Nel caso vi steste chiedendo perché mai Sasuke
è a Konoha o cose del genere, sappiate che tutto questo
è spiegato in modo molto approssimativo e confuso in
un’altra mia fic ‘il mio cuore, le tue
mani’, e non è proprio il caso che perdiate tempo
a leggerla.
Questa, uhm, cosa che ho
scritto, dopo una piccola introduzione dal punto di vista di Naruto,
parlerà principalmente del ritorno a casa di Sasuke e il
racconto al presente sarà intervallato da brevi squarci al
passato riguardanti la missione assegnata all’Uchiha. Forse,
detto così, potrà sembrare una cosa vagamente
seria e ben fatta, be’ tranquilli, nonostante il mio impegno,
purtroppo, non lo è assolutamente :3
Vi avverto che per questa fic mi
sono ispirata a una bellissima doujinshi di KSL facente parte di
una raccolta di nome Kotobuki,
che vi consiglio caldamente di leggere
^-^
potete trovarla a questo indirizzo: http://genjutsu.altervista.org/doujinshi/congratulazioni.php
Questo avviso è stato
aggiunto in ritardo, in quanto solo dopo aver riletto a distanza di
molto tempo la suddetta doujinshi mi sono resa conto delle somiglianze,
chiedo scusa a tutti per questa mia mancanza.
Se vi va di farmi sapere la vostra opinione, di scrivermi critiche,
insulti o consigli per migliorare, io ne sarei davvero felice!
*-*
Infine, sì ora la
pianto di scassamortirvi, ringrazio in anticipo e di cuore tutti i
lettori!
Note:
[1] Daifuko: significa letteralmente 'grande
fortuna' ed è un dolce giapponese composto da un piccolo
mochi (dolce di riso glutinoso) farcito di solito con un ripieno di
fagioli dolci.
[2] Irukauma:
È il demone a cinque code (Gobi no bijuu), avrebbe anche una
forza portante, ma io me ne sono bellamente fregata u_u
Per il resto ho cercato
di attenermi il più possibile alle poche informazioni
trovate sul web. Ci tenevo a inserire il Gobi nella storia — anche se l'ho fatto in modo del
tutto casuale e insensato — perché lo trovo in
un certo senso molto affascinante.
[3] Bibiri-kun: Fifone, coniglio, pisciasotto e
chi più ne ha ne metta xD
Non facciamo
altro che
litigare!
È che
lui non c’è, facendola molto semplice il problema
in fin dei conti sta tutto qui.
Casa è
il posto peggiore dove stare ultimamente, per questo cerco sempre di
stare fuori il più possibile, lì la sua mancanza
è così evidente che ogni oggetto, anche il
più banale, sembra esser stato messo apposta per
sottolinearla: la tazzina di caffè vuota abbandonata sul
tavolo da ormai una settimana, il pentolino dell’ultima volta
che ha cucinato con il sugo di pomodoro incrostato sul fondo, il letto
perennemente sfatto e varie confezioni di senbei che ingombrano troppissimo la
dispensa. Come se non bastasse che ogni più stupido
particolare mi riporti prontamente al suo pensiero, si aggiunge pure la
simpatica sensazione
di completa inutilità e un adorabile senso di
vuoto allo stomaco anche dopo aver mangiato due confezioni di ramen
intere.
A dirla proprio
tutta sono anche assurdamente preoccupato, ma mi sforzo con impegno di
fingere di non esserlo, per esempio trovando i lati positivi della sua
assenza, del tipo? Be’, intanto non si litiga più.
Eh già.
Bisognerebbe essere come minimo in due per farlo.
Ma dopo un
po’ ci rifletto su e ci ripenso, in fondo discutere non
è poi così male, perché presuppone la
sua presenza e questo è bene.
In effetti, di aspetti puramente positivi non ce ne sono, ma neanche a
cercarli con cattiveria.
Per il resto rido
e faccio lo scemo come al solito, così, giusto per non
destare sospetti.
Sia mai che
qualcuno pensi che mi manchi Sasuke Uchiha.
Si sistema meglio sul
divano tastandone la morbida pelle bianca.
A casa di Sakura non ci
viene molto spesso, tutto è sempre così in ordine
e pulito alla perfezione che ha seriamente paura di sporcare e mettere
qualcosa fuori posto, o peggio ancora di far cadere uno di quegli
inutili quanto fragili suppellettili di porcellana che invadono come
funghi ogni singolo mobile.
Questi sembrerebbero
motivi alquanto insulsi per evitare di far visita a un’amica,
ma essendo consapevole della sua proverbiale goffaggine e della
violenza di cui è capace Haruno in determinate situazioni,
preferisce, piuttosto che andarla a trovare, invitarla nella scatola di
cartone — casa — che condivide con
l’Uchiha e subirsi i suoi piacevoli commenti
riguardo al caos che lì imperversa incontrastato.
Ora, però,
effettivamente, è un dato di fatto che Naruto sia
comodamente spiaggiato nel soggiorno di casa Haruno, cosa abbastanza
strana che lo diviene ancor di più se si pensa che
è andato a farle visita di sua spontanea volontà.
Ciò
è facilmente spiegabile partendo dal presupposto che Naruto
quando decide di fare qualcosa, la fa, punto, poi, magari dopo, ci
pensa. Inoltre si potrebbe aggiungere che aveva voglia di stare un
po’in compagnia di Sakura, che era stanco di girovagare a
caso per il villaggio, voglia di tornare a casa non ne aveva, soldi in
tasca neppure e per ultimo, ma non per meno importanza, aveva una fame
terribile, e se è vero che Sakura Haruno prende a pugni gli
amici e anche vero che se sei suo ospite, con ogni
probabilità, ti offrirà dei dolci.
Lascia vagare lo sguardo
per la sala tinteggiata di bianco panna e azzurro pastello, fino a
quando la sua attenzione non viene catturata da un bel mobile in legno
su cui sono poggiate, oltre ad alcune orribili statuine a forma di
gatto rigorosamente frangibili, tre fotografie incorniciate.
Una di queste raffigura
l’amica abbracciata all’Inuzuka e sullo sfondo
alcuni meli carichi di frutta, in un’altra Kiba sorride
complice ad Akamaru che con le zampe inzaccherate di fango fa le feste
a una Sakura su tutte le furie. Invece, la foto messa al centro tra le
altre due rappresenta il team sette al completo con il maestro Kakashi
che strofina le zazzere di due ragazzini imbronciati e Sakura che
sorride teneramente imbarazzata.
È la solita
vecchia foto, la stessa che Naruto tiene ancora accanto al letto. Ora
che ci pensa, forse dovrebbero scattarne una nuova, già,
magari con una Sakura più adulta e meno bambina, Kakashi per
una volta a viso scoperto e due eterni adolescenti che,
inevitabilmente, si guardano in cagnesco.
“Allora
Naruto, a cosa devo questa gentile visita?” Chiede con
sottile ironia Sakura comparendo in salotto, tra le mani regge un
vassoio con due tazze di tè e qualche daifuko[1]
fatto
in casa. Indossa una maglietta a maniche corte di un rosso sbiadito a
causa dei troppi lavaggi e una gonna a balze viola lavanda. Tiene i
piedi scalzi e tamburella le dita sul pavimento, probabilmente il
contatto della pelle con le gelide piastrelle le dona sollievo dalla
calura estiva.
“Niente di
particolare, visto che Kiba è in missione ho pensato che ti
sentissi un po’ sola, tutto qui.” Spiega brevemente
per poi gettarsi sui dolcetti di riso non appena Sakura li poggia sul
basso tavolino in vetro.
Haruno corruccia
l’ampia fronte, infastidita dalle rozze maniere di Naruto che
si sta ingozzando senza pietà. Racimola qualche granello di
pazienza alzando gli occhi verso il cielo e prendendosi un bel respiro
profondo decide di lasciar correre almeno per questa volta.
“Senti un
po’,” Comincia, portandosi le mani ai fianchi e
allungando un sorrisetto sulle labbra. “non sarà,
invece, che sia tu a sentirti un po’ solo?”
Naruto si pulisce con grazia la bocca
utilizzando l’intero avambraccio e osserva Sakura da sotto in
su, lievemente stranito.
“Voglio dire,
conoscendoti, ti mancherà, no?” Incalza
spazientita, sedendosi accanto all’amico e inzuccherando
abbondantemente la sua tazza di tè.
Uzumaki persiste nel
guardare Sakura con un’espressione ebete dipinta sul volto.
“Ma chi?
Sas’ke?” Replica dopo qualche minuto, perplesso.
“E chi se
altro, baka?!” Esclama lei con esasperazione.
“Nah! Ma che
ti viene in mente! Io sto benissimo!” Afferma con enfasi,
allacciandosi le mani dietro il capo. “Ti dirò di
più: il fatto che sia partito in missione è stata
una vera e propria liberazione per me!”
Sakura si porta alle
labbra la bevanda fumante rimanendo leggermente sconcertata
dall’incapacità dell’amico; anche
impegnandosi, Naruto resta sempre una schiappa totale nel mentire, non
solo perché lo fa con le persone sbagliate, ma soprattutto
quando non ce n’è assolutamente bisogno.
“A casa posso
fare tutto quello che voglio e che più mi piace, senza
dovermi subire continuamente i suoi insulti e brontolamenti, non devo
più avere discussioni tutti i santi giorni e poi posso
mangiare il ramen ogni volta che mi gira, insomma, praticamente
è tutto di guadagnato e…”
Presa da un attimo di
sconforto, Sakura posa la tazza sul grembo racchiudendola tra le mani e
reclina il capo all’indietro poggiandosi sulla spalliera del
divano. I capelli rosati le ricadono verso il basso, mentre trattiene
fra le labbra una lieve risata.
“Mi stai
ascoltando?” Chiede osservandola dubbioso.
“Sì,
sì, continua pure.” Fa lei accompagnando le parole
con un vago gesto della mano.
Naruto annuisce
velocemente per poi riprendere con rinnovata enfasi il suo discorso
sugli immensi privilegi di starsene da solo in casa senza
un’Uchiha tra le scatole.
“posso andare
a letto quando ne ho voglia e guardarmi la tv fino a tardi senza
sentire un mormorio fastidioso nelle orecchie che mi dice
‘voglio dormire, usuratonkachi!’, niente
più pomodori per colazione e finalmente posso mettere i
piedi sul tavolo!” Esclama allegro e preso dalla
vivacità del discorso, senza neanche pensarci, esattamente
come se fosse a casa sua, solleva le gambe e piazza i piedi sopra il
tavolino facendo sobbalzare le chicchere e il vassoio in ceramica.
Sakura solleva il capo
di scatto sorpresa da quel rumore improvviso e poi, non appena mette a
fuoco la situazione, inizia a fremere per la rabbia e ad assottigliare
in modo impressionante lo sguardo nel tentativo di trafiggere
l’idiota di turno che, guarda a caso, anche oggi è
Naruto.
“Animale!!!”
Bercia furiosa cancellando in meno di mezzo secondo il sorriso
soddisfatto dal volto dell’amico.
Uzumaki poggia
immediatamente i piedi a terra farfugliando qualche patetica richiesta
di perdono.
“Scusami,
scusami, scusami, scusami Sakura-chan!”
“Scusa un
corno! E poi ti permetti pure di lamentarti di Sas’ke-kun?!
È ovvio che litigate sempre, come si fa a stare con un
bifolco incivile come te?!” Sbraita saltando in piedi e
puntandogli un dito accusatorio contro.
“Eddai
Sakura-chan abbi pietà, ti sto chiedendo perdono.”
Miagola sinceramente pentito portando le mani avanti per difendersi.
Haruno ringhia
sommessamente cercando di far riassopire la rabbia, o per lo meno di
ridarsi un minimo di contegno. “I tuoi piedacci sul mio tavolino, dimmi
come ha fatto a venirti in mente una cosa simile! Ah!
Sas’ke-kun ha tutta la mia comprensione, scommetto che anche
lui è contento di stare per un po’ alla larga da
te, Naruto-baka!” Conclude incombendo minacciosa sul ragazzo.
Naruto abbassa lo
sguardo demoralizzato, Sakura probabilmente ha ragione, anzi, come
sempre ha ragione.
Dopo qualche attimo
Haruno si risiede accanto a Naruto che voltandosi d’istinto
per proteggersi da qualche pugno si ritrova, invece, a specchiarsi in
due occhi verdissimi e vivaci, incorniciati da lunghe ciglia rosa, che
l’osservano, forse… teneramente?
Sakura sospira piano
distogliendo lo sguardo da Naruto e increspa sulle labbra un piccolo
sorriso. “Beh, del resto anche Sas’ke
dovrà avere i suoi difetti, dico bene?” Mormora
inzuppando nel tè uno degli ultimi daifuko miracolosamente
scampati dalle mire di Naruto. “Seppur pochi.”
Puntualizza.
“Infatti,
anche se ti posso dire con certezza che siano più di
dieci.” Conferma Uzumaki osservando attentamente Sakura.
“Posso farti
una domanda?” Chiede posando nuovamente lo sguardo su di lui.
Naruto annuisce piano in
risposta.
“Mi chiedo
perché continuate a vivere insieme se non fate altro che
litigare, in fondo non sei più costretto da Tsunade-sama a
stargli perennemente accanto. Cioè, non voglio dire
chissà cosa, è solo che magari avete bisogno dei
vostri spazi e tempi.”
Naruto rimane in
silenzio non sapendo se parlare apertamente con Sakura o evitare
l’argomento. Istintivamente stringe le mani a pugno sopra le
ginocchia, in evidente imbarazzo.
“Onestamente
non posso negare di averci pensato anch’io alle volte, ma la
verità è che ho paura.” Si prende una
piccola pausa, sorridendo amaramente. “Ho paura che se
smettiamo di vivere nella stessa casa, allora a quel punto ci
allontaneremo sul serio e non ci sarà più modo di
ritrovarci. Poi a dirla tutta, i momenti belli ci sono, seppur pochi,
io non so cosa ne pensi lui, ma a me sinceramente bastano quelli per
poter accettare tutte le altre cose che magari non vanno.”
Ricapitolando, anche se
effettivamente non c’è granché da
riassumere, be’, comunque, il punto è questo:
Sasuke
è in giro da qualche parte per i boschi a farsi ammazzare o
a fare il ninja, dipende dal punto di vista, mentre io, invece che
stargli alle costole come sempre, sto qui, a casa di Sakura,
lamentandomi delle ingiustizie della vita.
Tutto
questo perché, dopo il madornale disastro che ho combinato
durante la mia ultima missione, Tsunade-obaasan ha giustamente deciso
di escludermi da qualsiasi incarico per almeno un mese,
proponendomi
inoltre di considerare la mia sospensione come una meritata vacanza.
Ma
se vacanza significa struggersi tutti i santi giorni perché
un teme di mia conoscenza ritorni sano e salvo all’ovile,
allora
io le vacanze le detesto e poi sono incazzato, più o meno
con tutti,
perché
vivere con Sasuke è difficile, me l’avevano detto
e più volte pure,
ma
che il contrario fosse ancora peggio,
di
questo non mi aveva avvertito proprio nessuno.
Sporadiche foglie di
betulla danzano nell’aria, strappate dai loro rami da una
leggera brezza estiva. Il cielo è sereno, tinto di arancio e
di rosso da un basso sole tondeggiante che sta lentamente calando. La
figura di Sasuke si staglia proprio lì, sullo sfondo
incendiario del tramonto, alta e slanciata, stretta nella sua divisa da
ANBU. Ad accompagnarlo c’è solo la sua ombra scura
e affilata, proiettata sul prato del minuscolo giardino di casa
Uzumaki, che trema incerta ogni volta che i fili d’erba
ondeggiano smossi dal vento.
“Ehi lupo
triste! Bentornato.”
Naruto, seduto sul terzo
gradino del porticato da circa un’ora, finalmente si alza e
sorride, o forse ghigna, magari ride, oppure sta facendo tutte queste
cose insieme con un’unica espressione del volto. Rimane sul
suo gradino ritto in piedi, con i capelli arruffati e una mano alzata
per proteggersi gli occhi dai raggi del sole. A una prima impressione
non si direbbe particolarmente euforico, almeno non quanto ci si
potesse aspettare, e comunque non si dimena come un esaltato, agitando
braccia e gambe e facendo prendere aria alla bocca; questo
però non significa che non sia felice, euforico, o
elettrizzato, semplicemente è ancora immerso in quella sorta
di fase contemplativa, silenziosa estasi di pura felicità,
che si presenta ogni volta che accade ciò che si stava
aspettando da troppo tempo, che poi il troppo tempo sia un anno, o
quindici giorni, o solo un minuto, non fa alcuna differenza.
L’importante
è che ora, dopo due interminabili settimane, può
nuovamente guardare Sasuke, annusare Sasuke, assaggiare Sasuke, se
necessario addirittura parlargli, litigare con lui e picchiarlo
obbligatoriamente.
Uchiha resta fermo
immobile con le braccia lungo i fianchi e i muscoli tesi, soltanto il
nastro scarlatto della maschera legato dietro il capo si muove,
volteggia nell’aria sospinto da un sottilissimo vento. Guarda
Naruto, lo fissa in un modo così intenso da scavargli
nell’anima, eppure osservando quella maschera da lupo si ha
come l’impressione che i suoi occhi restino lontani, incapaci
di raggiungere nessuno.
Naruto protende una mano
verso di lui e schiude le labbra in un bel sorriso aperto, in
quell’esatto momento a Sasuke sembra di ritrovarsi con un
sole brulicante di fuoco alle spalle e un altro, completamente diverso
ma capace dello stesso calore, di fronte. Pensando a questo solleva per
un istante gli angoli della bocca verso il cielo, tuttavia
l’impercettibile movimento delle labbra rimane celato dalla
maschera che nasconde la sua bocca dietro una spessa linea tremolante.
Getta lo sguardo a terra e infine a grandi falcate raggiunge Naruto.
Poggia il braccio destro
sulla sua spalla, mentre con il mento gli sfiora l’altra in
un abbraccio a malapena accennato.
Naruto, che non
può per questioni di principio accettare gesti
d’affetto vagamente abbozzati, stringe Sasuke a sé
circondandolo con entrambe le braccia, ma le sue dita, di solito
abituate ad affondare in morbide magliette di cotone o in pelle
bianchissima, questa volta non riescono a immergersi in nulla a causa
nell’armatura da ANBU che ricopre il torace e la schiena
dell’Uchiha.
Sbuffa seccato
limitandosi a passargli un braccio dietro al collo e ad afferrargli
qualche ciocca corvina con stizza, poi affonda il viso nel suo incavo
del collo, giusto per sentirlo, per sapere con certezza che
è qui con lui e non se ne andrà.
È suppergiù arrabbiato, lievemente infastidito e
ha già trovato almeno un paio di motivi per iniziare una
litigata seduta stante; il più valido è che non
sopporta di non poter guardare Sasuke in volto, davanti ai suoi occhi
c’è soltanto una stupida maschera bianca dalle
fattezze di un lupo bastonato senza canini da sfoderare, con tanti
pretenziosi fregi dipinti di rosso e una malinconica espressione sul
muso.
“Toglitela.”
Ordina, o comunque tenta di impartire un ordine, perché nel
tono di voce c’è una lieve sfumatura di tenerezza
che farebbe pensare più a una supplica piuttosto che a
un’imposizione.
Sasuke, come
prevedibile, ignora prontamente la richiesta e scansandolo con
indifferenza entra in casa dirigendosi in cucina.
Sul pavimento ciarlano
indisturbate varie confezioni vuote di ramen istantaneo, e alcuni
cartoni di latte rigorosamente scaduto da giorni, ormai dotati di
coscienza propria, strisciano indisturbati per la casa alla ricerca di
un cappio a cui appendersi. I vestiti sono gettati per terra alla
rinfusa e il fatto che ce ne siano in cucina fa presagire che le altre
stanze possano esser messe ancora peggio. Sasuke si limita a guardarsi
attorno, ma neanche troppo per non sottoporre a ulteriori traumi la sua
salute mentale — già di per
sé compromessa —, e ad alzare sopraccigli in
segno di grave disappunto.
In cucina i raggi
aranciati del sole filtrano dalla finestra e donano alla stanza un
particolare effetto di chiaroscuro, rischiarando il mobilio e legando a
ciascun oggetto la netta ombra scura corrispondente.
I piatti e le tazze
della colazione — ancora quella di prima che Sasuke partisse
— sono ancora sul tavolo, mentre sui fornelli, Uchiha riesce
perfettamente a riconoscere il pentolino con il sugo di pomodoro
incrostato sul fondo risalente a quindici giorni addietro che lui
stesso aveva preparato.
Si toglie la maschera
che gli ricade sul petto e inizia a esaminare i pomodori contenuti in
una cesta sul ripiano della cucina, sicuramente sono stati colti
durante la mattinata — sono freschi e ancora profumati
— apposta per il suo ritorno.
Naruto poggiato sullo
stipite della porta osserva la schiena di Sasuke. Adesso che
è tornato, la casa gli pare un po’ più
piccola e più disordinata di quanto non gli sembrasse prima,
ma anche più accogliente e soprattutto non è
più vuota. Ora è piena, piena di tante cose che
nemmeno lui saprebbe elencarle tutte, ci sono un po’ di
sentimenti, anzi tanti, alcuni piacevoli altri assolutamente
detestabili, sensazioni a decine, complesse e indefinibili,
c’è pure l’odore di Sasuke, una
mescolanza di sangue e tristezza che ha sempre sulla pelle quando
ritorna dalle missioni.
Perfino tra il
pulviscolo che traspare colpito dai tiepidi raggi del sole
c’è qualcosa, imbarazzo soffice e palpabile,
perché ci vuole del tempo per ricordare come si litiga con
Sasuke, come si fa a parlargli e magari anche a comprenderlo.
Uchiha la pensa quasi
allo stesso modo, l’imbarazzo lo sente pure lui in questo
momento, ma anche un po’ di rabbia repressa. Quindici giorni
fa se ne andava in missione senza il suo migliore amico tra i piedi.
Già, Naruto non c’era, e perché non
c’era? Perché fondamentalmente è
scemo… moderatamente stupido quel tanto che basta per fare
cazzate tali che l’Hokage si vede costretta a sospenderlo
dalle sue funzioni di ninja. Perché il nome Naruto anche se
non fa rima con usuratonkachi ne è comunque sinonimo, e lo
è tremendamente, un usuratonkachi, non solo con Sasuke, non
solo a casa, ma anche durante le missioni e ci mancherebbe altro che
non lo fosse pure lì, diamine!
Fatto sta che due settimane fa Sasuke Uchiha se
n’è andato, con un ghigno dipinto sulle labbra e
una sottile frenesia negli occhi, e soprattutto se
n’è andato volendosene andare. Era stanco,
addirittura più di quanto non lo sia adesso appena tornato
da una missione di livello S, stanco dei loro continui litigi, delle
futili discussioni, dei loro esasperanti battibecchi, era arrivato al
punto che non poteva più guardare quella meravigliosa faccia
da ebete senza provare un ingiustificato moto di rabbia. Qualsiasi cosa
dicesse, o facesse Naruto era insopportabile, fastidiosa e soprattutto
sbagliata, tutto diveniva un valido motivo per lanciarsi insulti e
farsi male alle nocche.
Poi è
arrivato, arriva sempre quando si è lontani da casa, quel
momento di consapevolezza in cui si comprende volenti o non, che alla
fine quello che si è lasciato non era poi così
male, e anzi, ci piaceva pure, e per uno come Sasuke questo deve
significare tanto visto che non gli piace praticamente niente. Era
arrivato al punto che tutto aveva cominciato a mancargli: il suo viso,
la sua goffaggine e le risate, i suoi sorrisi, quelle mani, le
chiacchiere a voce alta che non ti lasciano mai solo, la sua presenza
invadente e calorosa, per finire gli mancava anche quel minuscolo
giardino con il suo piccolissimo orto e soprattutto quella caotica casa
sempre sotto il sole.
Sceglie due pomodori e pesandoli sulle mani valuta con cura quale sia
il migliore. Il suo pensiero ritorna all’immagine del suo
migliore amico sul terzo scalino del porticato, al suo volto e alle sue
mani calde.
Se ci pensa, se
è sincero con se stesso, potrebbe ammettere che Naruto
è bellissimo — talmente tanto che non riesci a
pensare a null’altro — e che il suo sorriso ti
riscalda l’anima. Ma è proprio questo che non gli
piace, Naruto è bello come sempre, luminoso come sempre,
sorride come sempre; sembra quasi che non abbia patito per nulla la sua
lontananza, che la sua assenza non l’abbia minimamente
afflitto, ma che al contrario ne abbia giovato.
Il timore sottile e
insidioso che avrebbe
fatto meglio a non tornare a casa, a non sporcare in
continuazione la felicità di Naruto con la sua presenza,
l’ha già sfiorato più volte in passato
e ora ce l’ha lì di nuovo, conficcato nella
coscienza come un chiodo arrugginito. Perché se è
vero che a lui fa bene stare insieme a Naruto, non crede che la stessa
cosa valga anche per lui, e allora farebbe bene a smetterla con questa
sua egoistica voglia di stare al mondo.
Adesso Uzumaki
è dietro di lui, non parla e gli dà fastidio che
stia zitto, dovrebbe dire qualcosa, qualsiasi cosa, per esempio che gli
è mancato, vorrebbe davvero sentirselo dire, ma Naruto,
invece, imperterrito tace senza dargli soddisfazione.
Indugia ancora nella
scelta del pomodoro migliore. In verità non ha nemmeno fame,
lo stomaco ce l’ha chiuso da giorni, sta soltanto prendendo
tempo, aspetta scrutando ortaggi rosso fuoco che il suo migliore amico
gli rivolga la parola.
“Be’,
sei stato via per due settimane e quando torni non hai nulla da
dire?” Sbuffa infine Naruto tenendo gli occhi puntati sulla
schiena di Sasuke, forse con l’intenzione di trafiggerlo.
Uchiha si volta
lentamente, con la maschera da lupo che gli tintinna contro
l’armatura. Il suo viso è stanco e due occhiaie
scure gli segnano gli occhi.
“Preparami un
caffè.” Ordina laconico, non ci pensa nemmeno che
la sua sgarbataggine e finto menefreghismo possano ferire qualcuno,
piuttosto nella sua testa non fa altro che ripetersi la stessa
ossessiva domanda ‘dimmelo, stai meglio senza di
me?’.
Uzumaki inghiotte aria
per il nervoso e si ritrova a stringere i pugni con forza fino a farsi
sbiancare le nocche.
“Che?!”
Ringhia a denti stretti.
“Ti ho chiesto
se potresti prepararmi un caffè,” Replica
formulando la frase in modo più gentile, ma con almeno il
doppio dell’arroganza nel tono di voce.
“dobe.” Puntualizza come conclusione della frase,
ritenendo che ora il simpatico
appellativo ci stava.
“Arrangiati,
teme!” Sbraita Naruto in risposta, con
un’irrefrenabile voglia di tirargli un pugno.
Sasuke è
tornato a casa da meno di dieci minuti e hanno già
incominciato a litigare, nulla di strano, era ciò che si
aspettava, ma che avrebbe piacevolmente evitato.
Uchiha si limita a
piegare le labbra in un’impercettibile smorfia e ripone uno
dei due pomodori nella cesta.
Accovacciato sopra il robusto ramo di un larice, Sasuke
Uchiha restava immobile sotto l’acqua che scrosciava
ininterrottamente. Kiba Inuzuka, invece, dall’incirca un
momento e mezzo osservava a braccia incrociate il suddetto compagno di
squadra in attesa che gli rivolgesse la parola.
“Ehi
lupo stronzo,
nel caso non avessi sentito, ho detto che la radiotrasmittente
s’è fottuta e che non riesco a percepire
né l’odore di mamma
cervo né degli altri, quindi, reitero: lupo stronzo, che
si fa?” Berciò sbattendo con irritazione il piede
contro la corteccia.
Sasuke
sorvolò, seppur con un residuo di risentimento,
sull'appellativo usato da Kiba nei suoi confronti, del resto
è questo che ci si deve aspettare se si saltano
deliberatamente le riunioni per la scelta dei nomi in codice, le
probabilità che chi dovrà sceglierlo al tuo posto
è qualcuno che ti detesta, sono altissime.
“Dobe,
è palese che non ci rimanga altra scelta che cercare di
tornare indietro da soli, ma tu morirai per certo, gli esseri che fanno
pisciare il proprio cane sulle radiotrasmittenti non hanno speranze di
sopravvivenza.” Replicò con tono pacato, senza
degnare il suo interlocutore di un solo sguardo.
Kiba
ovviamente di tutta la frase colse unicamente la parola, o meglio
l’insulto — dobe — e iniziò a
ghignare divertito.
“Yo,
modera i termini lupo
stronzo, non so se tu te ne sia accorto o meno, ma non
sono Uzumaki!”
A
quel punto Sasuke levò gli occhi verso Inuzuka, strinse
nervosamente le mani a pugno e con la maschera ANBU che gli celava il
volto ebbe tutta la libertà di piegare le labbra in una
smorfia contrita. Già, quel canide non assomigliava per
niente a Naruto, ma doveva ammettere che entrambi avevano
l’innata capacità di fargli saltare i nervi. Con
un movimento fulmineo ghermì Kiba per il bavero della divisa
spingendolo con forza contro il tronco dell’albero.
Inuzuka
digrignò i denti per il contraccolpo, ma poté
notare da quella posizione ravvicinata che gli occhi scarlatti
dell’Uchiha, al di là delle cavità buie
della maschera, si volgevano inquieti verso destra. Constatò
con un sospiro che finalmente anche Sasuke se n’era accorto.
“Puzzano
di marcio ‘sti tizzi.” Sibilò tendendo
l’orecchio e annusando l’aria per riuscire a
individuare la posizione degli avversari, ma sfortunatamente la pioggia
che precipitava a dirotto non facilitava l’operazione
confondendo i suoni e disperdendo gli odori.
Sasuke
liberò Kiba dalla presa e si lasciò cadere verso
il basso, rimanendo appeso al tronco a testa in giù per
mezzo del chakra confluito nei piedi. I capelli corvini intrisi
d’acqua gli pendevano come fusi perpendicolari al terreno,
mentre osservava il cavallo bianco in prossimità del larice
impegnato a fiutare qualche traccia sospetta. Che fosse un cane, invece
che un equino, agli occhi di Sasuke non aveva poi molto importanza.
“Siamo
circondati.” Asserì atono volgendo lo sguardo
verso Kiba.
“Ok,
adesso vuoi dirmi anche che la pioggia è bagnata o per oggi
abbiamo finito con le cazzate?!”
“…
siamo rimasti separati dal resto della squadra e in seguito siamo stati
attaccati da un gruppo di ninja cacciatori d’Iwagakure,
è accaduto tutto così all’improvviso
che siamo stati colti completamente impreparati.” Mormora
tralasciando particolari, raccontandogli l’infinitesima parte
di tutto quello che in realtà avrebbe voluto dirgli.
“Non te
l’ho chiesto.” Ribatte Naruto interpretando uno
sguardo annoiato piuttosto convincente.
Di solito non si parla
mai delle missioni, o perché le hanno svolte insieme e
quindi non avrebbe senso, oppure, in generale, perché non
è mai bello raccontare di come si ammazza la gente.
“C’è
stato un momento in cui stavo per morire,” Prosegue
lasciandosi scivolare addosso quelle gentili parole
d’interessamento.
Sasuke non dice
— ho temuto di morire — oppure — ho
rischiato di morire —, perché se
c’è di mezzo la sua vita lui non teme e non
rischia nulla, Naruto questo l’ha notato e serra le labbra in
un’espressione severa.
“in quel
momento pensavo a te.” Termina sferrano un morso al pomodoro.
“E togliti quell’espressione ebete dalla
faccia.” Aggiunge, nonostante i suoi occhi non gli permettano
di vedere in modo nitido indovina perfettamente l’espressione
di Naruto, che non riesce a capire dove voglia andare a parare con
quello strano discorso.
“Se stanno
così le cose, allora non dovresti mai più pensare
a me.” Replica secco dopo qualche istante, come se fosse
giunto alla più ovvia delle conclusioni.
Sasuke scuote lievemente
il capo, questo del resto è quello che succede quando si
permette a Naruto Uzumaki di sforzare troppo le meningi per trovare
soluzioni non richieste.
“Dobe, lo dici
come se fosse possibile.” Commenta con sottile sarcasmo,
morsicando con le dovute attenzioni il pomodoro per non sporcarsi;
attenzioni del tutto inutili visto che gli Uchiha per natura non
possono sbrodolarsi, al massimo un sottile rivolo rosato potrebbe
percorrergli con ingenua sensualità le labbra e scorrere
fino al mento, cosa che tra l’altro sta succedendo, ma che
è ben diversa da un comico e fortemente ridicolo
sbrodolamento.
Naruto deglutisce a
vuoto, in imbarazzo, senza riuscire a distogliere lo sguardo dalla
goccia di un rosso diluito che indugia sulle labbra di Sasuke, non sa
nemmeno come rispondere a quell’affermazione che l'offende e
lo conforta insieme, ma il problema non gli si pone neanche
poiché un Uchiha stranamente loquace riprende subito la
parola.
“Come al
solito non hai capito nulla, usuratonkachi.” Incalza con uno
sprizzo d’acidità.
Uzumaki si mette di
fronte a lui, corrucciando le sopracciglia bionde per il nervoso.
“Neh, che sarebbe a dire che non capisco niente?! Ho capito
perfettamente invece quello che intendevi. Se pensi a me invece di
concentrarti sul combattimento, allora dico che faresti meglio a non
pensarmi affatto, teme!” Esclama a poca distanza dal volto
impassibile dell’Uchiha.
Sasuke si lascia
sfuggire dalle labbra una lieve smorfia di disappunto.
“Infatti, ciò che intendevo dire è che
il pensiero di te mi ha fatto desistere dal morire.” Arriccia
in modo impercettibile la bocca nel dirlo, come se volesse pentirsene,
o punirsi per aver lasciato che le parole gli rotolassero via dalla
lingua senza il suo permesso.
Naruto rimane a
guardarlo sorpreso e forse anche un po’ turbato, indeciso su
come reagire di fronte a quella strana dichiarazione
d’affetto. Alla fine rilassa il volto in una serena
espressione e apre sulle labbra un caldo sorriso.
“Dimmelo eh,
Sas’ke, dimmelo, ti hanno drogato, vero?” Ride,
senza sforzarsi troppo di trattenersi.
“Ch’!”
Sibila risentito.
“Nah,
è che sembra proprio che tu mi abbia detto qualcosa di
gentile, è strano davvero!” Spiega sorridente,
intanto è sempre più vicino al volto
dell’amico, tanto che i nasi per poco non si sfiorano.
“Usuratonkachi,
nel caso non te ne fossi accorto, ti avverto che mi stai facendo
incazzare.” Ringhia con un filo di voce, tuttavia quella
sottospecie di minaccia non fa che accrescere l’allegria di
Naruto che intreccia le dita tra i capelli corvini di Sasuke
attirandolo a sé nel tentativo di baciarlo, ma
l’Uchiha con un movimento fulmineo si cala la maschera sul
volto e il Jinkuurichi si ritrova a posare le labbra su una superficie
liscia e fredda, anziché sulla morbida e tiepida bocca
dell’amico.
"Teme! Levati subito
‘sta maschera!” Abbaia imbronciandosi, puntando un
intimidatorio dito indice contro il muso del lupo.
Sasuke si limita a
gettargli un’occhiata di pura indifferenza.
“Scordatelo.” Replica freddamente.
Molla il pomodoro mezzo
morsicato in mano a Naruto ed esce dalla cucina calciando accidentalmente, o
forse no, alcune confezioni di cibo precotto sparse sul pavimento.
Sta per mettere piede in
salotto, che poi è anche la camera da letto, quando
qualcuno, o meglio qualcosa, gli si appioppa sulle spalle a peso morto.
“Sas’ke,”
Gli mugugna in un orecchio. “mi sei mancato!”
Ecco, finalmente
l’ha detto, anche se con un tono di voce troppo alto
perché Sasuke possa apprezzare completamente il pensiero e
non ritenerlo fastidioso.
Uchiha digrigna i denti,
continuando stoicamente ad avanzare nonostante il peso leggiadro che gli
grava sulla schiena, e poi sibila, con languida dolcezza,
la sua dichiarazione d’amore:
“Scrostati.”
Plick,
plick,
plick.
Sasuke
riaprì lentamente gli occhi ritrovandosi sdraiato per terra
a osservare il muso ridente di un grosso cane bianco, il fastidioso
picchiettio che l’aveva risvegliato era appunto la saliva di
questo che precipitava sulla sua maschera.
Cercò
Kiba con lo sguardo, ritrovandolo a qualche metro di distanza intento a
rialzarsi faticosamente in piedi. Non riusciva a ricordare nulla di
quello che fosse successo negli attimi prima e non poteva nemmeno
capacitarsi di come dei semplici ninja cacciatori avessero potuto
ridurre due ANBU del loro livello in quello stato.
“Ehi
lupo stronzo!
Vedi di alzare il culo da terra o siamo morti!”
Sbraitò Kiba sorreggendosi al tronco di una conifera.
Sasuke
si tirò in piedi aggrappandosi alla folta pelliccia di
Akamaru, si sentiva disorientato, come se avesse le vertigini.
Istintivamente si portò una mano alla testa ritrovandola poi
sporca di sangue.
Non
pioveva più. Gli abeti nelle vicinanze erano stati spezzati
a metà, altri addirittura sradicati e il terreno era pervaso
da profondi solchi come se ci fosse stato un terremoto.
L’aria era satura di urla strazianti che giungevano,
però, ovattate alle orecchie di Sasuke, erano le grida degli
stessi ninja d’Iwakagure che prima avevano tentato di
attaccarli e che ora venivano massacrati senza pietà.
Alzò
il capo, assottigliando lo sguardo per mettere a fuoco ciò
che accadeva a scarsa distanza da lui: un’enorme creatura dal
manto bianco e fattezze equine si agitava inferocita muovendo nervosa
le sue cinque code.
Strinse
immediatamente l’elsa della spada, cercando con la coda
dell’occhio un cenno da parte dell’Inuzuka.
Il
biju, intanto, aveva iniziato ad avvicinarsi al trotto, allungando la
grossa testa da cetaceo per afferrare alcuni ninja fuggitivi.
“La
coda…” Esalò Kiba levando lo sguardo
verso la bestia, con occhi sgranati.
Sasuke
in quel momento notò che una delle code
dell’Irukauma[2] era
percorsa da scariche elettriche, un istante dopo alcuni ninja lo
superarono correndo rapidissimi, poi tutto divenne bianco.
Dopo una veloce doccia
fredda si sente già meglio, è ancora stanco,
sì, ma almeno si è tolto di dosso
l’odore di sangue, di sudore e Dio sa che altro. Sfrega i
capelli con l’asciugamano di spugna, mentre cerca di farsi
strada nel disordine di vestiti e rifiuti vari gettati a terra per
cercare di raggiungere il letto.
Naruto è
già tra le lenzuola che finge di dormire dandogli
rigorosamente le spalle, sì finge, perché
altrimenti dovrebbe russare.
L’estate
è arrivata e da tempo pure, per questo non perde occasione
per farsi sentire con il suo piacevolissimo
caldo afoso che giunge dalla finestra spalancata insieme
all’insistente frinire delle cicale.
Sasuke piega
l’asciugamano riponendolo ai piedi del letto e recupera dalla
sedia — dopo vari tentativi a causa della scarsa
luminosità della stanza — una maglia nera,
è vero che il cielo è ancora chiaro e la luna
rischiara l’ambiente, ma il colore della maglietta e il
disordine non lo aiutano di certo, così come la miopia.
S’infila
l’indumento per la testa rimanendo poi con le braccia
immobili all’altezza dei pettorali, i suoi occhi si sono
posati su Naruto e da quel volto non riescono più a
distogliersi. Lo guarda davvero, per la prima volta dopo due settimane.
È lì, con gli occhi chiusi e i capelli sparsi sul
cuscino a formare un vago ventaglio di ciocche bionde, sulle labbra
tiene stampato un mezzo sorriso, forse a farlo divertire è
la convinzione che Sasuke lo creda addormentato.
Uchiha rilassa le
braccia lungo i fianchi, scuotendo lievemente il capo nel tentativo di
allontanare fisicamente certe immagini sensuali che il viso di Naruto
è capace di rievocare in lui. S’intrufola tra le
lenzuola leggere, fresche e con impresso il profumo di loro due.
Socchiude gli occhi assaporando la piacevole sensazione di dormire dopo
tutto quel tempo in un vero letto, sopra un morbido materasso,
finalmente a casa.
Si mette in posizione
supina osservando il soffitto biancastro, nella stanza è
calato un piacevole silenzio velato soltanto dal canto delle cicale e
da una brezza leggera che smuove le fronde degli alberi. Si volta
lentamente posando lo sguardo sulla schiena di Naruto che si alza e
riabbassa al ritmo del suo respiro. Distende un braccio, senza nemmeno
starci a pensare troppo, e affonda le dita tra soffici ciocche dorate.
“Voglio
dormire, usuratonkachi.” Brontola, imitando una voce
impastata dal sonno.
Sasuke resta per un
attimo perplesso, di solito è lui che pronuncia con stizza
quella frase quando Naruto non riesce a dormire e continua a rigirarsi
nel letto, ciarlando da solo riguardo ad argomenti insulsi e allungando
casualmente
— perlomeno a suo dirsi — le mani dove non dovrebbe.
“Da quando hai
il sonno così leggero, dobe?”
Consapevole di essere
stato smascherato, Uzumaki rimane in dignitoso silenzio.
“E soprattutto
non provare mai più a chiamarmi usuratonkachi,
usuratonkachi.” Incalza Sasuke, continuando con incredibile
nonchalance ad accarezzare quei morbidi capelli.
“Già,
come vuoi.” Concede con magnanimità.
“Allora, teme, voglio dormire.” Blatera infine.
“Domani
mattina non hai nulla da fare, quindi smettila di lamentarti.”
“Il fatto che
io sia in vacanza non significa che non abbia nulla da fare.”
Replica saccente.
“Non sei in
vacanza, dobe, ti hanno sospeso, c’è una certa
differenza.” Ribatte iniziando a tirargli le ciocche bionde,
così, solo per il gusto di farlo arrabbiare.
“Vedila come
vuoi, in fondo non posso farci nulla se Tsunade-obaasan è
crudele e soprattutto mi odia. E leva ‘sta mano teme, che mi
stai facendo male! ” Abbaia digrignando i denti e cercando di
liberarsi dalla presa di Sasuke dai suoi capelli.
“Se per
crudele intendi giusta, allora potrei anche darti
ragione…”
“Teme non dire
stronzate, tu non mi daresti ragione in ogni caso!”
Sasuke gli lancia uno
sguardo torvo per essere stato interrotto. “Devo ricordarti
il disastro che hai combinato nell’ultima
missione?” Azzarda perfido, avvicinandosi all’amico.
“Perché
devi continuare a mettere il dito nella piaga, stronzo? E soprattutto
mi chiedo perché devi rompere così tanto le palle
stanotte!” Sbotta girandosi di colpo e ritrovandosi Sasuke a
pochi centimetri dal viso a cavalcioni sopra di lui.
“Perché
se non fosse stato per la tua immane
stupidità, non saremmo rimasti separati per
tutto questo tempo.” Sibila risentito, leggermente rosso
sulle gote, sia per la rabbia, che quella ce l’ha sempre in
corpo, sia per l’imbarazzo.
Naruto
l’osserva perplesso, domandandosi se deve ridergli in faccia
e chiedergli per l’ennesima volta se ha assunto qualche
sostanza nociva. Sì, perché Sasuke gli ha appena
detto, in un modo molto originale, che gli è mancato, ma
alla fine decide, invece di complimentarsi con lui per aver esternato
una volta tanto i suoi sentimenti, di controbattere con altri insulti,
ritenendo di non poter sorvolare in nessun modo sulla gentilissima
espressione — la tua immane stupidità —
che l’Uchiha gli ha con affetto dedicato.
“Quindi
è questo il tuo problema! Ma forse non ti ha sfiorato
minimamente il pensiero che, magari,
avresti potuto rinunciare tu alla missione, neh?! Sai, sono certo che
non muori se per una volta smetti di pensare unicamente a te
stesso!” Sbraita afferrando Sasuke per le spalle.
Uchiha lo fissa con
astio chiudendosi nel suo solito e pretenzioso mutismo, giusto per far
intendere a Naruto che ciò che dice non è neanche
degno di risposta, non che poi lo pensi effettivamente.
Rinunciare alla missione
è una gran cazzata perché le
probabilità che sia accettata una sostituzione sono
bassissime, ma che pensa solo a se stesso, purtroppo, è
dannatamente vero. Piega il capo verso l’incavo del collo del
suo migliore amico, sfiorandogli la pelle con i capelli corvini che
scendono perpendicolari al cuscino.
“E poi,
Sas’ke, sei troppo vicino.” Mormora piano Naruto
trattenendo un sorriso.
“Queste cose
dovrei dirle io, usuratonkachi.”
Naruto sorride piano
socchiudendo gli occhi, mentre Sasuke nel modo più
disinvolto e spontaneo inizia a baciargli il collo e a sfiorargli con
la punta della lingua il lobo dell’orecchio.
Faceva già
caldo prima, per colpa di questa dannata estate che intende presentarsi
con puntualità tutti gli anni, ma ora è anche
peggio; l’aria bolle nella stanza e qualcos’altro
arde dentro Naruto e Sasuke, fa caldo, troppo, c’è
così tanto calore tra loro che in pochi attimi il mondo non
sembra più il posto tanto brutto che si era immaginato e i
ricordi dolorosi diventano meno insopportabili, quasi svaniscono,
evaporati, sotto strati di piacevoli sensazioni.
Infila una mano sotto la
maglia bianca di Naruto, andando a graffiare e a stringere quella pelle
abbronzata. Socchiude le iridi scure, assuefatto dal profumo intenso
del suo migliore amico, dalla sua presenza chiassosa, sempre e
comunque, anche nel silenzio, capace di mettere a tacere ogni suo
pensiero. Non riesce nemmeno a riconoscersi, non vuole
riconoscersi Sasuke, senza il suo freddo autocontrollo e con il cuore,
stranamente più leggero, che batte furioso; non riesce a
imporsi di smetterla di accarezzare Naruto con le labbra, non vuole fermarsi
e continua a mordere e a baciare quella pelle per lui irresistibile.
“Sas’ke,
che fai?” Mormora affondando le dita tra i capelli serici di
Sasuke. La domanda di per sé è insulsa, in quanto
è palese ciò che sta facendo l’Uchiha,
probabilmente non è nemmeno una domanda, perché
è inconfondibile il suo retrogusto da rimprovero.
Sasuke solleva di poco
il capo assottigliando gli occhi neri con stizza. Naruto tiene il volto
di lato e guarda altrove, non si capisce se resta in quella posizione
perché vuole lasciare più libertà
all’altro sul suo incavo del collo, oppure è un
atteggiamento di distacco.
“Dobe, proprio
non ci arrivi? Quello che avremmo dovuto fare già da
tempo.” Gli soffia in un orecchio, provocatorio. Forse
è questo che si chiama prendere l’iniziativa e lui
mai prima d’ora ha avuto il coraggio di prenderla.
Sì, perché Sasuke è fondamentalmente
un codardo e ci tiene troppo al suo muro di freddezza e indifferenza
per rischiare di abbatterlo con stupide dichiarazioni. Questa notte,
invece, a modo suo, l’iniziativa l’ha afferrata,
stritolata e scagliata addosso a Naruto, perché Sasuke
è stanco di tantissime cose, e non solo di litigare, di
svegliarsi la mattina e di vedere ogni giorno le facce sceme degli
abitanti di Konoha, ma è stanco pure di perdere tempo
prezioso.
Naruto sgrana per un
attimo gli occhi azzurri e ride pensando alle perifrasi cretine che
s’inventa l’Uchiha per dire che ha voglia di una
sana scopata.
“Ti desidero
anch’io.” Confessa sorridendo, traducendo quello
che Sasuke intendeva dire prima.
Con un colpo di reni
Naruto capovolge la situazione ritrovandosi sopra all’amico
che per tutta risposta lo trafigge con un’occhiata assassina.
“Usuratonkachi
che significa?!” Soffia afferrandolo per le spalle nel
tentativo di levarselo di dosso.
Naruto sbuffa esasperato
alzando gli occhi al cielo, del resto doveva aspettarsi una reazione
del genere da parte di Sasuke, se litigano persino su cosa mangiare a
colazione figurarsi quando devono decidere i ruoli a letto.
“Giusto per
rinfrescarti la memoria… avevamo deciso che stavo io
sopra.” Risponde seccato, mentre un piede
dell’Uchiha, non si sa esattamente come, gli finisce in piena
faccia.
“Non
inventarti stronzate, dobe!” Sibila imbestialito, tirandogli
le guance con forza e puntandogli l’altro piede dritto sullo
stomaco.
Naruto soffoca tra le
labbra un lamento di dolore e tirando colpi a casaccio alla fine riesce
a colpire Sasuke in volto e a pigiargli la testa sul cuscino.
“Mi fhai
mahae!” Bofonchia, mentre Sasuke continua a deformargli il
viso senza pietà, come se fosse fatto di gomma.
“E tu tirami
via ‘sta mano dalla faccia…” Stava per
dire — dobe — o — testa di cazzo
—, ma gli è appena arrivato un pugno nello stomaco
che gli ha fermato le parole in gola.
Naruto si ritrova in
pochi attimi al limite della sopportazione quando Uchiha inizia a
tirargli il naso con spietata cattiveria, e a provare un odio viscerale
per il piede che gli sta lentamente sfondando la mascella.
Ormai la verve
è andata a farsi benedire e non c’è
molto da aggiungere, se non che la nottata ha preso la solita brutta
piega.
Dopo aver cercato
inutilmente di liberarsi dalle grinfie di Sasuke a suon di pugni,
tenta, nella più cieca disperazione, in particolare del suo
naso che implora pietà, di vincerlo usando la temibile arma
del solletico. Per un attimo la nuova strategia sembra portare a buoni
frutti, visto che l'Uchiha lascia immediatamente la presa e diventa in
volto di un rosso tremendo per lo stoico tentativo di trattenere le
risate, peccato però, che la sua rabbia nei confronti del
Jinkurichi sia aumentata in modo esponenziale e con un semplice calcio
ben assestato riesce a scaraventarlo giù dal letto.
“Teme, per
poco non picchiavo la testa contro lo spigolo!” Ciarla
innervosito, a gambe aperte e con il sedere dolorante per la caduta.
“Potevo farmi male!” Aggiunge agitando un pugno a
mezz’aria.
“Appunto.”
Replica tagliente.
In meno di un istante e
mezzo, l’intero lenzuolo con un Sasuke incazzato nero al
seguito si ritrovano spiattellati, senza troppa delicatezza, sul
pavimento.
“Ogni
coda, ogni coda equivale a un elemento...” Asserì
Sasuke respirando affannosamente, nascosto insieme a Kiba e a Akamaru
in un piccolo anfratto formatosi con le scosse sismiche provocate dal
demone.
“Questo
lo sapevamo già! Puoi dire qualcosa di più utile,
eh?” Sbottò Kiba interrompendolo. “Per
esempio: hai qualche idea per salvarci la pellaccia?“
Uchiha
gli lanciò una torva occhiata per poi annuire velocemente
col capo e risalire con un agile salto l’avvallamento.
Estrasse la spada di Kusanagi, con Kiba a quattro zampe dietro di lui
che lo guardava sconcertato.
“Gli
spezzo le zampe e poi gli taglio la testa, questo è il
piano.” Dichiarò senza nessuna particolare
sfumatura nel tono di voce.
Inuzuka
trasalì violentemente, accompagnato da qualche uggiolato
triste del suo cane.
“Tu sei
pazzo.” Replicò esprimendo in modo sintetico
l’opinione che si era fatto dell’Uchiha nel corso
di tutti quegli anni . “Sai com’è, forse
è meglio qualcosa di molto più semplice e
assolutamente efficace, del tipo: scappiamo!”
Non
che Kiba sia un codardo, questo no, semplicemente ha un forte istinto
di sopravvivenza, come tutti gli animali, ed è dotato in
minima parte di una certa cosa, del tutto sconosciuta a Sasuke,
chiamata buonsenso.
Uchiha
ignorò completamente le lamentele dell’Inuzuka
avvicinandosi a falcate decise alla bestia, la quale, con un corpo
folgorato dai suoi fulmini tra le fauci, si voltò di profilo
verso i due ninja. Gli scrutò con un occhio gelido dalla
palpebra arrossata e muovendo a intervalli regolari la grossa mandibola
sporgente fece risuonare il distinto rumore di ossa che si spezzano.
Utilizzare
l’arte del fulmine sarebbe stato sicuramente inefficace verso
un demone che usa il suo stesso corpo come ricettore di
elettricità e lo stesso discorso sarebbe valso anche per il
fuoco, dato che poteva controllare perfettamente anche
quell’elemento.
Chiuse
l’occhio destro e spalancò il sinistro nella cui
iride nera comparve una complessa figura lineiforme rosso scarlatta.
“Amaterasu.”
Sibilò attraverso la maschera e fiamme senza luce avvolsero
le zampe della creatura.
Raggiunse
rapidissimo la pentacoda spiccando un salto per riuscire a decapitarla
con un unico fendente di spada, mentre lei si divincolava convulsa a
causa del fuoco nero.
Kiba
lasciò sfociare sulle labbra un amaro sorriso e
sollevò di poco la maschera da cane che gli celava il volto,
il tanto che bastava per portarsi alle labbra una pillola di tonico da
guerra.
Uchiha
da solo non ce l’avrebbe fatta o come minimo sarebbe
ritornato a casa completamente cieco e, no, le prediche di Naruto non
aveva affatto voglia di sentirle.
Dopo una buona manciata
di minuti sono ancora lì, imperterriti, a prendersi a pugni
e a lanciarsi amorevoli
insulti, accaldati, sudati e stanchi, in particolare Sasuke che
è appena tornato da una missione di grado S, ma pare che
questo piccolo particolare non interessi a nessuno, men che meno a lui.
A un certo punto la
situazione sembra andare a favore di Naruto che con un rapido movimento
riesce ad afferrare alla sprovvista l’Uchiha e a
scaraventarlo di schiena contro il materasso, per poi stringergli i
polsi e immobilizzargli le mani sul cuscino.
Si avvicina al viso di
Sasuke, pregando in silenzio affinché non gli sputi in un
occhio.
“Bibiri-kun[3].” Sussurra
placidamente con un mefistofelico sorriso dipinto sul volto.
Sasuke sgrana gli occhi,
deglutisce a vuoto e serra le labbra in una smorfia per evitare di
azzannare Naruto al collo in preda a un fortissimo istinto omicida.
“Che hai
detto?” Sibila rabbioso liberandosi dalla presa del
Jinkurichi con una facilità disarmante e invertendo
nuovamente le posizioni.
“Cos’hai
osato dire, demente cronico? Prova a ripeterlo se ne hai il
coraggio.” Sussurra velenoso, tentando di strozzarlo e di
incenerirlo contemporaneamente con lo sguardo, cosa che non gli riesce
poi molto, dato che Naruto pare per nulla turbato e continua a
ridacchiare insensatamente.
“Bi-bi-ri-kun.”
Sillaba ghignando come un disgraziato, la visione di Sasuke offeso a
morte è semplicemente impagabile.
“Ti ammazzo,
sì, io ti ammazzo.” Ringhia scuotendo per il
collo, con estrema violenza, quella gioiosa testa bionda.
Uzumaki continua a
sorridere imperterrito, perché Sasuke ha perso da un bel
pezzo il suo ferreo autocontrollo e, nonostante incuta un po’
di timore con le sue intimidazioni che non sa se prendere seriamente o
meno — il suo neurone comunque sta cominciando a soffrire il
mal di mare a furia di essere sbatacchiato in quel modo —,
è palese che ormai lo tenga in pugno.
“Starò
io sotto e farai tu quello che spinge, contento femminuccia?”
E Sasuke trema
già per la rabbia al solo sentire quelle parole.
“Così
quando la prossima volta ci invertiremo i ruoli, sapendo già
com’è, sarò il più delicato
possibile. Non temere.” Incalza, sfiorandogli addirittura una
guancia con la mano, sorridendo amorevolmente.
“Non prendermi
in giro, dobe!” Abbaia tentando per di più di
scarnificargli la mano a morsi.
Si allontanano
l’uno dall’altro praticamente nello stesso istante,
uno perché ci tiene in modo particolare alla sua mano
destra, l’altro perché deve ricucire al
più presto il suo orgoglio ferito.
Ed è
così che Sasuke si getta a un lato del letto mettendosi
supino — nonostante sia consapevole che ciò che
sta facendo sia esattamente quello a cui Naruto mirava —,
perché lui, Uchiha Sasuke, non teme e non ha paura di nulla,
assolutamente nulla, può benissimo fare l’uke
mantenendo tutta la sua virilità ed è pronto a
dimostrarlo.
“Allora,
usuratonkachi, non dirmi che sei tu quello che si sta pisciando sotto
adesso.” Mormora lanciandogli uno sguardo di sfida.
Questo
è essere un ANBU: la vita per la patria, la mente per la
missione e il cuore per i compagni, nulla gli appartiene, nemmeno la
propria morte.
È
questo che Sasuke intendeva rivendicare quel giorno, il diritto di
scegliersi la morte. Senza Naruto ad afferrargli la mano per
trattenerlo nel mondo, era così facile per lui lasciare che
la sua mente vagasse libera nei ricordi più cupi e dolorosi,
e adagiarsi nella placida speranza di poter porre una fine, un limite
oltre al quale nulla avrebbe potuto scalfirlo. Naruto avrebbe capito,
avrebbe accettato la morte di un ninja, una morte non scelta, mai,
invece, avrebbe sopportato il suicidio, l’atto di puro
egoismo. Per questo Sasuke aveva deciso di simulare un dignitoso
martirio per la patria.
Sentiva
ancora il torbido dolore delle ferite, il sangue che colava lento
dall’occhio sinistro, che gli scivolava tra le labbra con il
suo sapore ferroso. Avvertiva l’odore penetrante di cane
bagnato nelle narici e quei dannati ricordi, preziosi, angoscianti,
bastardi e dolorosi ricordi ancora meravigliosamente lucidi e vividi
nella sua mente. Strinse gli occhi cercando di reprimere un gemito di
dolore, fra poco sarebbe tutto finito, niente più stupidi
ricordi, niente più fitte nel cuore, basta con le lacrime
amare mal trattenute.
“Deficiente
vedi di ripigliarti, hai capito?! Io non ci voglio andare a dire a
Naruto che sei crepato, hai capito che non voglio farlo?! Quindi vedi
di aprire ‘sti cazzo di occhi e respirare,
altrimenti…”
Attraverso
la maschera dall’aspetto canino, la voce di Kiba giungeva
inaspettatamente piacevole alle orecchie dell’Uchiha.
Nulla
gli pareva più auspicabile in quel momento se non il
lasciarsi cadere in un dolce sonno, dimenticarsi finalmente di tutto e
sigillare il dolore in un luogo dove non poteva più essere
ascoltato.
“…
Dio, quello mi ammazza se gli dico una cosa del genere e non solo! Hai
presente la faccia da ebete che c’ha? Ecco, si
metterà sicuramente a piangere e la sua faccia da deficiente
peggiorerà ancora! È allucinante,
cazzo!”
Kiba
non ragionava più da un pezzo, ma continuava a sbraitare e
ciarlare a vanvera, con gli occhi sgranati e increduli di fronte al
volto esangue dell’Uchiha.
Sasuke
era certo che in tutta la vita non avesse fatto altro che mutilare
l’entusiasmo e la felicità di Naruto. Senza di lui
sarebbe stato sicuramente meglio, avrebbe realizzato con
facilità tutti i suoi sogni, Naruto più di ogni
altro meritava la felicità. Se ne sarebbe andato liberandolo
dalla sua oppressiva presenza, avrebbe spezzato quel legame che
credevano indistruttibile. Il suicidio, lasciarsi andare alla morte con
gli occhi chiusi, era la scelta che riteneva fra tutte la
più altruistica.
Ma
Sasuke, nonostante le sue buone intenzioni, è sempre stato
un egoista ed è per questo che quel giorno decise di non
morire. Proprio per quello che lui stesso chiama ‘il mio
egoismo di vivere’ si rialzò faticosamente in
piedi, raccolse la maschera da terra e lasciandosi sorreggere da
Akamaru legò il nastro rosso dietro il capo.
“Naruto”
Sussurrò
con un filo di voce, rivolto più a se stesso che a Kiba, il
quale guardava sconcertato l’incredibile ripresa
dell’Uchiha.
“io lo
detesto,”
Sono lì, loro
due, nel letto, con il lenzuolo esanime accasciato sul pavimento, la
finestra aperta e le zanzare che entrano insieme a un leggero
venticello che seppur sottile c’è e si sente, ma
che non basta comunque a dar loro sollievo dal caldo estivo,
perché dopo essersi picchiati e urlati contro come pazzi
crepano per l’afa lo stesso.
Dopo un profondo
respiro, Naruto distoglie lo sguardo dal soffitto, che del resto non
è molto divertente da fissare, per posarlo sul viso di
Sasuke lievemente rischiarato dalla luce della luna. Tiene le labbra
appena schiuse e con le occhiaie scure a segnargli il volto
dà l’impressione di essere veramente molto stanco.
“Se stiamo
tutte e due sotto non credo che succederà
granché.” Blatera tornando a osservare il soffitto
biancastro.
“Già,
dobe, sei perspicace.” Replica secco, alzando una mano per
schiacciarsi una zanzara sul collo che però, data la
lentezza del gesto, ha tutto il tempo per svolazzare via indisturbata.
“Neh, devi
insultarmi obbligatoriamente ogni volta che apri bocca?” Si
lagna imbronciandosi come un bambino.
“Non posso
farne a meno, usuratonkachi. La mia è una diretta
conseguenza delle tue azioni e parole.”
“Sai, a volte
credo di detestarti, anzi, come non detto, io ti detesto
teme,” Mormora mantenendo sulle labbra quella particolare
espressione che sta proprio a metà, fra un sorriso e una
risata.
“Ciononostante non
credo”
“di poter fare a meno…”
“a meno di
lui.”
“di
te.”
“Finiscila di
fare dichiarazioni a vanvera, dobe, sei imbarazzante.”
“Ehi,
lupo stronzo,
dove credi di andare? Ti reggi a malapena in piedi e poi quello ci
beccherà subito se usciamo così allo
scoperto!”
Sasuke,
ormai fuori dalla profonda e ampia fenditura nel terreno che gli aveva
fatto da nascondiglio, acuì lo sguardo verso la creatura in
lontananza che scalciava come un’ossessa, vittima delle
fiamme eterne di Amaterasu.
Se
non era in grado di darle una morte rapida, non aveva alcun senso far
soffrire la pentacoda in quel modo. Socchiuse gli occhi e sciolse il
ninjutsu dissipando immediatamente dal corpo del biju il fuoco nero.
“Capobranco,”
Si morse il labbro con stizza per aver chiamato quello scemo con il suo
altrettanto scemo nome in codice. “andiamocene.”
“Cosa?!
Adesso ce ne andiamo e quando l’ho detto io col cazzo che mi
hai ascoltato! E cosa credi, che quello ci lascerà andare
così?!” Indicò la pentacoda, che
riscossa dagli schiamazzi dell’Inuzuka aveva nuovamente
puntato lo sguardo su di loro raspando innervosita per terra.
“E
poi si può sapere perché non è
più sotto l’effetto dell’Amaterasu? Ehi,
lupo stronzo,
mi puoi spiegare perché cazzo la tua tecnica…
Akamaru piantala!” Interruppe la frase a metà per
rimproverare il cagnone che lo tirava con forza per la manica. A quel
punto Kiba si accorse che Sasuke, nonostante le ferite, stava
già scomparendo tra i rami delle conifere lasciandolo
indietro.
“Sas’ke.”
“Oi.”
“Siamo davvero
patetici,” Ridacchia piano Naruto, scompigliandosi con una
mano la zazzera bionda. “Non lo credi anche tu?”
“Parla per te,
usuratonkachi.” Replica freddo, massaggiandosi le palpebre
che probabilmente hanno incominciato a farsi pesanti.
“Ma ti rendi
conto? Non facciamo altro che litigare!” Esclama piantando i
gomiti sul cuscino per sollevare il busto. “Non riusciamo mai
ad avere un dialogo decente senza insultarci o prenderci a pugni, dimmi
l’ultima volta che...”
“Ha
importanza?” L’interrompe con tono tagliente,
mentre allarga le dita dei piedi in segno di nervosismo.
Naruto
s‘imbroncia, sbuffando annoiato, e si lascia ricadere sul
materasso allargando le braccia fino a sfiorare accidentalmente con una
mano quella di Sasuke.
“Sì,
no, cioè… sinceramente non lo so. Preferirei
evitarlo almeno qualche volta ecco, giusto per rendere più
sopportabile la tua presenza e, beh, magari è questo il
nostro unico modo per comunicare e allora poi non ci sarebbero tante
altre soluzioni.” Ciarla giocherellando con le dita
affusolate dell’amico.
“Dobe,
l’unica soluzione possibile sarebbe che tu non fossi
tu.” Puntualizza atono, sopportando con amorevole
rassegnazione le attenzioni non richieste che Naruto sta dedicando alla
sua mano.
“Nah, che
spasso che sei, attento a non farmi ridere troppo.” Ribatte
piccato, intrecciando le dita con le sue.
“E a te che
interessa tanto trovare delle soluzioni e dal momento che dubito che tu
possa mai non essere tu, a me sinceramente le cose stanno bene anche
così.” Mormora voltandosi verso Naruto e dopo
essersi liberato dalla sua presa facendo scattare rapide
l’esili dita, gli stringe nuovamente la mano imprimendo
così tanta forza che sembra voler suggellare con lui
un’eterna promessa.
Rimarrò
sospeso nel dubbio di aver sbagliato e nell’incertezza di
aver scelto il meglio.
Vivere
è il gesto più altruistico di cui un uomo
è capace, lasciandosi andare alla morte non si potrebbe
essere più egoisti, è così che la
pensa Naruto, ma per me è l’esatto contrario ed
è per questo che fino a quando non saprò cambiare
il mio punto di vista, non potrò mai essere in pace con me
stesso.
“Io, alla
fine, dopo tutto questo tempo, credo che qualcosa di te sia riuscito a
capirla.” Gli dice ad un orecchio a voce abbastanza alta
perché Sasuke possa contrarre le labbra in una smorfia
d’insofferenza e intimargli ripetutamente di stargli alla
larga perché è fastidioso e poi fa caldo.
“Tu
capire… qualcosa?” Chiede dopo un po’
con una punta di cattiveria.
“Già,
Sas’ke.” Risponde annuendo vigorosamente col capo,
e non si sa se il sarcasmo della domanda di Sasuke sia stato
brillantemente ignorato dall’insospettabile
maturità di Naruto o non sia stato recepito affatto.
“Tu sei orgoglioso, testardo, freddo e complessato, pensi
sempre e pensi troppo, ecco qual è il tuo
problema,” Continua contando gli aggettivi sulla punta delle
dita.
Sasuke lo guarda e
automaticamente nega con un gesto del capo tutto ciò che ha
appena sentito. Sarà che l’afa lo rende
irritabile, sarà che ha sonno, che le zanzare sono
fastidiose ma mai quanto Naruto che persiste a dire scemenze e a
stargli appiccicato, sarà forse per tutte queste cose
insieme e nella stessa notte che Sasuke Uchiha sente
l’irrefrenabile desiderio di azzittire con una testata oppure
con un bacio, a scelta, lo scemo che ha di fronte.
“Hai finito
con la tua brillante analisi psicologica o devi aggiungere altre
cazzate, dobe?” Ringhia rigirandosi dall’altra
parte dando le spalle a Naruto.
“Nah teme, non
ho affatto finito, perché tu sei anche assolutamente
incoerente, così tanto che dici sempre il contrario di
quello che provi veramente.” Incalza lasciandosi sfuggire una
lieve risata dalle labbra.
Sasuke si volta e guarda
Naruto intensamente, esasperato e felice insieme, pare quasi che
sorrida, non con la bocca perché quella rimane come sempre
tirata in una sottile linea orizzontale, ma con gli occhi
sì, tagliati a mandorla e nerissimi.
“Allora io, credo
proprio di odiarti.”
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