Ohibò, qui non l'avevo ancora postata? Sto perdendo pezzi. Vecchia flashfic nata
su LJ per la cara Aufhebung, che mi chiese una "Young Auron" a tema
libero e io m'incartai per mesi per renderlo non solo il protagonista,
ma il vero e proprio prompt della storia. Auron, quindi, lungo tutto
l'arco della sua vita in cui si sentì di definirsi 'giovane':
A differenza zero
Auron smette di considerarsi bambino
quando Sin gli porta via i genitori: i sacerdoti gli dicono che deve
essere un giovanotto forte e quello fa, anche se sul momento le loro
parole rimbalzano sugli stendardi cremisi che hanno catturato il suo
sguardo e non vede davvero altro in un cielo troppo vuoto e grigio.
Resta al tempio.
Smette di considerarsi un fardello al
ritorno dalla sua prima missione, a riposo per una mezza giornata,
vagabondando senza meta sulle mura esterne e cercando di sentirsi
tutt'uno con le pietre allineate che le compongono. Il loro peso ha
uno scopo; il loro colore dovrebbe infondergli sicurezza. La sua
spada è sicura: può proteggere la
città che l'ha cresciuto. Il
resto di lui non è per nulla sicuro: è deluso,
incerto, arrabbiato,
ma gli dicono che prima o poi si sistemerà, come tutti, e
tende a
crederci. Se potesse evitare questa cosa dell'adolescenza sarebbe
più
sereno.
Per un attimo smette di considerarsi
del tutto mentre ascolta una predica di quel nuovo sacerdote che
riesce già a essere sulla bocca di tutti e farà
molta strada o
durerà pochissimo. Auron non è 'tutti' e non ne
farà parola con
altri, ma si rende conto che il monaco guerriero che esce dal tempio
quella sera, sotto un tramonto in fiamme che lo spinge e lo chiama e
non capisce dove, non è lo stesso della mattina. Il suo
centro di
gravità si è spostato.
Smette di considerarsi saggio quando
rinuncia a chiuderlo in casa e buttare la chiave, scortandolo invece
sulla via del pellegrino. Ma c'è ancora speranza, vero?
C'è sempre
speranza, le possibilità sono ancora infinite per loro,
anche se le
stanno calpestando con ogni passo. Quando si ferma a raccoglierle
l'altro ha raggiunto l'ansa in fondo al sentiero e lui non
può fare
altro che affrettarsi a inseguirlo, allungando una mano verso quella
sagoma rossa così salda e già offuscata in
lontananza.
Smette di considerarsi vivo quando
sente l'ultimo respiro del suo evocatore morirgli fra le braccia
imbrattate di sangue. Il resto sono solo epiloghi, reazioni,
conseguenze di nulla importanza.
Jecht scusasse se l'ho calciorotato
fuori dalla fic ma è 'n'altro presenzialista peggio di
Yunalesca,
questa voleva essere solo su Auron e nelle cose solo su Auron
difficilmente potrà non esserci Braska ma può in
rare occasioni non
esserci Jecht, ecco, soprattutto se sono ambientate per tre quinti
quando lui non c'era ancora. Se fosse una fanfic con la stessa
impostazione, ma nel periodo di Zanarkand, Jecht sarebbe ovunque
(*lampadina accesa* Ehi...)
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