Il concorso della jella... vabbe', per farla in breve,
c'è
una citazione dal Purgatorio che mi ha regalato una storia che mi piace
molto (quasi come il famigerato gatto acchiappa-pyreflies), punto.
Contest o non contest è indifferente. Spero soprattutto che
questo missing moment piaccia anche a voi.
Il circolo delle quattro stelle
I'
mi volsi
a man destra, e puosi mente
a l'altro polo, e
vidi quattro stelle
non viste mai fuor
ch'a la prima gente.
Goder
pareva 'l ciel di lor fiammelle:
oh
settentrïonal vedovo sito,
poi che privato se'
di mirar quelle!
(La Divina
Commedia - Purgatorio)
Quando Auron si fu risvegliato
nell'altra città, dolente e confuso e intriso di un
fallimento acuto
che collegava ogni luce fatua del suo corpo, provò a
guardare il
cielo.
Fu abbagliato da un faro sopra la sua
testa.
Abbassando lo sguardo, vide che gettava
ombre troppo nette sulle pieghe del suo cappotto e dava alla sua
pelle una tinta slavata come quella di un morto. Rimase a terra,
stringendo gli occhi finché tutto non fu tornato buio.
Quando riuscì a orientarsi in quel
fiume turbolento di gente che andava, gente che veniva, gente che si
muoveva senza un perché, Auron si fece strada fino ai moli
occidentali, dove le banchine si stendevano sull'oceano fino a
perdersi nella bruma notturna. A trenta passi dall'ultimo lampione,
con tutte le luci finte alle spalle, si voltò a destra e le
vide:
quattro stelle equidistanti, luminose, a mezza via fra la luna e il
mare.
Un giorno avrò finito di darti
ragione. E quel giorno sarò morto davvero.
“Il vostro cielo è sbagliato”,
aveva detto una mattina Jecht, svegliandoli dopo l'ultimo turno di
guardia.
La sua voce era calma: stava enunciando
un fatto. Ma portava una boria dura a dismettere nel suo timbro roco,
con le finali strascicate, che lo bollava come ubriaco nonostante non
toccasse bicchiere da settimane. Restava, con vigore, al centro del
proprio mondo – se c'era un cielo giusto, non c'era dubbio
che
fosse il suo. Naturalmente.
“Illuminaci.”
Jecht alzò le
spalle. “Magari al sud era diverso. Ma continuo a guardare e
le
altre sono tutte al posto giusto, anche se sono più basse.
Non
possono non esserci.”
“Un soggetto. Non morde.”
“Il
cerchio di stelle.”
Auron alzò gli occhi al cielo,
cercando nei fiumi di stelle che illuminavano Spira le tre forme che
gli erano familiari: il Grande Uovo, lo Scettro di Yevon, la stella
fissa al centro del Ventaglio con tutto il suo seguito. Stelle da
viaggiatore, il minimo per orientarsi senza mappe.
“Conosci il cielo?”
“Non punto a niente di meno, sai.”
“Jecht.”
“Che c'è, ragazzino? Viaggi con una
stella, se non te n'eri accorto.”
Ragazzino. Miglia percorse insieme ed
erano ancora a 'ragazzino'. Avrebbe risposto, ma Braska non li
perdeva di vista, ancora seduto a gambe incrociate sul suo
pagliericcio, e avrebbe rispettato le richieste implicite del suo
evocatore.
Anche Jecht doveva essersene accorto, o
essersi stabilito vincitore di chissà che ennesimo piccolo
gioco.
L'espressione di sfida si rilassò in una risata bonaria.
“È una cosa da blitzer.” Si
grattò
un orecchio. “Dove vivo io, almeno. Se sei in acque fonde
quando
cala la notte e aspetti l'alba in spiaggia stretto attorno a un
fuoco... se sei uno dei nostri, impari a contare le stelle. Funziona
così. È una cosa nostra – non solo per
gli Abes, unisce tutte le
squadre. Ci differenzia dai mollaccioni che passano la vita intera
protetti dalla città. Senza offesa, s'intende”,
concluse
ammiccando.
“Oh, saresti sorpreso”, ricambiò
Braska.
Auron ricordava i giorni in cui
l'allora sacerdote tornava rosso come un pescatore dai viaggi sotto
il sole di Sanubia e si concesse un sorriso, ma Braska era
già
oltre.
“Il sogno di Bahamut si estende oltre
Spira... a volte, negli ultimi tempi, mi permette di seguirne le
briciole.” L'evocatore si coprì il viso con le
mani e si aggrappò
a quelle immagini sfuggenti – briciole di briciole, gli
avrebbe
confidato in seguito, troppo vivide per la memoria dei mortali.
“Mi pare di aver viaggiato sulle
comete. E ho visto le stelle bruciare. Quelli che da quaggiù
sembrano luci immote sono fuochi, millenari forse, ma non eterni. Se
vieni dal nostro passato, forse quelle stelle hanno esaurito la loro
forza.”
“Sarebbe triste.” Jecht allungò un
dito a toccare quattro punti spenti in cielo.
“Tu sei ancora qui.”
“Le chiamavamo la Vittoria Infinita,
non so perché. Il circolo delle stelle, la vittoria
infinita. Non
tramontavano mai. Poco infinita ora, no?”
“Ma se sono solo quattro”,
interruppe Auron e si morse la lingua per quel
“sono”: il
presente era una certezza, che dava ben più fiducia a
quell'uomo
impossibile di quanta avrebbe desiderato. “Con soli quattro
punti,
come fai a dire che è un cerchio? Non sarebbe un
quadrato?”
Rise.
“Sai che è bella? Non ne ho idea! Te la
insegnavano fin da
bambino, in squadra. Erano in cerchio e un cerchio non ha fine,
c'erano anche le filastrocche. Ogni tanto ti capitava di sognartela
di notte: ti sussurrava storie all'orecchio. Ed era davvero una
vittoria che splendeva in eterno. So che non ha senso, ma sono
già
un pazzo, qui, tanto vale dirle tutte. A casa nessuno si fermava a
pensarci. Era lì e basta.”
“Stiamo tutti inseguendo un sogno,
amico mio. Tutto è possibile. Confido che una notte non
lontana
troveremo le tue stelle.”
Auron si accomodò sulla punta del
molo, una gamba incrociata, l'altra a scalciare la spuma delle onde.
Versò un bicchiere per sé e svuotò il
fiasco in mare. Brindò con
le stelle a una qualche possibilità, da qualche parte, di
una
qualche vittoria. E brindò ai ricordi di tutte le sconfitte.
Un
lungo brindisi.
Non si accorse di non essere solo: il
suo ospite restava in piedi alle sue spalle e annuiva piano.
Quando Auron si fu addormentato il
bambino si scostò il cappuccio viola, si alzò in
punta dei piedi e
in silenzio spense quelle stelle una a una, come candele.
“Tutto ha una fine.”
Sostanzialmente, un easter egg.
Umorismo da Fayth (intercessore). Note:
@ vittoria WTF?: per come la vedo io,
dreamZanarkand è sostanzialmente uno spregio degli
zanarkandesi del
tempo alla vittoria in guerra di Bevelle. “State vincendo? Ah
sì?
E allora noi spacchiamo tutto – la nostra città e
la vostra – ma
noi continuamo a sbrilluccicare in sogno e voi
vi
beccate Sin, prrrrrrrr!” Si sacrificano per portare avanti
l'idea
della loro città. La loro memoria si preserva. La vittoria
finale è
loro ed è eterna. La costellazione sarebbe quindi
un'aggiunta
'finta', evocata, all'effettivo cielo notturno dei mari a nord di
Zanarkand dove giace dreamZanarkand (canone della locazione di
dZanarkand: Ultimania).
Allo stesso modo, l'interpretazione
data dagli abitanti alla costellazione è trollat...suggerita
dalle Fayth, così come quello che sulla Spira odierna
è il gesto di
preghiera Yevonita su dZanarkand è il saluto dei blitzer...
e come
l'Inno, che originariamente era un canto di resistenza della vera
Zanarkand, su dZanarkand è diventato un coro da stadio
(canone:
Maechen). Umorismo da Fayth, appunto.
Sono tanti piccoli trollini, quando ci si mettono.
@ cameo finale di FoBahamut perché
posso e perché sì: sostanzialmente...
perché posso e perché sì
XD A parte quello, quando Auron arriva a dZanarkand le Fayth iniziano
a convincersi che può essere il caso di terminare il ciclo
di Sin
(canone: Ultimania). Quindi 'tutto ha una fine', anche il sogno
millenario che fino al giorno prima avevano difeso con tutte le loro
forze, e togliere quelle stelle simboliche è un primo passo
di
cambiamento.
PS: continuano a essere mesi ingarbugliati. Continuo ad avere ogni
santa intenzione di leggere e tendenzialmente recensire tutto quel che
di nuovo è apparso in sezione. Scusate l'assenteismo.
|