”
continuò il ragazzino, che aveva la peculiare abitudine di
non
badare talvolta alle risposte della gente e continuare a parlare
quasi per conto proprio – sproloquiando, esattamente come il
padre.
“Non è stato affatto facile entrare in possesso di
tutte queste
informazioni, sai?” concluse, sollevando finalmente gli occhi
neri
e ridenti su di lei.
Sakura
chiuse il rubinetto, incuriosita.
“ Cioè?”
l'interrogò.
Itachi
tornò a posare lo sguardo sui suoi appunti.
“ Ricapitoliamo:
tu ti sei invaghita di Sas'ke intorno ai sei o sette anni, mi avevi
detto, e correggimi se qualcuna delle mie nozioni ti sembra errata.
Dapprincipio non hai fatto proprio nulla, perché eri molto
timida e
non ti facevi valere.” Itachi s'interruppe quasi di scatto,
sbattendo gli occhi e arricciando le labbra pensosamente.
“Stento a
crederlo, questo. Comunque,” riprese, “dopo
è successa la
Tragedia, e a quel punto a Sas'ke non importava nulla né di
te nel
del resto del mondo. L'hai corteggiato inutilmente per anni e quando
ne avevate dodici lui se n'è andato via e ha fatto qualche
sciocchezza.” Nonostante fosse sbigottita dalla piega che
aveva
preso la conversazione, Sakura a quel punto si lasciò
sfuggire un
sorriso, intenerita da quella gentile definizione dei madornali
errori commessi dal padre, certamente formulata in virtù
dell'amore
che Itachi gli portava. “E' tornato che avevate tra i sedici
e i
diciassette anni. Tutto esatto, fin qui?”
Itachi
la guardava nuovamente, trepidante, e Sakura si umettò le
labbra,
rimaste fino ad allora socchiuse per la sorpresa, e ancora
intorpidita annuì. Poi aggrottò la fronte e si
poggiò la mano sul
fianco in posa non del tutto rassicurante, scagliandogli un'occhiata
scherzosamente severa.
“ Che
stai combinando, si può sapere?”
domandò.
Itachi
scrollò le spalle, ritratto assoluto dell'innocenza.
“ Niente.
Mi informo.” Si schiarì la voce, riprendendo a
scorrere i suoi
scritti. “Zio Naruto dice che a quel punto Sas'ke era molto
depresso e apatico e scostante. Per un anno e qualcosa è
stato
sottoposto a sanzioni severissime da parte del Consiglio e
dell'Hokage, poi la sorveglianza su di lui è andata
allentandosi ed
è stato reintegrato come chuunin a diciotto anni. E a quanto
pare,
pochi mesi dopo, a diciannove anni, vi siete fidanzati.”
La
voce del ragazzino era andata decrescendo sulle ultime parole, a mo'
di chiosa, e quando s'interruppe abbassò direttamente il suo
blocchetto e tacque con aspettativa.
“ E'
esatto,” confermò Sakura esterrefatta.
“Come hai saputo tutte
queste cose?”
Itachi
raddrizzò il capo, fiero.
“ Ho
le mie fonti,” annunciò, con un fare d'importanza
che le strappò
una risata.
“ Bene,
signor misterioso,” commentò poi la madre,
“se volevi sapere se
sei ben informato, la risposta è sì. Ora
sarà meglio se ti dedichi
a qualche attività un po' più produttiva, come
riordinare camera
tua,” intimò, velatamente minacciosa.
“ No,
invece!” protestò Itachi animandosi.
“Manca tutto un pezzo!
Siamo rimasti a che papà non ti si filava di striscio, poi
se n'è
andato, poi era depresso e poi vi siete fidanzati!”
“ E
dunque?” lo stuzzicò Sakura, divertita.
Itachi
sbuffò contrito, imbronciandosi, infine sospirò
pazientemente e la
guardò dritta in faccia.
“ Vorrei
sapere com'è successo che papà di punto in bianco
si è rassegnato
a fidanzarsi con te,” annunciò, brutalmente
schietto.
La
madre sgranò gli occhi verdi, indignata.
“ Itachi!”
protestò con veemenza. “Tuo padre non si
è affatto... Razza di
moccioso insolente!” sbraitò, lanciandogli contro
un cucchiaio.
Il
ragazzino si chinò per schivarlo e scoppiò a
ridere di gusto,
rivelando la propria burla.
“ Sto
scherzando, sto scherzando,” si affrettò ad
aggiungere, vedendo la
madre serrare i pugni sul punto di marciare verso di lui.
“Voglio
solo sapere com'è successo che vi siete
fidanzati,” aggiunse, più
gravemente. “E' importante. Sul serio.”
Sakura
abbandonò le intenzioni omicide e la postura aggressiva nel
vedere
sul suo viso una cristallina ed evidente serietà, quasi
espressione
di un bisogno.
“ Lo
vuoi sapere davvero?” chiese grave, sorpresa. Itachi non
aveva mai
mostrato grande interesse per quel genere di argomento.
Lui
annuì solennemente, senza perdere il contatto visivo, e
Sakura quasi
si emozionò.
Raccontare
a suo figlio da dove veniva. Com'era andata che lei e Sasuke fossero
arrivati un giorno a fare lui. Poi si mordicchiò un labbro,
incerta.
“ Non
sono sicura che Sas'ke sarebbe molto contento se te lo
raccontassi,”
osservò, tentennante.
“ Perché?”
chiese Itachi, spiazzato.
“ E'
una storia piuttosto imbarazzante. Per lui.”
Non
aveva nemmeno finito di parlare che già Itachi si fiondava a
sedere,
incrociava le dita sul tavolo e la osservava con aria attenta e
diligente.
“ Sono
tutt'orecchie, mammina!” affermò angelico.
Sakura
scoppiò a ridere di nuovo.
“ Sei
una serpe, Itachi!” commentò, scompigliandogli
affettuosamente i
capelli, appena prima di sospirare con un sorriso. “E va
bene.
Allora, vediamo un po'... Sì. Vedi, cominciò
tutto quando Takao
Mikomi arrivò a Konoha...”
“ Takao
chi?” guaì il figlio, perplesso.
“ Takao,”
e Sakura sorrise colpevole, “era un giovane ambasciatore di
Kiri
che venne a Konoha per certe trattative pacifiche tra i nostri paesi.
Arrivò a metà primavera, io avevo appena compiuto
diciannove anni,
tuo padre ne aveva ancora diciotto, il team sette era stato
ricostruito da pochi mesi e tutto stava lentamente tornando normale.
Ed ecco comparire Takao...”
La
prima a vederlo era stata Ino. Stava sostituendo la madre in negozio
ed era intenta a cambiare certi fiori nell'espositore fuori dalla
porta, quando lo scorse con la coda dell'occhio.
Era
un bel ragazzo alto, slanciato, solido, con passo sicuro e spalle
larghe, un viso regolare e raffinato, occhi grandi, nocciola. E
capelli scuri e ribelli. Se non fosse stata già felicemente
fidanzata e innamorata di Shikamaru, probabilmente la vicenda sarebbe
andata del tutto diversamente, perché spregiudicata com'era
lo
avrebbe abbordato, lui sarebbe realisticamente caduto vittima della
sua algida bellezza e della sua grazia, e le cose avrebbero preso
completamente un'altra piega.
Ma,
appunto, Ino era persa del suo Nara personale, quindi si
limitò ad
osservarlo con innocenza, senza secondi fini e soltanto incuriosita
dal fatto che si trattasse evidentemente di uno straniero.
Così,
Takao proseguì indisturbato la sua marcia, raggiunse il
palazzo
dell’Hokage, si presentò alle guardie,
spiegò loro che Tsunade
hime lo attendeva certamente per un’udienza privata e, una
volta
che Genma ebbe confermato quell’affermazione, si fece
scortare a
destinazione.
Raggiunse
la soglia dello studio di Tsunade nell’esatto istante in cui
un’altra persona ne fuoriusciva: una ragazza giovane, dalla
pelle
chiara, la figura sottile e proporzionata e due straordinari occhi
smeraldini, perfettamente e sublimemente verdi. Dopo un istante di
vaga sorpresa, lei si fece da parte per cedergli il passo.
“ Dovete
essere il nostro ospite di Kiri,” azzardò
cordialmente.
Takao
annuì appena, sorridendole in risposta. Un sorriso breve,
appena
accennato e in qualche modo elegante. Senza nemmeno accorgersene
Sakura si ritrovò spontaneamente a ricambiarlo.
“ Esatto.
Sono Takao Mikomi, l’ambasciatore dell'Acqua,”
confermò lui, con
un remotissimo e secco cenno d’inchino.
“ Benvenuto.
Io sono Sakura Haruno,” ribatté lei, con una
riverenza più
evidente.
Poi
gli voltò le spalle per allontanarsi, lasciandolo dare
inizio al suo
colloquio. Non si accorse minimamente del suo sguardo interessato che
indugiava su di lei mentre si allontanava, perché Sakura da
sempre
aveva occhi per un solo ragazzo, un ragazzo che non aveva mai fatto
nulla del genere con lei e a stento le rivolgeva –
sgarbatamente –
la parola.
Si
limitò quindi ad uscire dal quartier generale e raggiungere
i
compagni di squadra, con ineccepibile puntualità, trovandone
ovviamente due su tre presenti, che Kakashi come al solito era in
ritardo.
“ E'
arrivato l'ambasciatore dal villaggio della Nebbia,”
annunciò,
senza particolare interesse.
Naruto
la guardò perplesso, certo dimentico del fatto che stessero
aspettando una simile visita, e Sasuke si strinse sinteticamente
nelle spalle.
“ Sembra
più giovane di quel che mi aspettassi,”
continuò lei, tanto per
parlare.
“ Che
viene a fare?” chiese Naruto, confermando di non saperne
nulla.
“ I
trattati di pace,” gli rammentò Sasuke, secco.
“Dobe,”
aggiunse, per completezza.
Naruto,
come da copione, s'inalberò immediatamente.
“ Sas'ke!”
sbraitò, come se fosse tornato tutto uguale a prima.
“Adesso ti
spacco quella testa piena di boria contro...”
Sakura
sorrise, guardandoli battibeccare agguerriti. Non era tornato tutto
come prima, per niente, perché Sasuke sanguinava pian piano
ogni
giorno, ma sembrava talvolta riemergere con più frequenza, e
questo
la rasserenava. Rimaneva distante e malinconico, perso in un suo
mondo personale che non doveva essere molto allegro e da cui si
ostinava a tener fuori tutti quanti, soprattutto lei. Ma, pensava, le
cose si sarebbero sistemate, anche se non l'avrebbe mai amata.
Poi
Kakashi fece la sua scenica comparsa, e tutto riprese il suo corso.
Fu
soltanto due giorni dopo che lo rivide. Doveva presentare a Tsunade
dei tabulati dell'ospedale e la raggiunse in ufficio bussando
debolmente, prima di fare capolino.
“ Permes...
Oh. Scusatemi,” si affrettò ad esclamare,
scoprendo la sua shisho
ad udienza con l'uomo di Kiri. Fece per battere in ritirata, ma
Tsunade la trattenne.
“ Sakura!”
chiamò. “Entra pure.”
La
kunoichi fece quanto le era stato detto, e si avvicinò con
un
sorriso vagamente imbarazzato.
“ Buongiorno,”
esordì. “Scusatemi per...”
“ Non
c'è problema,” la interruppe l'Hokage, mentre
Takao mormorava a
sua volta un saluto. “Stavo appunto liberando il nostro
ospite per
il pomeriggio,” aggiunse, tendendo la mano perché
lei le
consegnasse i documenti, cosa che Sakura si affrettò a fare.
“ Oh,”
sussurrò.
“ Hai
già visitato Konoha, Takao?” continuò
Tsunade, cortese.
“ Una
passeggiata, ieri pomeriggio, ma...” rispose lui, noncurante.
“ Forse
ti farebbe piacere una guida? La dottoressa Haruno non ha impegni,
oggi, e sono certa che non le dispiacerebbe accompagnarti,”
aggiunse, lanciandole un'occhiata indagatrice.
“ Ma
certo,” confermò lei, disponibile.
L'uomo
accennò un sorriso, appena pronunciato e un po' affilato ma
gentile.
“ Con
piacere, allora,” assentì.
“ Bene.
Vi lascio andare, allora,” concluse Tsunade, con una discreta
pila
di fogli davanti.
Takao
annuì, formale.
“ La
ringrazio, Hokage sama. Buon lavoro,” si congedò,
impeccabile.
“ A
più tardi, shisho,” mormorò Sakura,
prima di seguirlo verso
l'esterno. Quindi si produsse in un altro sorriso all'indirizzo del
suo ospite, solerte. “C'è qualche posto in
particolare che le
piacerebbe vedere, Mikomi sam...?”
“ Takao,”
la corresse lui, diretto. “Non è il caso di badare
a queste
formalità.”
Sakura
annuì, sollevata.
“ Benissimo,”
commentò, facendogli strada verso l'uscita del palazzo.
“E io sono
Sakura, allora. Pensi di voler vedere qualche posto in particolare,
Takao-san?”
Lui
sembrò ragionarci per qualche istante, assorto e serio,
mentre
guadagnavano l'esterno.
“ Non
so. Qual è il tuo posto preferito, Sakura-san?”
Lei
ristette, sorpresa, poi si immerse in una breve riflessione,
prendendo la questione sul serio, e sorrise di getto.
“ Sì,
c'è un posto. Andiamo.”
Takao
non fece domande sulla loro destinazione. Si limitò a
seguirla di
buon grado, e sebbene non fosse molto loquace ma piuttosto sulle sue,
Sakura notò che sembrava un ragazzo gentile ed attento. Le
cedeva il
passo e la trattenne con un gesto elegante quando, non avendoli
notati mentre gli spiegava l'organizzazione cittadina, Sakura
rischiò
di farsi travolgere da una torma di bimbetti che giocavano. Seppure
le sue risposte fossero sintetiche, non sembravano infastidirlo le
sue domande ma anzi, le accolse tutte di buon grado e ne rivolse
altrettante a lei, educatamente.
Sakura
scoprì che aveva ventidue anni, era jonin da quando ne aveva
quattordici, era stato ANBU nella sua terra e aveva ottenuto
l'attuale carica di rilievo per i meriti in missione. Anche i suoi
genitori erano shinobi, entrambi ancora vivi, abitavano in una
graziosa casetta poco distante dal mare. Lui aveva preso un
appartamento da solo l'anno prima, più vicino al quartier
generale,
gli piaceva leggere libri gialli, aveva una passione inconsulta per
il cioccolato - “Anch'io,” esclamò
Sakura con sollievo, perché
non sempre era facile pranzare con uno che non toccava lo zucchero
nemmeno a morire – ma non gli piacevano troppo i dolci in
generale,
e nemmeno era un grande abbuffone - “Nemmeno io!”
esclamò di
nuovo Sakura, con altrettanto sollievo perché non era sempre
facile
pranzare con un altro che ingurgitava qualunque cosa gli capitasse
davanti.
“ Cos'è
questo posto?” le chiese Takao quando furono arrivati a
destinazione.
Sakura
imitò la panoramica del suo sguardo, realizzando che
l'orario del
loro arrivo era particolarmente fortunato. Il sole iniziava a
tramontare rosseggiante, riverberandosi gentilmente sulla radura e
sulla foresta al di là di essa in un frinire di animaletti e
un
frusciare di foglie mosse dal vento. Sull'altro lato, i raggi
rimbalzavano sulle mura e i tetti di Konoha e la Montagna Sacra,
illuminandoli di riflessi lucenti.
“ Qui
sorgeva il monumento agli Eroi caduti per Konoha,”
spiegò,
indicando il punto in cui l'erba un po' alta celava ogni resto della
lapide. “E' andato distrutto due anni fa, durante la Grande
Battaglia. La ricostruzione è quasi ultimata, ma non
è ancora stato
trasportato qui.”
“ Oh,”
commentò unicamente Takao, riprendendo a guardarsi intorno.
“Che
bel posto. È così calmo e tranquillo, con questa
pace.”
Sakura,
annuì, sorridendo.
“ E'
sempre così. Per questo mi piace,”
confermò. “E anche perché
qui è cominciato tutto quanto. Quand'ero bambina, appena
formato il
mio team, il nostro sensei ci portò qui per sottoporci a una
prova e
vedere se eravamo all'altezza,” spiegò, cogliendo
il suo sguardo
interrogativo.
Takao
sorrise.
“ E
lo eravate?”
Sakura
rise tra sé, intenerita da quel ricordo.
“ Due
su tre. Naruto sbagliò tutto.”
Takao
sgranò appena gli occhi.
“ Naruto?
Uzumaki? Lo shinobi della Volpe?” chiese, sorpreso.
Lei
assentì, incuriosita da quell'appellativo.
“ Lo
shinobi della volpe?” ripeté.
“ E'
così che lo chiamano tutti, per via del bijuu immagino. Ho
sentito
parlare di lui. Dicono che sia un guerriero incredibile, il migliore
di tutti. Sarei curioso di vederlo in azione. Ed è un tuo
compagno
di team?”
Sakura
si strinse nelle spalle.
“ Sì...”
mormorò, sorpresa dalla consapevolezza della nomea che il
suo amico
doveva aver conquistato, e che pure immediatamente le parve ovvia.
“ Accidenti.
E l'altro chi è? Qualcun altro di forte?” aggiunse
Takao, con
nello sguardo il brillio tipico dello shinobi che ama parlare di
shinobi.
“ Oh...sì.
Probabilmente hai sentito parlare anche di lui,” rispose a
disagio,
distogliendo lo sguardo. “Sas'ke Uchiha.”
Gli
occhi già sorpresi di Takao si fecero ancor più
increduli.
“ Quello
di Oto?”
Sakura
aggrottò la fronte.
“ E'
uno shinobi di Konoha.”
Takao
annuì senza interesse, certo non cogliendo il suo cruccio.
“ Ho
sentito parlare anche di lui, sì. E della sua famiglia, che
è
stata...” s'interruppe, improvvisamente cauto.
“ Massacrata,
sì,” completò Sakura sbrigativa.
“ Mi
dispiace.”
Il
suo tono era rigido e sempre un po' brusco, nonostante i modi
cordiali, ma il suo sguardo trasmetteva partecipazione.
“ Già.”
“ Certo
che però è strano...”
continuò il ragazzo, assorto.
“ Strano
che cosa?” lo interrogò Sakura, incuriosita.
“ Se
sei la loro compagna di squadra, devi essere un osso duro anche tu,
ma non ricordo di aver sentito parlare di te,”
spiegò lui,
meditabondo. “Anche se, in effetti, la nostra terra
è così
lontana che non tutte le notizie arrivano. Naturalmente sappiamo
della guerra e dell'Akatsuki, ma senza dovizia di
particolari.”
Sakura
si strinse semplicemente nelle spalle.
“ Comunque
la nostra squadra si è sbrindellata abbastanza presto. Poi
sono
stata allieva di Tsunade...”
“ Dell'Hokage?
Cavoli.”
Sakura
ristette, sorpresa da quella considerazione insolita della sua
esperienza.
Takao
rimase fermo a contemplare il sole calante, la fronte corrugata,
l'espressione quasi austera per la concentrazione. Poi distese le
labbra in un'espressione saputa, allungando meccanicamente le dita a
strappare una fogliolina da un ramo.
“ Ma
certo,” mormorò grave. “Akasuna no
Sasori. Sei stata tu,
non è vero?”
Sakura
arrossì leggermente, sorpresa. Non si considerava davvero un
portento, per questo, ma Takao sembrava pensarla diversamente.
“ Veramente
non ero sola, e...” farfugliò.
“ Devi
esserlo davvero, una forza. Vorrei allenarmi con te, una volta, se
non ti dispiace,” aggiunse lui, deciso.
Sakura
sgranò appena gli occhi, lusingata.
“ Certo
che no!” emise con sorpresa.
Di
solito la gente si concentrava su Naruto. O su Sasuke. O su entrambi.
Raramente su di lei, se non come medico.
Poi
Takao si riscosse, scrutando il cielo che si scuriva.
“ Sta
rinfrescando. Vieni, torniamo indietro. Puoi sempre mostrarmi
qualcosa del villaggio, lungo la via,” propose, facendole
strada.
“ D'accordo,”
confermò Sakura. “E se vuoi c'è un
posto molto suggestivo che ti
posso far vedere, ma non è troppo vicino perciò
sarebbe bene avere
la giornata libera,” aggiunse, allietata. “La Valle
dell'Epilogo,
ti racconterò la storia.”
Takao
annuì, assorto.
“ Domani
sono impegnato tutto il giorno col vostro Consiglio... ma forse
dopodomani, se non sarai in missione..?” ipotizzò.
Sakura
scrollò la testa.
“ Credo
che la shisho preferisca che io faccia gli onori di casa,
anziché
rifilarti a qualche zotico mio collega,” commentò,
visualizzando
chissà come mai l'immagine di Naruto che trangugiava ramen.
“ In
effetti, la compagnia è piacevole.”
Sakura
ridacchiò imbarazzata, imboccando il sentiero.
“ Ma
piantala, scrofa!” protestò Sakura per la
millesima volta,
esasperata da una Ino particolarmente insistente. “Come te lo
devo
dire? È stata una normalissima escursione!”
“ Ceeerto...”
cinguettò l'altra. “Me l'immagino... Tu, lui, la
cascata, il
pranzo al sacco, gli uccellini...”
“ ...La
tua maledetta testa dura,” concluse Sakura seccamente.
“L'ho solo
accompagnato a vedere un posto tipico. È un ragazzo
simpatico, e
gentile, e poi è la shisho che mi ha detto di fargli da
guida,” si
difese, arrossendo.
“ E
tu la stai facendo molto, molto
coscienziosamente,” commentò
Ino impietosa, con malizia.
“ Oh,
ma insomma! Tu stai sempre a pensar male per qualunque cosa! Siamo
solo buoni amici, e comunque lui non è assolutamente ambiguo
con
me!”
E
questo, a dire il vero, Sakura non lo poteva proprio sapere.
Perché
nessun ragazzo era mai stato ambiguo con lei e nessuno l'aveva mai
corteggiata, eccezion fatta per l'imbarazzante tentativo di Rock Lee,
e l'unico ragazzo che lei avesse corteggiato non se la filava di
striscio. Perciò, in materia, Sakura era perfettamente,
assolutamente ignorante.
Altrimenti
si sarebbe resa conto che, per esempio, Takao non le aveva levato gli
occhi di dosso tutto il giorno. O che le aveva sorretto il braccio ad
ogni gradino, ad ogni rilievo del terreno con una dedizione toccante.
Avrebbe trovato per lo meno bizzarro che avesse insistito per
riempirle la ciotola al momento del pranzo o che le avesse colmato il
bicchiere d'acqua ogni volta che lei lo svuotava, immediatamente.
Si
sarebbe sorpresa anche di certi punti delle loro conversazioni,
magari. Come quando, a metà strada verso la Valle, Takao
aveva
distrattamente osservato:
“ Spero
che queste passeggiate non ti creino problemi.”
“ Che
genere di problemi?” aveva chiesto lei, perplessa.
“ Beh,
non so,” era stato il borbottio di lui. “Se hai un
fidanzato,
potrebbe non apprezzare che te ne vada per i boschi con un
altro.”
“ Ma
quale fidanzato,” aveva commentato innocentemente Sakura,
rabbuiandosi.
E
non aveva badato nemmeno al suo successivo sorriso.
A
lei Takao piaceva. La sua simpatia e la sua stima la lusingavano, e
le piaceva il modo in cui riuscivano a parlarsi semplicemente, senza
troppi imbarazzi. Lui non era molto diplomatico e neanche tanto
sensibile, alle volte, e riguardo alla propria vita tendeva a
lasciarsi appresso lacune notevoli e non tanti particolari,
poiché
decisamente schivo; in compenso era capace di investirla di domande e
di ascoltare ogni sua sillaba con quella considerazione che nessuno
le aveva mai tributato.
Era
rilassante. Aveva una bella voce e modi risoluti, ma non aggressivi.
La faceva ridere, e si ricordava quel che lei diceva. Era contenta
all'idea di vederlo, perché sapeva che si sarebbe divertita,
ed era
tutto lì e non voleva pensare ad altro.
Le
insistenze di Ino la mettevano a disagio, e nemmeno lei sapeva bene
perché. Normalmente l'avrebbe liquidata con due strilli e
uno
spintone, ma ora si ritrovava ad arrossire come una bimbetta.
“ Io
non penso male affatto, carina, io constato,” la riprese in
quel
momento l'amica, altezzosa.
“ E
cosa staresti constatando?”
“ Che
tu flirti, bella,” sentenziò Ino con un risolino,
e lei si fece di
nuovo violetta. “Flirti, e questo è
bene.”
“ Ma
non è vero per niente!” si difese Sakura,
caparbia. “Lo
frequento come amico!”
“ Ah
sì? E dimmi, qual è la prossima in gita in
programma per la vostra
bella amicizia?” ridacchiò
perfidamente Ino.
“ Mpf.
Domenica pomeriggio lo porto in cima alla montagna degli
Hokage,”
brontolò lei. “C'è una magnifica vista
di lassù!” si difese,
cogliendo l'espressione dell'amica che si faceva sommamente
maliziosa.
“ Ma
ceeeerto!” trillò Ino, comprensiva. Poi
sospirò leggermente,
scuotendo la chioma bionda. “Senti, Sakura, guarda che io
sono
contenta. Non puoi continuare a sospirare per quell'altro e non avere
una vita.”
“ Ma
questo non c'entra nulla!” sbottò Sakura
innervosendosi.
“ Va
bene, va bene...” sospirò Ino senza insistere.
Fortunatamente
doveva andare a fare le visite in corsia, e Sakura poté
riprendere
fiato prima di raggiungere i compagni di squadra.
Non
aveva detto loro dell'intesa creata con Takao. Aveva semplicemente
spiegato che Tsunade le aveva chiesto di fargli la guida e che
perciò
gli avrebbe mostrato un po' i dintorni, senza dimostrare particolare
entusiasmo. Sasuke si era - stranamente - stretto nelle spalle,
Naruto aveva ridacchiato osservando che non un po' di fortuna avrebbe
potuto scroccargli qualche pranzo in giro.
L'idea
di accennare all'amicizia con lo straniero la metteva a disagio.
Sicuramente Naruto, dopo esser stato traviato dall'ero-sennin, le
avrebbe stracciato le scatole peggio di Ino. Quanto a Sasuke, sarebbe
stata doppiamente imbarazzata dal fatto che a lui non interessasse
minimamente, oltre al disagio di parlarne in sua presenza.
Non
che ci fosse qualcosa di cui parlare, ovviamente.
E
comunque non c'entrava con Sasuke. Non erano nemmeno fatti suoi, a
ben guardare.
“ Ciao,
Sakuraaaa!” starnazzò Naruto vedendola arrivare.
“Ti ho cercata,
ieri, volevo pranzare fuori... Dov'eri finita?”
“ Oh...io,
sai, dovevo fare da guida...”
“ All'ambasciatore,
ma certo!” concluse lui, ilare. “L'abbiamo visto
per strada,
l'altro ieri, vero teme?” aggiunse, dando di gomito a Sasuke,
che
in cambiò lo stecchì con un'occhiataccia.
“ Sì,
beh, e allora?” mormorò noncurante.
Naruto
rise di gusto.
“ Hinata
dice che sua sorella è rimasta fulminata!”
affermò divertito.
“ Da
quello lì?” smozzicò Sasuke annoiato.
“ Sì.
E dice che non è mica l'unica,”
continuò Naruto, che sembrava
trovare il tutto molto comico. “Dicono tutte che è
proprio bello.
E non è male credo, vero, Sakura?”
Lei
non ci poté fare proprio nulla, suo malgrado.
Sentì la vampata di
calore salirle dritta in faccia e seppe di essere arrossita come un
papavero.
“ B-beh,
sì...” cercò di dire con noncuranza.
Naruto
scoppiò a sghignazzare.
“ Haaa,
sei diventata tutta rossa!” commentò, con tatto
elefantiaco.
Sakura
fece per tirargli un cazzotto, ma non ne ebbe il tempo.
“ E
piantala di ridere, deficiente,” intimò Sasuke
esasperato,
mollandogli una manata da stordirlo. “Possibile che non
riesci a
smetterla di fare casino per dieci secondi?” aggiunse,
particolarmente incarognito.
“ Adesso
ti...” protestò l'altro, indispettito.
Ma
no, Naruto lo faceva apposta a non smetterla. Per lui, e lo sapevano
tutti e tre.
Forse,
però, in quel momento Sasuke era distratto da qualcos'altro.
C'era
un sole che spaccava le pietre. Naruto rantolava da dieci minuti,
rumorosamente, Shikamaru sbuffava senza sosta, Ino si lamentava
debolmente e Sasuke ruminava truce chiedendosi perché mai
dovessero
essere proprio loro ad occuparsi di andare a trasportare
metà degli
archivi da un capo all'altro del villaggio, di domenica pomeriggio,
dato che al quartier generale c'erano troppe scartoffie. Soprattutto,
perché proprio lui.
Per
fortuna, almeno Hinata stava zitta.
“ Oh-oh,”
cinguettò Ino interrompendo per qualche secondo la sua nenia
straziante mentre puntava un qualcosa poco distante. Naruto
seguì il
suo sguardo e sghignazzò piano, e quando Sasuke controvoglia
fece
altrettanto capì subito perché.
Stavano
chiacchierando animatamente, e camminavano fianco a fianco sulla via
del villaggio. Sakura gesticolava enfaticamente; si riusciva a
sentire vagamente il suono della sua voce accesa, e poi quella grave
del tizio di Kiri che si intrecciava alla sua con tono ironico.
Sasuke storse il naso, scrutandolo analiticamente. Non capiva proprio
cosa ci potessero trovare le oche, in quello lì. Era
l'individuo più
inutile e insignificante del mondo.
Poi
Sakura si mosse, con naturalezza, e le sue mani si appoggiarono sul
fianco del ragazzo di Kiri in uno spintone scherzoso, mentre lei
scoppiava a ridere. Gettava indietro la testa esplodendo nella sua
risata argentina e poi la chinava di nuovo in avanti, scossa dai
fremiti. Non la vedeva ridere così liberamente da tantissimo
tempo.
Da quando avevano dodici anni, e si sorprese di non essersene accorto
fino a quel momento, che com'era cambiato lui era cambiata anche
Sakura, ed era diventata una cosina un po' mesta e fin troppo
irritabile. Non era più stupida e frivola come allora,
sì, ma era
anche molto meno frizzante. In quel momento, invece, sembrava
ribollire di allegria genuina.
“ Ma
come ci divertiamo, mh?” cinguettò Ino con malizia.
“ Inoo...”
sbuffò Shikamaru pazientemente.
Lei
naturalmente lo ignorò.
“ Yuu-huu!
Sakuraaa!” chiamò cinguettando.
“ Yamanaka,”
sbuffò Sasuke truce.
Come
se non bastassero gli archivi da spostare a rovinargli la giornata.
Sakura
li aveva visti, ormai, e si avviava verso di loro seguita dal tizio
di Kiri.
“ Ciao,
ragazzi,” esordì incerta.
“ Sakura!
Non ci presenti il tuo amico?” replicò Naruto,
solare come sempre.
“ Ciaooo,”
trillò Ino facendole un cenno d'intesa, spudorata.
“ Ma...certo,”
fece lei, guardandola male. “Takao Mikomi, l'ambasciatore di
Kiri.
Questi sono Hinata Hyuuga, Shikamaru Nara, Ino Yamanaka... E Sas'ke e
Naruto, ti ho parlato di loro.”
“ P-piacere.”
“ Salve...”
“ Onoooratissima!”
“ E
così finalmente ci incontriamo! Sakura ci ha parlato un po'
di te,
vieni da Kiri, pensa un po' che viaggio lungo...”
“ Mpf.”
L'ultimo
saluto, per così chiamarlo, quello di Sasuke, fece calare un
istante
di silenzio.
“ E'
un piacere conoscervi,” commentò Takao, cordiale,
rivolto agli
astanti in generale, per poi concentrarsi sui due più
illustri
membri di quel piccolo drappello carico di scatole e raccoglitori.
“Ho sentito molto parlare di voi, e non solo da
Sakura.”
“ Haha,
davvero?” rise Naruto, entusiasta.
“ Chissà
con quali toni lusinghieri, allora,” sentenziò
Sasuke, laconico.
Generando
un altro breve vuoto nella conversazione.
Takao
lo osservò serio.
“ Ho
sentito dire molte cose su di lei, Uchiha sama,”
affermò
formalmente, intuendo un certo distacco. “Non so quante siano
vere...”
“ Probabilmente
tutte,” concluse lui, cupo e lapidario.
“ Sas'ke...”
lo rimproverò sottovoce Sakura, preoccupandosi all'idea che
il
Consiglio venisse a sapere che prendeva a male parole gli ospiti
stranieri e glielo facesse pesare.
Sasuke
la interpretò come una manifestazione di fastidio nei propri
confronti. Serrò le labbra e non emise una sola altra
sillaba per
tutto il resto del tempo in cui la Yamanaka cinguettò
aneddoti del
tutto insignificanti, e Naruto pose domande assolutamente prive di
interesse su quel posto nullo che era Kiri. Shikamaru sbadigliava, e
Hinata sembrava in imbarazzo.
“ E
adesso che fate?” chiese poi Naruto, e Sasuke
prestò attenzione.
“ Sto
accompagnando Takao-san a vedere la cima del monte,” rispose
Sakura.
“ Aaah,
che bello, ci verrei anch'io,” sospirò il
junchuuriki.
“ Beh,
vieni,” propose lei facendo spallucce.
“ Eh,
magari Sakura... Beata te che hai questo bell'incarico di fare la
guida, noi dobbiamo sfacchinare.”
“ Ma
anche noi abbiamo sfacchinato. Siamo appena stati ad
allenarci,”
intervenne Takao, compiaciuto.
“ Ma
dai!” proruppe Ino con innocenza.
“ Certo.
La vostra Sakura è veramente una kunoichi
eccezionale,” continuò
lo straniero, sorridendole.
La
mascella di Sasuke, stretta da parecchio, cigolò
così sinistramente
che Shikamaru emerse dal suo leggero torpore pomeridiano per
guardarsi brevemente intorno, cercando di capire da dove fosse venuto
quel rumore.
“ E'
v-vero, è fortissima,” commentò Hinata
gentilmente.
Sakura
ridacchiò, imbarazzata.
“ Scusatemi,
ma credo che dovremmo andare a posare questa roba,”
intervenne
Shikamaru; se perché fosse effettivamente stufo di reggere
le
scartoffie o perché avesse invece intuito che Sasuke era
lì lì dal
dare i numeri, questo non è dato saperlo.
“ Ma
certo,” commentò Takao facendo loro segno di
procedere. “Spero
di vedervi in un'altra occasione.”
“ Volentieri.
Magari non sotto questo sole cocente,” rispose Shikamaru,
imbracciando meglio il peso.
“ E'
stato un grandissimo piacere,” gli fece eco Ino,
apparentemente
deliziata.
“ A
presto allora, eh!” continuò Naruto con enfasi.
Sasuke
si stava già allontanando, con un cenno del capo.
Quello
lì non era solo inutile e insignificante. Era un coglione
galattico.
“ Mi
piace,” sentenziò Takao, assorto.
“ Che?”
chiese Sakura.
Lui
fece cenno col capo verso il basso, verso lo spettacolo dell'intera
Konoha immersa nel sole.
“ La
tua terra. È un po' strano che non ci sia il mare, ma mi
piace lo
stesso. Al posto del blu, c'è il verde della
foresta.”
Sakura
sorrise orgogliosa, rimirando a sua volta la bellezza del villaggio.
“ Mi
piace, il verde,” continuò Takao, girandosi a
guardarla negli
occhi.
“ E
ci credo!” rispose Sakura con un sorriso, del tutto mancando
l'allusione. “La foresta è così
rilassante, non so come farei a
starci lontana.”
Lui
annuì, sospirando lievemente.
“ Già.”
E
poi, prendendo a malapena fiato:
“ Senti,
Sakura-san... Cosa fai domani a cena?”
Non
dirlo a nessuno. Non devi dirlo assolutamente a nessuno.
Promettimelo, Ino, a nessuno. Hai capito? Nessuno. E comunque non so
ancora se accettare, e tu non lo devi dire a nes-su-no, chiaro?
Ino
percorreva il corridoio come un bufalo alla carica, e
spalancò la
porta dell'archivio con tanta foga da rischiare di scardinarla.
“ L'ha
invitata a cena!” trillò esagitata.
Il
lavoro si stava rivelando più lungo del previsto, dal
momento che
Tsunade aveva deciso che non solo bisognava fare un po' di spazio
negli archivi ma occorreva proprio risistemarli da cima a fondo, e
spostare tutto. Non si sapeva perché avesse rifilato
quell'ingrato
compito proprio a loro, ma forse, dato che al momento la situazione
era di una calma stagnante e non c'erano missioni impegnative, non
voleva consumare i sandali dei suoi migliori shinobi mandandoli in
giro a far da scorta a qualche banale riccone. Così, per il
secondo
giorno di fila erano tutti lì a inscatolare fogli e
fascicoli per
spostarli. Nessuno aveva più uno sfavillante buonumore,
anche se
Hinata sfoggiava inalterata la sua disarmante dolcezza.
Le
parole di Ino, comunque, vennero accolte da un silenzio pesante e
perplesso.
“ Nara.
La tua ragazza straparla,” si degnò di dire
Sasuke, infine.
“ Ho
sentito,” commentò Shikamaru senza scomporsi.
“Sei in ritardo,
Ino,” aggiunse, imperturbabile.
“ Mi
avete sentita?” sbottò lei, allibita.
“ Certo,
Ino-chan,” rispose Hinata, sorridendo. “Ma non
abbiamo capito,”
aggiunse con delicatezza.
“ Infatti,”
ridacchiò Naruto, approvandola con un cenno d'assenso.
“ Quello
di Kiri! L'ambasciatore!”
“ Oh,
sì, Takao,” confermò Naruto, senza
notare la testa di Sasuke che
si sollevava di scatto e il suo sguardo che si posava su Ino con
nuova attenzione.
“ Ha
invitato Sakura a cena, stasera!”
“ Ma
vaaaaa!” esplose Naruto esterrefatto, lasciando franare a
terra un
grosso raccoglitore prima di mettersi a sogghignare.
“ Davvero?”
sussurrò Hinata posando lo sguardo sul jinchuuriki che,
purtroppo,
non aveva ancora dimostrato lo stesso brillante spirito d'iniziativa.
“ Tu
come lo sai?” chiese Shikamaru, rassegnato. Era innamorato di
un'oca pettegola, e non ci poteva fare proprio nulla.
“ Me
l'ha detto lei adesso!”
“ Bah,”
brontolò Sasuke, indifferente.
Ino
lo staffilò con lo sguardo.
“ Come
sarebbe, bah?” replicò indignata.
“ Quello
che ho detto, bah,” rispose lui, criptico.
“ E'
un bellissimo ragazzo, e molto gentile!” protestò
lei, nonostante
Shikamaru stesse tentando di farle segno di smettere. Subito.
“ Capirai,
quel babbeo,” brontolò Sasuke con la massima
indifferenza.
Negli
anni a venire, Sakura avrebbe ripetuto più e più
volte che doveva
ad Ino moltissimo. La ragione si giocò
nella manciata di
secondi successivi a quello scambio di battute.
Ino
squadrò Sasuke, e realizzò che teneva in mano dei
fogli al
contrario.
Increspò
le labbra in un sorrisetto velenoso, poggiandosi al tavolo con fare
provocatore.
“ Tu
pensala come vuoi, Sas'ke, ma comunque Sakura ha accettato l'invito,
e ben volentieri,” mentì, sfacciata.
La
testa del genio schizzò verso l'alto e, nell'ombra di
sgomento che
per una frazione di secondo gli attraversò le iridi, Ino
lesse di
aver fatto centro. Poi il volto di Sasuke tornò
impenetrabile come
sempre.
“ Ha
accettato?” ripeté Naruto incredulo. A quel punto
lui stesso
lanciò un'occhiata esplorativa in direzione del migliore
amico, ma
la faccia di lui sembrava marmo senza sentimento.
“ Felicitazioni.
Possiamo lavorare, adesso?” biascicò il genio,
seccato.
“ Strano,”
osservò unicamente Shikamaru.
“ Sono
contenta per lei,” mormorò Hinata, schietta.
L'invidia,
decisamente, non rientrava nel novero delle sue caratteristiche.
“ Ma
certo! Ci voleva proprio, in fondo Sakura si merita un ragazzo che
l'apprezzi e capisca quant'è speciale,” concluse
Ino, lanciando un
ultimo magistrale affondo. “Scusatemi, torno
subito,” concluse,
prima di marciare fuori.
“ Ma
dove va?” chiese Naruto perplesso.
“ E
chi lo sa,” sospirò Shikamaru. “Si
sarà commossa. Femmine...”
gemette, prima di alzarsi stancamente per andarle appresso.
Ma
Ino era partita di carriera, schizzando lungo il corridoio come se
l'avessero lanciata. Si scaraventò giù per le
scale, svoltò due
angoli e per poco non sbatté dritta addosso all'amica.
“ Tu!”
“ Ino,
ma cosa...?” sbuffò Sakura, sorpresa.
“ Tu
devi accettare quell'invito a cena!” intimò lei,
di slancio.
Sakura
sospirò.
“ Ne
abbiamo appena parlato, ti ho detto che non so se...”
“ No!
Lo devi accettare!” la interruppe l'altra, con foga.
“Noi...abbiamo
litigato e siamo state lontane, ma ora siano di nuovo le stesse
amiche di prima, e se anche per te e così e se ti fidi di
me, allora
accetta quell'invito a cena e non fare domande!” ingiunse, la
voce
argentina apertamente accorata.
Sakura
la guardò a bocca aperta.
“ Ma
io non so se lui...”
“ Appunto,
non lo sai. Può darsi che funzioni. E se non funziona, avrai
comunque tutto da guadagnare,” insistette
Ino, guardandola
dritta negli occhi. “Fidati di me,”
ripeté a voce bassa.
Sakura
la osservò senza parlare per un lungo istante, trasse un
respiro
profondo ed annuì.
“ Va
bene. Hai ragione.”
Ino
sorrise radiosa, e lei di rimando.
“ Adesso...vado...la
shisho...” borbottò Sakura.
“ Certo.
A dopo,” concluse Ino, e rimase a guardarla allontanarsi nel
silenzio del corridoio.
“ Diavolo
di femmina!”
La
ragazza si voltò indietro di scatto, colta in flagrante.
“ Oh...Shika,”
cinguettò. “Io stavo...”
Lui
scosse la testa, con un mezzo sorriso.
“ Adesso
ho capito come mai mi sono innamorato di te,”
commentò, pacato.
“Io stesso non avrei saputo far meglio.”
Ino
scoppiò a ridere di cuore, gli gettò le braccia
al collo e gli
scoccò un bacio.
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