Blut Schnee.

di Dali Potter
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Blut Schnee.

Che dolce il rumore dell’aria. Si muove scattante mentre io la taglio. Forse scappa.
Da me che mi dondolo, che volo eppure a pochi centimetri da terra sorretta da due forti catene.
Ma non sarò mai veramente libera di volare, qualcosa mi tratterà sempre. Eppure non sono io la vera prigioniera.
 E faccio vagare lo sguardo al triste e possente cancello grigio, poi ai soldati di cui siamo costantemente circondati e infine a queste catene robuste che non mi fanno volare, intrappolata su un’altalena.
Eppure sembra tutto così leggero, come se il tempo si fosse fermato, come se la neve lo avesse fermato.
La neve.
-Mutter! Es schneit!!1
Sento la voce eccitata di mio figlio, dopo tanto tempo sorride anche lui.
E sorrido anch’io.
E mi sembra che anche i soldati di mio marito sorridano, sotto quell’aria da duri tedeschi, ma forse è solo un’impressione.
Un fiocco si posa dolcemente sulle mie gambe appena tornate a terra. Lo afferro, è strano come una cosa così piccola porti felicità a gran quantità.
Lo osservo. Le mie labbra si piegano, si corrucciano in una smorfia di sorpresa: è grigio, è nero.
E’ cenere.
Il mio sguardo corre dietro la nostra casa. Vaga in cerca di una risposta a quello strano colore, anche se infondo già ce l’ha una risposta, ma non l’accetta.
Una gran nebbia si è estesa oltre la casa. E’ fumo, è fuoco.
E le grida, le sento solo ora.
Li bruciano.
Muoiono, le loro ceneri cadono su di me.
E i soldati sorridevano davvero.

1. Mamma! Nevica!!






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