1 impressione
Titolo:
Ars Moriendi, Capitolo 1 - Impressione
Fandom: Axis Powers Hetalia
Personaggi:
Inghilterra (Arthur Kirkland), Francis (Francis Bonnefoy), America
(Alfred F. Jones), Austria (Roderich Edelstein), Ungheria (Elizabeta
Hédervàry), Prussia (Gilbert Beilschmidt), Germania
(Ludvig), Nord Italia (Feliciano Vargas), Russia (Ivan Braginski),
Bielorussia (Natalia Arlovskaya), Svizzera (Vash Zwingli)
Genere: Mistero, Dark, Suspence
Rating: Giallo
Avvertimenti: AU, Yaoi, Shonen-ai, Het
Parole: 2,614 con Windows Office
Disclaimer: I personaggi della fanfiction
provengono da Axis Powers Hetalia che appartiene a Hidekaz Himaruya
Note: 1. La fiction è ambientata a Graz (Austria) e dintorni, alla fine del 1800.
2. Saranno presenti molte descrizioni apparentemente inutili e noiose,
ma poiché ho cercato ad ispirarmi alla scrittura di Conan Doyle
e alla sua accuratezza dei dettagli, vi prego di leggere tutto,
poiché ogni descrizione ha uno scopo preciso.
3. Saranno spesso nominate delle opere d'arte non troppo conosciute. In
fondo ad ogni capitolo metterò un link al/ai dipinto/i
perchè ritengo importante ai fini della trama che abbiate
presente come sia.
Ars Moriendi
I.
Impressione
Arthur
non sapeva esattamente perché si trovasse lì, di fronte a quel quadro così
strano di un autore che non aveva mai sentito nominare. Non si intendeva
particolarmente di arte e ancor meno di quelle nuove tendenze che tra i
francesi si stavano diffondendo in fretta, ma che non stavano riscuotendo particolare
successo. Nonostante il suo parziale disinteresse per la pittura, si sorprese
di fronte all’azzardo di presentare quel quadro così innovativo in una mostra
che comprendeva dipinti di tutt’altro genere.
Lesse
il cartellino posto sotto alla cornice che esponeva il titolo di quel paesaggio
così astratto: La casa dell’impiccato. Indugiò
nuovamente sulla tela, ma nonostante il suo impregno non riuscì a trovarvi
nulla di interessante e di nuovo si ritrovò a chiedersi cosa ci facesse lì.
Cercò
la risposta nella sua tasca destra, toccando il biglietto stropicciato che lo
invitava a recarsi a Graz per una mostra speciale che aveva come tema la morte.
Quando aveva letto il nome degli organizzatori non si era stupito del fatto che
fossero due russi. Era un tema troppo macabro per un atelier austriaco.
Si
guardò intorno, gettando occhiate agli altri dipinti che aveva già visto e agli
altri invitati speciali che si muovevano lentamente lungo le pareti
dell’elegante salone. Erano in pochi, ma Arthur era sicuro che non fossero
ancora tutti. Un tipo dal volto corrucciato osservava un dipinto con ancor meno
interesse dell’inglese; alle sue spalle due uomini ascoltavano le spiegazioni
di un ragazzo che era senza dubbio il più entusiasta nella sala. Il suo tedesco
era fortemente corrotto da un accento particolare, e dalla sua carnagione più
scura Arthur pensò che dovesse essere spagnolo o italiano.
Gli altri due che lo
accompagnavano, quindi, erano tedeschi, ma il più interessante tra i due era
sicuramente quello coi capelli chiari. Quando si accorse delle occhiate che
Arthur gli stava lanciando, questi si voltò e gli rivolse un sorriso spavaldo.
L’inglese, colto in flagrante, lo salutò con un lieve cenno del capo. L’uomo
aveva gli occhi rossi: era un albino.
Tornò
al suo dipinto: si stava annoiando. In realtà era annoiato da tre settimane, da
quando non aveva più un lavoro, da quando le sue giornate erano ancora più
vuote, da quando…
“Ricordavo
che lord Kirkland fosse più anziano.” Arthur si voltò in direzione della voce.
Al suo fianco c’era un uomo occhialuto e vestito di blu che attendeva una sua
risposta con un sorriso che faceva pensare al servilismo, ma nei suoi occhi di
ghiaccio vi era un’evidente spavalderia.
“Difatti,
non sono lord Kirkland. Sono suo nipote. Mio zio mi ha mandato in sua vece
poiché non era in condizioni di viaggiare, oppure perché aveva da fare o perché
non nutre alcun interesse per l’arte. Scelga lei, non mi ha dato istruzioni al
riguardo.”
L’uomo
si abbandonò ad una breve risata di compiacimento. “Apprezzo ognuna di queste
scuse e non mi sento in dovere di rimproverare suo zio, dato che mi ha mandato
un giovane dall’umorismo così schietto. Proprio ciò che ci serve per la festa
di questa sera.”
“Festa?”
domandò Arthur per niente attratto dall’idea.
“Oh!
Mi perdoni, ho scordato di presentarmi. Lord Kirkland mi conosce di vista, ma
noi non ci siamo mai incontrati. Sono Roderich Edelstein, il promotore di
questa mostra.”
Arthur
strinse la mano tesa.
“Arthur
Kirkland.”
“Suo
zio non mi ha mai parlato di lei.”
“Non
rientro tra i suoi ereditieri preferiti.”
“Buon
per noi, sarà ben accolto qui a Graz.”
“Mi
parli della festa.” Arthur era perfettamente abituato ai ricami dialettici che
dilungavano ogni conversazione che si rispettasse, ma si trovava in un luogo
che non conosceva, in mezzo a quadri che non gli dicevano alcunché, a parlare
con uno sconosciuto che avrebbe potuto inginocchiarsi a leccargli i piedi o
liquidarlo con un insulto travestito da complimento. In poche parole, tutta la
sua scarsa socievolezza si era definitivamente tramutata in misantropia.
“Come
ben sa, a quest’inaugurazione sono stati invitate solo alcune personalità che
provengono da diversi paesi, pertanto questa sera terrò un ricevimento per voi
alla mia tenuta privata e vi offrirò ospitalità per la notte, senza che vi
scomodiate a cercare un altro alloggio. Tengo molto alla sua partecipazione, si
tratterà di un incontro culturale grazie al quale potrà fare la conoscenza di
coloro che hanno ideato questa mostra e discutere…”
Arthur
sentiva di essere pericolosamente vicino all’emicrania. Non aveva alcuna
intenzione di partecipare ad un mortifero incontro tra vecchi critici d’arte e
si ritrovò a maledire suo zio per avergli offerto l’opportunità di vedere l’Austria,
ma in quel momento il suo bisogno primario era fermare quell’ondata di parole
che lo stava investendo.
“Sarò
lieto di partecipare.”
“Fantastico”
commentò il signor Edelstein sistemandosi gli occhiali. “E ora mi perdoni, ma
devo andare ad accogliere gli altri ospiti. Tornerò da lei subito.”
Arthur
sperò vivamente che se ne dimenticasse. Dopo che l’uomo si fu allontanato, afferrò
al volo un bicchiere di champagne da un vassoio sorretto da un cameriere.
Si
allontanò di qualche passo, la sua vista era stata urtata abbastanza dai colori
dell’ultimo dipinto. Osservò pensieroso il liquido profumato nel calice. Non
era più abituato a certe delizie, durante l’ultimo periodo aveva visto soltanto
rhum scadente.
“Ben
arrivato, Mr. Jones.” La voce di Edelstein risuonò distintamente attraverso la
sala, ma fu una sola parola a far voltare Arthur all’improvviso.
“Grazie!”
“Sono
felice che sia riuscito a giungere sin qui, dev’essere stato un lungo viaggio.”
“Altroché,
ma ci sono abituato, in passato ho visitato molto l’Europa con mio padre.”
Doveva
trattarsi di uno scherzo. Arthur estrasse con foga il biglietto stampato su
carta gialla e lesse i nomi degli invitati. Eccolo lì, non c’era alcun dubbio: Mr. Alfred F. Jones.
Voleva
sbattere la testa da qualche parte. Perché non aveva letto prima la lista? Per
cosa era venuto fin lì? Per essere preso in giro di nuovo?
Guardò
verso la porta, osservò Alfred che si dilungava in racconti sui suoi viaggi che
non interessavano a nessuno. Non era cambiato, era il solito stupido infantile
di un tempo. Ovviamente non c’era modo di passare inosservati in quel salone
spoglio e bianco, infatti Alfred lo individuò subito. Arthur avrebbe voluto
voltarsi e andarsene, ma pensò al suo orgoglio e si impose di sostenere il suo
sguardo. Semplicemente strinse più forte il calice.
“Arthur?
Ma… sei tu?” Alfred cercò di metterlo a fuoco, poi andò a leggere la lista
degli invitati sistemandosi gli occhiali. Quando risollevò il viso sfoggiava
uno dei suoi soliti sorrisi solari.
“Sei
proprio tu! Non sapevo che fossi diventato lord!”
Ancora
un po’ e il fragile cristallo del bicchiere si sarebbe frantumato. “Non lo
sono.”
Che
brutta situazione, che assurda casualità. Avrebbe dovuto prestare più
attenzione, seguire il suo istinto e non partecipare a quella stupida mostra.
Alfred venne verso di lui con ampie falcate e con quell’espressione sfacciata
che ad Arthur fece ribollire il sangue.
“Non
pensavo proprio di poterti incontrare qui. Sai, non mi sono preoccupato di sapere
chi altri fosse presente, mi interessava solo divertirmi un po’ in Europa. Sai
come sono fatto!”
Arthur
strinse i denti. Gli avrebbe tirato lo champagne in faccia. Forse no… non
andava bene sprecare l’alcool. Senza rispondere svuotò il bicchiere in un unico
sorso, solo per frenare gli insulti che gli stavano pericolosamente risalendo
dallo stomaco.
Non
ricevendo risposta, Alfred si preoccupò. “Beh… dimmi, anche tu stasera…”
“Mr.
Jones! Sono così lieta di averla qui!” Si avvicinò una giovane donna in un
elegante abito verde, i morbidi capelli castani raccolti sulla nuca. Alfred si
riprese in fretta e le baciò la mano.
“Sono
Elizabeta Edelstein e sarei molto felice di passeggiare con lei in questo
salotto.”
“Il
piacere è tutto mio, milady!”
Si
allontanarono a braccetto e Arthur colse l’occasione per arraffare un altro calice
di champagne e berlo tutto d’un fiato. A quel punto avrebbe dovuto fermarsi,
sapeva fin troppo bene cosa succedeva dopo.
“Le vin sait revêtir le plus sordide bouge
d’un luxe miraculeux.”
Dalla
sua sinistra provenne un leggero profumo di colonia, ma Arthur non aveva nessun
desiderio di contatto con qualunque essere umano, figurarsi di uno che si
introduceva in francese.
“Mio
giovane amico, è questo dipinto che la turba?”
Arthur
alzò lo sguardo inconsapevolmente: non sapeva nemmeno di trovarsi di fronte a
un quadro. Raffigurava una donna seminuda accasciata su una sedia. Sembrava
dormire, ma visto il tema di quella raccolta era indubbiamente morta.
“Non
sono le cose impalpabili a turbarmi” rispose infine, rivolgendosi direttamente
alla tela.
“Trova
la morte impalpabile?”
“La
rappresentazione di essa lo è.”
“La
rappresentazione della morte è esattamente come la morte stessa! Un attimo
fugace e perenne allo stesso tempo, che imprigiona la vita in un tempo eterno.”
Arthur
volle scoprire chi si celava dietro quelle parole che ostentavano tanta
sagacia. L’uomo accanto a lui osservava il dipinto come se si fosse perso al
suo interno, con tanta ammirazione negli occhi blu. Non portava la giacca, se
ne andava in giro in gilet e con i polsini della camicia sbottonati. Il nodo
della cravatta attorno al colletto inamidato era disfatto.
“In
ogni caso sono in parte d’accordo con lei” proseguì il francese biondo. “Questo
quadro è incompleto, manca il punto di vista della protagonista. Cleopatra non
poteva avere un’espressione così tranquilla nella morte. Il suo cuore doveva
essere in preda allo struggimento dell’amore, del desiderio e della tristezza!”
Quanto
fervore per un semplice quadro. Arthur sospirò e rivolse nuovamente la sua
attenzione a Cleopatra, alla ricerca di ciò che il francese decantava, ma la
sua poca erudizione artistica gli fece abbandonare subito l’impresa.
“L’espressione
dei morti non ha nulla a che vedere con ciò che hanno trascorso in vita” disse
Arthur.
“Ha
visto molti morti?” domandò l’altro con sincero interesse, ma con una punta di
commiserazione che infastidì molto l’inglese.
“È così” rispose,
sostenendo caparbiamente il suo sguardo.
Il
francese infilò una mano nel taschino del completo ed estrasse un fazzoletto
bianco. Lo sbatté in aria un paio di volte e al suo posto apparve
improvvisamente una rosa rossa.
“Voilà. Quell’espressione afflitta non le
si addice proprio. Prenda questa e si faccia un giretto tra i dipinti.” Gli
mise in mano la rosa e gli assestò un lieve buffetto su una guancia. Arthur lo
guardò sconvolto.
“Mi
ha scambiato per un moccioso?!”
“Adulto,
bambino, che differenza fa? Le cose belle rimangono belle.” Gli prese la rosa
dalle mani e gliela appuntò sulla giacca.
“Anche
la maleducazione rimane maleducazione.”
“Oh,
ma quanto è formale! Faccio il mio mestiere, intrattenere la gente! E non
faccia quell’espressione offesa, se non abbassa le sopracciglia si
affaticherà.”
“Lei
è uno zotico.”
“No,
il mio nome è Francis.” L’altro ebbe la sfacciataggine di rispondergli così
mentre faceva un galante inchino.
“Francis
e basta?” chiese Arthur, sempre più infastidito dalla sua villania, ma se ne
pentì. Perché glielo domandava? Non gli interessava minimamente conoscere quel
personaggio.
“Un
artista non necessita di altro. Sono conosciuto tra il pubblico semplicemente
con questo nome. Lei invece…”
Arthur
si strappò la rosa dal petto e la gettò a terra. “Visto che i giochetti
infantili la divertono tanto, provi a indovinare.”
Francis
cambiò espressione come un bambino al quale hanno guastato un interessantissimo
svago. D’improvviso gli infilò la mano in tasca e, incurante delle lamentele di
Arthur, estrasse l’invito sgualcito e lesse i nomi. Rise in modo fastidioso,
come chi ha capito tutto. “Sicuramente lord Kirkland.”
Arthur
rimase indubbiamente sorpreso dalla sua abilità – o fortuna – ma celò ogni reazione
che potesse dare a Francis una qualunque soddisfazione. “Come può esserne così
sicuro?”
“Riconosco
un inglese anche tra una folla di scozzesi” rispose, infilandosi con noncuranza
l’invito non suo nel taschino sul petto. “E comunque sono abbastanza sicuro di
stare parlando inglese, in questo momento.”
“Potrei
essere chiunque in grado di parlare un ottimo inglese.” Non voleva dargliela
vinta.
“Ma
solo un vero servitore della Corona risulterebbe così fiero di se stesso.”
Arthur
si riprese l’invito senza complimenti. “Ebbene, si sbaglia. Non sono lord.”
“No
di certo, altrimenti se ne sarebbe già vantato da un pezzo” sussurrò Francis
tra i denti.
“Prego?!”
“Dicevo
che la trovo assolutamente adorabile!” mentì spudoratamente. “Passeggerebbe con
me?”
“Ovviamente
no.”
“Perfetto.
Ci vediamo stasera a cena.” Si congedò, lanciando dietro di sé una manciata di
coriandoli comparsi da chissà dove.
Arthur
si allontanò spazientito. Non aveva mai tollerato i prestigiatori.
Poiché
la località in cui si stavano dirigendo si trovava in montagna – come quasi
tutto il territorio dell’Impero, d’altronde – lungo i sentieri tortuosi si era
formata una fila di cinque carrozze che trasportavano tutti gli ospiti al
castello di Herberstein, il luogo di villeggiatura di herr Edelstein.
Mentre
procedevano, lenti e sballottati, Roderich gli parlò della storia del castello
– senza che nessuno glielo avesse chiesto. Arthur guardava per lo più il sole
tramontare dietro le cime aguzze, cercando di non incontrare lo sguardo di
Alfred. Sapeva che lo stava fissando e sapeva anche che lo stava facendo con
un’espressione preoccupata e interrogativa. Che stupido. L’inglese non poté
fare a meno di domandarsi per che cosa avesse sofferto per un anno intero. Per
le occhiate ingenue e stupite di un marmocchio viziato? Per le chiacchiere
interminabili e senza senso di un esibizionista? Per la spavalderia e la
semplicità di un americano esaltato?
Appoggiato
alla propria mano continuava a guardare fuori dal finestrino, oltre le tende.
Pensò che, all’inizio, erano state proprio quelle peculiarità ad attrarlo.
Il
castello era una costruzione risalente
al Medioevo, infatti possedeva quel fascino fiabesco che tutti si aspettavano
di ritrovare nelle foreste del nord Europa. Ad Arthur non dispiaceva affatto quell’architettura
regale, ma nulla poteva competere con il suo patriottico e nobile neogotico.
Il
candido edificio sembrava arrampicarsi sulle colline, non era del tutto
visibile a causa degli alberi che lo circondavano e alle sue spalle le montagne
parevano delle quinte teatrali, ma una sottile torre svettava al centro della
copertura scura.
Quando
le carrozze si furono fermate di fronte all’entrata, Arthur notò che poco più
in là la terra sembrava sparire: a lato del castello si apriva un precipizio e
un fiume scrosciava rumoroso tra le sue pendici.
Arthur
si ripromise di trattare un po’ meglio herr Edelstein. Se quello era il suo
luogo di villeggiatura allora le sue tasche dovevano straripare di banconote.
Entrando,
l’inglese notò che non erano presenti servitori ed espose la sua curiosità al
proprietario.
“La
servitù lavora in questo castello solo qualche mese all’anno” spiegò Roderich.
“Hanno approntato tutto il necessario per voi ospiti e si sono ritirati. Non mi
piace vederli a non far niente.”
Improvvisamente
Arthur capì come quell’uomo potesse permettersi tali sontuosità. Avrebbe dovuto
imparare un po’ di taccagneria da quell’austriaco.
Nonostante
l’inaspettata accoglienza dell’esterno, i padroni non avevano resistito al
fascino del barocco e avevano fatto decorare gli interni con le tappezzerie
dorate e le porcellane candide tipiche di quel gusto pomposo. Arthur si perse
subito in mezzo a quella vastità: nemmeno l’imponente castello di suo zio
poteva competere con quel lusso.
Vennero
invitati a prendere posto nelle camere già assegnate alla fine delle scale che
portavano al piano superiore. Una stanza a testa, per fortuna. Per un attimo
Arthur aveva temuto di doverla condividere con Alfred o con il francese…
“Bon
soir!”
Arthur
rabbrividì constatando che Francis stava uscendo proprio dalla camera di fianco
alla sua.
“Cosa
fa qui?” Domanda assolutamente retorica.
“Dormo
proprio di fianco a lei. Chissà cosa sarà mai saltato in testa ai padroni per
mettere un inglese e un francese così vicini. Probabilmente hanno passioni
gladiatorie.”
Arthur
trovava particolarmente irritante il modo in cui quell’uomo scherzava su tutto.
All’improvviso dal corridoio comparve anche Alfred, che lo salutò come se non
lo vedesse da dieci anni.
“Sono
di fianco a te, Arthur!”
Non
c’era niente per cui essere felici.
Continua
Eccoci qui con una nuova
storia! Non mi ero mai cimentata in un giallo, prima d'ora, ma adoro
Sherlock Holmes e Agatha Christie (e anche Kuroshitsuji, se qualcuno
coglie il riferimento XD) Questa fic sarà proprio un miscuglio
tra questi tre capolavori, noterete sicuramente molte somiglianze ma
spero non le considererte scopiazzature: ho cercato solo di prendere
ispirazione per creare una trama tutta mia.
In questo capitolo non vi
posterò i link ai dipinti poiché entrambi ricompariranno
nei prossimi capitoli con maggiore importanza. Ovviamente se volete
andare a cercaveli fate pure!
Vi annuncio che ci saranno
poi numerosi pairing, alcuni molto evidenti, altri sottintesi, altri un
po' ambigui... diciamo che i pairing prevalenti (o meglio, i più
evidenti) saranno GerIta e FrUk, ma troverete anche UsUk, PrUngary,
AusHun, BelaRus (sì, avete capito bene... viene prima Bela u.u),
PruBela (non so come si chiami questa coppia) e poi boh, se vorrete
vedercelo, anche un accenno di Germancest... dipende molto da come
gradite di più vedere questi pairing. In ogni caso sono molti, i
personaggi interagiscono tra loro, per questo all'inizio non ho dato
alcun avvertimento sui pairing... perchè c'è un po' di
tutto.
Come sempre ringrazio Momoka per il fedele betaggio e i consigli preziosi e vi aspetto al prossimo capitolo!!
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