Light in the Darkness
L i g h t i n t h e d a r k n e s s
«Quello
che volevo era che la mia metà,
la persona che mi aveva rapito,
che si
era impossessata del mio cuore fosse al sicuro.
La cosa più brutta fu scoprire che non lo è mai
stata.»
Pioveva.
A Londra pioveva sempre.
Mai come adesso
quel tempo rispecchiava completamente il mio stato d'animo.
Cupo, lugubre,
trepido, grigio. Nessuna traccia di luce, di felicità.
Camminavo per quelle
strade della Londra Babbana che mi avrebbero portato al Paiolo Magico.
La mia
mente, nel frattempo, vagava. Io, nel frattempo, pensavo.
Pensavo che volevo
dimenticare. Dimenticare ciò che ero stato e tentare, almeno, di non avere
nostalgia di ciò che avrei potuto essere.
La Gazzetta del Profeta continuava a
parlare di me, della famiglia Malfoy e avevo come la sensazione che non si
sarebbero stancati mai di parlarne.
Vedevo i miei genitori di tanto in
tanto. Non mi sbilanciavo nelle visite. Non
dopo quello che era successo.
Il mio sonno non era tranquillo ormai da
un bel po', i miei sogni erano popolati da uomini incappucciati e minacciosi che
volevano trascinarmi in un mondo che non mi apparteneva. Volevano farmi rivivere
ciò che non volevo ricordare, che stavo provando con tutto me stesso a rimuovere
dalla mia mente. Ma non era semplice. Troppe scelte sbagliate, troppe
costrizioni e solo un paio di scelte giuste feci durante la mia
adolescenza.
La mia era un'anima tormentata, che stava cercando di trovare la
sua pace da troppo tempo e che stava perdendo la speranza.
Scoprii che i
Babbani non erano poi così male. Inventarono aggeggi piuttosto utili e mi
ricredetti sulle loro capacità.
Vivo in mezzo a loro da quasi due anni e tra
i maghi ci torno solo per sbrigare qualche faccenda.
La mia meta, oggi, è la
Gringott. Se non avessi avuto bisogno di soldi avrei evitato molto volentieri di
andarci. Ho sempre odiato quel posto.
Quei folletti, così strani, così
misteriosi. Sin da quando ero bambino ho sempre diffidato da loro. Mi hanno
sempre dato la sensazione di essere persone, esseri, più che altro, traditori,
ingannevoli. Questa convinzione l'ho adesso, che sono un uomo, e l'avrò dopo,
quando sarò un vecchio.
Arrivai al locale, non salutai. Andai dritto sul
retro. Toccai con la bacchetta quei mattoncini che mi avrebbero aperto quel
varco che affascina ogni bambino che lo vede apparire per la prima volta. Anche
a me è capitato quando misi piede, quel giorno, a undici anni, a Diagon
Alley.
Le persone non osavano guardarmi. Avevano timore di me. A volte si
scusavano se per caso mi sfioravano al loro passaggio. Come se gli avessi potuto
lanciare una Maledizione solo per avermi toccato.
Quello che loro, tutti,
non sapevano è che ero cambiato e che se prima, probabilmente, avrei fatto una
cosa del genere, adesso, un pensiero di questo tipo non mi sfiora nemmeno il
cervello.
Vidi i Tiri Vispi Weasley. Sempre pieno,
sempre attivo. Uno dei gemelli era morto e, da quanto ho sentito, la Piattola
adesso aiuta quello sopravvissuto.
Vidi Olivander. Quando tutto tornò alla
normalità riaprì il negozio di bacchette.
Salutai quelli che dovevo salutare, ignorai quelli che volevo
ignorare e in men che non si dica arrivai alla Banca.
Mi feci accompagnare
alla mia camera blindata, presi quello che dovevo prendere e uscii il più
velocemente possibile da quel posto che tanto odiavo.
Una volta fuori,
respirai l'aria fresca, pungente dell'inverno e un'idea mi balenò in testa.
Raggiunsi Hogsmeade nel giro di qualche secondo e, senza avere una meta ben
precisa, cominciai a camminare.
Non ero un tipo nostalgico, non sentivo la mancanza di determinati
posti frequentati quando ero più giovane, però qualcosa
mi diceva di ritornare in quel luogo, anche solo per qualche minuto.
Vidi la Testa di Porco, Mielandia e
i Tre Manici di Scopa.
Decisi di fermarmi proprio da quest'ultimo. Con quel
freddo, l'idea di una calda Burrobirra mi allettava decisamente.
Mi sedetti
in un tavolo lontano da tutti gli altri, in modo da poter stare tranquillo, e mi
diedi un'occhiata in giro.
C'erano un paio di persone che conoscevo, vecchi
studenti di Hogwarts, altri fuori per il fine settimana e... c'era
lei.
Diamine, c'era lei. Proprio lei.
Non appena la vidi mi bloccai
all'istante. Decine di ricordi stavano cominciando a riaffiorare. Alcuni di
questi erano proprio quelli che non avrei più voluto ricordare.
Faceva troppo
male.
Non riuscivo a respirare, a muovere nessun arto, un nodo allo stomaco
mi si creò. Non sentivo più il mio corpo, le voci di chi mi stava vicino, non
vedevo nemmeno le persone che mi circondavano. Esisteva solo lei. Lei e nessun
altro.
Notai che non era cambiata per niente. Era rimasta la stessa. Era solo
un po' più grande.
Fui indeciso se andarla a salutare oppure restarmene
fermo lì dov'ero. Probabilmente non voleva vedermi, non voleva parlarmi, non
voleva che la disturbassi.
Non voleva che
esistessi.
Decisi di rimanere seduto. Poggiai il boccale mezzo pieno
sul tavolino e continuai ad osservarla. Non mi feci nessun tipo di problema. Non
mi preoccupai del fatto che lei se ne potesse accorgere, se l'avrei messa in
imbarazzo nel caso in cui questo fosse accaduto, se l'avrei
infastidita.
Avrei tanto voluto poterle parlare di nuovo, poter osservare di
nuovo quegli occhi che avevo imparato a leggere.
Sarei stato ancora in grado
di farlo, adesso?
La vidi osservare uno delle decine di fogli che la
circondavano. Leggeva qualche riga, sottolineava qualcosa, appuntava quello che
aveva letto e continuava a far scorrere gli occhi su quelle carte. Che fosse per
lavoro o per semplice passatempo, annegava sempre in tutte quelle parole.
Mi
era sempre piaciuto osservarla leggere.
L'aria primaverile mi circondava. Era palpabile, era
lì con me ed era bellissimo. Quella frescura, quei raggi di sole un po' più
caldi del solito, l'erba bagnata dall'umidità del mattino.
Prima delle
lezioni andavo sempre nel parco per potermi rilassare un po' prima che la
giornata diventasse frenetica.
Mentre mi avvicinavo al Lago scorsi delle
gambe distese spuntare da dietro un albero. Quel vento leggero faceva apparire
al lato del tronco qualche ricciolo castano scappato dalla coda della ragazza a
cui apparteneva. Quello era il suo albero preferito: il più grande, il più
vicino allo specchio d'acqua alla sua destra.
Avanzai lentamente e mi fermai
poco distante da lei. Aveva un grosso tomo di chissà quanti anni poggiato sulle
gambe. Era totalmente assorta ed era evidente che quello che stava leggendo le
piaceva.
Stetti qualche minuto lì fermo, con le mani in tasca, a
contemplarla. Poi non resistetti e mi avvicinai cautamente.
Le sfilai il
libro di mano e mi fiondai sopra di lei, attento a non farle male.
-
Buongiorno -. Le diedi un leggero bacio sulle labbra e appoggiai entrambe le
mani ai lati del suo viso.
- Dovevo immaginarmi che eri tu -. Un sorriso le
increspò le labbra.
- E chi altrimenti, Granger? -.
- Oh, beh, un'idea
l'avrei -.
- Sì, certo -. Posai le labbra sul suo collo e lo percorsi tutto,
dall'alto verso il basso, più volte, depositando baci appena accennati. La
sentii sciogliere a quel tocco così leggero. Poi approfondii il contatto
cominciando a leccare e a mordere alcune zone di quella che consideravo la parte
del suo corpo che mi attirava più di tutto il resto. Oltre le sue labbra,
ovviamente. Portò le sue mani sulla mia nuca e mi tirò a sé.
Un piccolo
gemito le sfuggì dalla bocca senza che potesse contenerlo e, soddisfatto,
sorrisi contro il suo collo.
- Malfoy... siamo fuori... se ci... se ci
vedesse qualcuno... - risalii la giugulare dove potei sentire il suo battito
accelerato, la mandibola, lo zigomo e poi, per ultima, la bocca.
- Ok -. Le
depositai un ultimo bacio sulla fronte...
Dopo un po' le vidi
alzare lo sguardo. Probabilmente si sentiva osservata. Perlustrò la sala. Poi si
bloccò.
Mi ha visto. Ha avuto la mia stessa reazione.
Riuscii a capire
cosa provava - riuscivo ancora a leggere quegli occhi - e non mi piaceva
affatto. Erano pieni di sorpresa, di delusione.
L'avevo delusa.
Ci guardammo per un tempo
che mi parve infinito. Poi distolse lo sguardo e distrattamente cominciò a
raccattare quei fogli che la circondavano. Li infilò nella borsa e si alzò. La
seguii con lo sguardo per circa due secondi, poi il mio corpo fece tutto da solo
e si alzò anche lui.
Mantenevo non molta distanza da lei. Si accorse che la
stavo seguendo e accelerò leggermente il passo.
Avevo una voglia
irrefrenabile di toccarla, di avvicinarmi, di
farle sapere che non l'avevo dimenticata.
Ma lei non sembrava del mio
stesso avviso.
Di colpo si fermò e per poco non le finii di sopra.
- Cosa
vuoi? -. Il suo tono era tagliente, freddo, distaccato come ai tempi di
Hogwarts, quando non facevamo altro che litigare.
- Non lo so -.
Bugiardo.
- Perché mi stai seguendo?
-.
- Non lo so -.
Bugiardo.
- Allora puoi benissimo lasciarmi
in pace -. Si voltò e io maledissi me stesso per non aver risposto sinceramente
a quelle due stupide, semplici domande.
Ma che dico? Quelle non erano delle
stupide domande, e nemmeno semplici.
Non ho avuto il coraggio di dirle che
volevo parlarle, non ho avuto il coraggio di dirle che volevo spiegarle
com'erano andate realmente le cose... che volevo che tutto tornasse come
prima.
Non potevo lasciarmela scappare un'altra volta. Non sono così
masochista, non godo nel vedermi sprofondare nel dolore, nella rovina. Questa
volta sarei morto se l'avessi permesso.
La raggiunsi e la trascinai in un
vicolo, lontano dal chiasso della strada.
- Che cosa fai, Malfoy? -. La misi
contro il muro e l'intrappolai con le braccia tra questo e il mio corpo.
-
Non... ho bisogno di parlarti -.
- Io no, non ho niente da dirti -.
- Ti
conosco troppo bene, Granger -.
- E con questo che vorresti dire, scusa?
-.
- In questo momento la tua testa è piena di domande che vorresti pormi.
Quante volte te l'avrò detto che non sai mentire, Mezzosangue? -.
- Tu non mi
conosci affatto, Malfoy -. Un sussurro era peggio di un qualsiasi urlo
improvviso. Mi si era avvicinata - aveva lo stesso profumo di un tempo, ancora
lo ricordavo -, assottigliò gli occhi. Voleva rendere il concetto chiaro,
convincermi... convincersi che era
così.
Non aveva idea di quanto si sbagliasse.
Aspettai qualche secondo,
poi parlai. - Sei nervosa, lo capisco da come ti stai torturando il labbro
inferiore. In questo momento vorresti respingermi, darmi uno schiaffo, farmi del
male, ma non ci riesci: hai i pugni serrati. Quando dici una bugia gli occhi ti
si allargano leggermente. Ti conosco meglio ti quanto pensi, Mezzosangue
-.
Tutto quello che aveva detto era vero. Era nervosa e voleva respingerlo, e
non era vero che non aveva neinte da dirgli. Voleva urlargli in faccia miliardi
di cose, chiedergli perché l'avesse abbandonata, se sapeva quanto avesse
sofferto, se sapeva che l'aveva pensato per mesi illudendosi che sarebbe
tornato. Ma era troppo orgogliosa per dargli ragione.
- Questo non significa
niente -.
- Tu dici? -.
- Sì, dico, Malfoy. Tu mi hai illusa, mi hai
ferita e mi hai abbandonata. Mi hai usata e non te lo perdonerò mai. Mai -.
- Tu non puoi capire -. Come avrei
potuto dirglielo? Mi odiava, glielo leggevo in faccia. Ero riuscito a farmi
odiare, ma quello che lei non sapeva era che tutto quello che ho fatto l'ho perchè sono stato costretto.
Anche se glielo avessi detto, l'avrebbe mai capito? Mi
avrebbe mai creduto?
- Hai ragione. Non c'ho capito niente allora e non ci
sto capendo niente adesso. Quindi, se non ti dispiace, vorremi andarmene -.Tentò
di spostare le mie braccia, di spostare tutto il mio corpo, di spingermi, ma non
ci riuscì.
- Spostati, Malfoy -. Mise le mani sul mio petto e insistette
mettendoci tutta la forza che aveva. - Ho detto di spostarti, maledizione!
-.
Le presi i polsi, senza stringere troppo, per evitare di essere spintonato
ancora e la portai nuovamente con le spalle al muro. La guardai, dritta negli
occhi e per un momento volli essere sincero.
- Quella sera... dicevo sul
serio -. Bastarono quelle poche parole. Aveva desistito e adesso mi guardava con
degli occhi diversi. - Se non l'avessi pensato veramente non te l'avrei mai
detto -.
Eravamo nascosti dietro una
colonna di un corridoio. Era notte e ormai avremmo dovuto essere ognuno nei
nostri Dormitori.
Eravamo Caposcuola ma non avremmo potuto usare questa scusa
se ci avessero scoperto. Non era il giorno del nostro giro di ronda.
L'avevo
trattenuta io lì. Lei voleva tornarsene in Sala Comune perchè aveva paura che ci
potessero scoprire ma ero riuscito a convincerla.
La baciavo da più di
mezz'ora e lei tentava invano di trattenere quei gemiti che non riusciva a
controllare.
Lei, quella situazione, era troppo strana. Se qualche anno fa mi
avessero detto che sarei stato fino a notte fonda a pomiciare in corridoio con
una Mezzosangue, anzi, con Hermione Granger, mi sarei fatto una grassa
risata.
Ma quello, per me, non era solo pomiciare. Ormai ero ossessionato da
quella ragazza, era diventata come una droga per me. Una droga dalla quale non
potevo separarmi, dalla quale non volevo
separarmi. Avere quel corpo tra le mani, quella bocca sulla mia... era qualcosa
d'indescrivibile.
Tornare a scuola, dopo la Guerra, per completare il mio
settimo anno fu una fortuna perché la rincontrai.
Potei conoscerla
veramente, riuscì a cambiarmi.
Cambiò il mio modo di pensare, il mio modo di
vedere le cose, il mondo, lei. Tutto
ruota intorno a lei, ormai.
Sono un'altra persona grazie a lei. Sono
migliore.
Ci siamo avvicinati. Nemmeno mi ricordo com'è successo ma adesso è
qui, è insieme a me, e m'importa solo di questo.
- Malfoy... s-se ci
dovessero scoprire... -.
- Tranquilla, Granger. Non c'è questo pericolo -. A
quanto pare, quella volta, non l'avevo convinta. Mi allontanò il viso e mi
costrinse a guardarla negli occhi.
Quanto mi costò sopportare una tale
lontananza da quelle labbra.
Appoggiai la fronte sulla sua e l'ascoltai.
-
E' rischioso stare qui fuori. Non sappiamo... non siamo sicuri al cento per
cento. Metti caso ci becca... -.
- Ti amo -. Il mio fu poco più di un
sussurro ma lei lo percepì perfettamente. Sapeva quanto mi venisse difficile
esternare i miei sentimenti, esprimerli a parole, ma la domanda che seguì,
sapevo, le sorse spontanea e le sfuggì prima ancora di poterla fermare.
-
Cos'hai detto? -.
- Mi hai sentito bene, Granger -. La fioca luce delle
candele appese ai muri mi permise di vedere quel sorriso che poco a poco le
spuntò in viso.
Hermione portò le sue mani sul mio volto e poi dietro la
nuca. Mi accarezzò i capelli alla base di questa. Sapeva quanto mi piacesse e
chiusi gli occhi per godermi quel momento. Un tocco appena accennato bastava per
farmi perdere la cognizione del tempo e dello spazio.
Niente m'importava se
non quello che avevo tra le braccia.
Mi baciò. Lentamente all'inizio, più in
profondità dopo.
Quando si staccarono per riprendere fiato sentì di doverlo
fare, di doverlo a lui, a lei. Voleva farlo perché si sentiva pronta.
- Ti
amo -. Quell'alito freddo gli fece venire i brividi, quel bisbiglio gli fece
perdere la testa, quella ragazza che era appoggiata su di lui era tutto ciò di
cui aveva bisogno.
Gli occhi le divennero lucidi. Aveva capito
perfettamente a cosa mi stavo riferendo però rimase in silenzio e non potevo
sopportarlo. Scosse la testa e riuscì a trattenere quelle lacrime che stavano
per sfuggire al suo controllo. Mi avvicinai di più a lei. Col corpo, col viso.
Mi abbassai, in modo che fossimo alla stessa altezza. I nostri nasi si
sfioravano e potevo sentire il suo respiro accelerato.
Mi spostai verso il
suo orecchio e sfiorai con le labbra la sua guancia. A quel piccolo contatto
rabbrividì... e non per il freddo.
Le facevo
ancora lo stesso effetto.
- Parlami. Dimmi qualcosa -.
La guardai
negli occhi.
- Mi hai lasciata da sola -. Le tremava la voce. Stava per
piangere. Non volevo che piangesse. Non per causa mia.
- Non per mia scelta
-.
- E allora perché? -.
Mi portavo dentro quel peso da troppo tempo. Non
potevo più mentirle. Lo avevo fatto una volta. Se lo avessi fatto anche adesso
non me lo sarei mai perdonato.
Chiusi gli occhi e presi un lungo respiro.
Poi, cominciai a raccontare. - Non so se ti ricordi, ma qualche settimana prima
dei M.A.G.O. non partecipai alle lezioni per due giorni -. La vidi annuire. -
Mio padre voleva che lo raggiungessi al Manor perché voleva parlarmi. Non appena
arrivai capii subito che qualcosa non andava. Lo trovai furente. Non appena mi
vide mi lanciò una tale occhiata che se avesse potuto uccidermi sarei morto in
quel momento, nel salotto di casa mia. Era venuto a sapere che noi ci
frequentavamo. Non so come, so solo che non gli piacque per niente. Mi ordinò di
non incontrarmi più con te, mi disse che non dovevo avere più nessun tipo di
rapporto con te, che dovevo fare come se non esistessi... -.
- E tu l'hai
fatto -.
- No, cioè sì, ma inizialmente mi opposi. Le sue condizioni non mi
piacevano, non volevo più fare quello che mi ordinava. Per non replicare, in
passato, gli permisi di farmi divenatare un Mangiamorte. Quella volta volevo
fare come dicevo io e, nei miei piani, tu eri compresa -.
La vidi esitare un
momento. - E perché, allora, l'hai fatto? -.
Sospirai. - Mi... mi disse che
ti avrebbe fatto del male. Mi ha ricattato. Sapeva che non l'avrei permesso e
che avrei fatto di tutto per evitare una cosa del genere. Già era successo in
passato a causa di un membro della mia famiglia e, anche se a quel tempo non
provavo per te gli stessi sentimenti che provai dopo qualche mese, non avrei
tollerato che accadesse di nuovo. Così, obbedii -.
Era rimasta senza parole.
Era prevedibile e me lo aspettavo. Sicuramente non si aspettava una risposta del
genere ma mi aveva chiesto la verità e io l'accontentai.
Speravo vivamente
che non si ritraesse ma che mi lasciasse fare. Osai. Spostai le mie mani sul suo
viso e glielo alzai leggermente in modo che mi guardasse.
- Capisci, adesso,
perché smisi di parlarti? Perché feci davvero come se non esistessi? -.
Una
lacrima sfuggì da quegli occhi fissi nei miei. Gliel'asciugai con un dito e poi
sentii qualcosa posarsi sulla mia mano: la sua, calda, tremava leggermente. Mi
avvicinai ancora di più e le sfiorai le labbra. Quanto le adoravo. Morbide,
calde, delicate. Sapevano di ciliegia. Me lo ricordo ancora. Mi ricordo tutto.
Adoravo riconoscere quel
sapore quando la baciavo in passato.
Quando mi staccai l'ossevai per capire
se l'avevo turbata, se era quello che anche lei voleva. Mi bastò un battito di
ciglia come risposta e mi persi in quella bocca, assaporai quella lingua,
godetti del calore che mi trasmetteva.
Quando ci staccammo per riprendere
fiato era come se mi mancasse l'ossigeno. Quello mi serviva, certo, ma
baciarla... era quello che volevo.
Non riaprii gli occhi. Le rimasi vicino,
attaccato quasi a quella labbra, tanto che potevo sfiorarle.
- Non ti ho mai
dimenticata -.
- N-nemmeno io. Mai -.
Dopo tanto tempo mi sentii di nuovo
a casa.
***
Stemmo insieme per più di qualche mese. Avremmo dovuto fare
un anno tra poco più di due settimane.
Ci ricongiungemmo e recuperammo quel
tempo che avevamo perso stando lontani.
Ma si sa... i sogni durano
poco.
Quel segreto rimasto celato, tanto nascosto, per tutto
quel tempo venne fuori all'improvviso.
Venimmo scoperti, di nuovo.
L'ira
di mio padre era incontrollabile. Le mie spiegazioni non avevano potuto vincere
sui suoi pregiudizi, gli stessi che mi aveva infilato in testa durante tutta
l'infanzia ma che una sola persona era riuscita a distruggere.
- Lei è una Mezzosangue, Draco! Non puoi mescolarti
con quella feccia! Siamo Purosangue, noi! -. Lucius Malfoy camminava, adirato, per tutta la stanza.
- Papà, ma ti senti? "
Mezzosangue" e "Purosangue" ormai non contano più niente! -.
- Cosa
penserebbe tutta la Comunità Magica se... -.
- Penserebbe che siamo ancora
degli stupidi razzisti che, dopo la Guerra, si fanno ancora degli scrupoli anche
solo a parlare con gente dal sangue impuro! Ecco cosa penserebbe! -.
- Già
una volta ne avevamo parlato, Draco. Ti ricordi cosa ti dissi? Bene, perché lo
stesso vale per adesso -.
- Tu mi disgusti -.
- A me disgusta lei! -. Si fermò e mi fissò. Poi prese un lungo respiro, esasperato, e si
diresse verso la vetrina degli alcolici, si versò un bicchiere di FireWhiskey e
parlò di nuovo, questa volta senza guardarmi. - Sai come la penso. Fai come ti
dico e lei verrà risparmiata. Non ubbidirmi e gravi saranno le conseguenze
-.
Questo mi aveva detto. Questo mi sono sentito dire. Ho sentito
mio padre offendere l'unica persona che mi aveva salvato dall'insalvabile, che
mi aveva aiutato ad uscire da un tunnel buio, tenebroso, che per me era senza fine. Lei era la luce alla fine di quel tunnel.
Nessun'altra ragazza avrebbe potuto eguagliarla, avrebbe potuto
minimamente essere come lei, superarla né tantomeno raggiungerla. Nessuna
ragazza avrebbe potuto, nemmeno una Purosangue.
Ma questo lui non lo
capì.
Non riuscii a sentire nient'altro. Mentre quelle persona a cui avevo
voltato le spalle aveva appena smesso di sbraitare, di insultare, di bestemmiare, io me ne andai prendendo la mia
decisione. Solo poco tempo dopo mi resi conto che feci l'unica cosa che non
avrei dovuto fare.
Avevo provato a nasconderla, a proteggerla in qualsiasi
modo ma niente vi aveva potuto.
Lui, seguace di una delle persone più pazze,
più folli che io abbia mai conosciuto, la trovò... e me la portò via.
Sarei
stato pronto a dare la mia vita pur di salvarla ma qualcun altro decise per me
e, invece di scegliere la mia, scelse la sua, di vita.
Lei era diventata il
mio tutto e dopo che quell'essere disumano me la strappò dalle braccia, non capì
che portò via gran parte del mio essere.
Non potei più guardarlo in faccia,
non ne ebbi più il coraggio. Mi disgustava. Lo
odiavo.
Mia madre era rimasta impassibile davanti a quell'orrore. Non
si schierò, non mi difese né appoggiò le strambe idee di mio padre.
Di lei
non m'interessava. Volendo, era sempre stata innocua nelle sue decisioni. Solo
poche di queste furono giuste.
Decisi di prendermi la mia vendetta. Portai
via la vita a colui che mi sottrasse la mia unica ragione di vita e poi agii
nell'unico modo che ritenni più giusto: mi ricongiunsi con colei che mi guarì,
che mi redense e, forse, fu l'unica decisione che in tutta la mia vita presi
soltanto per far stare bene la mia persona, me stesso, la mia anima.
Prima di
sparire anch'io, mi bastò darle un bacio d'addio, uno soltanto, e poi vidi solo
il buio.
Da una droga non ci si può
separare e se qualcuno ce la prta via, spesso, questo ci conduce verso la
morte.
La mia mi fu stata tolta contro la mia volontà e quello che trovai
dopo fu solo la distruzione, la fine di ogni cosa... e, dopotutto, anche la
continuazione di ciò che fu all'inizio... solo che in un'altra vita.
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