SETTE
SFERE
*
Capitolo
unico
*
La signora
dai capelli biondi inveiva contro la figlia perchè anche
questa volta non aveva sistemato la propria camera da letto come le
aveva chiesto.
“La
tua stanza è un porcile!” Esclamò dopo essere
inciampata per l'ennesima volta a causa di un robot lasciato in mezzo
alla strada.
Staccò
con un gesto secco della mano alcuni pezzettini meccanici, tra i
quali anche un paio di bulloni, che le erano rimaste attaccati alla
gamba nuda.
Bulma dal
canto suo non le diede retta, troppo impegnata a lavorare al progetto
di scienze, la sua materia preferita.
Frequentava
il terzo anno del liceo di Orange nella Città dell'Ovest,
spiccava in tutte le materie, tranne in ginnastica, a lei piacevano
quelle dove bisognava scervellarsi, non quelle dove ci si doveva
cimentare con la propria forza, tanto, in caso di bisogno ci avrebbe
pensato il suo principe azzurro a salvarla.
“Ma mi
stai a sentire?” Urlò sua madre attirando su di se gli
occhi dei vicini impiccioni che non nonchalance improvvisamente
dovevano stendere i panni al sole.
La ragazzina
alzò la mano destra ed iniziò a muoverla “Si si,
ti sento benissimo, forse anche quello dall'altra parte della strada
ha captato le tua urla” Disse calma indicando fuori dalla
finestra l'uomo che stava portando il cane a fare una passeggiata.
La madre
sospirò e si sedette vicino a lei “Cosa devo fare con
te?” Chiese con tono rassegnato.
Bulma alzò
le spalle “Niente!” e la guardò negli occhi
“...anzi, potresti uscire da qui? Mi stai distraendo!”
Rispose con tono sgarbato illudendo per qualche secondo la madre.
La bionda
signora offesa si alzò dalla sedia di legno “Bene! Da
oggi sei in punizione! Non uscirai di casa per una settimana”
“Bene
tanto devo finire il progetto, non me ne sarei andata lo stesso”
Replicò sempre con lo sguardo rivolto verso il computer.
“Ma
non ti darò il permesso di finirlo! Ora vieni con me e
sistemerai la cantina!” Ordinò facendo svolazzare lo
straccio grigio che teneva in mano.
La ragazza
dai capelli turchini sobbalzò, aveva sempre avuto paura della
cantina, un luogo buio dove suo padre teneva le invenzioni mal
riuscite e i rottami.
Ebbe un
flash di quando lei aveva sei anni e scese in cantina perchè
il suo pallone era finito lì attivando per sbaglio un robot
che andò in corto circuito incendiando la stanza.
Purtroppo la
porta dietro di lei si chiuse e rimase intrappolata, solo
l'intervento tempestivo del padre riuscì a portarla in salvo.
Da qual
giorno Bulma non era più scesa in quel “lugubre”
luogo.
“No la
cantina no ti prego! Farò tutto quello che vuoi!” La
implorò piangendo.
“Bulma!
Mi sono stancata delle tue non
promesse! Andiamo” E la costrinse a seguirla contro la sua
volontà.
*
Bulma
percorreva i lunghi corridoi della Capsule Corporation scortata dalla
madre, sembrava un condannato a morte che sta andando a scontare la
sua pena.
La luce del
sole che rischiarava le finestre si rifletteva a tratti nel suo volto
ansioso.
“Arrivati”
Disse la signora Brief aprendo la porta d'acciaio che sembrava più
piccola dell'ultima volta che la ragazza l'aveva vista.
Accese anche
la luce dal pulsante distante una decina di centimetri dall'entrata.
“Mamma...”
Proferì con voce flebile.
L'espressione
del suo volto era duro e deciso, qualsiasi cosa le avrebbe detto la
figlia non l'avrebbe mutato, ne aveva abbastanza della sua
insubordinazione.
“Niente
mamma, tieni” Le consegnò in mano un secchio con
dell'acqua calda e uno straccio prima di girare i tacchi e
ritornandosene alle quotidiane faccende domestiche.
*
Deglutì
rumorosamente prima di entrare nella stanza, fece un gran respiro e
si fece coraggio.
“Coraggio
Bulma, fai vedere che non hai paura!” Si disse tra se e sé.
Mise il
piede destro sul primo gradino di legno che cigolò facendola
retrarre subito, non urlò dalla paura, anche perchè non
l'avrebbe ascoltata nessuno, oppure avrebbero fatto finta di non
sentire.
Un altro
sospiro e di nuovo il piede destro sul gradino che questa volta non
emise nessun suono.
Scese pian
piano le scale, ma ad un tratto inciampò ruzzolando giù
per la scalinata sollevando della polvere, quando si fermò si
alzò con una gamba dolorante e tutta bagnata perchè il
secchio le era caduto in testa.
“Ci
mancava solo questa!” Poi imprecò qualcosa di
incomprensibile.
“Guarda
qua, sono tutta bagnata!” Si lamentò guardandosi attorno
notando che molti robot erano spariti, suo padre aveva già
fatto metà del lavoro liberandosene, sarebbe bastato togliere
un paio di ragnatele e spolverare.
Doveva prima
però cercare un asciugamano o qualcosa di simile per
asciugarsi se non voleva prendere un malanno, trovò lo
straccio che le doveva servire per spolverare appeso alla ringhiera e
se lo mise in testa come fosse un turbante.
Lo sguardo
cadde nel sottoscala dove c'era qualcosa che luccicava.
Attirata da
qual bagliore, spostò alcuni scatoloni che riportavano il
marchio della sua azienda e vi ritrovò una sfera arancione un
po' più grande della sua mano, con all'interno una stella
rossa.
“Wow!”
Esclamò “Chissà cos'è!” Si chiese
studiandola ad occhio nudo, poi improvvisamente si ricordò che
in un libro della biblioteca personale di suo padre c'era qualcosa in
merito.
*
Non perse
tempo e risalì le scale prima della cantina e poi scese per
andare nei laboratori.
“Ciao
figliola!” La salutò il padre felice vedendola arrivare.
“Ciao
papà non ho tempo adesso” Rispose frettolosa non
fermandosi.
“Sempre
di corsa quella ragazza!” Esclamò ritornando a lavorare
al progetto.
Arrivata
davanti l'altissimo scaffale del mobile, prese la scala e cercò
il volume che le interessava “Leggende
di altri mondi”.
Sfogliò
le pagine così velocemente che per poco non ne strappò
una.
“Eccole!”
Sussurò guardando il disegno di sette sfere di fattezze
identiche, ma che si differenziavano solo dal numero di stelle al suo
interno.
“Vediamo
cosa dice...” La turchina s'immerse nella lettura.
“Si
narra che il possessore di queste sette sfere abbia la possibilità
di invocare il maestoso drago Shenron e di esprimere al suo cospetto
un desiderio” “Mmm...potrei
sempre chiedergli di farmi incontrare il principe azzurro”
“...una volta espresso il desiderio, le
sfere si trasformeranno in pietra e si disperderanno in vari punti
del pianeta” “...prima però
bisogna trovarle...potrei sempre costruire un radar!”
Chiuse il
libro così veloce da far uscire un po' di polvere e farla
tossire.
*
Andò
in laboratorio e approfittando di un momento di distrazione del padre
prese alcuni strumenti tra i quali bulloni, chiavi inglesi, fili
elettrici, batterie e altro che le potesse venire in mente e che le
servisse.
Si impadronì
anche di una vecchia bussola, se doveva creare un “radar cerca
sfere”, quello strumento era adatto.
Ritornò
in cantina, in quel luogo avrebbe lavorato tranquilla senza che
nessuno la disturbasse, e per quel nessuno s'intende sua
madre.
Iniziò
smontando la bussola togliendo il meccanismo, e ci lavorò
circa due ore, una volta completato sarebbe stato il momento di
provarlo.
“Niente!
Non si accende” Disse pigiando il pulsante in cima “...già
che stupida mancano le batterie” Una volta inserite il radar
iniziò a funzionare.
“E ora
che cosa ti prende? Perchè non segnali la sfera che ho qui?”
Bulma si stava per mettere a piangere, aveva lavorato tutto quel
tempo per nulla.
Nel
frattempo di dott. Brief, suo padre, lasciò il laboratorio,
erano le otto passate e la pancia iniziava a brontolare.
Prima però
passò a dare un'occhiata alla figlia e a come se la stava
cavando in cantina, se aveva superato la sua paura.
“Come
va figliola?” Chiese affacciandosi alla porta.
“AHHHH”
Bulma lanciò un urlo di disperazione facendo precipitare suo
padre giù.
“Cos'è
successo?” Chiese notando il disordine di bulloni, cacciaviti,
disegni, sparsi per tutto il pavimento.
“Non
riesco a farlo funzionare” Rispose indicando la bussola “...lo
sto realizzando perchè quest'estate volevo partire per un
viaggio alla ricerca di queste sfere” Spiegò indicando
l'oggetto arancione.
“Ah
si! Questa è una sfera del drago, si dice che...”
“Si lo
so cosa si dice” Lo interruppe “...voglio solo far
funzionare questo affare”.
Il dott.
Brief portò al mento due dita ed iniziò a pensare e a
studiare l'operato della figlia.
Accese e
spense la bussola, perfino la smontò per vedere da quali parti
meccaniche era composta.
“Per
forza non ti indica la sfera” Esclamò attirando
l'attenzione della figlia che stava quasi per addormentarsi.
“Non
hai caricato le mappe!” Spiegò sistemandosi gli occhiali
e iniziando a dar via il processo per l'installazione grazie ad un
computer trovato lì tra gli scaffali, fortunatamente ancora
funzionante anche se datato.
“Papà
sei un genio” Disse andandolo ad abbracciare.
*
Il momento
era particolarmente delicato, deglutì rumorosamente e
lentamente premette il pulsante in cima, come se dovesse disinnescare
un ordigno esplosivo, il BIP che uscì dall'aggeggio
risuonavano come parole di speranza, ora finalmente Bulma, sarebbe
partita per realizzare il suo sogno e per scrivere la storia come la
conosciamo.
*
FINE
*
Ciao
a tutti cari lettori, grazie per essere arrivati alla parola “fine”,
vi sarò grata se mi farete sapere cosa ne pensate.
p.s.
Non ricordo bene quante stelle avesse la sfera di Bulma^^
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