Che
dire... E' una shot che non ha senso. Forse avrà un sequel,
forse no. Mi piacerebbe usarla come spunto, veramente, ma nasce in
sé e per sé come storia unica. Non serve a nulla
ed è piuttosto stupida.
E'
così che funzionano
Draco
sventolò lentamente la cartelletta nera in cui erano
ordinati i
documenti del suo estratto alla Gringott con
un
leggero sbuffo. Faceva un caldo tale che più che a Diagon
Alley
sembrava di essere su una spiaggia mediterranea – o almeno lo
supponeva, dato che non ci aveva mai messo piede: l'esposizione
diretta a un sole troppo violento avrebbe danneggiato la sua pelle
candida, senza contare che detestava la sensazione della sabbia che
s'infilava dappertutto.
Quei
pazzoidi dei suoi connazionali, evidentemente galvanizzati dalla
temperatura insolita e dal sole caldo, avevano invaso le vie del
centro magico londinese come uno sciame di locuste, e affollavano le
strade, i negozi e le terrazze della gelateria e degli altri locali.
Invidiava
profondamente Astoria, che se n'era rimasta al fresco nella
tavernetta della loro villa. Lui invece aveva dovuto per forza
recarsi a Diagon Alley per ritirare dei liquidi e per fare un salto
veloce a Nocturne Alley; non gli piaceva farsi vedere lì,
soprattutto considerati i precedenti legati al suo cognome, ma per un
esperto di incantesimi del suo livello alle volte era inevitabile.
Stava
appunto osservando in maniera apatica la vetrina di Borgins, con lo
sguardo che esitava sulla copertina di un'enciclopedia degli
incantesimi oscuri di cui possedeva le tre versioni precedenti, e
continuò a sventolare stancamente la sua cartelletta
finché una
vocetta esile lo riscosse.
“ Signore?”
Draco
abbassò appena lo sguardo a lato, verso terra, senza muovere
un solo
muscolo: accanto a lui c'era un moccioso di quattro o
cinque anni,
che lo osservava con gli occhi spalancati, attento e per nulla
intimidito. Draco aggrottò la fronte, impensierito
dall'osservazione
del bambino: oltre agli occhi d'un castano vivo aveva una
preoccupante zazzera corvina e scompigliata che gli ricordava fin
troppo una sua vecchia conoscenza. Decise immediatamente che, data la
sfortunata analogia, quel bambino era irritante.
“ Sì?”
rispose seccamente, senza distendere l'espressione aggrottata del
viso.
Il
pidocchio non sembrò per nulla impressionato dal suo
cipiglio
ostile, nonostante non gli arrivasse nemmeno alla cintola. Socchiuse
le labbra in un sorriso sdentato e, con tutta la serenità
del mondo,
gli annunciò il motivo per cui gli s'era rivolto.
“ Mi
sono perso,” affermò infatti, con l'aria di
trovarlo più che
altro esaltante.
Draco
sollevò un sopracciglio.
“ Prego?”
Il
bimbetto annuì con convinzione.
“ Non
trovo il mio papà,” ribadì,
corrucciandosi. Ancora una volta non
sembrò spaventato, ma più che altro deluso.
Draco
represse un'esclamazione di scorno, tediato. Ci mancava soltanto un
poppante smarrito da aggiungere all'elenco di scocciature della
giornata. La sua mente accarezzò l'idea di far finta di
nulla e
mollarlo lì ma, nonostante l'apparente quietezza della vita
civile
dai tempi della fine della guerra, Nocturne Alley continuava davvero
a non essere il posto in cui poter lasciare un bambino incustodito,
se non lo si voleva aver sulla coscienza.
Maledisse
mentalmente gli inetti ed incoscienti genitori del pargolo, per colpa
dei quali avrebbe sprecato inutilmente del tempo, e si ripromise di
commentare malignamente le loro gravi ed evidenti lacune educative
non appena fosse riuscito a trovarli.
“ Dov'eri
l'ultima volta che vi siete visti?” domandò
rassegnato, la voce
strascicata, decidendosi ad abbassare un po' la testa verso il
piccolo.
Quello
scrollò le spalle, noncurante.
“ Più
in là,” rispose spiccio, con un cenno vago del
braccio verso il
nulla.
Draco
trattenne l'impulso di affatturarlo.
“ Più
in là dove?”
domandò mellifluo.
“ In
un negozio,” rispose il bambino con inoppugnabile logica.
Il
sopracciglio di Draco ebbe un guizzo sinistro.
“ Quale
negozio?” scandì infastidito.
Il
piccolo, ancora una volta, si strinse nelle spalle con fare
noncurante, beato nella sua ignoranza. Draco trovò la sua
ingiustificata strafottenza spiacevolmente familiare. Visto che
sembrava arrivato a un punto morto, e i secondi scorrevano sprecati,
decise di cambiare approccio.
“ Che
aspetto ha tuo padre?” chiese, incerto. Normalmente, uno si
sarebbe
aspettato di dover confortare un bambino smarrito, prendergli la
mano, rassicurarlo, calmare il suo pianto; il mini-seccatore,
invece, non aveva affatto l'aria traumatizzata: Draco era quasi
convinto che il più angustiato dei due, al momento, fosse
piuttosto
lui.
“ E'
il mio papà,” sintetizzò il bambino con
quello che doveva
sembrargli un assunto perfettamente esplicativo. Draco
cominciò a
domandarsi se non lo stesse per caso prendendo per il culo.
Prese
un lungo respiro, sempre più tentato all'idea di
petrificarlo e
allontanarsi come se niente fosse. Espulse un sorriso omicida.
“ Senti,
bimbo, com'è che ti chiami?” sibilò
esasperato.
Il
moccioso fece un gran sorriso, tutto fiero.
“ James.
James Sirius Potter.”
Draco
rimase immobile, con il busto lievemente reclinato in avanti, lo
sguardo vacuo e un'espressione impenetrabile, quasi trasognata. Ad un
osservatore esterno la sua posizione sarebbe parsa sicuramente
comica.
Ora
tutto si spiegava.
“ Potter,”
ripeté con tono distaccato.
“ Sì,
signore.”
Per
una frazione di secondo, nella mente di Draco si spalancò il
ventaglio sterminato delle possibili morti lente e dolorose che
poteva infliggere al frutto dei lombi dello Sfregiato senza che
nessuno mai lo venisse a sapere. Pochi istanti e il mondo intero, se
solo ci fosse stata un po' di giustizia, l'avrebbe osannato per aver
estirpato dalla società il germe orrendo della stirpe di
quel
deficiente di un Ragazzo Sopravvissuto-per-puro-culo.
“ Sei
il figlio di Harry Potter,” affermò lentamente,
con calcolata
indifferenza.
Il
bimbo annuì di nuovo con foga.
“ Conosci
il mio papà?” domandò poi, con l'aria
di trovarlo, se non
insolito, per lo meno inaspettato. Draco aggrottò nuovamente
la
fronte, dal momento che tutti conoscevano Potter: era l'eroe del
mondo magico.
A
meno che, naturalmente, il moccioso non ne sapesse nulla.
Lo
scrutò per un paio di secondi, pensoso: era possibile che
Potter, il
campione della modestia a buon mercato, tenesse all'oscuro il proprio
figlio dei suoi trascorsi leggendari? Sì. Era esattamente
quel
genere di cosa buonista e facilona che Harry Potter avrebbe potuto
fare.
“ Eravamo
compagni di scuola,” brontolò senza sbilanciarsi,
meditando il da
farsi.
“ Mi
aiuti a ritrovarlo?” domandò candidamente il
piccolo James, con
aria vittoriosa.
Draco
gli gettò uno sguardo di profonda contrarietà.
Poteva farlo fuori
in dozzine di differenti maniere, rinchiuderlo in una segreta,
abbandonarlo sulle rive del Loch Ness o in una sperduta brughiera
scozzese, fare di lui le peggiori cose che mente umana potesse
concepire, e sarebbe comunque stato perfettamente e pienamente
giustificato dal fatto che fosse il figlio dello stramaledetto
Potter.
Invece
James spalancò gli occhioni nocciola lucenti, il suo labbro
tremolò
leggermente, le manine si torsero tra loro e la sua vocina
uscì
speranzosa e toccante.
“ Per
favore?” domandò con un fil di voce.
“ Yeeee!
Cos'è quello? E quello? Signore, guarda quello!”
Draco
desiderava profondamente uccidersi. Nel tragitto di trenta metri
percorsi fino a quel momento col moccioso Potter si erano
già
fermati undici volte, il bambino gli era già sfuggito
entrando in
tre diversi negozi – in uno dei quali era riuscito a spaccare
una
costosissima provetta contenente delle lacrime di Banshee, per cui
naturalmente avrebbe chiesto a Potter di essere rimborsato –
e a
nulla serviva il fatto di tenerlo per mano o di afferrargli la
collottola: quello sgusciava via come una serpe, incontenibile. Di
quel passo non sarebbero mai riusciti ad arrivare al Paiolo, dove
meditava di smollarlo a qualcuno che diffondesse la notizia della
sua scomparsa.
“ Non
lo so,” rispondeva ormai invariabilmente lui, qualunque fosse
l'oggetto dell'attenzione del bambino. “Da questa parte,
James.
Muoviti,” intimava, del tutto ignorato dall'interessato.
“James!”
Il
figlio di Potter era un piccolo selvaggio, cosa che del resto non lo
stupiva affatto: suo padre era un incivile prepotente e ineducato e
sua madre una stracciona zotica e sgraziata. Con due genitori del
genere, non poteva certo saltar fuori nient'altro che uno sgorbio
insoffribile.
“ Guaaardaaaa!
SCOPE!” strillò intanto James, sfuggendo per
l'ennesima volta alla
sua stretta per andare a spiaccicarsi contro la vetrina del negozio
di Accessori per il Quidditch con un suono spugnoso e inquietante.
Non sembrò comunque riportare danni evidenti e rimase a
rimirare le
scope giocattolo per bambini con aria persa e sognante.
“ Sssì.
Senti un po',” lo riprese Draco, sbrigativo. “Non
ho solo questo
da fare tutto il giorno, sai?” affermò altero, con
tono severo.
James
lo ignorò bellamente.
“ Guarda
quella!” esclamò rapito. “Guarda
com'è bella!”
“ Magnifica,”
fece Draco senza nemmeno guardare la vetrina. “Ora, se non ti
dispiace...”
James
voltò la testa indietro di scatto, guardandolo attentamente.
“ Come
ti chiami, signore?” chiese assorto.
Lui
diede un respiro e levò lo sguardo in aria.
“ Draco.”
“ Draco...”
ripeté James, tornando ad osservare la vetrina.
“Draco,” riprese
poi, vivacemente, “me la compri?”
Gli
occhi grigi dello Slytherin si spalancarono d'incredulità,
prima di
tingersi di sdegno. Quel bambino aveva veramente la faccia come le
chiappe.
“ Ora
senti un po', specie di goblin...” scandì
irritato, afferrandogli
bruscamente la mano. La misura era colma: aveva preferito non
utilizzare un Sonorus e richiamare direttamente Potter
perché
avrebbe desiderato che non venisse mai a sapere come fosse stato
proprio lui a ritrovargli il figlioletto, ma non ne poteva
più di
quel nanerottolo irritante e voleva solo liberarsene. Cercò
di
tirarlo via dalla vetrina ma quello si aggrappò al muro,
protestando.
“ No!
Lasciami! Voglio la scopa! Voglio la scopaaaaaaah!”
Scoppiò
in forti, melodrammatici singhiozzi disperati, il corpicino
squassato dal pianto squassante. Draco rimase immobile, raggelato,
mentre James piangeva rumorosamente. La scena era esattamente la
materializzazione di un incubo e il motivo per cui fino a quel
momento non aveva utilizzato nessuna forma di coercizione o di
incantesimi sul piccolo, per farlo star buono.
C'era
il chiacchierato Draco Malfoy, ex Death Eater, impalato in mezzo a
una sovraffollata Diagon Alley, che stringeva la manina del
singhiozzante figlioletto di Harry Potter, eroe del mondo magico,
mentre il piccino piangeva di tutto cuore, come se fosse stato
sottoposto ai peggiori maltrattamenti.
Draco
sudò freddo, cogliendo le occhiate disapprovatici e poi
sospettose
di alcuni passanti. Rendendosi conto del rischio mollò
immediatamente la presa su James, che placò un pochino i
singhiozzi
ritornando verso la vetrina con un frignare più sommesso, e
poi gli
rivolse una smorfia truce e assassina travestita da sorriso paziente.
“ E
va bene, Jimmy,” fece a denti stretti, con la voce
sufficientemente
alta da farsi sentire dalle persone tutt'intorno, tentando di suonare
amichevole a dispetto del violento impulso di puntargli contro la
bacchetta. “Qual è la scopa che ti
piace?”
il
mostriciattolo tornò a sorridere radioso, come se nulla
fosse, e
Draco realizzò che l'aveva perfettamente gabbato. Quindi gli
si appese
alla mano come una scimmietta e lo strattonò dentro il
negozio con
un grido trionfale.
Me
la pagherai, Sfregiato.
James
volle provare quattro diverse scope, sotto lo sguardo intenerito di
due commesse che, dapprincipio stupite di veder comparire il
figlioletto del loro beniamino insieme a Draco Malfoy, si erano poi
mostrate quasi commosse dedicandosi alla clientela con tutta la loro
attenzione. Alla quinta, esosa scopetta da bambino su cui
posò
l'irritante sedere James decise che aveva trovato quel che stava
cercando; scaraventò poi a terra due espositori di divise
prima che
Draco avesse il tempo di pagare e trascinarlo fuori di lì.
“ Scendi
subito da quella cosa o ti romperai una gamba,”
ringhiò sfinito,
con un tono talmente minaccioso, un'espressione così truce,
malevola
e sprezzante, una tale enfasi e un portamento tanto rigido e
aggressivo che James, finalmente, gli diede retta e lo
guardò
gravemente, smontando seduta stante dalla sua piccola scopa. Draco,
sollevato del risultato finalmente ottenuto, la prese e gliela ficco
in mano per verticale, ammonendolo con un'occhiata glaciale.
“ La
portarai a mano, non voglio che tu rompa altra roba o che accoppi una
vecchietta facendole lo sgambetto,” intimò, e
James ridacchiò
trovando l'idea buffa. L'espressione d'invariata freddezza
dell'adulto, però, smorzò istantaneamente la sua
ilarità. “E
adesso cerchiamo di...”
“ Grazie,
Draco,” lo interruppe James, con la vocina traboccante
candida
riconoscenza. Lui rimase immobile con la bocca semiaperta per un paio
di secondi, preso in contropiede.
“ JAMES!
SIRIUS! POTT...”
La
voce che aveva appena ruggito quelle parole,
interrompendosi a
metà cognome, gli suonò tragicamente nota. Draco
raddrizzò il
busto e sollevò lo sguardo dal bambino per portarlo con
riluttanza
al genitore che, impalato in mezzo alla strada, congestionato ed
evidentemente in preda all'ansia, lo osservava come se fosse stato un
Thestral improvvisamente comparso in piena Diagon Alley.
“ Malfoy?”
cinguettò Harry allibito.
“ Potter,”
strascicò lui, gelido. “Credo che questo
sia tuo,”
aggiunse, sollevando James per la collottola e depositandolo davanti
al padre.
Harry
puntò due occhi minacciosi sul bambino, tornò a
guardare Draco
esterrefatto e infine, evidentemente senza riuscire a raccapezzarsi,
emise un mezzo gemito di perplessità.
“ Papà!”
sbraitò James con entusiasmo, attirando la sua attenzione e
facendogli aggrottare severamente la fronte. “Guarda! Draco
mi ha
comprato la scopa!” annunciò euforico, mostrando
il giocattolo con
tanto foga da sbatterlo contro le gambe del padre.
Draco
si sentì raggelare per la vergogna. Mentre il gemito di
Potter
diventava un gorgoglio da asfissia e i suoi occhi tornavano verso di
lui, ora indubitabilmente sgranati per l'incredulità, lo
Slytherin
si rese conto di essere arrossito per l'umiliazione dal modo in cui
gli bruciavano le guance. Così come quella piccola peste
l'aveva
messa sembrava che lui avesse appena fatto un regalo al figlio di
Potter. Quel micromentecatto l'aveva anche chiamato per nome. Che
schifo.
“ Ah...”
bofonchiò Potter sistemandosi gli occhiali sul naso.
Evidentemente
il flusso di informazioni eccessivo l'aveva ingolfato. Si
schiarì la
voce e si fece cupo. “James. Ti avevo detto di restarmi
vicino.
Avevi promesso di stare buono,” esclamò con
severità, grave e
accigliato.
“ Ma
sono stato buono! Sei tu che...” si difese innocentemente il
pargolo.
“ Non
ci provare, Jim!” lo riprese il genitore, incollerito.
“Te la sei
svignata un'altra volta! E sai cosa significa questo?”
il
viso del piccolo si fece atterrito.
“ Oh
no! Per favore! Per favore, papà!”
protestò piagnucolando.
“ Niente
ma, signorino,” fece Harry implacabile. “Appena
arriviamo a casa
dirò a Ted che questo fine settimana non andrai a
trovarlo,”
scandì marziale.
“ Papà...”
frignò il piccolo, con gli occhi gonfi di lacrime.
“ Poche
storie. E ti avevo detto che è troppo presto per la scopa.
Non te
l'ho detto proprio poco fa?” continuò Harry
seccamente, con
rimprovero.
Draco,
che aveva seguito silenziosamente l'intera scena con estremo
interesse, a quelle parole, seguite dal rossore improvviso delle
guance di James, sgranò gli occhi con genuina e riluttante
ammirazione. Suo malgrado, nonostante fosse stato la vittima, doveva
ammettere che il bambino non era poi così stupido: siccome
il padre
non voleva comprargli la scopa, aveva coinvolto il primo ignaro
passante in una tragicommedia allo scopo di ottenere l'ambito
giocattolo. Aveva qualcosa di perversamente geniale.
“ Ti
ringrazio moltissimo di avermelo riportato, Malfoy,”
affermò
quindi Potter, tornarlo a guardarlo seriamente e tendendogli la mano.
Draco la osservò meditabondo ma finì per non
stringerla. “Scommetto
che ti ha costretto a comprargli la scopa,” aggiunse il
Gryffindor
dopo essersi schiarito la voce, ritraendo il braccio. “Mi
dispiace,
ora la riportiamo in negozio così ti fai restit...”
“ E'
un regalo,” lo interruppe Draco, altero.
Harry
rimase a bocca aperta.
“ Come?”
“ E'
un regalo per il piccolo James,” ripeté Draco,
esageratamente
cortese. Gli occhi del bambino scintillarono. “Mi piace molto
sai?”
aggiunse lo Slytherin allegramente, con un bagliore perfido nello
sguardo che mise l'altro in guardia.
Ridacchiò
addirittura, portando elegantemente le mani dietro la schiena.
“ Voglio
dire, il pensiero che tu debba sopportarlo
ventiquattro ore al
giorno, tutti i giorni, è uno dei più belli che
ho mai avuto nella
vita,” ridacchiò, mellifluo. “Non avrei
saputo immaginare una
punizione migliore per te. Mi sembra giusto e doveroso
premiarlo,”
concluse, con un sorrisetto vittorioso, dando un buffetto sulla testa
al bambino.
“ Forte!”
commentò James senza capirci pressoché nulla,
mentre il padre taceva basito.
“Andiamo a mangiare il gelato con Draco,
papà?” continuò
allegramente.
“ Tu
sei in punizione!” lo riprese Harry, vagamente stridulo.
“E
Malfoy, per tua informazione è così che
funzionano i bambini,”
aggiunse quasi pomposo.
“ Ne
dubito,” fece Draco, sarcastico. "Il mio non lo
farà."
Harry
sbuffò pazientemente.
“ Vedremo,”
sorrise condiscendente.
“ Che
te ne pare di questo qui, Scorpius? Scorp...?”
Draco
abbassò lo sguardo e poi lo spostò intorno tinto
di
panico: nessuna traccia del bambino.
“ Oh
no,” gemette, mentre un terrore atavico e spropositato lo
invadeva.
Il suo bambino. Il suo prezioso, magnifico, delizioso, perfetto
piccolo Scorpius. Sparito. “Scorpius? Scorpius Hyperion
Malfoy!”
chiamò con voce querula.
Fece
qualche passo angoscioso tra gli scaffali del negozio, guardandosi
intorno sempre più ansiosamente, prima di scaraventarsi
precipitosamente sulla commessa.
“ Ha
visto un bimbo biondo e adorabile, di tre anni? Era qui,”
affermò imperativo.
La
donna sgranò gli occhi inquieta.
“ No,
signore, io...”
“ Se
gli è successo qualcosa vi farò chiudere questa
baracca,” sibilò
Draco livido, scagliandosi verso la porta semiaperta della bottega.
L'aveva a malapena varcata che il suo respiro si bloccò nei
polmoni,
annegato nel sollievo del riconoscere la sagometta di suo figlio.
In
braccio ad un uomo bruno e scarmigliato che percorreva la via verso
di lui, sorridendo amabilmente, con una luce di sinistro divertimento
negli occhi verdi dietro gli occhiali da vista.
“ Malfoy,”
esordì schietto. “Credo che questo sia
tuo.”
Draco
serrò le labbra, irritato.
“ Era
tutto sotto controllo,” affermò con sussiego,
affrettandosi a
recuperare il piccolo.
“ Naturalmente,”
commentò Harry con un sorriso ironico. Era evidente che si
ricordava
perfettamente anche lui della loro ultima conversazione, e che ne
stava interiormente godendo. Lo stronzo.
Draco
lo osservò corrucciato.
“ Grazie,
Potter,” borbottò infine, riluttante.
“ Prego,”
fece Harry cordiale.
“ Grazie,”
ripeté diligentemente Scorpius. Il Gryffindor gli sorrise
gentilmente.
Nessuno
fece altri movimenti per qualche secondo, quindi Draco
sbuffò
superiore.
“ Bene,
Potter...”
“ E
il gelato?” fece Harry, guadagnandosi un'occhiata perplessa.
“ Prego?”
“ James,
ricordi? Abbiamo un gelato in pendenza,” gli
ricordò Potter, sempre
riferendosi all'episodio di quando, qualche mese prima, lui aveva
recuperato il suo figlio maggiore a Nocturne Alley. “Mi
sembra
doveroso, visto che adesso siamo pari.”
Draco
studiò l'interlocutore con cautela. Sembrava allegro,
rilassato e
stranamente a suo agio. Sarebbe stato uno smacco se lui invece fosse
parso insicuro.
Non sopportava Potter, ma c'era da dire che erano passati anni e forse
non essere in cattivi rapporti con lui, realisticamente il prossimo
Ministro della Magia, poteva essere una buona cosa.
“ Ora
non posso. Devo portare a casa il bambino,” rispose con tono
pratico.
“ Domani
pomeriggio?” propose Harry senza scomporsi.
Draco
esitò. Non era sicuro di poter sopportare Harry Potter per
più di cinque minuti consecutivi. Tornò ad
osservarlo, soffermandosi
sull'espressione serena e lo sguardo franco. Non somigliava molto
all'isterico dei tempi scolastici.
“ Potrebbe
diventare una burrobirra,” ipotizzò vago. Si
domandò se ci fosse
sotto qualcosa, magari un tentativo di tenerlo d'occhio. Forse, ma
Potter sembrava perfettamente in buona
fede.
“ L'ipotesi
mi vede favorevole,” fece infatti il Gryffindor, annuendo.
“Io
stacco dal lavoro alle sei,” aggiunse spiccio.
“ Io
non lavoro, per lo più.”
“ Quindi
alle sei va bene,” constatò Harry soddisfatto.
“ Potrei
avere altri impegni,” osservò Draco sdegnoso.
Harry
corrugò la fronte.
“ E
ce li hai?” chiese pacatamente.
“ ...No.”
l'altro
soffocò una risata.
“ A
domani, Malfoy,” concluse, congedandosi con un cenno.
“ A
domani,” borbottò lui, stringendo la presa sul
figlioletto.
Scorpius
gli cinse il collo con le braccia piccole e paffute.
“ Non
ci riprovare, Scorpius,” mormorò Draco,
accarezzandogli la
testolina biondissima.
“ Guarda,”
affermò quello allegramente, estraendo dalla mantellina un
Librolorato dalle pagine luminescenti. Il volumetto, dai disegni
incantati, brillava di colori.
Draco,
gia rientrato nel negozio, si affrettò a voltarsi indietro
alla
ricerca della sagoma di Potter, ma quello era già sparito.
“ Perfetto,
mi toccherà anche pagare da bere,”
borbottò con una smorfia.
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