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THE PROPOSAL
CAPITOLO 1
IT’S CANADIAN TIME!
“Francis Bonnefoy, sei l’uomo più schifosamente romantico che io abbia mai
conosciuto!”
“Felice di dare quest’impressione, cherì! Ma l’importante è che la mia idea
piaccia a Matt, non a te.”
Malgrado si trovassero, in quel momento, a un oceano di distanza, Francis e
Arthur si comportavano esattamente allo stesso modo di quando dividevano la
stanza, e il letto, a Cambridge, e il fatto di essere stati amanti per un certo
periodo di tempo e di essersi praticamente strappati via i capelli a vicenda
prima di decidere di lasciarsi, non aveva influito quasi minimamente sul loro
rapporto: continuare a punzecchiarsi a vicenda, anche dopo tanti anni, faceva
parte di loro quasi quanto l’amore per il vino e le rose di Francis o
l’incapacità culinaria di Arthur.
E
oltre a quello, da quando il francese aveva fatto armi e bagagli e si era
trasferito a Toronto, si era aggiunta anche una sorta di velata preoccupazione
da parte dell’inglese ogni qualvolta la segretaria dello studio legale di cui
era socio gli passava la chiamata “del bel ragazzo dal Canada” come aveva
cominciato a chiamare il suo amico di vecchia data da un po’ di tempo a quella
parte.
Certo, Alfred non avrebbe avuto modo di essere geloso, sapeva benissimo che i
“rapporti di letto” tra lui e Francis erano conclusi ormai da un decennio, da
quando si erano entrambi diplomati al college, ma Arthur sapeva che di
quell’impicciona non c’era da fidarsi.
“E come hai intenzione di organizzare il tutto?” chiese stancamente Arthur,
sfregandosi gli occhi segnati da lunghe ore di veglia alla luce di una lampada
da tavolo: “Anche se mi chiedo cosa tu abbia mangiato a colazione per farti
venire in mente certe idee melense…” borbottò tra sé e sé.
La risata di Francis gli trapanò le orecchie di loro già sensibili: “Ma cherì,
dovresti ricordarti che qui in Canada tutto è possibile! Soprattutto quando hai
dalla tua parte un futuro cognato estremamente energico che si è sobbarcato otto
ore filate di volo per aiutarmi a impalmare il suo fratellino!”.
Mentalmente, Arthur maledisse il fidanzato e si ripromise di lasciarlo in bianco
per almeno un mese.
“Con la scusa che è da Natale che non lo vede, Alfred terrà occupato il mio Matt
mentre io frugherò ogni gioielleria e ogni negozio di giocattoli della città per
procurarmi ciò di cui ho assoluto bisogno perché il mio piano vada in porto!”.
“Francis, mi spiace dirtelo, ma Matt non è così stupido e poi, sei proprio
sicuro che quella testaccia bacata del mangia-hamburger sappia mantenere un
segreto così grande?”
“Sbaglio o qualcuno qui è geloso?” ridacchiò il francese dall’altra parte della
linea: “Cos’è, avresti voluto che interpellassi te per questo piano?”
Arrossendo fino alla punta dei capelli, Arthur riagganciò bruscamente il
telefono, digrignando i denti e imprecando sottovoce, maledetto Bonnefoy!
I was born to love you with every single beat of my heart. Yes, I was born to
take care of you, ha..
La suoneria del cellulare lo fece sobbalzare e lanciare un mezzo grido per lo
spavento; con mano tremante, e facendolo cadere anche un paio di volte sulla
soffice moquette, Kirkland riuscì infine ad afferrare l’apparecchio e a leggere
il messaggio che gli era arrivato.
Se vuoi, posso provare io a convincere il tuo beloved hero a fare il grande
passo, sono provvisto di ottimi metodi di persuasione. =*=* =* =*
Non era neppure necessario vedere il numero per capire chi fosse il mittente.
Con un sospiro rassegnato, l’inglese si rimise al lavoro: ma non gliela avrebbe
fatta passare liscia a quei due fedifraghi, ci avrebbe pensato lui a rimetterli
in riga.
“Miss, mi prenoti un posto sul primo volo per Toronto in partenza stasera.”
disse, pigiando il tasto di comunicazione dell’interfono.
§§§
“Davvero Arthur non ti ha fatto problemi quando gli hai detto che saresti venuto
a trovarmi?”
La voce di Matthew suonava incerta mentre lui e il fratello, seduti nel dehors
di un ristorantino che dava sul fiume, aspettavano le ordinazioni del pranzo.
Il più giovane si era stupito quando si era trovato Alfred davanti al naso, in
sua attesa, non appena uscito dall’università, ma subito si era trovato avvolto
dalle braccia muscolose dell’americano, che lo aveva stritolato con affetto,
doveva ammettere che gli era mancato.
“Assolutamente, parola di boy-scout!” esclamò Jones, agitando le mani davanti a
sé: “In fondo è vero che non ha fatto storie, non sapeva nulla…” ghignò tra sé e
sé, per poi voltarsi verso Matt, “Perché dovrebbe? Sono semplicemente partito
per vedere il mio tenero fratellino!” dichiarò energico, “E’ passato parecchio
tempo da quando ci siamo visti l’ultima volta, quando tu e Francis siete venuti
per Natale, e visto che il tuo prossimo esame è tra più di un mese, mi sono
detto – Perché non andare a fare un saluto a quell’orsacchiotto di Mattie? – Ed
eccomi qui!”.
In quel momento, arrivarono finalmente i piatti e la conversazione cadde lì,
lasciando solo spazio per il lavoro di mandibole.
O
meglio, Alfred lavorava di mandibole, mentre Matthew si attardava a fissarlo,
lasciando la sua porzione di crepes alla quebecchese a raffreddarsi miseramente:
era felice che il fratello fosse venuto a trovarlo, doveva ammettere che gli era
mancato.
Certo, con Francis stava bene, lo amava come il primo giorno, ma vedere il
fratello solo alle feste comandate non era facile da accettare; si sentivano
spesso via telefono o via mail, questo si, ma non era come mangiare assieme un
boccone, come facevano in quel momento.
“Terra chiama Matthew, sei tra noi?”
La voce di Alfred fece sobbalzare il canadese, che per un pelo non si rovesciò
addosso il bicchiere pieno d’acqua, suscitando nell’americano un moto di
preoccupazione: “Tutto bene?” gli chiese, deglutendo a fatica l’ennesimo boccone
del gigantesco hamburger che aveva ordinato.
“S-Si, stavo solo pensando!” lo rassicurò il ragazzino, affrettandosi a tagliare
un pezzo di morbida frittella: “Stasera torni a Londra o resti qui per il
finesettimana?” gli chiese subito, tanto per cambiare discorso; Jones lo squadrò
in viso per un paio di secondi, poi scoppiò a ridere, “Sinceramente non lo so!
Restare un paio di giorni fuori casa mi alletterebbe ma Arthur non penso sia
d’accordo!” scoppiò a ridere l’americano.
“A casa c’è un letto in più, lo sai. A Francis non darebbe fastidio se tu
restassi.”
Alfred dovette trattenersi per non scoppiare poco gentilmente a ridere in faccia
a Matthew: come avrebbe potuto spiegargli che era lì perché lo aveva chiamato il
francese?
“Allora più tardi chiamerò Arthur, sicuramente adesso sarà impegnato e non
sentirebbe il cellulare neppure se gli ballasse nudo davanti al naso. Ma adesso,
divertiamoci! Dove mi porti?”
§§§
Francis era rientrato da neppure dieci minuti, quella sera, quando sentì la
chiave girare nella toppa e la porta aprirsi, non dovette neppure girarsi per
capire chi fosse: diavolo, la voce del fratello del suo ragazzo si sentiva fin
dalle scale!
“STANOTTE RESTO QUI A DORMIRE!” ma perché ogni volta che entrava dentro casa
doveva annunciarsi a quel modo?
“N-Non ti da fastidio, vero?” gli chiese Matt alle sue spalle, con quella voce
tanto sottile e tremante che lo aveva letteralmente fatto ammattire di tenerezza
e amore fin dal primo giorno; il francese si era voltato di scatto,
avvolgendogli le braccia attorno alla vita e stringendolo con forza, prima di
poggiare le proprie labbra sulle sue in un bacio decisamente poco casto.
Quando ormai l’aria aveva cominciato a scarseggiare per entrambi, decisero di
staccarsi, l’espressione imbarazzata del più giovane deliziò Bonnefoy: “No,
affatto. A patto che non decida di trascinarci a forza in qualche fast-food
perché, in quel caso, un tuffo nell’Ontario sarebbe la sua punizione.”.
A
quell’affermazione, si udì distintamente uno sbuffo seccato da parte
dell’americano: “Peccato, mi sarebbe piaciuto provare gli hamburger con la salsa
canadese.” affermò con un tono falsamente depresso mentre depositava la propria
borsa sulla prima poltrona capitatagli a tiro, “Se avete qualcosa da dirvi in
privato, io posso intanto cominciare a cucinare la cena.” propose.
Matt diventò del colore dei pomodori, mentre Francis, con un sospiro, scuoteva
la testa sconsolato: “Piuttosto che lasciarti in mano padella e mestolo mi
faccio prete…” borbottò il francese, “Vai a sistemarti nella stanza degli
ospiti, la strada la sai.” gli disse.
Alfred si riprese la borsa mentre, con la mano libera, afferrava il canadese per
il polso: “D’accordo, ma lui viene con me. Potresti allungare eccessivamente le
mani mentre sono impegnato.” esclamò, e a nulla valsero i tentativi, deboli a
dir la verità, del più giovane per divincolarsi.
I
due ragazzi sparirono oltre la porta della cucina, diretti in corridoio, e in
quel momento, il cellulare del francese, opportunamente silenzioso, prese a
vibrargli nella tasca dei pantaloni: era quasi sicuro di sapere già in anticipo
chi fosse il mittente.
Spero per te che Alfred sia ancora lì perché sto per sobbarcarmi una nottata su
un trabiccolo volante sospeso a più di mille metri di altezza sull’oceano e se
non trovo quel disgraziato lì a casa vostra potrei seriamente ucciderti.
Bonnefoy scoppiò sonoramente a ridere: davvero, il suo ex ragazzo era una
sagoma!
Rapidamente, digitò una risposta per il povero inglese ansiato e stressato,
senza scordarsi un’opportuna emoticon.
Se decidi di appenderti al citofono alle quattro del mattino, resti fuori di
casa, tesoro. Avrò bisogno di dormire un po’ prima di andare al lavoro
domattina, soprattutto dopo aver trascorso del tempo con il mio Matthew ^_^
L’inglese, dopo quell’ultimo messaggio, non si era più fatto sentire e Francis
ne dedusse che o l’aereo era finalmente decollato oppure le sue parole lo
avevano decisamente turbato.
Oh beh, poco male.
Qualunque delle due fosse la risposta, tutto stava andando esattamente secondo i
piani: lui avrebbe ottenuto quello che voleva, e se tutto fosse andato come
prevedeva fino alla fine, allora anche quel rompiscatole di Arthur avrebbe avuto
qualcosa che, lo sapeva, bramava da un pezzo.
Con la coda dell’occhio, guardò in direzione dello sgabuzzino, sorridendo: oh
si, sarebbe stata una giornata stupenda quella che si prospettava loro dinanzi
nelle ore a venire.
§§§
Arthur Kirkland si svegliò stranamente euforico quella mattina, malgrado le
poche ore di sonno che era riuscito ad avere disteso in un vero letto e non
sulle scomode poltroncine del volo della Air Canada che aveva preso per
raggiungere Toronto.
Il motivo?
Non l’avrebbe mai ammesso, neppure sotto tortura, ma sapere di svegliarsi, in
una giornata di totale vacanza, con Alfred aggrappato a lui come a un peluche lo
rendeva felice e rilassato.
Maledetto Francis Bonnefoy!
Ne era sicuro, doveva aver previsto tutto!
Altrimenti come si sarebbe spiegata la sua presenza nell’atrio del palazzo dove
viveva, alle 5 del mattino e in pigiama perdipiù? Lo stava sicuramente
aspettando.
In pigiama poi, che parola grossa…
Aveva indosso semplicemente un paio di pantaloni di cotone e basta, doveva
esserseli infilati al volo prima di scendere, pensando soprattutto al tenore del
messaggio che gli aveva inviato prima del decollo.
Al pensiero, si sentì avvampare e allo stesso tempo comprese quanto quel
piccoletto biondo, dall’espressione da cucciolo abbandonato, avesse fatto
breccia nel cuore di quel francese pervertito, se lo aveva perfino spinto a
quella decisione!
Un movimento al suo fianco lo distolse dai suoi pensieri mentre la bocca di
Alfred gli sfiorava la pelle della spalla: “Hai intenzione di stare a fissare il
vuoto ancora a lungo?”.
Voltatosi di scatto, si trovò avviluppato nella stretta dell’americano, con le
labbra saldamente sigillate da quelle dell’amante: non seppe come, ma si ritrovò
di nuovo disteso tra le coperte, col corpo del più giovane sopra di sé.
Invano, Arthur cercò di scrollarselo di dosso, ma il peso considerevole di Jones
non rendeva l’operazione facile e poi…
Beh, il suo corpo si rivelava essere sempre molto sensibile quando c’era quel
dannato mangia-hamburger nei paraggi: soprattutto in certi frangenti, quando
aveva le mani troppo vicine a…
Alcune carezze nell’interno coscia gli strapparono un gemito a stento trattenuto
mentre ormai il suo corpo non rispondeva più ai comandi del cervello.
Accidenti! Era mai possibile che ogni volta finisse in quel modo?
All’improvviso, una serie di colpi ben piazzati alla porta li fece sobbalzare
mentre la voce di Francis risuonava divertita nel corridoio: “Non avete
intenzione di stare a letto tutto il giorno, vero?” rise il francese,
“Sbrigatevi e venite a fare colazione.”.
Il passo di Bonnefoy si allontanò, lasciando i due amanti perplessi e troppo
scioccati per parlare.
“Beh, credo che sia meglio alzarsi…” azzardò l’inglese: “Non vorrei che quel
pervertito decida di venirci a prendere di peso.” disse, mettendosi seduto,
“Vado a farmi la doccia. Se ti azzardi a venirmi dietro, sei morto.” Arthur
avvertì Alfred, avvicinando pericolosamente i loro visi.
Poi si staccò, balzando a terra e correndo nel bagno attiguo.
Inutile dire che, un attimo dopo, nella stanza non c’era più nemmeno l’ombra
dell’americano.
NOTA DEL LEMURE:
Mia prima fic su Hetalia, piccolo esperimento FraNada e UsUk, con vaghissimi,
neanche poi tanto vaghi, accenni di una passata relazione FrUk.
Vi devo alcune piccole spiegazioni e delucidazioni: il Canada è uno dei pochi
stati dove le leggi in materia di matrimoni omosessuali godono dello stesso
valore legale di quelle sui matrimoni etero, ergo ho fatto trasferire i due
piccioncini a Toronto, che è una città che io amo molto, tra le altre cose.
Ah, quasi dimenticavo: la fanfiction avrà solo due capitoli.
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