everything we can't say
AUTORE: Unsub
TITOLO: Everything we can’t say
RATING: Verde
GENERE: sentimentale, introspettivo.
AVVERTIMENTI: One-shot
PERSONAGGI: Sarah Collins, Jason Gideon.
DISCLAIMER: I personaggi non mi appartengono(tranne quelli da me
inventati), sono di Jeff Davis. Criminal minds appartiene alla CBS.
Questa storia non è a scopo di lucro.
Questa storia partecipa al The One Hundred Prompt Project
Un vento gelido spazzava il parco, incontrarsi all’aperto in
pieno novembre all’aperto a Washington non era una cosa
consigliabile. Sapeva che non c’era un posto sicuro, potevano
essere visti insieme e questo non doveva accadere per svariate ragioni.
Prima di tutto se sua zia Erin fosse venuta a conoscenza del fatto che
avevano fatto comunella per difendere la squadra, nastro o non nastro
l’avrebbe messa a forza sul primo volo diretto a Lione e lei non
voleva tornare in Francia. In secondo luogo, potevano essere visti
insieme da uno dei membri del team e la cosa sarebbe stata difficile da
spiegare. I ragazzi avevano cominciato a fidarsi di lei, come avrebbero
reagito al sospetto che lei fosse li per controllarli?
Infilò le mani ancora più a fondo nelle tasche del
giubbotto pesante e sperò che lui si sbrigasse ad arrivare.
Mancavano ancora cinque minuti all’ora dell’appuntamento e
lei maledisse l’abitudine dell’uomo di non arrivare mai in
ritardo o in anticipo. Potevi rimettere l’orologio sulla
precisione di Jason.
Si chiese ancora una volta cosa volesse da lei. Quando una settimana
prima l’aveva chiamata comunicandole che si sarebbe trovato nei
paraggi ed era intenzionato a parlare con lei di persona, aveva osato
sperare che lui la volesse vedere, che volesse parlare con lei e
chiarirsi. Ora si rendeva conto che la loro conversazione sarebbe,
probabilmente, girata intorno al team e ai suoi “ragazzi”.
Sospirò sfiduciata, non aveva voluto vederlo nel suo
appartamento e recarsi in albergo da lui era fuori discussione. Troppe
possibili varianti, troppi possibili testimoni dell’incontro tra
due persone che, teoricamente, si conoscevano a malapena e che non si
sentivano da anni.
Intravide la sagoma scura sedersi sulla banchina al suo fianco, chiuse
gli occhi e spero con tutta se stessa che il motivo del loro
“appuntamento clandestino” fosse lei e quello che li univa.
- Ti trovo bene – cominciò l’uomo
allungandole un bicchiere di caffè bollente, che Sarah si
affrettò a prendere con gratitudine malcelata.
- Grazie – osservò la bevanda scura, alla ricerca di qualcosa da dire per rompere il ghiaccio.
- Ho saputo che hai preso la tua decisione –
Jason l’aveva prevenuta, stroncando ogni possibile malinteso sul
perché si trovassero lì.
- Non credere che la tua richiesta c’entri
qualcosa con quello che ho fatto – l’astio era abilmente
nascosto dietro un tono studiatamente indifferente – Tu e lei non
avete così tante importanza ed influenza, le mie decisioni le so
prendere da sola.
- Però hai salvato la squadra da tua zia
– rispose lui nascondendo un sorriso mentre sorseggiava il
caffè.
- Ho un forte senso della giustizia. Mio padre mi ha
insegnato il significato profondo della lealtà… parlo di
Richard, naturalmente.
Perché aveva sentito la necessità di fare quella
precisazione? Lui non era mai stato suo padre, dubitava fortemente che
si fosse comportato da padre con chicchessia. Sapeva che aveva pessimi
rapporti anche con Stephen, il fratellastro che non aveva mai
conosciuto. L’unico con cui sembrava aver instaurato quel tipo di
rapporto protettivo era Spencer.
Accantono il pensiero del giovane dottore, trovando scomodo parlare del
ragazzo che amava con l’uomo che le aveva distrutto la vita. Un
sorriso amaro le piegò le labbra, in fin dei conti non
c’era molto da dire su Reid. Erano solo, esclusivamente, amici e
colleghi. Lui non avrebbe mai ricambiato quel sentimento e lei
preferiva mettersi al riparo da eventuali delusione e sopprimere sul
nascere quello che sentiva.
- Immagino che Richard sia stato un buon padre – Jason si girò ad osservarla.
I capelli neri erano tagliati cortissimi e quel ciuffo lungo,
dall’improbabile color rosso acceso, si agitavano nel vento
nascondendole parzialmente il viso. Era un peccato che portasse
quell’acconciatura così particolare e bizzarra. Aveva un
bel viso dai lineamenti regolari, su cui spiccavano quegli occhi verdi
così inquietanti. Se avesse adottato un taglio più
classico, magari lungo, avrebbe enfatizzato ancora di più la sua
somiglianza con…
Chiuse gli occhi di scatto. Non voleva pensare a lei, non davanti a
quella ragazza a cui era legato da un rapporto così strano,
frutto di un amore che lui aveva stroncato. Si disse ancora una volta
che aveva preso la decisione migliore per tutti e tre. Elizabeth era
sicuramente stata meglio con il protettivo ed affidabile Richard, lui
era sempre in viaggio per lavoro ed aveva già rovinato un
matrimonio, non voleva ripetere l’esperienza con quella donna
così importante per lui. E poi c’era il bambino in arrivo,
aveva commesso troppi errori con il suo primogenito. Era stato
terrorizzato dall’idea di stabilire con il figlio di Elizabeth lo
stesso rapporto controverso e fatto di rancore che aveva con Stephen.
Sospirò e un sorriso ironico si affacciò sul suo volto.
Anche Sarah lo odiava… anzi no, forse sarebbe stato meglio che
lei provasse per lui lo stesso rancore che provava Stephen. Avrebbe
significato che contava qualcosa nella sua vita, aveva imparato a
proprie spese che amore e odio erano le due facce della stessa
medaglia. Non si odia che ci è indifferente, ma chi ci ha fatto
soffrire, chi ci ha spezzato il cuore. Invece Collins con lui era
sempre fredda, sembrava che il loro legame non la riguardasse
minimamente.
- Non è stato un buon padre, è stato il
migliore – tornò a guardare il liquido scuro
all’interno del bicchiere – Non si è mai perso un
saggio, la consegna del diploma, il mio primo dottorato… sono
sicura che se non ci fosse stato l’incidente non si sarebbe perso
neanche gli altri due. Era un padre presente ed affettuoso, ma tu
queste cose non le puoi capire.
- Ti sbagli, le capisco e come.
- Cazzate! – era la prima volta che permetteva
a tutto il suo rancore di arrivare in superficie – Tu ti occupi
solo di te stesso, Jason Gideon è la tua sola priorità.
Non potrai mai capire cosa vuol dire essere un buon padre.
- Non sono qui per litigare con te.
- Neanch’io, non ne vedo
l’utilità. Tutto quello che avevamo da dirci
l’abbiamo detto cinque anni fa – con la mano libera si
massaggiò gli occhi arrossati dal vento – Credo sia meglio
non vederci più…
- Perché? – lui era ferito da quell’asserzione.
- Qualcuno della squadra potrebbe vederci e io non
voglio dare spiegazioni… anche perché non ci sono
spiegazioni da dare. Tu mi hai voluto vedere, ma non ho capito ancora
il perché.
- Volevo ringraziarti per quello che hai fatto per i miei ragazzi.
- Forse è meglio che ti sturi bene le
orecchie. Non l’ho fatto per te, ma per loro. C’è
una differenza enorme, fidati.
- Sono riusciti a fare breccia nelle tue alte difese? – sorrise divertito.
- Sono brave persone e non si meritavano quel tipo di trattamento.
- E se io fossi stato ancora parte della squadra?
- Non avrei chiesto di meglio che farti cacciare a
pedate, ma tu hai deciso di andartene rovinandomi il divertimento.
Addio Jason.
Fece il giro della banchina e si incamminò dando le spalle a suo
padre. Jason rimase seduto perso nei suoi pensieri. Nessuno dei due era
riuscito a dire quello che pensava veramente.
“Sarah, sono fiero di te. Non
solo perché sei un’ottima profiler, ma perché sei
una brava persona. Mi dispiace di avervi abbandonate, non
c’è giorno in cui non pensi che le cose sarebbero potute
essere diverse fra noi. Ma quello che ho fatto l’ho fatto per
amore, non per egoismo. So che pensi il contrario, ma la mia
priorità sei sempre stata tu. A Lione almeno eri al sicuro, ma
qui? Spero solo che i ragazzi ti proteggano sempre.”
“Papà, per una volta
sola vorrei poterti chiamare così. Vorrei che mi abbracciassi e
mi dicessi che andrà tutto bene. Vorrei sentirti dire che sei
orgoglioso di me. Il tuo rifiuto mi ha segnato molto più di
quanto tu possa immaginare. Ero solo una ragazzina spaventata in cerca
di un legame con qualcuno che potesse guidarla. Mi sono trovata a
dovermi arrangiare da sola a diciassette anni. Guardami! So che magari
tu pensi il contrario, ma sono una brava persona anche se non riesco
mai ad esprimere i miei sentimenti. Non sono fredda come voglio
apparire, io soffro come chiunque altro.”
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