sora
scusate il ritardo, ma questo capitolo è un po' complicato...c'erano tante cose da scrivere...
però mi piace parecchio...è bello tormentoso...
ci vediamo più giù...
Capitolo 6
Kairi era immobile sulla barca, sembrava un manichino. Riku evitava di
guardarla, non sapeva se lei se ne fosse accorta, ma vederla
così distante, così persa, gli ricordava troppo aver
avuto a che fare con una Kairi incosciente; continuava a remare ad
occhi bassi, ripetendosi come un mantra una frase semplicissima:
‘se non viene di sua spontanea volontà gli do una botta in
testa e lo chiudo dentro ad un sacco’.
«Non cercare di rassicurarmi, Riku,
davvero.» lo prese in giro lanciandogli un’occhiata,
cercava di alleggerire l’atmosfera, ma dava l’idea di
essere sul punto di scoppiare a piangere.
Vedere i suoi occhi di nuovo luccicanti di vita,
comunque, gli scaldò il cuore; sorrise fingendosi tranquillo.
«Non ce n’è bisogno.» ‘se non viene di
sua spontanea volontà gli do una botta in testa e lo chiudo in
un sacco’.
«Allora, perché non vuoi portarmi con te?» domandò guardandolo fisso, infelice.
Riku si fermò, davanti a lui c’era
l’Isola dei Bambini, era vicina, probabilmente da lì anche
nuotando l’avrebbero potuta raggiungere in poco tempo. Non le
inventò una scusa, niente missioni per riscattarsi, niente
ferite da risanare, niente risposte da cercare. «Ho paura.»
da morire. «Non puoi chiedermi di trascinarti in un corridoio
oscuro.» scosse la testa, guardandola come la guardava sempre in
assenza di Sora. Non l’avrebbe toccata, nemmeno sfiorata,
finché fosse stata sua. E se fosse stata sua per sempre, lui non
l’avrebbe mai toccata; ma non riusciva ad impedirsi di guardarla,
ogni volta che poteva, come a chiederle se fosse sicura della sua
scelta. «Non puoi.» mormorò piano. Perché lei
aveva un’altra scelta e l’unica cosa che poteva fare era
continuare a ricordarglielo.
Kairi fu la prima a distogliere lo sguardo, rifugiandosi in Sora. «Lo so.» disse solo.
Riku riprese a remare con calma, ‘se non viene
di sua spontanea volontà gli do una botta in testa e lo chiudo
in un sacco.’
Legò la barca al piccolo molo, mentre la
ragazza faceva forza sulle braccia per salirci. Si rivide per un attimo
bambini, tutti e tre su quella stessa barchetta. Lui era l’unico
a riuscire a salire sul ponticello da solo – perché era
più grande e più alto – una volta su, aiutava Sora
che in ogni caso era abbastanza bravo ad arrampicarsi, poi in due
tiravano su Kairi. Una volta lei amava indistintamente entrambi, se non
avesse fatto tutta quella serie di cazzate…chiuse gli occhi e
scosse la testa, pensare ai ‘se’ non serviva a niente.
Ancora una volta si ripeté che non sarebbe cambiato nulla in
ogni caso, ma per quanto continuasse a dirselo, non riusciva mai a
crederci del tutto.
Si fermarono sulla spiaggia, il vento le
scompigliava i capelli, così se li ritirò indietro con
cura. «Aspetterò fino al tramonto.» gli disse.
«Non sarà necessario.» sorrise. «Il tempo di trovarlo e saremo di ritorno.»
Kairi abbassò lo sguardo sconsolata.
«Già…» sussurrò più a sé
stessa che a lui, tremò e per un momento non scoppiare ad urlare
fu tremendamente difficile; ma poi si riprese e sorrise, un sorriso
debole, ma pur sempre un sorriso. Gli mostrò la benda che aveva
portato di uno squillante azzurro elettrico.
Riku rise. «Wow.» esclamò divertito.
«Ho pensato che visto che non sei più
in missione e non devi confonderti con loro tanto vale essere allegri,
no?»
«Un bel pensiero, sarò sicuramente alla moda.»
Finalmente Kairi rise davvero e quello quasi lo ripagò di tutto. «Pronto?»
«Te lo riporterò.»
Il suo sorriso fu l’ultima cosa che vide prima
che il buoi piombasse su di lui. «So che lo farai.»
Kairi lo guardò addentrarsi
nell’oscurità filamentosa del corridoio oscuro appena
aperto, si morse il labbro incerta e spaventata. Era di nuovo sola. Si
frugò nelle tasche della gonna e tirò fuori il
portafortuna di conchiglie fatto anni prima, rise: non aveva portato
poi così tanta fortuna. Questa volta Sora non aveva nessun pegno
da riportare, si era dimenticata di dargli qualcosa a cui aggrapparsi,
se qualcuno avesse cercato di portargli via il proprio ricordo. Lo
strinse tra le mani poi contro il petto, non riuscendo ad impedirsi di
piangere.
«Ti prego, Sora, torna da me.»
Sora aprì gli occhi nel letto di Axel con il profumo di
salsedine nelle narici. Kairi sembrava tanto vicina da poterla
accarezzare. Avrebbe dato qualsiasi cosa perché, girandosi,
potesse trovarsi davanti il suo faccino addormentato; si sarebbe
avvicinato a lei con calma, la avrebbe abbracciata piano per non
svegliarla e se la sarebbe stretta addosso, godendosi la pace che gli
dava il suo contatto.
Ma sdraiato accanto a lui c’era Axel.
E nella sua testa solo la stucchevole e melensa adorazione di Roxas.
Quella mattina Sora voleva tornare a casa.
«Tutto bene?» gli chiese Lea, lanciandogli un’occhiata.
Sora annuì senza pensarci davvero. «Perché?»
L’uomo sbadigliò. «Sei sveglio e
non hai ancora iniziato a fare casino.» il che era davvero un
evento sconvolgente.
Sora rimase zitto per un lunghissimo momento, gli
sembrava quasi che la sua risata fosse nell’aria trasportata dal
vento. Alle Isole del Destino aveva sempre l’impressione di
poterla sentir ridere a chilometri di distanza, sarebbe successo anche
da lì? Sospirò cupo, dubitava che in quel momento Kairi
fosse felice.
«Nostalgia.» confessò infine.
«Di casa?»
Sorrise triste. «Casa è dove è Kairi.»
Lea si girò per poterlo guardare, era
immobile con le braccia incrociate dietro la testa, fissava il soffitto
come se lei fosse lì. Quella mattina non c’era niente di
Roxas in lui: era talmente soggiogato dalla malinconia per
l’assenza di quella ragazza, da dimenticarsi di tutto il resto.
«Trasferitevi qui.» era un’idea folle, lo sapeva anche da solo.
Sora gli lanciò un’occhiata ironica.
«E che faccio? Sto una settimana con te ed una con lei?»
gli domandò sarcastico. «In ogni caso, non credere che
farei sesso con te.»
Lea sbuffò. «Sesso, come se si fosse
mai trattato solo di quello.» borbottò tra sé.
«Kairi ti manca per il sesso?»
Il ragazzo si coprì il viso con le mani
disperato. «Ok…» annuì guardandolo.
«adesso vado da lei e le dico ‘Kairi, ci trasferiamo a
Radiant Garden, perché a giorni alterni devo essere il ragazzo
di Axel. No, tranquilla, non faremo sesso, perché lui lo ama
davvero.’» si strinse nelle spalle. «Mi uccide.»
«Oh, ti prego!» sbottò. «Miss bontà non ucciderebbe nemmeno una mosca.»
Questa volta fu il turno di Sora di ridere.
«Probabilmente no. Ma mi odierebbe, forse sono l’unico che
riuscirebbe ad odiare davvero.»
«Nah…» Lea si tirò su e
recuperò una maglietta da infilarsi. Roxas si era di nuovo
abituato alla sua fisicità mezza nuda e non si lasciava
più sconvolgere, anche se tutte le volte lo obbligava a fissarlo
morbosamente catturandone ogni dettaglio. «ti
ama.»
«Già…» e Sora era sicuro
che questo fosse il motivo principale per cui l’avrebbe odiato,
sarebbe riuscita in qualche modo ad incanalare tutto l’amore e
trasformarlo in odio.
Qualcuno bussò alla porta e Sora si
voltò in quella direzione curioso, da quando era lì, non
era mai venuto nessuno, ma infondo, quel giorno Lea non andava a
lavoro, forse i suoi amici non venivano a trovarlo perché li
vedeva lì. L’uomo si alzò tranquillo, dirigendosi
con passo strascicato verso il soggiorno.
«Sarà Aeris, è l’unica a venire.»
Ma quando aprì la porta si rese conto del suo enorme errore di valutazione.
Riku lo squadrò tutto a bocca aperta per lo
stupore, come se si trattasse di un fantasma ed in realtà non
riusciva ad immaginare niente di più vicino ad un fenomeno
paranormale. Quello…quello era Axel. Anche l’uomo gli
sembrò in difficoltà, impacciato, aveva interrotto
qualcosa.
Sora aveva Roxas dentro la testa.
Fissò i suoi occhi verdi alla ricerca di indizi.
E Roxas amava Axel.
Sgranò gli occhi per la sorpresa, fissando
alle sue spalle due piedi sul suo letto, due piedi inconfondibilmente
grandi.
Riku spostò Axel dalla porta ed entrò
come una furia, l’uomo non fece niente per trattenerlo, lo
guardò soltanto dirigersi verso la sua camera da letto,
chiedendosi se si sarebbe trovato nelle condizione di dover dividere
due stupidi ragazzini che litigavano.
Era già successo.
Sora sobbalzò tirandosi su a sedere come se
lo avesse sorpreso a fare qualcosa di straordinariamente sbagliato,
perché negli occhi di Riku c’era un’accusa di alto
tradimento: se avesse consegnato re Topolino ai Nessuno, legato ed
imbavagliato, era sicuro che l’avrebbe guardato nello stesso
modo. Il suo amico non disse niente, lo studiò tutto e lui
cercò di mantenere un’espressione neutra, perché
sapeva quanto bravo fosse a leggerlo. Quando tornò ad osservare
i suoi occhi, era disgustato.
«Ma che diavolo stai facendo?» sbraitò.
Il ragazzo si alzò a disagio. «È
complicato.» mormorò piano, non c’era altro che
potesse dire.
«Le hai detto che venivi per la tomba, non
per…» lanciò un’occhiata fulminante al
padrone di casa. «per spassartela con lui.»
«Cosa?!» Sora guardò prima Lea
poi Riku, realizzando quello che stava insinuando. «Io…no!
Come puoi credere che lo abbia fatto?»
«Cosa dovrei credere?»
Gli si avvicinò. «Sono venuto per la
tomba, ti giuro che non ne sapevo niente! L’ho incontrato mentre
andavo alla cava.»
«Ok…» Riku si massaggiò le
tempie, sospirando. «sai che c’è? Non mi
interessa.» studiò la camera di Axel attento, individuando
i suoi vestiti e lo zaino con cui era partito. «Il mio compito
è riportarti a casa. Quindi, racimola le tue cose ed
andiamo.»
Sora guardò Lea, in piedi appoggiato allo
stipite della porta e realizzò che non aveva mai smesso di
tenere gli occhi su di lui. Voleva davvero tanto andare a casa, fingere
di non averlo visto, ricominciare ad ignorare Roxas. Ma ora erano
cambiate tutte le carte in tavola, lo sapeva.
Sora…
Spostò lo sguardo su Riku, poi abbassò
gli occhi sui suoi piedi e pensò a Kairi. Pensò
tantissimo a lei, così tanto che quasi riusciva a vederla
lì. «Non posso.» sussurrò a capo chino.
Silenzio.
«Come?!»
Non c’era un come, non c’era nemmeno un
perché. Non poteva farlo. Lui e Roxas condividevano un corpo, se
se ne fosse andato avrebbero condiviso la tristezza della separazione;
il suo dolore avrebbe sopraffatto ogni altra cosa, proprio come quella
mattina Roxas non era riuscito a penetrare nelle sua testa per la
nostalgia di Kairi. Non sarebbe riuscito ad amare Kairi tutto perso
nell’assenza di Axel.
«Prima non sapeva che fosse vivo e pensa a
quanto mi finiva…» scosse la testa. «non
riuscirò a vivere.» fissò Riku deciso. «Ho
bisogno di tempo, devo mettere a posto le cose.»
Riku nemmeno ci pensò. Allungò un
braccio, aprì il pugno e scaraventò Sora contro il muro
con la barriera oscura. Il comodino accanto al letto di Axel si
spaccò ed il ragazzo ricadde tra i pezzi di legno, tossicchiando
per la botta alla schiena; in due giorni aveva preso più mazzate
da gente che doveva essergli ‘amica’, che in due anni dagli
heartless.
«Non puoi continuare a sparire!»
urlò. «Non puoi continuare ad abbandonarla su
quell’isola con la promessa del tuo ritorno! È troppo
speciale perché tu possa continuare a trattarla
così…» il keyblade gli apparve automaticamente
nella mano, guidato dal suo tormento, non credeva di poterlo fare
ancora. «Io non te lo permetterò!»
Fece per colpirlo, non mirava ad ucciderlo, cercava
solo di seguire il piano – ‘se non viene di sua spontanea
volontà gli do una botta in testa e lo chiudo in un sacco’
– ma l’unica cosa che colpì, fu l’incrocio
creato dal keyblade di Sora e quello di Roxas che lo respinse,
facendolo barcollare all’indietro.
Il ragazzo si alzò lentamente. «La amo
anche io.» disse con decisione e Riku scattò
all’indietro come se gli avesse dato un pugno: Sora sapeva. Poi
il ragazzo lo fissò furioso. «Smettila di credere di
essere l’unico ad amarla!» gridò. «Tutto
questo è colpa tua! Non sono io che volevo girare i mondi, io
volevo stare con lei, darle il frutto paupou e vivere sulle Isole. Sei
stato tu ad aprire la porta!» i keyblade iniziarono a brillare
nelle sue mani, come se stessero diventando incandescenti e Riku
pensò che quella era una cosa decisamente da keyblade master.
Si acquattò, rigirandosi la sua arma tra le mani pronto a parare e contrattaccare.
«BASTA!» Lea si mise in mezzo impedendo loro di uccidersi a vicenda. «Tutti e due!»
E tutto si fermò.
Riku guardò Axel ad occhi sgranati: lo aveva già visto accadere e lui lo sapeva.
C’era Roxas, era in un cimitero e combatteva
con qualcuno troppo forte per lui. Qualcuno che non riusciva a
riconoscere, perché se lo avesse fatto non avrebbe mai potuto
nemmeno fingere di ucciderlo. Stava per intervenire, perché
Roxas non doveva assolutamente morire, ma Axel riusciva a precederlo ed
a dividerli.
Fece un passo indietro confuso. «Lui…» sussurrò.
«No…» Axel scosse la testa. «Lei.»
Si prese la testa tra le mani, mentre flash di
ricordi che non riusciva a riordinare gli passavano davanti: gli occhi
blu di Sora, il sorriso di Kairi, capelli neri. Un fantoccio.
‘Parlami di Sora e di quella ragazza che è sempre con lui…’
«Xion.» tutti e due guardarono Sora
sorpresi, lasciò andare le else delle chiavi che scomparvero,
per poi stringersi nelle spalle indifferente. «Lei si chiamava
Xion.»
Ed io l’ho uccisa. – Sora percepì l’orrore nella voce di Roxas. – Io non volevo sparire…lei era mia amica…ma lei era te…
Non c’era modo di fare chiarezza, i suoi
ricordi riguardo a quella ragazza erano frammentari e poco chiari. Odio
ed affetto si mescolavano ed intrecciavano, creando un sentimento nuovo
quanto indecifrabile.
Lei era stata creata.
‘Come?’
Non lo so. Da me, da te…tutti insieme formiamo te.
Sora chiuse gli occhi. Si fermò, si
estraniò da tutto. Aveva perduto il cuore e
dall’oscurità che era entrata in lui era nato Roxas; gli
avevano rubato i ricordi per sfruttare il potere del keyblade,
finché Naminè non li aveva traditi; avevano creato Xion
con i suoi ricordi.
Quando li riaprì tutti e due lo stavano
osservando con attenzione, incerti sul da farsi, preoccupati che si
trattasse di uno di quei momenti molto alla Sora – o alla Roxas
– in cui dimenticava pezzi di sé – o li ricordava.
Ma lui sorrise ed a Riku vennero i brividi, mentre Axel spalancava gli
occhi per paura della speranza.
«Xion.» ripeté come se fosse una formula magica. «Hanno creato Xion.»
Kairi continuava a tenere gli occhi fissi sul tramonto davanti a lei.
Quando sentì il familiare ed allo stesso tempo esotico rumore
della gummi ship che atterrava dietro di lei, accompagnato da una
leggere brezza che le scombinò i capelli, nemmeno si
voltò: Sora non c’era. Non aveva mai creduto davvero che
sarebbe tornato. Naminé non era una sciocca.
«Kairi.» la chiamò Riku rammaricato.
Si asciugò svelta il viso con le mani e
quando si girò stava sorridendo, ma era impossibile credere che
fosse un sorriso felice. «Ha trovato il motivo, immagino.»
Il ragazzo abbassò lo sguardo in
difficoltà. «Abbiamo bisogno di te e di…»
deglutì. «lei.»
Kairi scosse la testa, indietreggiando di un passo, finendo con i piedi in acqua. «No.»
«Mi ha mandato a prenderti.» continuò allungando il braccio per porgerle la mano.
«NO!» gridò lei stringendo i pugni. «Non posso farlo. Non voglio farlo.»
Riku sospirò, si era offerto di andarla a
prendere perché Sora aveva ragione: tutto quello era colpa sua,
il compito peggiore spettava a lui. «Ho visto Axel.» la
fissò. «Se lo trascini qui ora, senza
aiutarlo…» lui non avrebbe retto il senso di colpa,
ricordavano tutti e due quanto lo stesse logorando anche prima. Le
notti insonni, gli incubi, i discorsi deliranti con sé stesso.
«non può vivere con lui.»
Kairi deglutì ed il suo viso si tirò
in un sorriso amaro. «Se è per questo non può
vivere nemmeno senza di lui.»
perchè anche se sembra che tiri giù i titoli a casaccio, non è così...
uff...si, lo so...ma alla fine secondo me funziona...
cmq...vi ho già detto che questo capitolo mi piace?
ed a voi?
baci
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