Capitolo
Uno: Tony e Sid
~Pongo
Stava
colorando, seduto composto sulla sua seggiolina di legno bianco e
rosso.
L'azzurro
dipingeva una sottile linea di cielo proprio lì, in cima al
foglio. I tratti irregolari di quel verde che proprio non gli
piaceva- gli ricordava il colore di spinaci masticati, e lui
detestava gli spinaci, tanto più se masticati- erano lì, diecimila
metri sotto il cielo, come ciuffetti d'erba. E poi le rondini, e
poi la casetta, e poi la sua sorellina, e la sua mamma, e il suo
papà.
Tony
guardò
il disegno con un'aria critica che sembrava davvero buffa su quel
visino paffuto, gli occhi incredibilmente azzurri e lucenti stretti
in due fessure.
«E'
proprio un bel disegno».
Il
bambino
si voltò a guardare la maestra- in un attimo, l'aria critica era
sparita, per lasciare posto a quella che era indubbiamente infantile
presunzione.
«Lo
so»
le rispose senza riserve. «Però... mi manca qualcosa».
Ed
ecco che
in un attimo quell'espressione scrutatrice e dubbiosa tornava a farsi
spazio su quel viso da angioletto.
«Quattrocchi!
Quattrocchi!».
Un
altro
bambino, seduto altrettanto placidamente su un altrettanto piccola
sedia bianca e rossa continuò ad arrotolare il suo pongo blu,
cercando di non far caso ai bambini seduti davanti a lui.
«Quattrocchi!
Quattrocchi! Dammi il pongo! Dammi il pongo!».
Il
bambino
con gli occhiali vide una mano scattare veloce sotto i suoi occhi.
Quattro piccole e corte dite affondarono nella pasta blu, rovinando
la scultura che lui si era tanto impegnato a fare.
Sid
alzò
la testa. Gli occhiali rotondi, cerchiati di plastica bianca, gli
scivolarono un poco sul naso. Non si curò ti raddrizzarli- anche da
quella posizione vedeva benissimo che quel bambino stava giocando con
il suo pongo. Gli occhi gli si riempirono di lacrime. Voltò la
testa. Se l'avessero visto frignare, sarebbe inevitabilmente
diventato il Quattrocchi Piagnone.
Dall'altra
parte dell'aula, un bambino dai capelli neri lo stava osservando.
Loro due non avevano mai parlato, ma era abbastanza sicuro che quel
bambino si chiamasse Anthony.
Mise
le
mani davanti al viso, fingendo di non averlo visto e ne guardò i
palmi. Erano blu, blu come il colore del cielo. Strofinò la mani sui
pantaloni, e non se ne curò più.
«Ciao,
io
mi chiamo Anthony, vuoi essere mio amico?».
Sid
sobbalzò sulla sedia. Una riga indesiderata di arancione- che brutto
colore, gli ricordava le arance, e a lui le arance proprio non
piacevano- tagliò in due il disegno che avrebbe dovuto rappresentare
la sua famiglia.
Girò
il
suo esile corpicino da bambino di cinque anni fino a ritrovarsi
faccia a faccia con il bambino dal capelli neri che ieri lo stava
guardando durante l'incidente del pongo.
«Hai
un
nome buffo» rispose Sid, tenendo gli occhi bassi, fissi sulle sue
scarpette da ginnastica con gli strappi.
Tony
sorrise. «Tu come ti chiami?».
Sid
alzò
gli occhi. Avrebbe volentieri ricambiato il sorriso, ma c'era
qualcosa che gli consigliava di non farlo. Ehi, avrà pure avuto
cinque anni ma sapeva capire benissimo che non era normale che dopo
due anni di isolamento un bambino con il quale non aveva mai parlato
gli chiedesse di diventare suo amico. Avrebbe accettato solo per
un valido motivo.
«Io
mi
chiamo Sidney».
«Una
città
si chiama Sidney» rispose serio Tony. «Non puoi chiamarti come il
nome di una città, sarebbe davvero troppo imbarazzante!».
«Anche
il
tuo nome fa ridere. Anthony».
«Allora
io
sono Tony, e tu sei Sid».
«E
perché
devo diventare tuo amico, Tony?».
Quel
paio
di occhietti azzurri brillanti come pietruzze colorate al sole si
strinsero sotto il peso del sorriso sincero e innocente che gli
dipinse il volto mentre, estraendo una piccola confezione cilindrica
dalla tasca del grembiule gli disse: «Perché io ti ho portato il
pongo, Sid».
Tony
percorse a piccoli passi la distanza che separava il suo banco dalla
cattedra della maestra. Nella mano destra stringeva forte un foglio
di carta- il suo capolavoro.
Aveva
fatto
attenzione a che il disegno fosse rivolto verso l'interno. Ne era
tanto orgoglioso, non voleva che gli altri bambini lo potessero
copiare. Aveva fatto così tanta fatica a finirlo!
«Tieni
maestra». Glielo passò in gran segreto.
La
maestra
lo guardò con quell'aria dolce che solo le maestre possono avere e
che solo i bambini possono vedere appieno.
«L'hai
finito, allora?».
«Sì»
rispose orgoglioso.
Aveva
pensato tanto a cosa mancasse. Aveva disegnato altri uccelli, aveva
disegnato altri fiori, aveva colorato calcando di più la casa. Solo
alla fine aveva provato ad aggiungere una persona, e, con sua grande
sorpresa, aveva capito che era quella che mancava. Poi, ancora
scontento, aveva impugnato il pastello giallo e aveva disegnato un
grande tondo, e con la matita rossa aveva contornato il cerchio con
tante stanghette ondulate.
Insieme
alla persona ne era uscito un sole caldo, che rendeva quel disegno il
suo piccolo e personale capolavoro.
«E
chi è
quest'altra persona?» gli chiese la maestra, indicando il bambino
con gli occhiali che Tony aveva disegnato accanto a se stesso.
«Lui
è il
mio amico Sid. E poi quello è il sole, perché il mio papà mi ha
detto che a Sidney fa sempre caldo».
Note: Eccomi qua, tornata
con una raccolta su Skins. Sì, questa volta ho deciso di fare una
raccolta, una raccolta mirata a spiegare come i ragazzi della Prima
Generazione di Skins siano diventati un gruppo così solido e ben
costruito. L'idea- o meglio, l'ispirazione per scrivere una cosa del
genere mi è venuta questo pomeriggio parlando di questo telefilm con Lady Aika e Larie, alle quali voglio dedicare questa
raccolta (siete state le mie muse, LOL). Stavamo discutendo un po' di
tutte e tre le generazioni, dei personaggi che ci piacciono e
quant'altro, e allora mi sono resa conto che, se nella terza e quarta
stagione il gruppo si forma con il susseguirsi delle puntate, le cose
per la prima generazione sono diverse: quando li conosciamo loro sono
già un gruppo forte e consolidato. Allora ho iniziato a farmi mille
domande. Come hanno fatto Tony e Sid a stringere amicizia? E Maxxie e
Anwar? E tutti gli altri? Quali sono stati i collegamenti?
Così è nata l'idea di Old Souls,
ovvero Anime Vecchie. Amo i titoli in inglese perché amo la lingua
inglese, e non so, mi sembrava un titolo adatto. Tutte le FanFiction
che comporranno questa raccolta (e non saranno necessariamente one
shot) hanno un'ambientazione che va dalla scuola materna (come questa)
alla prima adolescenza. Almeno, questo è quello che credo accadrà,
perché la verità è che non ho ancora uno straccio di idea riguardo agli
altri!
Parlando nello specifico di questo
capitolo, vi confesso che non ho la più pallida idea di come sia la
scuola materna nel Regno Unito, quindi sì, è tremendamente
italianizzata. Ho provato a cercare informazioni nella rete ma è uscito
pochissimo, quindi ecco, perdonatemi possibili incongruenze.
L'idea del pongo non so da dove sia
nata. Probabilmente è perché l'altra sera io e i miei amici d'infanzia
stavamo appunto pensando di fare il pongo, e una mia amica ha detto che
il suo preferito (o forse sono stata io? Dio, non ricordo!) era quello
blu. Il disegno dell'allegra famigliola invece è un classico- è questo
che si disegna all'asilo. Però volevo provare a far vedere come la
vedeva Tony, spero di esserci riuscita.
A proposito del disegno e di Tony,
c'è un punto dove ho scritto che la terra sta un botto di metri sotto
il cielo. Non è che mi sono rincoglionita, eh, è solo che ho pensato
che una cosa del genere potesse essere in linea con i pensieri di un
bambino di cinque anni. Così come quel "perché devo diventare tuo
amico?". So che la forma adatta è "dovrei", ma Sid ha cinque anni e uno
sbaglio ci stava tutto, almeno secondo me.
Credo di aver detto tutto. Spero
vivamente che vi sia piaciuto questo rpimo capitolo, che l'abbiato
trovato in qualche modo plausibile, che i piccoli Tony e Sid vi siano
piaciuti.
Grazie mille in anticipo, se avete
qualche domanda/dubbio non esistate a chiedere! Se non volete farlo
nella recensione, c'è sempre Formspirng (link in pagina autore).
Un bacio a tutti, Minnie
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