Do
you remember, Father?
Ricordi
ancora, Padre? Qui, nello oscuro oblio in cui mi hai rinchiuso,
dimenticare è
difficile. Ci ho provato molte volte, credimi, ma il mio volto
sfregiato, che
un tempo scolpisti affinché fosse il più bello
del Paradiso, mi impedisce di
farlo. Sfioro appena la cicatrice che la lama infuocata di mio fratello
Michael,
a cui ordinasti di punirmi e che ora ha preso il mio posto e i miei
onori, lasciò
sulla mia pelle e una di quelle sensazioni crudeli con cui hai
appesantito il
mio animo corrode il mio spirito, rendendomi incapace di pensare.
Perché,
Padre? Non sarebbe stata sufficiente la cacciata dal tuo regno e
l’esilio
lontano dalla tua luce? Anche la dolce Uriel implorò
pietà per me e persino il
saggio Gabriel voltò lo sguardo dinnanzi alla mia bellezza
deturpata. Eppure,
mi condannasti anche a questo vessillo e, ora, tutti i tormenti che
creasti, cosicché
il mio martirio, nelle profondità dell’arida
terra, toccasse apici mai provati
prima, mi rendono folle.
Da quando
le
catene dell’odio stringono i miei polsi, Padre, il rancore,
come le splendide
piante con cui ornavo il mio capo, cresce nel mio petto, nutrendosi
della gioia
di cui mi facesti dono quando mi generasti e che ora, lentamente, mi
viene
strappata. So a quale destino la mia anima va incontro, tu stesso me lo
dicesti
poco prima che il fragile Raphael, che da sempre presiede le arti
mediche, fosse
costretto a recidermi le ali.
Le gelide
pietre su cui le mie membra martoriate poggiano, mi aiuteranno a
dimenticare. I
miei ricordi sbiadiranno, consumandosi piano e cancellando le
espressioni
amorevoli dei miei fratelli. La solitudine mi temprerà,
incidendo nuove
memorie, dove tu, Padre, sarai grande ed io misero ed invidioso.
Stabilisti
che il mio comportamento, le mie innocenti domande sul
perché delle cose e il
mio seguirti per carpire il segreto della tua magnifica potenza fosse
“superbia” e che, per questo motivo, dovessi
abbandonare la tua splendida
reggia.
Non volli
farlo e, adesso, profondi segni sulla mia schiena mi ricordano la mia
impudenza.
Io, che
ero
il tuo preferito e che come nessun altro ti amavo, non avrei mai potuto
spodestarti. Tu, padre, che io credevo così perfetto, per
primo fosti corrotto
dalle oscure sensazione che la tua mente mi ha donato. Vorrei poterti
dire che
ti ho perdonato, che nonostante le mie inguaribili ferite non nutro
alcun astio
nei tuoi riguardi. Ma non posso farlo e la causa di tutto questo sei
tu. Tu che
mi obbligasti ad ingozzarmi dell’acredine nonostante il mio
animo puro ne fosse
sazio già dopo il primo assaggio e coscio del dolore che
questa mi avrebbe
arrecato!
Quanto
tempo
è trascorso da quando, per la prima volta, mi svegliai tra
le tue braccia? Il
tuo splendore, quella volta, quasi mi rese cieco. Poi, percepii il
calore del
tuo amore e gli sguardi estasiati dei miei fratelli. Fui la tua ultima
creazione, quella che tu riconoscesti come la più perfetta.
Pareggiavo la
gentile Uriel per bellezza, gareggiavo con
l’intelligentissimo Gabriel e
sfidavo senza paura il mio amato Michael, che tra tutti noi primeggiava
per
coraggio e forza. Dei miei bellissimi occhi, ora, non restano che iridi
bianche, private della vista dalla lama di un mio consanguineo, e il
mio
intelletto, un tempo vispo, è annebbiato dalla sofferenza.
Tu che mi
creasti a tua immagine e somiglianza, tu infinitamente buono, come hai
potuto
pensare che nella mia anima, la quale da sempre ti appartiene, vi fosse
l’ardente desiderio di superarti? Così radicato
era nel tuo spirito l’infimo
germe della paura, tanto da spingerti a liberarti rinchiudendolo in me?
Padre, tu
che sei creatore di ogni cosa, come hai potuto dubitare della mia
natura benigna?
Dalle tue idee io fui creato, dalle tue mani realizzato e dal tuo
respiro
vitale animato. Infine, dopo avermi fatto provare l’illusione
di un’esistenza
perfetta, dalla codardia di un essere supremo spaurito dalla propria
natura fui
mutato, degenerato in un essere piegato dalla sofferenza e colpevole
solo della
propria volontà di sapere. Non eri al corrente, essere
onnisciente ed esistente
prima che il Tutto venisse ideato, del Male, aspetto stesso della tua
perfezione? Non sapevi, quando mi hai così severamente
punito, quanto è
logorante il desiderio della Morte per un immortale che vuole perire?
Perché
io e
non un mio fratello, Padre?
Senti?
Capisci la maledizione che hai lanciato sul mio capo? Io, cresciuto
dagli
abbracci dei miei consanguinei, ora sono disposto ad augurare loro la
mia sorte
pur di liberarmene!
Immagina,
Padre, gli splendidi occhi azzurri di Gabriel attraversati da una
cicatrice o
le maestose ali di Michael strappate dalla sua carne e le ferite sul
suo corpo
gorgoglianti il suo sangue purissimo o la tenera Uriel inginocchiata al
suolo e
devastata da una sofferenza che non le permette di avere pace.
Immagina, Padre,
il dolore da cui sei scappato e che io, quotidianamente, sono costretto
a
rivivere.
Immagina,
Padre, la spada infuocata che donasti a mio fratello che ti trapassa il
petto
da parte a parte, perché questa scena abominevole mi
ossessiona ogni giorno.
Perché,
Padre?
Perché,
se
avevi deciso di condividere con me il tuo fardello, non ti sei
accontentato di
questo? Perché mi hai tolto la vista e le ali?
Perché mi hai incatenato nella
più oscura grotta di quest’arida terra?
Se me lo
avessi chiesto, ti avrei aiutato. Tutti noi, tuoi figli, lo avremmo
fatto.
E avrei
sopportato anche se tu avessi deciso di lasciare a me solo questo
onere. Le
carezze e gli abbracci dei miei amati fratelli mi avrebbero curato e il
tuo
amore e la tua comprensione mi sarebbero bastati per combattere questa
guerra
impari.
Ma
così non
fu. Temesti forse che, circuito dai tuoi fantasmi, avrei creato
scompiglio e
portato alla distruzione del Paradiso? È per questo motivo
che mi hai
ingabbiato qui, dove nulla cresce e vive? È per questo che
hai mutilato il mio
corpo e squarciato il mio animo?
Perché
non
rispondi? Perché tu, che tutto puoi, non senti le mie
preghiere e non mi
consoli?
Scalda le
mie membra che, lontane dal contatto del sole, tremano infreddolite e,
con calma
paterna, ricorda al tuo figlio sventurato la bellezza dei colori!
Ritorna sui
tuoi passi, perdona l’ingiustizia che non ho compiuto e
riassumi l’aspetto che
di te ho sempre amato! Sii mio padre, non un monarca ingiusto e
corrotto …
Ricordi
ancora, Padre? Ti sovviene alla memoria il mio viso e la mia voce? Se
si,
dimentica.
Nuove ali
sono cresciute sulle mie scapole, nere come il buio in cui mi hai
imprigionato.
L’Odio le ha rigenerate.
Nuovi
occhi,
strappati dalle orbite di creature dal cuore ancora pulsante nel petto,
mi
hanno ricordato la realtà in cui vivo. E la odio.
Le tue
catene non stringono più i miei polsi, Padre.
Il mio
nome
è Lucifero e sono il Male che tu stesso hai voluto e creato.
Note
dell’Autore
Sfuggo dai confini della mia long (You
and Me)
per cimentarmi nella sezione “Sovrannaturale”.
Quello che avete letto (e vi ringrazio per averlo fatto e per aver
deciso di ascoltare cosa ho da dire) è uno stravolgimento
dell’episodio della Caduta di Lucifero. Nella mia versione
apocrifa, le cose sono un po’ stravolte e colui che poi
diverrà Satana viene dipinto come una persona buona
costretta a divenire cattiva. Lungi da, e ci tengo a sottolineare,
urtare la sensibilità altrui, quindi, se l’ho
fatto, vi chiedo di scusarmi.
Spero
vogliate dirmi cosa pensate di questa one-shot!
A
presto, Jerry93
P.S.: ho da poco aperto una pagina
Facebook, quindi, se mi cercate o se volete pormi delle domande, io
sono a vostra completa disposizione qui!