Super Usagi!
Super
Usagi!
Autore: ellephedre
Disclaimer: i
personaggi di
Sailor Moon non mi appartengono. I relativi diritti sono di
proprietà di Naoko Takeuchi e della Toei Animation.
10 - Grande.
Dopo
l'episodio 120, 'La scuola dei misteri'
In cui le Outers ribadiscono la loro intenzione di uccidere Hotaru e in
cui muore Mimete (Mimma in Italia).
«Stasera riporto Chibiusa a casa.»
Sì, dentro la sua cameretta, dove Chibiusa potesse smettere
di pensare alla
fine del mondo, alle Outers che volevano uccidere la sua amica Hotaru e
all'orribile fine di Mimete.
... a pensare all'ultima cosa forse era solo lei.
Chibiusa tenne la testa bassa. «Voglio rimanere con Mamo-chan
anche questa
sera.»
Anche lei lo avrebbe voluto, ma non era una bambina. Se avesse
voluto
comportarsi come tale, nessuno l'avrebbe più consolata come
se avesse diritto ai capricci, alla comprensione degli altri e a volte
anche a qualche coccola. Non che ne avesse mai ricevute quante ne
voleva dalle sue amiche o da Mamoru, ma da quando era arrivata Chibiusa
tutti le avevano chiesto, senza parole, di essere ancora più
adulta di quello che era. Il posto della bambina era ormai solo
della sua futura figlia.
A volte
Usagi ce l'aveva con lei soprattutto per quello, per averle tolto il
diritto di essere infantile con la sua sola esistenza. Altre volte,
invece, si risentiva silenziosamente per una ragione che le doleva di
più: quando cercava di essere adulta per lei, Chibiusa
dimostrava sempre di preferirle qualcun altro. Mamoru, se c'era, o in
mancanza Rei.
Le faceva male perché quella era una
battaglia che non poteva lasciar perdere: poteva smettere di desiderare
di essere una bambina, ma non di cercare di essere più
grande.
In alcuni momenti in cui avrebbe voluto prendere Chibiusa per le spalle
e
scuoterla un po'. 'Fidati di me, rispettami!' Glielo avrebbe gridato
supplichevolmente, ben sapendo che lei stessa, se fosse stata piccola,
avrebbe scelto di correre da Mamoru per chiedere protezione e conforto.
Voleva farlo anche in quel momento, no?
Non biasimava Chibiusa. Era più importante
che lei stesse bene; la situazione che era costretta a vivere era
troppo dura per una bambina come lei.
Si preparavano a vivere tempi di violenza e terrore.
«Chibiusa...» Il mantello di Tuxedo Kamen
disegnò un arco nel
racchiudersi attorno alle spalle di lei. «Stasera devi
tornare a casa.»
«Ma Mamo-chan...»
«Hai altre persone che si preoccupano per te.»
Usagi riuscì a leggere l'espressione di lui anche dietro
la maschera. «Certo. Cosa dirà la mamma se non ti
vede
rientrare anche stasera?»
Mamoru annuì. «Avrai presto altre
occasioni di passare la
notte da me. Oggi però dormi a casa. Non mi avevi detto che
ti stavano
facendo una bella cameretta?»
«Sì, ma...»
Mamoru fermò la protesta di lei con una carezza del pollice.
Scostò la frangia di Chibiusa con attenzione e
riuscì a prevenire altre lamentele con quel semplice gesto.
«Va bene» rispose riluttante Chibiusa, con una
vocina così
piccola e dolce da far desiderare a Usagi di essere come Mamoru. Una
persona capace di dare conforto e sicurezza, una persona grande.
Prese la mano di Chibiusa. Quando la sentì stringere la
propria, si
sentì meglio.
Nell'avere la fiducia di lei di consolava un po' da sola. Sentiva di
essere capace di evitarle altri dolori. Un'eroina in grado di
prevenire la fine del mondo
intero. Trattenne un sospiro. «La porto a casa allora. A
domani, Mamo-chan.»
«Usa.» Una mano guantata le strinse il braccio. Lui
abbassò
il viso e per un momento folle Usagi si attese di ricevere un bacio
sulla guancia. Il sussurro all'orecchio la sorprese.
Chibiusa aveva alzato la testa. «Cosa le stai
dicendo?»
Lui si abbassò. «Questo.»
Mormorò qualcosa anche
all'orecchio di Chibiusa e Usagi udì un sorriso di entrambi
e un 'buonanotte' anticipato.
Non era quello che aveva detto a lei.
Allontanandosi Mamoru annuì nella sua direzione, lo sguardo
puntato sul suo da dietro la maschera bianca.
Lei ricambiò il cenno della testa.
Per un momento, si
sentì piccolina e grande tutto in una volta.
«Che cosa c'è?»
Erano passate quattro ore da quando si erano
salutati. Chibiusa era tornata a casa, aveva cenato e poi era
stata assistita da mamma-Ikuko, come la chiamava affettuosamente lei,
nell'andare a dormire.
Usagi aveva atteso di saperla profondamente assopita prima di provare
ad uscire. Quando era andata controllarla nella stanzetta che avevano
ricavato nel solaio, ancora mezza vuota, era rimasta ad osservarla
mentre dormiva pacificamente.
Chibiusa era una peste che le aveva sconvolto la vita, ma era
così...
piccola. Hotaru non era molto più grande di lei.
Con quale diritto persone senza cuore sfruttavano una ragazzina come
Hotaru per piani di distruzione? Con quale diritto persone che
avrebbero dovuto essere loro amiche minacciavano di ucciderla? Una
ragazzina di undici anni! Chibiusa aveva già avuto degli
incubi per via di quella storia. Era stato Mamoru a dirle quanto si era
agitata
nel sonno, la notte precedente.
Lui intuiva tante cose.
Aveva intuito anche il suo stato
d'animo, anche se lei aveva cercato di mostrarsi forte.
«Cosa c'è?» lo sentì ripetere
di fronte al
proprio silenzio, nel salotto del suo appartamento.
'Quando lei dorme, tu torna a casa mia' le aveva detto lui all'orecchio.
Usagi non avrebbe potuto essergli più grata.
«E'... un
incubo, non pensi?»
Mamoru appoggiò le braccia sul tavolo.
«Sì.»
«Le Outers vogliono uccidere Hotaru. Persino Pluto,
che era
così buona con Chibiusa. Insistono con questa storia del
mondo che sta per finire e anche Rei aveva avuto quell'incubo che...
Nel
frattempo persino i nostri nemici sembrano impazziti.»
Rabbrividì ancora al ricordo della fine di Mimete.
Si chinò in avanti e sostenne la fronte con una mano.
«Le
piaceva cantare. Era andata a quell'audizione con Minako, non era
irrecuperabile, Mamo-chan. Forse avrei potuto allontanarla
dall'influenza di quel potere maligno che la teneva in
trappola.»
«Penso che si comportasse così di sua
volontà.»
Il giudizio la lasciò attonita. «Non meritava di
morire in
quel modo!»
«No, non volevo dire che-»
«E non è nemmeno morta! E' rimasta
rinchiusa in
quella dimensione estranea e vuota. Ora vaga nel nulla, mentre
noi...»
Le si serrò la gola.
«Usagi.»
Iniziò a tremare.
Due mani le presero le spalle. Fecero pressione, iniziando a
massaggiare.
«A Mimete è stato detto come funzionava
quell'apparecchiatura.»
Lei non capì nulla.
«Sa che è finita in un posto da cui non
può
tornare indietro. Io non credo sia ancora in vita.»
Si sentì trafiggere dalla crudeltà di
quell'insinuazione come da una lancia. Avrebbe voluto gridare e negare,
per istinto, ma un'altra parte di lei seppe che Mamoru aveva ragione:
Mimete, la seconda delle Cinque Streghe, non piangeva disperata in uno
spazio vuoto, in attesa di soccorso. Mimete si era già
rassegnata, forse nel giro di pochi minuti. E, con quella lancia di
potere che si era portata dietro, aveva già messo in atto
l'unica soluzione che le era rimasta a disposizione.
Morta - suicida - per aver desiderato tanto potere da arrivare persino
a smaterializzarsi dentro uno schermo, perdendo il proprio corpo.
Quanto dolore e distruzione per una smania tanto insensata da portare
le persone alla follia.
«Vorrei... che il suo spirito si fondesse con della
musica»
mormorò. «Ovunque sia finita, la musica esiste
dappertutto. Cantare... le piaceva.»
Le mani di Mamoru si fermarono sulle sue spalle. Lui la
circondò con le braccia, inginocchiato dietro di lei.
«Sì. Quello che aveva di buono dev'essere
diventato una
voce, un suono... Non può essere sparito nel
nulla.»
Usagi lasciò riposare le palpebre, permettendo al proprio
mondo di diventare buio quiete. «Hotaru non deve morire come
lei.»
Mamoru non disse nulla e, per un momento, Usagi pensò di
dover
convincere anche lui. Per quell'istante, piccolo e troppo vero per
essere
ignorato, non lo biasimò.
«Anche se come Saturn fosse destinata a portare la rovina nel
mondo,
dev'esserci una maniera per liberarla. Che cosa salveremmo, Mamo-chan,
se uccidessimo quella bambina?» Che anime nere e colpevoli
avrebbero protetto?
«Sai cosa voglio poter vedere?» le disse lui.
«No...»
«La festa per la maggiore età di Hotaru.
Promettiamo adesso
che ci saremo. Hotaru Tomoe arriverà a compiere vent'anni,
vedrai. Noi saremo lì, a guardarla mentre sfila nel suo
kimono da
adulta.»
Usagi strinse le mani di lui, per sentirle contro la propria pelle.
«E'
una promessa. Non permetteremo che la uccidano.»
Sentì una sensazione di umido sulla tempia, tanto dolce e
anomala che per un momento non la comprese. Un bacio
lì.
Come una bambina.
Sorrise. «A volte per te sono piccola, Mamo-chan?»
«Come?»
«Dimmi solo... la verità.» Non era una
domanda trabocchetto.
Tutte le risposte erano giuste.
«Poche volte» disse piano lui, a bassa voce, nel
silenzio della sua
casa. «Meno di prima.»
Usagi strofinò la guancia contro il braccio di lui.
«Quando
ti sembro piccola... trattami da piccola. Per ora... mi
piace.»
«Va bene.»
Venne colta da un'illuminazione e si voltò.
«Piacerebbe anche a te? Anche tu vorresti che ogni
tanto...» Non terminò. Il sorriso di lui stava
diventando risata.
«Non lo so. Trattami come vuoi, Usa. Adulto,
bambino... sono io.»
Parole semplici che le aprirono una nuova visione della
realtà. «... anche io sono grande. Anche se
ho paura e piango e a volte vorrei solo essere stretta forte, uso
quello che sono diventata per fare cose... da adulta.»
Salvare. Era diventata grande per poter fare del bene.
Non avrebbe mai più voluto essere una bambina inerme, mai.
Lui era perplesso. «Certo che sei grande. Se ti capita di
voler essere stretta forte non sei una bambina. Sei solo...
Usagi.»
Il sorriso accennato la lasciò incerta. «E' una
cosa buona o... cattiva?»
«A me piace.»
Allora era buona. «Grazie per avermi invitato da
te.» Lui diceva e faceva sempre la cosa giusta.
«Cerco di fare la mia parte.» Mamoru non si
lasciò più vedere. Nascose il viso nell'altro
lato del suo collo. «Ti do quanta più forza posso,
adesso. Ma spero di poter essere lì con te anche quando
combatterai la battaglia finale, come l'altra volta.»
... lei no.
«Voglio essere utile con tutte le mie forze.»
Lo era già.
E lei avrebbe combattuto per lui, che nel suo essere adulto e forte
poteva avere paura. Per lei.
Avrebbe combattuto per Chibiusa, per non farle perdere la sua migliore
amica.
Avrebbe combattuto per Hotaru Tomoe, per permetterle di compiere
vent'anni, quaranta, cento.
Avrebbe combatutto per e con le sue amiche, per e contro le Outers,
per... per tutti coloro che non potevano combattere per se stessi.
Era Sailor Moon.
E ormai era grande.
FINE
NdA - Per
tanto tempo non ho avuto idee per questa raccolta. Oggi mi
sono decisa a proporvi qualcosa subito, nell'attesa del prosieguo di
Verso l'alba, così mi sono messa su questa raccolta e, dopo
aver dato un'occhiata agli episodi della terza serie che non avevo
ancora toccato, me ne sono venuta fuori con questa idea in un'oretta.
Spero di avervi trasmesso qualcosa, qualsiasi cosa.
Alla prossima!
ellephedre
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