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CAPITOLO 2
La luce
elettrica colpì con forza le iridi azzurre e Artemis fu costretto a coprirle con
un braccio. Rimase a sbattere leggermente le palpebre rimanendo a fissare il
pavimento sul quale si trovava seduto; questa volta era senza ombra di dubbio
quello di casa Fowl.
“Artemis, stai
bene?”
Si sentì
chiedere prima che la grande mole di Leale gli si avvicinasse per scrutarlo in
viso.
“Sì, credo di
si.” Il giovane annuì, affrettandosi a tranquillizzare l’uomo e dopo qualche
tentennamento si rimise in piedi. Spostò subito lo sguardo attraverso la stanza,
alla ricerca della sua macchina del tempo che si guadagnò soltanto
un’espressione soddisfatta dal suo creatore strapazzato.
“Cos’è
successo? Sei scomparso all’improvviso!” L’euroasiatico posò una mano sulla
spalla del giovane e lanciò una rapida occhiata all’invenzione prima di tornare
a fissare Fowl che scosse la testa, un lieve sorriso che gli aleggiava in viso.
“Ha funzionato! Tutto come previsto… esclusa la partenza a sorpresa,
ovviamente!” Artemis mosse qualche passo verso la macchina prima di cominciare a
camminare in tondo nella stanza, gli occhi fissi su un punto imprecisato del
pavimento e le sopracciglia leggermente aggrottate. “Sono finito nel XVII
secolo, in Inghilterra, meglio del previsto dal momento che per il viaggio di
prova avevo intenzione di non allontanarmi troppo da quest’epoca, ora resta da
capire come mai sono finito proprio in quel periodo storico e com’è stato
possibile l’accidentale accensione della mia invenzione! In teoria non sarebbe
stato possibile senza l’utilizzo della password, eppure…” Il giovane arrestò la
sua camminata alzando li occhi sulla sua guarda del corpo, rimasta ferma a
guardarlo.
“Non sai cosa
potrebbe essere accaduto?” Leale incrociò le braccia al petto; non sembrava
affatto soddisfatto.
“Non ancora, ma
non mi ci vorrà molto per…” Fowl aprì con noncuranza la giacca nera e da una
tasca interna estrasse un oggetto dall’aspetto di un cellulare di ultima
generazione: in realtà era parte integrale della sua invenzione; grazie a quella
componente la macchina poteva entrare in funzione anche a molti chilometri, o
molti secoli, di distanza.
Dopo aver
controllato che non fosse accesa e che nessun dato fosse stato inserito
accidentalmente, continuò a frugare nell’indumento.
“Dicevo, non mi
ci vorrà molto per capire la causa… ma dov’è?” Artemis si accigliò vistosamente,
tolse la giacca, rovistando nelle tasche interne e poi in quelle esterne “Non
può essere!”
“Qualcosa non
va?” La voce di Leale gli fese alzare di scatto il viso; gli occhi riflettevano
il suo disappunto “La ricetrasmittente, non c’è più!” Furono le uniche parole
che pronunciò prima di avvicinarsi alla scrivania per una vana ricerca nei
cassetti .
“Quale
ricetrasmittente? Quella che ti ha dato il capitano Tappo?”
“Esattamente!”
Fowl si accigliò ancora di più quando tornò a guardare la sua guardia del corpo
“L’avevo addosso prima che sparissi da qui, dev’essermi caduta durante il
ritorno…” La mente del giovane cominciò a lavorare febbrilmente alla luce di
quella constatazione. Se l’oggetto del piccolo Popolo gli era davvero caduto in
quella casa doveva tornare indietro a riprenderlo o, ne era sicuro, sarebbe
saltato fuori qualche imprevisto.
“Leale!”
Esclamò di colpo Artemis, con aria decisa “Dobbiamo…” le sue parole furono
bloccate dall’aprirsi improvviso della porta.
“Arty! Eccoti
qui, ti ho cercato ovunque! Sbrigati, i tuoi amici sono già in salotto, stanno
aspettando te per co…” Angeline Fowl aveva mosso solo qualche passo in direzione
del figlio quando si fermò bruscamente; i suoi occhi si erano posati su Leale “E
lei chi sarebbe?” Chiese con sorpresa, sbattendo elegantemente le palpebre.
Sul volto
dell’uomo si dipinse un’espressione indecifrabile “Signora, cosa intende con
‘chi sono?’”
“Oh, buon Dio,
cosa intendo! Artemis, è un tuo amico? Non è un po’ troppo cresciuto? … Ah! Ma
cosa ci fai con quei vestiti addosso?” La donna, improvvisamente dimentica
dell’euroasiatico, si avvicinò al giovane travolgendolo con le sue parole, senza
dargli il tempo per replicare efficacemente.
“Madre…” Fowl
lanciò un’occhiata preoccupata alla sua guardia del corpo che si rabbuiò mentre
l’altra afferrava la giacca nera, togliendola dalla mani del ragazzo, e
lanciandola a terra: possibile che Angeline fosse nuovamente ritornata allo
stato in cui versava due anni prima?
“Quante volte
ti devo dire che alla tua età dovresti indossare qualcosa di più consono? Sarà
certamente elegante questo completo, e obiettivamente meno eccentrico di quello
della settimana scorsa, ma è meglio se ti cambi!”
“Madre, per
favore…” Il giovane cercò inutilmente di sottrarsi alla presa.
“Da quand’è che
hai cominciato a chiamarmi ‘madre’?” La donna gli scoccò un’occhiata sorpresa
portando una mano sulla fronte del figlio “Sicuro di sentirti bene, Arty? Chiese
guardando il giovane in viso, un dolce sorriso ad illuminarle il volto e lo
sguardo.
Artemis rimase
per qualche attimo senza parole: no, non poteva essere ritornata in quello stato
di confusione mentale!
“Non ti
preoccupare, madre, sono in perfetta forma!”
Un solo sospiro
rispose alle sue parole, ma la signora non riuscì a dire nulla perché qualcun
altro prese la parola.
“Mi scusi
signora, c’è una chiamata per lei, è l’istruttore di equitazione!”
Artemis e Leale
alzarono gli occhi sulla giovane ferma sulla soglia della stanza; i capelli
ramati raccolti in una treccia, il volto grazioso e pieno di efelidi, il corpo
anche troppo minuto: una perfetta sconosciuta!
La donna
distolse per qualche secondo gli occhi dal figlio.
“Non ho voglia
di starlo a sentire! Karen, digli semplicemente che rimandiamo la lezione!”
Esclamò accompagnando le parole con un gesto sbrigativo della mano.
“Sì signora,
subito signora!” La ragazza annuì e scomparve dalla vista.
“E quella chi
sarebbe? Dov’è Juliet?” Si chiese il rampollo di casa Fowl.
“Su, andiamo,
non vorrai far aspettare i tuoi ospiti?! Però togliti almeno quella cravatta!”
riprese Angeline, come se nulla fosse, afferrando Artemis per un braccio prima
di trascinarlo fuori dalla stanza.
“Mia madre che
non riconosce Leale, Juliet che non c’è… non può averla licenziata! Come
sospettavo gli eventi sono stati modificati!”
Il giovane
lasciò che la madre lo conducesse lungo il corridoio e poi giù per la grande
scalinata di marmo.
“Ecco qui, ve
l’ho portato! Divertitevi!”
A quelle parole
il giovane alzò lo sguardo dimenticando per un attimo i suoi ragionamenti quando
si ritrovò a fissare per la prima volta in vita sua tre ragazzini che, al
contrario, sembravano conoscerlo bene e che lo salutarono amichevolmente.
Una mano
accarezzò di sfuggita la chioma scura del giovane Fowl prima che la donna
lasciasse la stanza.
“Dove ti eri
cacciato, eh? Art?”
“Art?” il
ragazzo fece appena in tempo a capire chi stesse parlando che venne afferrato
per le spalle. “Dì la verità, hai paura per la tua imminente sconfitta?”
“Di cosa stai
parlando?” Artemis tentò di divincolarsi, ma l’altro sembrò non farci caso né
dette l’impressione di averlo sentito.
“Artemis non ha
paura di te, Martin, non è così?”
Fowl lanciò
un’occhiata al giovane che ancora si ostinava a trascinarlo; i lineamenti
delicati, quasi femminili, non avrebbero fatto sospettare tanta forza nelle
braccia. I capelli biondi gli incorniciavano graziosamente il viso e il ghigno
che comparve dopo qualche istante quasi storpiò nell’insieme.
“Vedremo!”
Esclamò con calma spingendo il giovane Fowl verso uno dei divanetti gialli
davanti la tv, prima di mettergli in mano il joystick di una console come se
fosse la cosa più naturale di questo mondo.
Artemis guardò
contrariato l’oggetto che stringeva fra le mani.
“Diamo il via
all’ultimo e decisivo incontro!” Le parole furono seguite da una musica di
sottofondo; sullo schermo del televisore a cristalli liquidi comparve una
scritta incomprensibile e di seguito fecero il loro ingresso due tipi tutto
muscoli.
“Non un
videogioco educativo, suppongo!” Fu il primo pensiero di Artemis. “Ma non dovrei
incontrare molte difficoltà!” Si disse lanciando un’occhiata all’aggeggio fra le
mani prima che il conto alla rovescia riportasse la sua attenzione sullo
schermo; dei numeri lampeggianti scandirono il tempo rimanente prima dell’inizio
e dopo la scritta GO l’incontro prese il via.
“Sconfitto da
un videogioco... sto cadendo in basso!” Artemis sollevò di poco le sopracciglia,
continuando a fissare lo schermo dove il su personaggio giaceva a terra,
inequivocabilmente KO.
“Il futuro deve
esser stato distorto anche sotto questo punto di vista!” Concluse senza fare una
piega prima che l’urlo di uno dei giovani lo disturbasse.
“Ehi, Fowl, ma
che hai? Oggi non sembri nemmeno tu, hai fatto un incontro quasi pietoso!”
Il diretto
interessato si limitò ad un’alzata di spalle ignorando il paio di occhi castani
increduli che lo fissavano.
“Ve l’ho detto
che era talmente terrorizzato dalla mia for…”
“Non ho tempo
da perdere con queste frivolezze, se volete scusarmi, avrei cose ben più
importanti alle quali pensare.” con un gesto sbrigativo della mano il ragazzo si
alzò dalla poltrona e fece per abbandonare il trio. Aveva da fare, doveva
recuperare un oggetto fatato nel passato e far ritornare tutto al suo posto.
Aveva perso fin troppo tempo, ma non sembrava che i suoi ospiti la pensasse allo
stesso modo.
“Art, ma che
stai dicendo?”
Il giovane si
voltò a guardare i tre, che lo fissavano a loro volta con crescente perplessità,
limitandosi a piegare la testa in attesa di altro.
“Amico, va
tutto bene? Oggi sei davvero strano…” il più alto dei giovani lo guardò con aria
accigliata e lievemente preoccupata. Artemis, di fronte a quella scena, sospirò
suo malgrado e si portò due dita alla tempia “Scusate, avete ragione, non sono
proprio in forma.” Si lasciò scappare un altro sospiro “La ricetrasmittente
rimasta in quella casa è riuscita a sconvolgere il futuro in tempi
sorprendentemente rapidi, ma dopotutto sono passati due secoli, quindi ha avuto
tutto il tempo per…” Il suo sguardo ritornò sui giovani e chiuse per un attimo
gli occhi “Dovrò stare al gioco per un po’.”
“Ok, lasciamo
perdere i combattimenti, per oggi!” il biondino lanciò un’occhiata agli altri
prima di aggiungere “Ce l’hai, vero?”
“Cosa?” chiese
Artemis cercando di mascherare l’irritazione nel sentirsi così maledettamente
all’oscuro della ragione per cui dovesse dar retta ad un gruppo di petulanti
sconosciuti invece di far qualcosa di più proficuo come portare i profitti di
una banca sul suo conto personale.
“Come cosa? Il
nuovo numero!”
“Giusto, Colin
me l’ha detto ieri, non potevo crederci quel volume è un’edizione limitata, come
sei riuscito ad averlo?”
Artemis li
fissò con aria indecifrabile “Di cosa stanno parlando, ora?”
“Su, non fare
il prezioso, faccelo vederle, lo tieni nascosto in camera, vero?”
Di colpo Fowl
riprese il controllo della situazione “Dove,
sennò?” Mosse il primo passo fuori dal salone, con i tre alle calcagna. “Spero
almeno che la mia stanza sia rimasta al suo posto!”
Con sicurezza
spalancò la porta e fu costretto a chiudere ed aprire gli occhi più di una volta
“Cos’è questo?”
Le pareti
stracolme di poster di dubbia provenienza, gli scaffali pieni di volumi
allineati ordinatamente, modellini in scala facevano bella mostra sulle mensole
situate sopra la scrivania; la posizione privilegiata, però, era occupata da un
portafoto di legno intagliato e la foto al suo interno ritraeva un nutrito
gruppo di giovani tra i quali con orrore Artemis riconobbe se stesso vestito di
un paio di jeans logori e una maglietta color arancio.
Il rampollo di
casa Fowl si ritrovò a scuotere involontariamente la testa.
“Allora, vuoi
farcelo vedere questo manga, o dobbiamo pregarti?”
La voce dietro
la sua schiena lo riscosse dalla sorpresa.
“Manga? Fumetti
giapponesi?” Si chiese con una nota di irritazione “Sono un dannato otaku!” Il
pensiero fu subito seppellito per far fronte alla realtà “Ma certo!” Esclamò il
giovane Fowl con ostentata tranquillità “Anzi, perché, invece, non vediamo chi
riesce a trovarlo per primo?” Il giovane incrociò le braccia al petto con un
sorrisino e mosse qualche passo nella stanza, lo sguardo vigile a cogliere ogni
minimo particolare di quel posto ormai sconosciuto.
“Stai dicendo
che abbiamo il permesso di frugare fra i tuoi manga?” Chiese la voce sorpresa di
Colin.
Artemis scrollò
brevemente le spalle “Beh, perché no?” replicò fissando un Colin multicolore.
“Il signor
‘otaku-perfetto’ ci permette di far man bassa dei suoi tesori e tu ti crei
problemi? Se ad Artemis va bene io comincio a cercare!” Esclamò Martin
dirigendosi verso uno scaffale ricolmo di volumi, imitato poco dopo dagli altri
due.
Fowl rimase a
guardarli in silenzio prima di sospirare lievemente.
“Artemis?”
Un bisbiglio lo
fece girare di scatto e con sollievo scorse il viso di Leale che si affacciava
nella stanza e che gli faceva segno di avvicinarsi.
“Cosa sta
succedendo?” Chiese l’uomo nel vedere l’arai esasperata del suo datore di
lavoro.
“È tutto
sottosopra, dobbiamo al più presto rimettere le cose al loro posto!” La fronte
del giovane era leggermente corrucciata, ma la sua espressione ritornò subito
imperscrutabile.
“Ho capito,
quindi…”
“WOW ART!
Quand’è che l’hai finito?”
Il discorso dei
due venne interrotto bruscamente dal vociare dei ragazzi.
“Questo è il
secondo capitolo, vero? Accendo il pc! Posso dare un’occhiata, vero?”
Fowl si voltò
di scatto e mosse qualche passo nella stanza prima di allungare la mano verso il
giovane che, tutto eccitato, aveva già preso posto davanti al computer.
“Fammi
controllare!” Esclamò secco, ritrovandosi immediatamente davanti agli occhi la
custodia di un cd con una copertina davvero ben fatta: esseri dalle orecchie a
punta e strane armi la facevano da padrone.
“Ho creato un
videogioco con protagonisti gli abitanti del Popolo?” Gli occhi azzurri
scintillarono per un istante “La situazione non è così malmessa, dopotutto!”
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