Del doman non c'è certezza
DI DOMAN NON C'E' CERTEZZA
- Capitolo 1 -
Quant' E' Bella Giovinezza
Artemis giunse in piazza S. Giovanni e si fermò, come tutte
le
mattine, con il naso all'insù ad ammirare S. Maria del Fiore.
Semplicemente adorava il modo in cui si ancorava al suolo della propria
città natia e si slanciava verso l'alto in un tripudio di
colonne a torciglioni, lesene e nicchie da cui i santi parevano
vegliare Firenze.
La giovane fece qualche passo indietro, sotto lo sguardo vigile della
propria nutrice, per cercare di cogliere- quasi mangiare, come se
l'edificio potesse svanire da un momento all'altro- ogni singolo,
minuscolo, accurato particolare; dai due portoni sormontati ciascuno da
un lunotto e da un rosone, al portone centrale, alto e imponente, che
sembrava trafiggere la facciata a salienti, fino al rosone centrale.
Poi si riavvicinò lentamente alla cattedrale,
salì i gradini e poggiò la
mano sul freddo marmo e guardò ancora una volta verso il
timpano; la sua manina di porcellana spiccava sul marmo verde e
sembrava
davvero minuscola a confronto con la chiesa.
"Se stai cercando di entrare, la porta non è lì
ma qualche braccio più in là."
Artemis voltò il capo verso la voce inconfondibilmente
strafottente alla sua destra.
Ezio Auditore era appoggiato all'edificio e la guardava dall'alto con
il suo solito sorriso irritante.
"Messer Ezio, non stavo cercando di entrare, bensì
contemplavo
questa splendida creazione, che non par nemmeno progettata da mente
umana, quanto da divino intelletto". Quindi la giovane
scostò la
mano.
"Artemis, chi vi ha annebbiato la mente stamane? L'Alighieri o
Cicerone?"
"Veramente Virgilio, il mio poeta preferito." La ragazza risposa con un
sorriso finto e pieno di veleno. Quattro anni fa, come la gran parte
delle sue coetanee, si era presa una cotta per Ezio ma era storia
vecchia e, come soleva pensare lei ogni volta che vedeva il giovane a
braccetto con due o tre sue amiche, per fortuna era cresciuta.
"Ah." Lui incrociò le braccia "E' anche il mio, che ne dite
di
leggerlo insieme, qualche volta?" E assunse un'espressione maliziosa.
"Solo quando nevicherà con il sole, messere." Ora Artemis
iniziava ad irritarsi.
"Bambina, lo so che mi muori dietro, quindi non fare tanto la
santarellina."
"Temo che mi stiate confondendo con qualcun'altra."
Poi lui si chinò verso la giovane: "Tanto lo so che lo vuoi"
"Che venisse un diavolo a portarvi con sé." Rispose con
tutta calma.
"Signorina, non è questo un lessico che vi si addice,
moderate
il linguaggio". La nutrice di Artemis era sbucata alla sua sinistra,
afferrandole un braccio e, mentre parlava, aveva ficcato i suoi occhi
arcigni in quelli del giovane Auditore.
"Esatto Artemis, i turpiloqui non sono degni della tua splendida
boccuccia, inoltre quando ti arrabbi la tua faccia diventa
più
rossa dei tuoi capelli e potresti quasi sembrare brutta."
"La nostra conversazione oggi termina qui" Sibilò la
fanciulla
prima di girare i tacchi e continuare la sua passeggiata mattutina con
la nutrice, visibilmente turbata.
A volte davvero non sopportava l'atteggiamento di Ezio, specie quando
faceva il cascamorto. Lei sapeva benissimo che non era capace di avere
una relazione stabile e passava da un letto all'altro con
l'agilità di un capriolo. Ormai erano tre anni che si
comportava
in quel modo e, se all'inizio poteva sembrare molto (troppo) richiesto,
a lungo andare si era rivelato solo uno sciupafemmine, anche se la sua
preferita era Cristina Vespucci.
Artemis all'inizio era stata quasi gelosa di lei, ora la compativa.
Sicuramente era a conoscenza del vizio del suo amato e sicuramente ne
soffriva.
Poveraccia.
I pensieri della giovane furono interrotti dall'avvistamento di una
persona conosciuta: Andrea de' Pucci, l' anziano filologo che aveva
trasmesso ad Artemis il suo amore per i manoscritti antichi. Tuttavia
il padre di questa non voleva che lavorasse con documenti muffiti. Il
punto non era il contenuto, perchè lui stesso adorava i
classici
e aveva insegnato questa passione anche alla figlia, ma semplicemente
riteneva che gli strumenti del mestiere fossero pericolosi per una
fanciulla di diciassette anni.
L'uomo sollevò il cappello con la destra in segno di saluto.
Significava che aveva del lavoro per gli occhi giovani e la mente
brillante della fanciulla. Infatti De' Pucci aveva accettato che
Artemis lavorasse per lui perchè ci vedeva poco e il suo
cervello non era più agile come una volta e ogni tanto
capitava
che si scordasse quello che stava facendo, mentre quella ragazzina,
oltre che essere interessata all'argomento, era molto intelligente e
per lui era come una figlia.
La giovane chinò il capo in risposta e svoltò a
sinistra
per giungere a casa sua, dove avrebbe atteso sul verone che un garzone
di messer De' Pucci gli portasse i manoscritti che aveva rinvenuto nel
suo ultimo viaggio perchè lei li esaminasse. Tuttavia,
mentre
oltrepassava l'uscio con la nutrice, si ricordò che aveva
finito
il diluente, nel caso che i fogli fossero incollati tra di loro e che
Maria Pepi, sua cara amica pittrice e "socia in affari" , si
era trasferita a Roma.
Quindi doveva cercare l'ubicazione di un altro pittore, e per questo
chiese al padre, nonappena lo vide.
"Artemis! Figliola mia! Ben tornata. Com'è andata la vostra
passeggiata?"
"Bene, grazie padre. Ditemi, sapete dove abita un buon pittore'"
"Qui a Firenze? La città ne è colma, Artemis."
"Lo so ma, ecco, i genitori di Elena Fornarini di venezia vorrebbero
farle un ritratto e in una lettera mi ha chiesto di consigliarle un
buon artista."
"Mmm... il mio preferito è mastro Leonardo da Vinci, che
abita
nel corso dei tintori... ma scrivile che non sempre accetta di ritrarre
su commissione e che potrebbe ultimare il dipinto in una settimana come
in un anno."
"Grazie mille, glielo scriverò."
Il bello era che Elena le aveva realmente inviato una missiva in cui le
chiedeva consigli su un pittore.
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