Dunque, mettiamo in chiaro un paio di cose XD:
a) Arthur e Eames sono bellissimi, appartengono a Christopher Motherfuckin' Nolan e Dio solo sa quanto avrei voluto far combinare loro qualcosa di concreto rispetto a quel che segue - e non mi riferisco strettamente a dei sexual intercourses
b) non so se questa rimarrà una shot o ne verrà fuori qualcos'altro (si spera migliore - l'idea mi piace e sono semi-soddisfatta del risultato). Chi vivrà vedrà. XD
Per il resto... Enjoy, if you can. ^_^
~L'intrepido soldatino di piombo
Oh,
he's the best. But he has no imagination.
Arthur
non ricordava di aver mai temuto una prova od una tecnica
d'addestramento prima di allora – eppure le volte in cui
aveva
scampato di un misero soffio il pericolo di lasciarci la pelle, anche
sotto l'attenta supervisione di sovrintendenti di provata
affidabilità, non si potevano certo contare sulle dita di
una mano.
Semplicemente,
era consapevole del fatto che, aumentando la propria esperienza in
spessore e varietà, i suoi sensi e riflessi avrebbero man
mano
acquisito una sensibilità maggiore ed una migliore
prontezza. Il che
spesso avrebbe fatto la differenza tra la vita e la morte.
Ergo,
essendo ormai così abituato a contare sulle proprie risorse
e su una
previa documentazione certosina riguardo al caso da affrontare,
privarsi di uno strumento valido come potevano essere i suoi occhi
anche solo per mezz'ora di... “Allenamento”, come
lo aveva
definito Cobb con tanto di poco rassicuranti virgolette sottintese
nel suo tono di voce, gli risultava piuttosto arduo.
Quando
poi venne a scoprire che il suggerimento di “lavorare al
potenziamento” della propria capacità immaginifica
proveniva da
Eames e che quest'ultimo si era preso la responsabilità
dell'incarico, Arthur aveva seriamente accarezzato l'idea di
rifiutare di sottoporsi al trattamento.
Non
che fosse poco convinto delle indubbie capacità del falsario
– il
punto dolente della questione era un altro.
Per
qualche strano motivo, la presenza del falsario gli risultava
indigesta... Forse perché in linea di massima non era mai
stato tipo
da accettare frecciatine ed ignorare beatamente provocazioni varie ed
eventuali, neanche da ragazzo, soprattutto se melliflue e vagamente
allusive come quelle di Eames.
Arthur
era noto per essere meticoloso, serio, affidabile, talvolta persino
paranoico addirittura fra i suoi compagni di classe, dalle
elementari fino all'università.
Un
soldatino di piombo, così lo definivano... Determinato,
pronto e
lucido in maniera paramilitare.
Certe
volte – specialmente di notte, disteso sul suo letto ad una
piazza
e mezza fra le lenzuola di cotone egiziano e la trapunta in vera
piuma d'oca a fissare il soffitto della sua camera in silenzio - Arthur
si domandava quanto di quella definizione corrispondesse alla
realtà e quanto invece fosse frutto di un qualche
condizionamento.
Brutto
affare, le etichette. Tranne sui dossier dei soggetti da trattare per
lavoro, o per le rubriche telefoniche od i cassetti degli schedari.
Un
giorno, forse, gli sarebbe toccato scendere da qualche parte nel suo
inconscio a districare qualche nodo nascosto.
O
forse, era la sua insonnia cronica a farglielo credere.
***
Arthur
chiuse gli occhi e represse un sospiro, quando Eames calò
lentamente
la benda rossa di fronte ai suoi occhi.
Dietro
di lui, il falsario parlò con un sorriso perfettamente
intuibile dal
tono di voce.
-
Cominciamo male, darling. -
-
Quando mai ho espresso dell'entusiasmo, riguardo questa faccenda? -
esclamò sarcasticamente l'altro, pur lasciando che il suo
senso
della vista venisse ingoiato dalla morbidezza lussuosa della benda in
seta – intendeva astenersi fermamente dal chiedere in quali
altre
occasioni avesse utilizzato quell'affare, poiché
probabilmente non
avrebbe gradito granché la risposta ottenuta.
Fermandogli
la benda strettamente sulla nuca, Eames ribattè
tranquillamente: -
Quando mai hai espresso dell'entusiasmo, Arthur? -
Infastidito,
quest'ultimo strinse i braccioli della poltrona girevole,
dondolandosi debolmente e serrando i denti.
Trascorsero
alcuni secondi in perfetto silenzio – il quale in
realtà tanto
perfetto non era: il suo corpo aveva già iniziato a far
fronte
all'improvvisa cecità, percependo distintamente i tonfi
leggeri dei
passi di Eames sul pavimento e l'improvviso scricchiolio della sedia
in pelle sotto il peso del suo corpo.
Nonostante
ciò, Arthur mormorò sospettoso: - Quindi? -
-
Come ti senti? - la voce del suo inusuale addestratore era facilmente
rintracciabile, e riverberò leggermente per via
dell'acustica della
grande stanza che li circondava.
Arthur
riflettè un istante, prima di ammettere in tutta
onestà: -
Indifeso. -
-
E...? -
-
Vulnerabile. -
Eames
sbuffò, producendo altri deboli scricchiolii nel muoversi
sulla
sedia – e quell'altro lieve rumore... Stava mettendo i piedi
sullo
scrittoio? Con le scarpe e tutto il resto?
-
Non sai dirmi di più? -
-
Sono bendato, Eames. -
-
Ma la benda è sugli occhi, non sulla bocca. -
Arthur
scosse il capo, chiedendosi stizzito per quale motivo non se ne fosse
già andato – o per quale motivo avesse
acconsentito a quello che a
tutti gli effetti sembrava uno stupido giochino senza senso.
-
Ne ho già abbastanza. - borbottò, poggiando
pesantemente il capo
contro lo schienale della poltrona.
-
Oh, lo so. - rispose Eames condiscendente, ed Arthur vide il suo
mezzo ghigno librarsi contro il buio assoluto delle sue palpebre
perfettamente chiuse come nella più nitida delle fotografie.
Un
altro sbuffo, stavolta più lento e rilassato.
-
Cosa vedi? -
-
… mi prendi in giro? Nulla, sono bendato! -
sbottò Arthur,
allargando le braccia con aria impotente.
Sentì
l'altro bofonchiare sottovoce qualcosa che somigliava molto ad un
rassegnato “sarà dura”, prima di
ricevere istruzioni più
circostanziate da parte sua: - D'accordo, mettiamola in termini
diversi: in quale immagine mentale riesci a tradurre le informazioni
che i tuoi restanti sensi raccolgono dall'ambiente circostante? -
-
Per adesso la tua faccia. -
-
Lusingato, ma non basta. -
La
sedia in pelle venne trascinata di qualche centimetro sul pavimento,
in uno stridore di ferro contro linoleum. Poi gli stessi passi
leggeri di poco prima, avvolti in uno strascico di ulteriori fruscii
e suoni ai quali non riuscì ad attribuire un'origine
precisa, si
fecero vicini e lontani e di nuovo vicini.
-
Arthur... - iniziò sommessamente Eames, senza smettere di
passeggiare per la stanza.
-
… sei al sicuro. Puoi ancora sentire i miei passi, la mia
voce.
Puoi seguire i miei spostamenti ed individuarmi e puoi anche
difenderti, non sei immobilizzato in alcun modo. Pensa che non hai
bisogno di restare allerta, ma solo di percepire... Ed immaginare, in
base agli input che ti fornirò. -
Quando
parlò ancora, Arthur distinse perfettamente il ghigno
nascosto ai
suoi occhi ma impossibile da ignorare per le sue orecchie e la sua
mente.
-...
questo è un modo per venirti incontro, dovresti
ringraziarmi. Avrei
potuto metterti in mano un foglio e dei pennarelli e chiederti di
disegnare un paesaggio o roba del genere. -
-
Almeno non sarei stato cieco. - replicò più
abbattuto che ironico
Arthur, tamburellando due dita sul bracciolo ruvido della poltrona.
Eames
smise di camminare e si sedette di nuovo.
Di
punto in bianco un rumore secco e ritmato, di un oggetto
costantemente martellato su di un altro, mise momentaneamente in
secondo piano tutti gli altri.
-
Cosa vedi? -
Nulla.
Arthur per il momento riusciva solo a concentrarsi sulla
qualità
familiare del suono, che infatti riuscì a materializzare poi
in una figura ben nota.
-
… una matita? -
-
Di che colore è? -
-
… gialla. - decise infine Arthur –
perché era questo il punto...
Stava a lui decidere.
Va
bene. Va bene, Eames, ti darò quello che vuoi e mi
spremerò le
meningi per cercare di provarti che so effettivamente creare qualcosa
di meno complesso e più triviale di una scala di Penrose.
-
Descrivila più dettagliatamente. -
Era
lì. Tridimensionale, dettagliata, a colori brillanti, nitida
sullo
sfondo nero della notte indotta dalla benda.
Arthr
prese fiato, ed elencò: - Si tratta di una matita piuttosto
lunga,
come se non fosse stata ancora utilizzata... La mina è
appuntita e
color grigio scuro, lo stelo è di legno ed a forma di prisma
a base
ottagonale, con una gomma rosa ad un'estremità e... -
-
Bene. - lo interruppe Eames, ridacchiando. - Un po' stereotipato, ma
almeno abbiamo capito una volta di più che i particolari
sono il tuo
mestiere. -
Arthur
non poté fare a meno di lasciarsi sfuggire un sorriso
compiaciuto, a
quelle parole.
Era
la prima volta, dall'inizio del loro incontro.
-
Ora, elabora un'altra immagine di matita. - gli ingiunse Eames, ed
istintivamente il suo allievo elencò una serie di
caratteristiche
esattamente opposte alle precedenti: - Corta, spuntata, senza
gomma... -
-
Mhm. Magari blu, eh? - lo canzonò il falsario,
smascherandolo senza
esitare.
Doveva
essere appagante per lui, trascinarlo al di fuori del proprio campo
d'azione e demolire le sue difese ed il suo modus operandi con il
minimo sforzo – era tremendamente sleale, immotivato ed
ingiusto.
… stava
ragionando come un bambino mortalmente offeso da un compagno d'asilo,
magnifico.
Arthur
scosse il capo, risentito nei confronti di sé stesso ed
Eames: - È
ridicolo... -
Attese
una replica da parte dell'altro, preparandosi a rintuzzare l'ennesima
frecciatina senza apparire troppo frustrato dalle circostanze
–
almeno quella soddisfazione non voleva concedergliela.
Contrariamente
alle proprie aspettative, Eames ribatté serenamente: - Non
sono
tanto infantile da non riconoscere le tue capacità, Arthur,
ma...
Sei pressoché privo di fantasia, il che alla lunga potrebbe
rivelarsi controproducente. Se imparassi a... A lasciar perdere per
un attimo le regole, i labirinti, le leggi della fisica... Non dico
che tu debba dimenticare tutto questo, ma... Improvvisare non
è
questione di schemi fissi. Si tratta di giocare, di usare la
creatività... L'istinto spesso funziona più di
qualsiasi
ragionamento logico. -
Non
aveva notato quanto si fosse avvicinato, in quel frangente: le sue
mani sulle spalle e la sua voce accanto al padiglione auricolare
furono decisamente una sorpresa, per lui.
-
Le sensazioni, le intuizioni... Il corpo... Sono, per così
dire,
integrativi del raziocinio. Non puoi pensare di poter ingabbiare
tutto questo. -
-
Questo cosa c'entra con degli articoli di cancelleria, maestro? - lo
interrogò ironico Arthur.
-
Da qualche parte dovrò pur iniziare. Pensa che potremmo
persino... -
La
voce di Eames si spense gradualmente, senza che la frase trovasse una
conclusione.
L'altro
non poté fare a meno di chiedere: - … cosa? -
-
Nulla, nulla. -
-
Cosa, Eames? - lo incalzò Arthur, per
nulla disposto a
cedere.
-
Be', persino costruire uno scenario specifico per le proprie fantasie
erotiche è in qualche modo stimolante... Non solo per gli
ormoni,
intendo. - scherzò il falsario, abbattendo una pesante pacca
sulla
spalla del suo allievo prima di tornare accanto alla scrivania.
Ovviamente,
il discorso prima o poi doveva andare a parare in quella direzione.
Arthur
poteva anche mancare di immaginazione, ma di certo Eames peccava di
prevedibilità.
Con
un'intonazione scettica, quest'ultimo disse: - Tu hai
delle
fantasie erotiche, vero? -
-
Cosa ti fa pensare che ti darò una risposta al riguardo? -
Arthur
tornò improvvisamente sulla difensiva, irrigidendosi.
-
Il tuo innato senso del dovere. Dopotutto, questo è a tutti
gli
effetti un addestramento. -
Al
gelido, ostile silenzio dell'allievo Eames oppose ancora una volta
dell'ironia.
-
Non ti sto chiedendo di aprirmi il tuo prezioso ed impenetrabile
cuoricino, darling... Era solo una domanda. -
Non
riuscì a cavargli di bocca alcun suono.
-
Non mi dire che...? -
-
Oh, cazzo! -
Arthur
si ricompose, dopo aver sbottato con inusuale malagrazia, e
borbottò
seccamente: - Sì, ne ho. Ma non verrò di certo
a... -
-
Va bene, va bene. Non volevo farti arrabbiare. -
-
Tu vuoi sempre farmi arrabbiare. -
-
Forse perché... -
-
Se stai davvero per uscirtene con qualcosa del tipo
“perché sei
carino quando ti arrabbi”... -
-
No, non sei carino quando ti arrabbi. Fai paura alle persone. -
Arthur
aprì bocca per replicare, convinto fermamente di non poter
dargliela
vinta ma allo stesso tempo consapevole di stare giocando ad un gioco
che non gli piaceva e che lo faceva infuriare – non reagiva
così
bruscamente da molto tempo ad una provocazione aperta, e l'idea di
poter essere di nuovo tanto manovrabile e debole lo destabilizzava e
lo preoccupava fottutamente; Eames lo batté sul tempo.
-
Mi dispiace. -
Stupito,
l'altro dimenticò quel che aveva intenzione di dire.
-
Per cosa? -
Quando
parlò, il falsario utilizzò un tono di voce
decisamente insolito...
Sembrava sinceramente amareggiato, deluso.
-
Perché non ti fidi di me... Sono fatto così, non
ho un altro modo
di approcciare le persone. -
Falso.
Con Cobb, Ariadne, Yussuf non era neanche lontanamente irritante
nella misura in cui lo era con lui.
Di
cosa diavolo si lamentava? Non c'era rapporto, fra loro. Fine.
-
Neanch'io, temo. -
-
Quindi siamo incompatibili... Peccato. -
Di
quella constatazione era prevedibile e scontato solo il contenuto,
non la pausa troppo lunga di silenzio che ne conseguì o
l'effetto
che ebbe su Arthur.
L'uomo
si prese il tempo necessario per scegliere con cura cosa fare, senza
che Eames tentasse di sollecitarlo in alcun modo.
Il
ticchettio ormai familiare di una matita contro la superficie della
scrivania – sta' fermo, idiota, sta' fermo
- scandiva i
secondi.
Arrendersi
e collaborare?
Seguire
il proprio istinto e mandare tutto all'aria?
Chi
ne avrebbe giovato?
***
-
Verde acido. Gomma consumata color giallo fluorescente, un po'
macchiata di grafite. Punta consumata. Media lunghezza. Cilindrica.
Il rivestimento dello stelo è un po' scheggiato ai lati. -
Era
pur sempre un addestramento, no?
|