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Note di
Inizio Fic:
Questa storia è
stata scritta durante un periodo di grave e profonda crisi mistico-letteraria
(traduzione: blocco dello scrittore di dimensioni bibliche che mi rende
intrattabile, ancora più del solito!). Essendo settimane che non riuscivo a
buttare giù due righe sulla carta (o sullo schermo del PC! :D ) mi sono imposta
di scrivere qualcosa. Qualsiasi cosa per uscirne. Questo è il risultato. Una one
shot ispirata all'omonima fiaba di Hans Christian Andersen (e al cartone animato
Disney che era il mio preferito da bambina! XD), che di fiabesco conserva poco e
niente.
Sperando
vivamente che il risultato sia apprezzabile, invito alla lettura e ringrazio chi
avrà la bontà di recensirmi.
LA SIRENETTA
Mio principe, non portarmi sulla riva al tramonto.
A noi non è permesso vedere il sole.
Siedi nella semioscurità della grotta.
Volgendo le spalle al cielo vermiglio che sovrasta il mare
tingendolo del suo sangue osservi le ombre distendersi pigre contro le pareti di
pietra, lunghe e flessuose come dita di donna: sai per istinto il momento in cui
il sole si congiungerà al mare, svanendo tra i flutti.
Poggi la guancia sulle braccia che cingono amorevolmente le
ginocchia, e sospiri sognante mentre con le dita crei distratta cerchi
concentrici nella polla d’acqua cheta ai tuoi piedi. E’ collegata al mare, lo
senti, anche se la corrente non è abbastanza forte da creare delle onde. Gelide
stille ti scintillano sulle guance come perle e altre ne cadono dalle ruvide
stalattiti.
Sorridi. C’è acqua tutto intorno a te.
Somiglia a casa tua, qui.
Ti accoccoli nella protezione dell’ombra azzurra, lontana dal
sole che muore, e osservi di sottecchi l’uomo che ti sta in piedi, accanto, il
tuo principe splendente baciato dalla luce del suo mondo. Non teme di fissare
l’astro del giorno, lui, coi i suoi occhi scuri, la pelle abbronzata dai lunghi
pomeriggi sulla spiaggia non si ustiona nemmeno al caldo torrido di mezzogiorno.
Eppure tu e lui siete identici.
Il suo odore ti ricorda il sapore che senti sulle labbra
nelle profondità marine, l’aria salmastra della superficie in una notte senza
stelle, la corrente azzurra che ti fa ondeggiare i capelli. Come te egli è parte
dell’oceano che ami.
Che sia questo ad attrarti in lui?
Non lo sai, non te lo chiedi, non è importante.
La luce all’interno della grotta, oltre l’imboccatura
inondata dal sole, è di un tenue e placido celeste, non abbastanza forte da
rivelarti tutto ciò che qui dentro gelosamente si cela. E’ un luogo magico,
nascosto, quasi inaccessibile. Lo conoscete solo voi due, è il vostro segreto.
Mio principe, non così veloce!
A noi non è permesso correre!
Agiti pigramente le gambe che hai immerso nell’acqua gelida
sollevando la veste turchese leggera e preziosa fin sulle cosce in un gesto di
innocente malizia. La mente vaga e ti ritrovi a pensare ai lunghi pomeriggi
d’ozio passati su uno scoglio lontano in cui la bella coda di scaglie splendenti
ondeggiava lenta al ritmo delle onde e piccoli pesci variopinti ti si
avvicinavano curiosi. Ora non c’è nessuno a farti compagnia, neanche i goffi
granchietti di costa.
L’uomo teme il mare, il mare teme l’uomo.
Anche te che di umano non hai che le sembianze.
Il tuo principe si volta a guardarti e tu gli sorridi dolce,
creatura dei fondali tenebrosi. I begli occhi di madreperla splendente
rifrangono i bagliori dell’acqua salata e del tramonto, e la lucente bellezza di
questo caleidoscopico arcobaleno di colori è tale che perfino tu fissi incantata
il tuo riflesso sbiadito sulla parete scura e lucida.
Ignori la fitta di dolore che annebbia i sensi quando il
tallone sfiora la roccia, concentri i pensieri sulla carezza gelida dell’acqua
di mare, il tuo unico sollievo, perché lui non deve accorgersi di quanto stai
soffrendo.
Tendi le labbra pallide e continui a sorridere.
Ridi forse della tua stupidità, bambina dell’oceano?
Come hai potuto pensare di vivere in superficie con le tue
belle gambe sottili, sciocca creatura, quando nemmeno il morbido fondo sabbioso
della tua casa ti è permesso sfiorare con la tua lunga coda senza provare
dolore? Come ti è saltato in mente di seguire questo principe che ti guidava con
passo saldo lungo sentieri rocciosi e pendii scoscesi, senza alcun rispetto per
te stessa e la tua agonia?
Ami la vita sulla terra al punto da disprezzare la tua
esistenza?
Mio principe, non far domande.
A noi non è permesso proferir parola.
Il globo sanguigno è immerso per metà in una distesa d’oro
liquido.
Muta contempli un riflesso nell’acqua azzurra.
Chi è la bimba triste che ti osserva?
Ti sporgi più avanti, oltre le ginocchia bianche, e osservi
lunghi capelli color dei coralli che incorniciano in placide onde calde un viso
pieno e morbido, e rotondità di bimba. Ma gli occhi, grigi e spenti,
appartengono al mare e alle sue profondità.
Sei tu quella persona?
La domanda ti preme sulle labbra ma non parli alla creatura
che muta ricambia il tuo sguardo dall’acqua. Il tuo principe t’è accanto, e tu
sai che la voce di chi è come te è veleno per ogni creatura vivente. Il tuo
canto conduce alla pazzia il marinaio incauto che osa navigare in acque lontane,
la voce fa perdere agli uccelli la rotta di casa, un sussurro conduce balene e
meduse ad arenarsi sulla sabbia fine e bianca.
Parla, il tuo principe, invece.
Lui può.
E con la voce bassa e dolce come il tuono che spezza la
quiete del mare lontano crudelmente decanta l’odioso sole che brucia e acceca,
incensa le stelle fredde e distanti, romanza il cielo aureo screziato d’arancio
e scarlatto, mentre tu fissi incantata il tuo riflesso triste e stanco che
ricambia il tuo fastidio, lo comprende.
Sciocco principe di terra!
Perché non parla di te, invece?
Perché non decanta la tua, di bellezza?
La natura non vuole attenzione né parole accalorate.
Vuole essere contemplata, amata, che se ne fa di vuoti
discorsi?
Come t’avesse letto nel pensiero, bimba capricciosa, egli
abbandona il suo posto in riva al mare alla luce del tramonto e ti si
inginocchia accanto, nell’ombra, prendendoti le mani con la devozione di un
supplice.
Egli ama il mondo e tutte le sue bellezze, ma ama ancora di
più te, misteriosa creatura del mare volubile come marea e bizzosa come l’onda,
anche se lui è un uomo e tu appena una ragazza.
Ma questo non ti rende felice come avresti pensato.
Come potrebbe, del resto?
Neanche tre lune sono scomparse tra le onde dalla notte in
cui il suo sguardo si è posato per la prima volta sulle forme acerbe di te,
bambina baciata dal mare, e già lo senti parlare di matrimonio, di figli da
accudire, già sogna una vita da passare insieme. Anche se l’amore potessi
provarlo come riusciresti a comprendere tale sua insana follia?
Ti ama, dice, ma non sa nemmeno il tuo nome.
Ma non lo biasimi per questo. Anche se potessi dirglielo, non
capirebbe la bellezza di un nome come il tuo, così come non riuscirà mai a
comprendere la magnificenza dello zefiro mattutino, dell’onda che si increspa
sulla riva, lo stridio degli eleganti gabbiani al tramonto e il silenzio del
pesce dei bassi fondali che sonnecchia nella sabbia. Perché in fondo è solo un
essere umano, e come tale è stato in grado soltanto di affibbiarti un nome che
appartiene alla sua gente, talmente insignificante che nemmeno lo ricordi.
Caldo è lo sguardo scuro che fissa con dolcezza il volto
altezzoso e freddo, calde le mani che ti stringono adoranti, mentre tu non
ricordi un solo giorno in cui le tue lo siano state. Puoi sentirgli il cuore
battere nel petto, e per un attimo ti domandi quando il tuo abbia smesso di
battere per il mondo e le sue meraviglie, prima di gettare un’occhiata nervosa
al cielo che alle tue spalle si va colorando d’indaco scuro.
Ed è allora che il tuo principe decide di unire le vostre
labbra in un primo, lieve, casto bacio d’amore.
Mio principe, no! Non sfiorare le mie labbra con le
tue!
Non ci è permesso amare!
E poi è acqua.
Acqua tutto intorno a te.
Gocce d’acqua scintillano come perle mentre cadono dalle
stalattiti ruvide, gocce gelide che si infrangono sulla pelle bianca, gocce che
si trasformano in cerchi concentrici appena toccano la superficie della pozza,
gocce che fanno risplendere le scaglie della tua lunga coda smeraldo che fa
capolino da sotto la bella veste azzurra.
La roccia impregnata d’acqua salmastra è fresca e umida sulla
pelle.
Questo luogo somiglia tanto alla tua casa in cui vivi, sola.
Perché anche adesso sei sola, giovane fanciulla.
Il tuo principe non c’è più.
Come gli altri, è divenuto candida spuma di mare.
Perché anche il tuo bacio d’amore è mortale, sirena bambina,
ma questo lo sai anche se lo stupore ti coglie ogni volta che accade. Perché gli
umani sono strani, così simili a te nella parte superiore del corpo, così
diversi in quella inferiore: nuotano goffamente ed è impossibile per loro
respirare sott’acqua. Compensano la loro naturale debolezza con armi e libri al
punto che dimenticano di essere creature fragili come corallo, evanescenti come
morbida spuma marina.
Per questo ti affascinano.
Per questo ne sei attratta.
Per questo vivi con loro anche se umana non sei, anche se
devi nutrirtene per crescere, e conoscerli e amare il loro mondo baciato dalla
luce rende tutto più straziante.
Per questo quando l’orrore della perdita ti coglie d’un
tratto vorresti gridare, sirena bambina, sfogare il dolore che t’affanna il
petto con la rabbia della disperazione, incurante del fatto che altri umani
potrebbero ascoltare la tua voce mortale, ma desisti. Perché in fondo dovrebbe
importarti di lui?
Non è il primo e non sarà l’ultimo di cui ti nutrirai.
Volgi lo sguardo freddo e brillante al sole che ora svanisce
al di là del mare, sotto un cielo che già si carica delle prime stelle della
sera.
Sciocco principe innamorato, sarebbero bastati pochi istanti
perché ti salvassi e non diventassi nutrimento della sirena bambina, perché il
sole del terzo giorno passato lontano dalle acque a cui appartieni la
restituissero ai flutti in forma di spuma bianca.
Amavi tanto la vita, principe, ma per amore ti è stata
strappata.
Eppure non riesci ad odiarti, sirena bambina, perché anche tu
vuoi vivere.
Mio principe, ti prego, non biasimarmi.
A noi non è concesso
vivere.
Sotto i
raggi argentati della luna ti ricongiungi all’acqua, sparendo tra i flutti.
Sulle
labbra il sapore del sale si mischia alle lacrime.
Piangi,
sirena bambina, finché ti è concesso.
Presto
dovrai andare da un altro.
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