Il tempo di lavarsi i denti

di CherryPoppins
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Passano i mesi, e si infilano l’uno dentro l’altro come i calzini quando li arrotolo prima di riporli, che non si capisce dove inizi uno e dove finisca l’altro. Passano, e io mi sento piena di questa storia, e dei sentimenti che provo per te. E anche quando mi dico che ti picchierei con violenza su quel tuo muso strafottente, in fondo sono tranquilla, rilassata, e sono così coinvolta da tutto questo che un dubbio è solo una domanda, e dura giusto il tempo di porla a me stessa. 
Ogni delusione è riparabile, ogni parte di me che rompi è sostituibile, ogni volta che mi ferisci ho un cerotto pronto da appiccicare. Per tutto questo tempo, non ho davvero sentito DOLORE. Mai. Come se, anche quando ti sbattevo fuori di casa, fossi conscia che era solo un rodaggio. Era normale.
Poi, l’altra mattina, tu eri nudo sul mio letto in mezzo alle lenzuola arancioni e io sono andata in bagno che ti amavo.
Il tempo di una spazzolata ai denti, ed ho sentito male, da qualche parte in mezzo allo stomaco. Se c’erano delle farfalle, credo che in quel preciso istante siano morte. E non perché io abbia pensato che merito di più, che non devi permetterti di trattarmi in un certo modo o cose così.
Semplicemente, ti guardavo nudo e tu guardavi me e io sentivo che davanti a me c’era UN’ALTRA persona. Che non era la parte mancante di un noi. Era un ALTRO, come tutti gli ALTRI.
E non ti amavo più. E non mi chiedevo più se tu mi amassi o no. Il tempo di lavarmi i denti, e quando mi hai chiesto “Che hai?” ti ho risposto “Nulla”, e da una lacrima che non è scesa ho capito che non ci sono domande alle quali rispondere. Le farfalle non muoiono sfrante dal logorio. Muoiono come un quadro che si stacca senza preavviso.
L’amore, se è amore, non lo uccide l’abitudine.
Vedi?  Il nostro è morto per un inaspettato, improvviso, fulmineo ictus.
Povere farfalle.





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