Amanda
serrò la porta di casa e, rammentatasi della
pioggia che fino a dieci minuti prima stillava al suolo,
aprì l’ombrello. (Tuttavia
era da mezz’ora che le nubi avevano cessato di lacrimare e,
di conseguenza, la
cupola di tessuto cólla quale ella intendeva ripararsi
pareva unicamente un
futile arnese variopinto.) Flebile respiro.
Il
finesettimana precedente, la donna aveva avanzato
a Elias la proposta di misurarsi in una partita a poker e lui,
accoltala con
garbo, aveva inevitabilmente fornito prova delle smisurate
abilità di cui
disponeva: poche mani gli erano, in effetti, servite per sbaragliare
l’avversaria che, nell’ultimo giro di gioco, aveva
contrapposto un’irrisoria
scala reale alla sua coppia di quattro assi. Amanda lamentò
in un pigolio il
proprio malcontento: a nulla era valso pregare Eli di cederle la
vittoria
giacché, come quest’ultimo non aveva trascurato di
rimarcare, lui era “un
galantuomo”.
La
giovane proseguì la passeggiata; i tacchi delle
sue calzature generavano sulla pavimentazione stradale suoni affini a
quelli
che un mazzuolo avrebbe prodotto percuotendo le tessere di uno
xilofono.
Flebile respiro. Amanda indugiò dinanzi alla vetrina di un
negozio nel centro
cittadino: lì, sulla lustra superficie trasparente, ebbe
modo di scorgere la
propria persona; le sue mani si affrettarono a esaminarne dapprima la
forma
delle labbra, in seguito, con lievi tocchi, la curva del mento e la
linea del
naso e la porzione di pelle che, ponendosi in posizione mediana fra i
globi
oculari, assicurava loro un regolare interstizio. Sollievo. Lei non era
un
alieno, e manco un ciclope. Sconforto.
D’improvviso,
rapidi passi si susseguirono
sull’asfalto. Amanda non fece in tempo a comprendere appieno
quanto stava
avvenendo; invero, non fece neppure in tempo a strillare il furore
della
propria giovinezza, recisa quasi si trattasse del filo di un manto
erboso
mostratosi, sventuratamente, troppo cresciuto: il coltello del
carnefice la
raggiunse alla scapola destra, e la freschezza della sua
ancóra piuttosto
tenera età vaporò come neve esposta
all’arsura di mezzogiorno.
(Flebile
respiro.)
[Link
alla challenge]
EDIT
dell’11/10/11:
Con questa flashfic, ho preso parte al
contest “Drabble
and flash Collection” di Deidaradanna93,
piazzandomi seconda a
pari merito con Ss904 e con Medea00, e vincendo i premi
“Miglior personaggio
femminile” e “Stile”; superfluo dire
quanto ciò mi abbia reso felice! Ringrazio
la giudice per aver bandito il concorso, per il giudizio accurato e per
gli
splendidi banner! Ora, prima di copiaincollare la valutazione, procedo
cólla
trascrizione della nota che avevo accluso al racconto:
Un
breve omaggio a Eugène Ionesco, autore che amo
molto. L’idea di base era quella di comporre un racconto il
cui titolo, oltre a
ripetersi più volte all’interno del testo,
acquisisse significato unicamente a
conclusione dello stesso, quando il lettore avrebbe appreso del
trapasso di
Amanda. Le tematiche sono, come ne “La cantatrice
calva” di Ionesco, l’assurdità
e l’incoerenza della vita, che ho tentato di trasmettere
attraverso
ripetizioni, mancati nessi causa-effetto (Amanda apre
l’ombrello sebbene sia
conscia del fatto che abbia cessato di piovere; Elias non cede la
vittoria alla
ragazza in quanto è un gentiluomo), incongruenze (ha smesso
di piovere da
mezz’ora e da dieci minuti), giochi di parole (una
“coppia di quattro assi”),
etc. Un ultimo appunto riguarda la parte dedicata al gioco del poker:
Elias non
può avere vinto giacché la scala reale di Amanda
è il punto più forte che si
possa comporre.
Di
seguito, quindi, il giudizio:
Correttezza
grammaticale: 10/10
Stile:
5/5
Originalità:
14.5/15
Giudizio
personale: 9.5/10
Tot.:
39/40
Una
storia molto particolare, senz’ombra di dubbio.
Ho
amato soprattutto le minuziose descrizioni che
plasmano con cura il viso della giovane, il suo passo, il contesto
circostante.
Lo stile, oltre ad essere impeccabile, è molto originale,
elegante ed elaborato
al punto giusto. L’hai steso su tutta la storia in modo
perfettamente omogeneo,
un lavoro davvero eccellente.
La
grammatica è perfetta, nulla da puntualizzare.
Anche quella parentesi, che all’inizio avevo guardato un
po’ scettica (avevi
altri modi più appropriati per esprimere una constatazione
secondaria), dopo
l’ho approvata in pieno, quando, con la frase di chiusura, mi
sono resa conto
che era una tua precisa scelta stilistica, e l’ho apprezzata
davvero molto.
L’originalità
è davvero buona, ho amato moltissimo
quei continui controsensi che vengono presentati come normali; disponi
una
sorta di realtà rovesciata, nella quale la protagonista
presenta un forte senso
di disadattamento, quando teme, ad esempio, di essere un alieno. Sembra
quasi
un’estranea in quella realtà, quando infine viene
accoltellata, quasi sovrastata
dagli eventi circostanti.
Anche
il ruolo del titolo è molto interessante e
particolare, credo che la tua idea sia perfettamente riuscita.
Non
avevo mai letto nulla di così particolare, una
storia così paradossale sfacciatamente spacciata per diritta.
Anche
la caratterizzazione della protagonista,
Amanda, è molto curata e il suo fare incuriosisce.
È
baldanzosa, raffinata e fatale allo stesso tempo.
In poche righe hai delineato un carattere singolare e originale, a mio
parere.
Passando
a parlare del finale, è l’unico cavillo che
non mi ha convinta del tutto. Ho apprezzato questa strana
(se posso definirla con questo aggettivo, che usato da me,
te l’assicuro, acquisisce sempre una connotazione positiva)
storia fino alla
fine, ma proprio a quest’ultima non ho saputo dare un ruolo
preciso nel
complesso. Forse non doveva neanche averlo, o forse non era quello
l’effetto
che volevi rendere, ma mi aspettavo che il finale legasse, in un certo
modo,
tutti i passaggi precedenti (l’uscita di casa
“sotto la pioggia”, la sfida a
poker con Elias, il riflesso nella vetrina) dando loro un ulteriore
significato, e dando alla storia un senso di completezza.
Per
quest’unica nota che mi è suonata storia ti ho
tolto uno 0.5 nel giudizio personale, ma per il resto... non posso che
ribadirti i miei complimenti.
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