Nel bel mezzo del quartiere
di Storyville, in una casa dalla porta verde che sbatacchiava al solo pensiero
di un alito di vento, tre persone sedevano con insolita tranquillità intorno ad
una scrivania. Il primo era un uomo grande e grosso come un gorilla di
montagna, animale da cui aveva ereditato anche l’espressione truce e
sospettosa. Il secondo era un tizio dall’aria arrogante che sembrava molto più
giovane della sua età nonostante l’aspetto stropicciato: stava mangiando un
sandwich che colava maionese, senape e anelli di cipolla da tutte le parti come
se fosse prossimo alla liquefazione. La terza persona, una ragazza esile dai
capelli neri arruffati, lo guardava con aria palesemente disgustata, aspettando
solo che l’untuoso contenuto del sandwich colasse sulla scrivania prima di
iniziare un monologo logorroico in favore dell’uso dei tovaglioli durante i
pasti. I tre stavano giocando a carte: davanti al gorilla c’era una
considerevole montagnola di caramelle assortite, un pacchetto gualcito di
sigarette, una rivista e un paio di occhiali da sole. Davanti alla ragazza,
oltre a qualche caramella, faceva bella mostra di sé una cintura di cuoio dai
preziosi intarsi fatti a mano. Davanti al giovane col panino, una deprimente
distesa vuota.
“Parola.” disse il gorilla, e
la sua voce sembrava provenire dalle fondamenta della casa.
“Ok, parola.” approvò la
ragazza, sbirciando per un attimo le carte che aveva in mano.
Il giovane smise di
ingozzarsi di sandwich, studiò con profonda concentrazione le sue carte, si
dondolò per un po’ sulla sedia e poi se ne uscì in un sorriso sfavillante.
“Punto la mia autoradio e
dieci caramelle.” annunciò con aria solenne.
La ragazza sbatté con forza
le sue carte sul tavolo mentre il gorilla iniziava a respirare tipo mantice.
“Ti pareva!” berciò la
ragazza fissando con odio il giovane che ricominciò a dondolarsi sulla sedia
pacificamente.
“Stai bluffando
spudoratamente, Mendez” ringhiò truce il gorilla. “Lo capirebbero anche quei
sottosviluppati dei figli di Jones che stai bluffando!”
“Allora venitemi a vedere”
rispose Mendez con logica inoppugnabile, sorridendo “Se non sbaglio, nessuno ha
proposto di mettere un tetto alla puntata massima stanotte, no? Quindi sono
perfettamente in regola.”
“Ma la tua autoradio!” si
lamentò la ragazza “Sei il solito viscido doppiogiochista, Rafe. Con te non è
possibile giocare onestamente.”
“Che disgrazia per te,
Marria” sospirò Mendez dispiaciuto “Comunque, se mi vuoi venire a vedere,
accetto come puntata la cintura che mi hai rubato prima. Più dieci caramelle. E
una sbirciatina al tuo reggiseno.”
“Non ho rubato la tua
cintura” berciò la ragazza, offesa “L’ho vinta con un full. E tu non avevi
nemmeno una coppia di re, ma sei voluto venire lo stesso a vedermi.”
“Io vengo sempre a vederti,
querida” ammiccò Mendez con un sorriso “Sempre, dovunque e comunque. Pensavo
l’avessi capito, ormai.”
“Non mi pare che tu abbia
visto granché finora” gli annunciò il gorilla, divertito “E non parlo solo
della partita a poker di stasera.”
“Ho sempre tempo per rifarmi”
rispose Mendez, con convinzione “E anche io non parlo solo della partita a
poker di stasera.”
“Voi due mi avete rotto”
annunciò la ragazza, inviperita “E, udite udite, nemmeno io parlo della partita
a poker di stasera! Mendez, tu sei solo una mucillaginosa larva che non sa
perdere, ma ti vengo a vedere lo stesso: la tua cintura e dieci caramelle,
scordati la sbirciatina al mio reggiseno, se ci tieni a vivere. E se, come
penso, non hai niente in mano, la tua autoradio nuova la potrai vedere col
binocolo quando la regalerò a Jones.”
“Oh, che colpo basso.” ghignò
il gorilla, ridanciano “Io comunque passo. Me la sto godendo troppo nel vedervi
scannare tra di voi in questa faida intestina.”
Mendez non sembrava
altrettanto divertito.
“A Jones?” valutò fra sé e sé
“Il nostro collega con tre figli in età da tentata combustione di massa? Uhm… è
un bel rischio…”
Lanciò un’occhiata di
traverso alla ragazza che stava per farsi sfuggire un sorriso vittorioso.
“Sobres, Mancuso, ci sto.”
La ragazza sembrò spiazzata
“Come?” domandò sottovoce.
“Ho detto che ti vengo a
vedere” rispose Mendez con un amabile sorriso da schiaffi “Ti vedrei più
volentieri da sola, senza Thorpe tra i piedi, e possibilmente sprovvista di
indumenti addosso, ma se mi devo accontentare delle tue carte, farò uno sforzo
per stavolta…”
Mancuso, dopo un attimo di
smarrimento, alzò decisa il mento e posò le carte sul tavolo.
“Tris d’assi” decretò con
esultanza “Corri a smontare l’autoradio, chico, e immaginala già invasa dalla
saliva di tre marmocchi bavosi.”
Mendez non si scompose:
mentre il sorriso si allargava sul suo viso olivastro, scoprì le carte
posandole una per una sul tavolo accanto alla cintura di cuoio.
“Ma che bel poker di dieci
che c’è qui” canticchiava allegramente “E bentornata dal tuo papino, cintura di
autentico cuoio messicano! Mi sei mancata tanto, ti ha trattato bene quella
strega bisbetica di una mangiaspaghetti? Adesso ce ne andiamo a fare un giro in
macchina ad ascoltare un po’ di musica seria con la mia nuova autoradio…”
Mancuso era rimasta rigida
sulla sua sedia con una espressione decisamente omicida sul viso: Thorpe
ridacchiò esilarato mentre il telefono, come chiamato in causa per scongiurare
un potenziale spargimento di sangue, iniziava a suonare imperioso. Thorpe si
ricompose in fretta ed afferrò la cornetta.
“SREC” annunciò con molta
professionalità.
Ascoltò con attenzione mentre
Mendez si infilava la cintura canticchiando, osservato da una imbronciata
Mancuso dalle labbra serrate. Mendez le rivolse un seducente sorriso pieno di
denti bianchi e di scherno e la ragazza per poco non gli sputò in faccia.
“Ti odio” disse solo con
profonda convinzione “Sei solo un maledetto baro!”
“Claro” rispose Mendez con
naturalezza “Però dimmi, mi corazon, chi è adesso la mucillaginosa larva che
non sa perdere?”
“Mancuso, preparati” li
interruppe Thorpe schiaffando con decisione la cornetta sul telefono e
alzandosi in piedi “Il tenente Vartan della polizia di New Orleans ha richiesto
i servigi della SREC.”
“Oh, che peccato che siate
voi due di turno!” mormorò con dolcezza Mendez lasciandosi sfuggire un
sorrisetto satanico “Se non mi dovessi ancora dieci caramelle, querida, potrei
anche andare io al tuo posto.”
Mancuso si alzò in piedi di
scatto, come se l’avessero punta con uno spillo.
“Fottiti.” sibilò con
profonda convinzione, girandogli le spalle e avviandosi dietro a Thorpe che si
era già diretto verso la porta.
“Ti aspetto, così da bravi
colleghi ci facciamo un lavoretto insieme.” rispose Mendez con il riso nella
voce.
Mancuso, per tutta risposta,
pensò bene di sbattere la porta.
Note dell’autrice:
Ho ricevuto delle
recensioni!! Sono in estasi mistica, che bello. Come se facesse bene alla mia
psiche malata…
Lady Antares D. L. : Mi chiedevo dov’eri finita, ammmore!!! Certo, so che
uscendo dal fandom di Harry Potter è difficile trovare qualcuno disposto a
leggere le tue storie e recensirle, quindi ti ringrazio di cuore per essere
passata di qui ed esserti ricordata di me. Mi hai fatto felice, sappilo! Se
riesci a regalarmi una bambola gonfiabile a forma di Johnny Depp, mi renderai
ancora più felice, ehm…Baci baci! A presto!
Sarah92 : Ma ciao!! Che bello trovare una nuova lettrice, così
carina ed entusiasta! Ovviamente, devi assolutamente farmi sapere se la storia
procede secondo i tuoi gusti, quindi mi raccomando, fatti sentire! A proposito,
hai capito cos’è la SREC o hai bisogno di chiarimenti? Non ho ben chiaro se hai
letto la prima parte o no…baci baci, anche a te!!
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