Highways of memories
Infine
calò
la sera, sul sipario color porpora.
I
primi applausi arrivarono dalle prime file, insieme al tintinnio di
pinte traboccanti di Foster’s.
La
sala riprese a respirare, la gente a vivere. Tutti squittivano come
topi, allegri e spensierati in quella fredda giornata di fine
Novembre.
Rain
stava seduta
infondo al locale, le mani tremolanti ancorate sul
grembo. Teneva il capo chino, lasciando ai suoi lunghi capelli il
compito di
nasconderla da sguardi indiscreti.
Lei
non credeva affatto
in quelle stupide dicerie sull’importanza
dello sguardo, non più da quando le avevano detto di
nascondere i suoi occhi.
Troppo grandi e disarmanti, difficili da sopportare. Perché
in verità, la gente
aveva paura di quella valle caramellata che nascondeva dietro le
palpebre di
ciniglia.
Perchè
Rain
nascondeva l’anima.
Ed
era diventata
così brava nel farlo che quella sera, nessuno si era
accorto di lei.
La
serata proseguiva in equilibrio, tra un’esibizione e
l’altra.
Tra una voce che graffiava il cielo e un’altra che
distruggeva i timpani. Ma la
gente rideva, scherzava, viveva. Non perdeva tempo dietro la
malinconia, perché
di tempo non ce n’era e neppure di spazio, in quella stanza
dal sapore dolciastro,
dove i corpi erano ammassati l’uno all’altro,
dietro tavolini in mogano nero.
Eppure
Rain era riuscita
a riprodurre la sua bolla anche in mezzo a
tutti quei respiri. Invalicabile come quello che ci nascondeva dentro.
Nessuno
si era accorto
di quella ragazza nascosta all’angolo del pub,
dietro un bancone pieno di liquori e un barista pacioccone.
O
forse qualcuno
c’era.
Quando
le porte del
locale si spalancarono, l’aria gelida non fu
l’unica
a entrare. Dietro un cappellino di lana nero e un paio di occhiali
scuri si
nascondeva un ragazzo, dalla pelle adamantina e lo sguardo perso.
Rain
era troppo occupata
a rinforzare la sua bolla per accorgersi del
nuovo arrivato, ma lui, al contrario, quella ragazza
dall’aspetto stellare l’aveva
notata immediatamente. Il ragazzo sorrise trionfante, avvicinandosi con
passo
lento verso di lei.
«Questo
posto
è occupato?» Domandò con una voce
capace di disintegrare
tutto il firmamento.
Rain
tremò
sotto gli strati di epidermide coperti dal maglione blu che
indossava.
E
quando
sollevò lo sguardo e incontrò il suo viso, stanco
ma rasserenato,
non poté fare altro che annuire.
Robert
si tolse gli
occhiali, e lasciò che la cascata che tratteneva
sulle iridi scivolasse addosso alla bolla di Rain, demolendola.
«Secondo
te
quanta strada ho dovuto percorrere prima di trovarti?» Le
chiese con l’anima che danzava per la troppa
felicità.
«Una
vita.»
«Una
vita sola
non basta.» Sorrise, stringendo forte la mano di lei
tra le sue. «Erano tantissime, un’autostrada piena
di ricordi.»
Lei
gli permise di
leggere la sua anima, di scovare dentro i suoi
occhi, l’immagine di lui che non era mai riuscita a
cancellare, anche se in
questa vita non l’aveva mai sfiorata.
Si
erano cercati
così tante volte e altrettante volte si erano
sfiorati senza mai riuscire a toccarsi davvero. E anche se Rob in
questa vita
era una Stella, non solo per Rain, ma per il Mondo intero, entrambi sapevano che
c’era
qualcosa di lui che viveva davvero solo in
lei.
Chiedo venia per la prolungata
assensa. Con questa breve storia -che tale neppure si può
definire- racconto la storia di Rain e Robert due anime perse che si
ritrovano dopo tanto tempo.Niente
parole superflue tra di loro, perchè è bastato
solo uno sguardo per capire di averlo/a trovato/a.
C'è tanto di me in
questo breve racconto, per favore gente
non annientatemi, non riuscirei a sopportarlo.
Scrivere di lui è
così semplice, anche se io non
sono Rain e neppure Eve, ma chi lo sà, magari tra le due io
sono quella di cui ha più ricordi...
Vi abbraccio forte forte.
Sophie.
|