Fandom:
Supernatural.
Pairing/Personaggi: future!Castiel/future!Dean.
Rating: Pg.
Genere: Angst.
Warning: Missing Moment 5x04, Pre-Slash.
Words:
1034 (fiumidiparole).
Summary:
Anno 2014; Castiel è completamente strafatto. A Dean
non importa.
Note: Scritta per
questo
prompt lanciato da waferkya
su kinkmemeita.
DISCLAIMER: Non mi appartengono, non ci guadagno nulla ù_ù
No Matter
La notte profuma d’estate, un miscuglio di fiori selvatici e
umidità acuito dal mormorio delle cicale. Dean è abbastanza stanco per trovarlo irritante ed abbastanza vuoto per ignorarlo.
Osserva la figura accanto al falò: una bianca distesa di pelle asciutta e
pallida su cui il fuoco morente balugina ancora. La luce s’incastra tra la
barba sfatta di Castiel come lame arancioni.
Svenuto. Che novità.
Chuck l’ha mandato a chiamare
perché non riesce a svegliarlo e serve qualcuno più robusto per trascinarlo
nella sua capanna. Dean, la Spada di Michael, il condottiero di quella
disperata resistenza – che avrebbe davvero molto di meglio da fare – guarda l’accozzaglia
di bottiglie tra cui quel corpo è coricato, chiedendosi che fine abbia fatto
l’angelo dei suoi ricordi.
Un buon amico cercherebbe di farlo smettere con tutta quella
merda, proverebbe ad aiutarlo. Lui non è un buon amico, forse non lo è mai
stato, ma è una persona coerente. Finché Castiel si
limitava all’alcool, non gli interessava, lo lasciava fare perché era
consapevole che al suo posto sarebbe ricorso alla stessa medicina, ma quando
nemmeno quello era risultato abbastanza e l’angelo caduto era ricorso anche ad
altri tipi di sostanze, a Dean aveva semplicemente smesso d’importare.
Raccoglie da terra un flacone arancione contenente delle
pasticche e legge distrattamente il nome sull’etichetta, prima di gettarle tra
le fiamme con una smorfia disgustata. Ammira la plastica sciogliersi, coprendo
l’odore di fiori con un altro più acre, ed il fuoco inghiottire le pastiglie in
un guizzo bluastro. Poi riporta la propria attenzione sull’idiota privo di
sensi e se lo carica in spalla, incamminandosi verso il complesso di casupole.
Una risatina gli comunica che il cazzone
è di nuovo cosciente, ma sa bene che se lo mettesse giù non si reggerebbe in
piedi, quindi si limita a grugnire e sistemarselo meglio addosso.
Castiel gli stringe la vita e poggia
una guancia sui suoi reni. Probabilmente gli gira la
testa, specie stando così capovolto, ma questo non gli impedisce di commentare
la situazione con voce roca: «Bel culo».
Dean è molto tentato di lasciarlo cadere a terra e andarsene
a dormire. Ma non lo fa. Il Cielo solo sa perché. O magari no, il Cielo se ne
sbatte alla grande da un bel pezzo.
La tenda di perline appesa alla porta della capanna di Castiel fruscia, quando l’attraversano e Dean storce la
bocca; stupida carabattola new age. Scarica l’amico sulla branda e quasi gli viene
voglia di prenderlo a pugni, quando questi ridacchia di nuovo, poi gli volta le
spalle e tenta di andarsene, ma lui e rimasto aggrappato ad un lembo della sua
camicia.
«Resta» biascica aprendo gli occhi di uno spiraglio. Le
pupille hanno quasi completamente divorato le iridi blu; non è solo ubriaco, è
strafatto.
«No» risponde secco, cercando di sciogliere la sua presa, ma Castiel ha una stretta
decisamente ostinata, malgrado le sue condizioni.
«Perché no?» replica questi lamentoso.
«Perché non hai un paio di tette» spiega Dean atono.
L’angelo si tasta il petto con l’altra mano, come se volesse
accertarsene. «Ah… Vorresti scoparmi?» domanda divertito,
ma c’è qualcosa di storto nel suo tono, qualcosa che gli dice che a lui andrebbe
bene, gli andrebbe bene tutto, lo lascerebbe fare.
Il cacciatore si strappa la sua mano di dosso, disgustato. Castiel sembra non avere alcun riguardo per il suo corpo,
come se non avesse valore, il che forse ha senso, visto che non è davvero il suo.
Quest’ultimo si tira su con una velocità impossibile per un
tossico e gli si aggrappa alla vita. «Resta» insiste, guardandolo da sotto in su con sguardo un po’ più sveglio, un po’ più lucido.
Sta già smaltendo, si rende conto Dean. Anche se non ha più
alcun potere, il suo metabolismo continua ad essere più rapido del normale, per
questo gli ci vuole tanta roba per stordirsi e l’effetto svanisce in fretta.
«Perché dovrei?» chiede piatto. Ha fatto il suo dannato
dovere, ha fatto anche più di quello,
ora vuole andare a dormire. Tutto il resto non gli frega.
Castiel sfarfalla le ciglia confuso e corruga la fronte, inclinando la testa
da un lato, in una posa innocente che non gli è più molto familiare; non gli è
rimasto proprio nulla di innocente. «Per… me» risponde insicuro e confuso,
esitante nonostante la sbornia.
Dean lo fissa con sguardo vacuo, chiedendosi per quale
motivo quella dovrebbe essere una ragione sufficiente. Che gliene importa?
Forse una volta, un tempo sarebbe rimasto a vegliarlo, ma perché dovrebbe farlo
adesso? Perché dovrebbe dare valore a Cas, quando lui
è il primo che si getta via?
Quasi gli avesse letto la mente, o semplicemente ferito dal
suo sguardo, questi si ritrae, lasciando ricadere le braccia, e non dice nulla.
Per qualche motivo, quel comportamento gli fa girare ancora di più le palle.
Ringhia e gli pianta una mano sul petto, spingendolo giù, poi afferra i lembi
di una coperta tarlata dal fondo del letto e gliela tira addosso. Dopo qualche
secondo si china perfino a rimboccargliela attorno al corpo, sotto gli occhi
sgranati di quel coglione.
«Dormi» gli ordina lui. Domani lo prenderà personalmente a
calci in culo, postumi della sbornia o no.
Castiel gli afferra convulsamente
un polso, piantandogli le unghie nella pelle. «Non andartene» lo supplica
agitato, come se temesse che gli volti le spalle per sempre. «Dormi con me,
scopami o picchiami, qualunque cosa, ma resta» mormora
penosamente.
Dean odia quegli occhi, che lo guardano ancora come fosse la
cosa più importante del mondo, come se fosse pronto a strapparsi brandelli di
carne viva a mani nude, solo per lui. Occhi che sono sempre stati lì, disposti
a dargli tutto, anche se lo hanno già fatto. Li odia perché non è capace di
scacciarli, perché sa di non poterne fare a meno, di aver bisogno di qualcuno
che crede in lui, anche se è il primo a non credere in se stesso. Gran bella
coppia patetica, loro due, e lui è un ipocrita.
«Non ti scoperò» lo avverte, stendendosi su quel corpo
sottile e spigoloso. «Ma non posso assicurare nulla sul picchiarti».
L’angelo annuisce in silenzio, la bocca socchiusa, incapace
di spiccicare altro, e se lo tira di più addosso, su quella branda già troppo
scomoda e piccola per una persona sola.
E, fanculo tutto, Dean poggia la
testa suo petto e chiude gli occhi. Non gli importa.
FINE.