Ultimo capitolo :)
Grazie mille a chi ha seguito questa storia fino alla fine (soprattutto
a chi invece di studiare per gli esami era qui a leggere =P).
E grazie ancora a Roby per il betaggio ultraveloce e a Lucia, santa
donna, che non so se leggerà mai ma che ringrazio lo stesso
per ovvi motivi, e perché ora ho capito che scrivere su
commissione mi leva la fatica di pensare all'idea di base, e visto che
sono pigra questa cosa mi piace parecchio.
6.
A
volte si svegliava all’improvviso durante la notte, e ci
metteva qualche secondo prima di mettere a fuoco dove si trovasse,
rilasciando un respiro che non sapeva di star trattenendo; a volte
appena prima di addormentarsi stringeva forte la mano di Blaine, e la
teneva contro il suo petto fino alla mattina seguente. A volte
semplicemente aveva paura. Paura che stesse vivendo uno dei suoi sogni
ricorrenti di adolescente, e che appena avesse aperto gli occhi si
sarebbe ritrovato a dover affrontare un’altra giornata
qualsiasi in quel terribile liceo di quella terribile città
sperduta in Ohio, ricominciando tutto da capo.
Per
questo si ritrovava spesso a fissare in silenzio scene del genere dalla
porta della camera, braccia incrociate al petto, fianco poggiato contro
lo stipite e un sorriso aperto sulle labbra.
“Per
quanto pensi ancora di rimanere lì a guardarmi senza far
niente?” gli disse Blaine, senza sollevare lo sguardo da
ciò che stava facendo. Sembrava sempre sapere dove fosse
Kurt, anche se non lo vedeva, anche se non lo sentiva.
L’altro
infatti sospirò per poi avvicinarglisi. Si sedette sul
divano accanto al marito, sbirciando oltre il suo braccio.
“Sta bene?” chiese, apprensivo.
Blaine
sbuffò divertito. “Certo che sta bene. Sta
benissimo. Non è mai stata meglio”
assicurò, lasciando che poggiasse il mento sulla sua spalla.
“Potevi dormire ancora un po’, ormai dovresti
fidarti. Non l’ho più fatta cadere” lo
prese in giro, aggiungendo subito uno “Scherzavo!”
notando l’occhiataccia di Kurt.
Tornò
quindi a quel piccolo esserino avvolto in una calda copertina rosa tra
le sue braccia. La loro bambina. Elizabeth. Due mesi e un cappellino
giallo con i ponpon sulla testa – perché
quest’anno è di moda e s’intona
perfettamente con il colore rosa della sua culla. A volte Blaine
pensava che Kurt sarebbe seriamente impazzito nel riempire il
guardaroba dello loro figlia. Be’, non che lui fosse da meno.
“Lasciamela
tenere un po’” si lamentò, posando una
mano sul gomito di Blaine per spostarlo leggermente e avere una visuale
migliore.
“Sta
bevendo il suo latte, Kurt, è già complicato
tenere lei con un braccio con la paura di farle male e il biberon con
l’altra mano in equilibrio precario senza che anche tu mi
faccia pressione” chiarì.
L’altro
rise, scoccandogli un sonoro bacio sulla guancia. “Rilassati,
amore, se faranno un’audizione per il papà
migliore del quartiere il secondo posto ce l’hai
assicurato” tentò di tranquillizzarlo.
“Perché ovviamente il primo è il
mio” evidenziò, mentre Blaine alzava gli occhi al
soffitto.
Kurt
poi si accoccolò meglio contro la sua spalla, continuando a
guardare la bimba finire il suo pasto. “Non pensi che mi
somigli?” sussurrò. “Quello è
sicuramente il mio naso. E quelle sono sicuramente le tue orecchie,
Blaine. Ci somiglia!” esultò, fiero della sua
scoperta.
Blaine
ridacchiò, posando il biberon quasi vuoto sul pavimento e
stringendosi al petto la figlia. “Kurt, temo sia del tutto
impossibile, anche solo per sbaglio. Si chiama eredità
genetica, e non ha la nostra” lo prese in giro.
Kurt
mise il broncio, dandogli una pacca non tanto amorevole sul braccio.
“Lo so. Ma penso ci somigli lo stesso”
s’impuntò, e la risata sincera
dell’altro era un chiaro segno che gli dava ragione.
“È bellissima”
commentò un attimo dopo, allungando un braccio fino ad
accarezzarle piano una guancia.
“Assolutamente”.
“È
la cosa più bella che potesse capitare nella nostra
vita” ammise, continuando a guardare la bambina mentre si
addormentava contro il petto di uno dei suoi due papà.
Blaine
si scostò lentamente solo per poterlo guardare meglio negli
occhi. “La seconda” gli disse, fissandolo
eloquentemente e sorridendogli, facendolo arrossire – e lo
sapeva che flirtare in quel modo era il suo punto debole.
“La
seconda” ripeté allora Kurt, ancora leggermente
imbarazzato, protendendosi verso il suo viso e sfiorandogli le labbra
con le proprie.
Non
che Blaine si lasciò sfuggire l’occasione,
ricambiando più che volentieri il bacio, facendo maggiore
pressione e rimanendo lì, fermo contro quella bocca che
amava, respirando la sua aria contro la sua pelle, per poi tentare di
approfondire il contatto; ma quando sentì il sorriso di Kurt
aprirsi sotto le sue labbra si allontanò, guardandolo con un
broncio adorabile. “Che c’è di
così divertente?”
E
l’altro evitò di pensare ai riccioli ribelli che
scendevano scomposti sulla fronte di Blaine dopo una notte
probabilmente insonne, o alla tuta grigia
dell’università che più volte gli aveva
rimproverato di buttare, ora sporca di latte su una manica e
chissà che altro sulla spalla opposta, o a quello sguardo
profondo che gli riservava – a lui, e a lui soltanto
– fin dalla prima volta, fin da Teenage Dream cantata alla
Dalton, ma che perdeva tutto il suo fascino se si teneva tra le braccia
una bambina che aveva appena avvertito di aver digerito bene.
“Le
tue labbra…” rispose soltanto Kurt.
“Che
hanno?”
“Sanno
di latte” ammise, e si lasciò andare a una sonora
risata – non tanto sonora, per non svegliare la figlia
– notando il rossore improvviso sulle guance di Blaine.
L’altro
infatti spostò subito lo sguardo, tentando di nascondere
l’imbarazzo. “Dovevo pur essere sicuro di cosa
farle mangiare”.
“Blaine”
lo riprese, respirando e calmandosi dalle risate. “Basta che
senti la temperatura del latte sulla pelle del polso, non
c’è bisogno di berlo”.
“Volevo
assicurarmi che fosse buono!” rispose piccato. “Se
le vengono altri mal di pancia rimani tu sveglio tutta la notte con
lei” s’infervorò, stringendo le labbra
ed evitando ancora di guardarlo.
“Va
bene, va bene” accordò, stringendosi ancora di
più a lui e poggiando di nuovo la testa sulla sua spalla.
Rimasero
così per qualche minuto, guardando solo il lento respirare
della bambina, i suoi pugni chiusi, le guance paffute, quella
carnagione rosea che lasciava intravedere le vene, e si ritrovarono a
fantasticare su come sarebbe stata, su che carattere avrebbe avuto, sul
suo musical preferito, su come poteva essere la sua voce, su che
canzoni avrebbe cantato per loro dopo cena, sul colore dei suoi occhi,
sul tono della sua risata, e stranamente solo su una cosa erano
entrambi d’accordo: sarebbe stata bellissima.
Perché era loro. E tutto ciò che era loro era
bellissimo.
“Mercedes
ha detto che sarebbe passata stasera e temeva che Rachel si sarebbe
aggregata, come sempre, ma stavolta non ho intenzione di far entrare in
casa mia, né tantomeno nel guardaroba firmato di mia figlia,
qualsiasi capo d’abbigliamento regalatoci da quella maniaca
dei vestiti fuori moda. A proposito di stranezze, se Wes e David si
ripresentano di nuovo insieme ad un orario improponibile come le sei
del mattino comincerò a credere che ci nascondano qualcosa,
e non mi importa nulla del volo che hanno dovuto prendere per farci una
sorpresa e del fuso orario. Oh, e mio padre e Carole saranno a pranzo
da noi questo fine settimana, sto pensando di sfruttare il libro di
cucina francese che mi hai regalato lo scorso mese, e-”
“Ti
amo”.
Blaine
lo aveva guardato negli occhi con quello sguardo sincero che lo faceva
sciogliere ancora dopo tutti quegli anni, anche con i capelli
spettinati, la maglia sporca e la bambina tra le braccia.
Certe
cose non sarebbero mai cambiate, ed erano proprio quelle a fargli
credere che tutto ciò che avevano costruito non era un
sogno, e che non si sarebbe mai più risvegliato adolescente,
in Ohio, lontano da Blaine. Non era più possibile.
E
per questo sorrise.
“Ti
amo anche io”.
FINE
Nota finale: ero molto indecisa sul nome della bimba. Ho passato in
rassegna tutti i musical citati da Kurt, ma niente. Wicked ha nomi
troppo strani, mentre RENT ha un perfetto Angel - che adoro - ma...
ehm... no, non potevo usarlo, e gli altri personaggi femminili non
vanno bene. Ho pensato quindi a Gypsy, a Rose... ma no, nemmeno quello,
perché non le auguro una vita così, alla piccola
Hummel-Anderson. E quindi ho lasciato perdere i musical e ho pensato a
Kurt che si firma con "Elizabeth" come secondo nome, e
chissà se quello è davvero il nome della madre
(non ci credo che sia il suo vero secondo nome, Burt non avrebbe mai
messo al suo primogenito un nome da donna XD) o un nome a caso scelto
dal gusto di Kurt. Rimarrà un mistero (grazie, RIB, vi amo
alla follia quando fate così). Io intanto ne approfitto
senza vergogna.
Se volete lasciarmi un commento almeno per l'ultimo capitolo sarebbe
una cosa carina e gradita. Risponderò a tutti il prima
possibile, sperando di non perdere la capacità di parola
dopo la - ehm - vacanza massacrante che andrò a fare.
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