Memories in 4 parti ragazze
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I
loved you first ≈
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Era
un bellissimo giorno di Sole, proprio come tanti di quelli che si sono
susseguiti negli anni sulle piane lussureggianti e perfette –
tanto da sembrare dipinte – di Narnia.
I
raggi dorati accarezzavano l’erba grassa, folta e piacente
allo
sguardo, scossa lievemente dal vento che spirava delicato fra quegli
agili giunchi verdeggianti; i giovani centauri si rincorrevano coi
grifoni, risalendo le colline con la sola forza delle loro non ancora
possenti zampe equine, i capelli sparsi nell’aria frizzante
ed
i sorrisi di un popolo sereno scritti sul volto.
Sorrisi
anch’io, nella luce forte e limpida dell’estate
narniana;
erano già passati cinque anni da quando io ed i miei
fratelli
ci eravamo ritrovati in quel mondo ricoperto da una finissima ed
eterna neve candida… cinque anni da quando ero stato
insignito di un titolo che in un primo momento mi aveva spaventato,
un titolo pesante come la responsabilità che gravava,
onerosa,
sulle mie spalle: Gran Re Peter il Magnifico, Supremo Regnante di
Narnia, Imperatore delle Isole Solitarie, Signore di Cair Paravel,
Cavaliere del Nobile Ordine del Leone.
L’incubo
più ricorrente, a dirla tutta, era la trafila sul mio nome
che
i ciambellani annunciavano ogni volta che dovevo presenziare a qualche
evento mondano.
Lasciai
che il vento dispettoso e fresco, accarezzasse i miei capelli biondi e
li scompigliasse, socchiudendo le palpebre e
abbandonandomi per qualche istante alla cristallina perfezione del
Regno… del mio Regno.
Susan
e Lucy erano in viaggio, in visita presso un Reame poco distante da
Narnia; Edmund si era unito a loro dopo una battuta di caccia sui sui
monti di Ettins risultata decisamente fruttuosa, raggiungendole
presso la Reggia di Lord Kasey, uno dei miei più fidati
luogotenenti.
Ed
io?
Io
ero rimasto a Cair Paravel, con la squisita compagnia di Tumnus e del
suo flauto a
rallegrare il silenzio del palazzo, in attesa di
una delegazione proveniente dal poco lontano Regno delle Naiadi,
guidato da tempo immemore dalla splendida e saggia Sovrana Mairead, una
delle
compagnie più dolci e piacevoli che esistessero fra i
sottoposti del Re di Narnia.
Mairead
era una figura allo stesso tempo delicata e maestosa: l’avevo
vista combattere in prima fila, durante la Grande Guerra, armata di
un’arma che rispecchiava esattamente il suo carattere ed il
suo
aspetto, tanto ingannevole quanto splendido: lo scettro della Sovrana,
così innocuo all'apparenza, era mutato in un oggetto letale
ed aggraziato,
concedendole la forza e l’abilità di trionfare su
ciascuno degli stolti che avevano osato pensare di poterla sopraffare.
Al
suo fianco, probabilmente, ci sarebbe stato Nihar, il giovane ragazzo
nato circa un
secolo prima, figlio del compagno di Mairead deceduto durante la
battaglia contro la Strega Bianca; il giovane
assomigliava alla madre anche nelle movenze, nella straordinaria
capacità di mutare il proprio aspetto in quello umano con
una dimestichezza inusuale per le naiadi, nella
pacatezza e nell’eleganza dei gesti e del carattere.
Sorrisi,
quando anche attraverso le palpebre chiuse distinsi il lieve
riverbero della trasparente pelle delle naiadi rilucere nel Sole del
mattino inoltrato, aprendo gli occhi e distinguendo le bionde chiome
della Sovrana e del figlio in groppa a due elegantissimi cavalli
palomini, in testa al corteo che invece cavalcava delle
magnifiche
bestie dal manto biondo cenere, snelle e aggraziate come tutti i
cavalli di Narnia.
Distinsi
anche una giovane fanciulla, poco meno di una ragazzina: cavalcava
poco lontano da Nihar, rivolgendogli ogni tanto un timido
sorriso che splendeva nell’acqua che componeva il suo volto
sottile e delicato ed avrei scommesso che, se fosse stata in carne
ed ossa e non nella sua forma d’acqua, sarebbe arrossita.
Sorrisi,
dinanzi alla dolcezza lontana di quella bambina e,
contemporaneamente, mi preparai ad accogliere la delegazione che
avanzava
al piccolo trotto lungo le colline che circondavano la scogliera su
cui sorgeva Cair Paravel, sistemandomi la tunica celeste che
indossavo e riportando fra i miei capelli il peso di quella corona di
cui, ormai, non avrei saputo più fare a meno.
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-Peter!-
la voce melodiosa di una bellissima dama bionda mi riscosse dai miei
pensieri, strappandomi un sospiro lieve e compiaciuto: la presenza di
Adhara presso Cair Paravel era spesso fonte di estremo piacere
per il sottoscritto, data la squisita bellezza del suo volto e
l'intelligenza affilata e non comune che, abilmente, Adhara celava
dietro le sue fattezze quasi angeliche.
Diressi
il mio sguardo verso il cavallo che galoppava nei giardini di Cair
Paravel, beandomi della figura della cavallerizza bionda che sorrideva
in mia direzione,
salutandomi con un elegante cenno delle mani curate. Adhara era una
lady di una remota landa ad ovest di Narnia, stimata dagli elfi e dalla
misteriosa razza delle pleiadi come una creatura dotata di profonda
saggezza e d'inflessibile correttezza; mi era stato caldamente
consigliato di invitarla a trascorrere quanto più tempo
possibile a Cair Paravel, perché la sua fama di diplomatica
era conosciuta e stimata in tutti i regni.
Una
volta tanto, il mio titolo mi aveva concesso qualcosa di utile e di
piacevole.
Adhara
era meravigliosa, dai capelli di un luminoso biondo cenere e dagli
occhi celesti come
il cielo di Narnia; il suo corpo esile e sottile mi ricordava i
giunchi che danzavano nelle vicinanze dei fiumi, il sapore delle sue
soffici labbra era quello delle succose more che coglievano
le mie sorelle durante le gite presso i laghi ed i fiumi della
regione e la sua pelle era delicata come la più pregiata
delle sete.
Mi
voltai, salutandola con un cenno ed un sorriso, trovando nel suo
sguardo la tacita promessa di un incontro, più tardi, quando
la notte sarebbe
calata a celare le scappatelle del Re.
Mairead
si era ritirata nelle stanze a lei riservate, mentre la sua corte
aveva raggiunto le onde che s’infrangevano in candida spuma
sulle scogliere del palazzo e Nihar, spigliato e curioso come tutti i
ragazzini, aveva chiesto ai miei centauri di mostrargli le arti di
divinazione che utilizzavano per svelare le nebbie del futuro.
Avevo
approfittato di quel momento per ritirarmi anch’io,
rifugiandomi nel giardino fiorito che tanto amavo frequentare nei
momenti di calma; fra le camelie, le rose, i boccioli ed i virgulti
in procinto di nascere riuscivo a ritrovare quella calma che spesso
veniva a mancare durante le riunioni di stato, quando mi ritrovavo
costretto ad assistere a spettacolari esempi della
meschinità
dei governanti... delle razze più disparate, oltretutto, a
riprova che non soltanto gli umani potevano essere tacciati di
cattiveria e meschinità.
Disteso
sull’erba poco lontano dalla fontana, scolpita dai mastri
nani
sulle forme prominenti e sensuali proprie delle ninfe acquatiche, mi
abbandonai
al tepore del Sole pomeridiano e lasciai che non soltanto il mio
corpo si distendesse ma, soprattutto, anche i miei pensieri; per questo
non
mi accorsi – non subito – della presenza di una
piccola
figura emersa timidamente dalle acque trasparenti della costruzione
ornamentale, due occhioni della stessa turbinosa sostanza che mi
guardavano spaventati, impauriti.
-Sua…
Sua Maestà, mi dispiace disturbarla, io…- aprii
gli
occhi, sorpreso, quando una voce delicata e terribilmente dolce
risuonò nelle immediate vicinanze, sorprendendomi. Mi alzai
subito, sorpreso ed allarmato dalla vicinanza che avevo permesso allo
sconosciuto di ottenere – un errore terribile e fatale, per
un
Re –, tornando a respirare soltanto quando distinsi gli
spumosi
capelli di una naiade nelle acque altrimenti immote della fontana.
Sospirai,
sollevato, rivolgendo un’espressione amichevole alla piccola
ninfa nascosta nei flutti, avvicinandomi di qualche passo al bordo in
pietra dell’ornamento.
-Non
hai disturbato.- mormorai, sorridendo quando la bimba si
ritirò
appena, intimorita, nascondendo il visino fra le mani minuscole.
Era una creatura
delicata, innocente e a dir poco bellissima: i lunghi capelli di spuma
erano ondulati intorno al visetto, le guance erano soffici e paffute,
gli occhi
immensi e contornati da una folta schiera di ciglia semitrasparenti.
Se
fosse stata in forma umana –
per quanto fosse difficile, anche per le naiadi più grandi,
completare e mantenere quella trasformazione –
l’avrei immaginata con lunghi
capelli di un bel biondo dorato, la pelle chiara e le guance rosse
d’imbarazzo, con una veste candida ed una coroncina di fiori
a contornarle la fronte.
Trasmetteva
quell’innocenza tipica di ogni bambino, e la
curiosità e
la timidezza brillavano in quei due pozzi turbinanti e
particolari che erano gli occhi di ogni naiade, tenera e minuta ed
altrettanto… carina.
Nonostante
fosse un aggettivo che di norma non utilizzavo spesso, non trovai
un'altra definizione possibile per quella creaturina: era la cosa
più
carina che avessi mai visto, tanto da far sfigurare i fiori
più
belli del giardino in cui ci trovavamo.
-Come
mai non sei giù, al mare?- le chiesi, inginocchiandomi
accanto
a lei e rivolgendole un amichevole gesto per invitarla ad avvicinarsi.
Diffidente,
si accostò a me di qualche centimetro, rimanendo
però
nella calda e sicura culla dello specchio d'acqua.
-Io…
volevo vedere il giardino, e poi sono troppo piccola, non…-
balbettò, strappandomi un altro sorriso intenerito; quella
bambina era la creatura più dolce e tenera che fosse mai
capitata a Cair Paravel da molto tempo… mi ricordava mia
sorella Lucy, per molti versi –
negli occhi, soprattutto,
c’era
quella stessa luce particolare, limpida e pura come l’acqua,
che avevo sempre distinto negli occhi della mia sorellina.
La
vidi prendere fiato, chiudere appena gli occhioni e stringere i
pugnetti, armandosi di un contegno invidiabile e dolcissimo: sembrava
una piccola regina, in quel momento, una creatura tanto minuscola che
celava un incredibile galateo.
-Mi
dispiace avervi disturbato, Maestà.- terminò, la
voce
altisonante che tremava, gli occhi che si fissavano coraggiosamente
nei miei, sforzandosi di mantenere l’atteggiamento altezzoso
di
ogni dama che si rispetti.
Per
un istante, rimasi senza parole davanti a quello sfoggio di giovanile
orgoglio; ma, l’attimo più tardi, senza riuscire a
trattenermi, scoppiai a ridere.
Aveva
del coraggio, quella bimba…
-Non
hai assolutamente disturbato, piccina.- la rassicurai, sorridendo, con
voce calma
e tranquilla. -Posso solo apprezzare la compagnia
di una principessina tanto bella quanto educata.- aggiunsi,
vedendola sgranare gli occhioni e nascondersi repentinamente dietro
le manine in preda ad un terribile e repentino imbarazzo.
Ridacchiai,
tendendole una mano, divertito ed intenerito al tempo stesso.
-Che
ne dici? Posso mostrarti io il giardino, piccola?- le chiesi,
incoraggiante, aspettando che posasse la manina sulla mia. Mi
soppesò fra le dita dischiuse, ancora imbarazzatissima:
sembrava studiarmi con uno sguardo indecifrabile, molto più
adulto di quello che ci si aspetterebbe da una ragazzina, testardo e
determinato come ne ho incontrati pochi nella mia intera esistenza. Era
una reatura che simboleggiava l'intensità e la bellezza
della magia di Narnia, una magia troppo forte ed
impetuosa per essere costretta a rimanere in silenzio –
bellissima ed elegante quanto
irrefrenabile ed inarrestabile.
E
poi, le dita trasparenti attraversate dai raggi dorati del Sole, la
piccola ninfa di cui non conoscevo il nome allungò la manina
verso la mia, posandola sul mio palmo con delicatezza.
La
chiusi nella mia con un sorriso, sentendola sorprendentemente calda e
concreta – ed ebbi improvvisamente la visione di
un sorriso immenso, bellissimo ed accecante, apertosi repentinamente
sul volto della bambina – e, soprattutto, nei suoi occhi.
Fu
solo un lampo, un fotogramma fugace ed effimero, eppure fui sicuro di
distinguere quegli
occhi assumere una forte tonalità dorata, gioiosa e
splendente come una piccola
stella nel cielo limpido.
Si
lasciò trarre fuori dalla fontana e l'istante scomparve
così com'era apparso, tanto da darmi l'impressione di averlo
soltanto immaginato; ma quel sorriso, quella serenità,
rimasero
nel mio petto a riscaldarmi il cuore, rendendo ancora più
bello il fiorente giardino di Cair Paravel.
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My Space:
Buongiorno!
Cos'è
questa? Questa è una raccolta di alcuni capitoli,
teoricamente
quattro (con me non si sa mai xD), basata sull'infanzia delle
protagoniste di Narnia's Rebirth - e seguiti -. Questo primo
capitolo, basato sul PoV del mio caaaaaaro
Peter
Pevensie (carissimo, certo), è incentrato sull'infanzia,
durante i
tempi d'oro, di Shaylee. Aysell non è presente né
lo sono i genitori
delle due ninfe. La spiegazione è semplice: non si sono
uniti a Mairead
per la visita a Cair Paravel per rimanere a casa con la bambina
più
piccola.
Abbiamo
anche uno scorcio velocissimo di un personaggio di cui sentiremo
parlare più avanti: Adhara. Come avete visto, il nostro Re
Supremo non
è sempre stato il represso rompiballe che abbiamo imparato a
conoscere... e
molto altro, ma non vi dico qualcosa in più sennò
spoilero abbastanza!
Ebbene,
che aggiungere? Spero che vi sia piaciuta! E' una shot molto
semplice, che vuole mostrare il lato più spensierato della
vita di Shaylee, prima che lei fosse costretta a crescere troppo in
fretta e durante la pace più duratura che Narnia, fino al
regno di
Caspian, abbia mai conosciuto.
Hope
you like it!
B.
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