.A
Marty, perché sì. Perché non posso non
ringraziarla di tante, troppe cose. Perché ogni tanto i
fiumi di miele li posso
scrivere anche a lei.
Something
Caro
George,
non
so come cominciare.
Non
sono io quella che ti deve scrivere una
lettera.
Dev’essere
tua moglie, tuo figlio, un tuo
caro amico, a farlo. A scrivere parole che no, non spedirà
mai, perché il
destinatario un indirizzo preciso non ce l’ha più.
O forse ce l’ha, ma le poste
dell’aldiqua non sanno mettersi in comunicazione col posto
dove sei tu,
qualunque esso sia.
Che
poi, George, io sono anche scema.
La
data è sbagliata, lo so. Sei.... Sei
andato a Pepperlandia dieci anni ed un giorno fa, non oggi.
Ma
non riuscivo a scrivere, ieri. Non mi
venivano le parole e si ingarbugliavano attorno alla tastiera e non ne
veniva
fuori nulla se non un insieme di frasi stonate, non armoniche.
Tu
sei morto il giorno dopo il mio
compleanno. Non ci potevo credere, quando la mia
amica (che, tral’altro, ti saluta tanto anche
se non sa che ti scrivo), me l’ha detto. Lunedì,
quando si è spenta la
mezzanotte dei miei quattordici anni, ho pensato
“è il 29 novembre”.
E la
mia mente, sul suono delle campane
della chiesetta davanti alla mia finestra, è corsaa te. A
tutti gli album che
ho sull’ipod, quelli dei beatles oppure i tuoi da solista.
Con
la mia amica ci passavamo le canzoni su
msn, ed era un ridere commentarcele a vicenda, sentirle e parlarne.
Poi
ho pensato a quando siamo andate,
insieme, a Milano e lei cercava i tuoi CD.
Ed
io, col tono angelico: “È uno sfigato,
è
uno sfigato.”
Ma
non è vero, George. Non l’ho mai
pensato, odio chi sottovaluta te e Ringo rispetto a John e Paul
(cioè, John è
il mio preferito, ma non per questioni di bravura).
Eri
il chitarrista dei Beatles. Cioè, tu e
John eravate i chitarristi.
Ma
John è il mio amato cantante, da Beatle
o da solo. Perciò, tu sei il mio secondo Beatle preferito.
Che
Paul e Ringo mi sono simpatici, ma a
volte nelle loro canzoni non trovo niente, a volte mi strappano il
cuore,
ma.... Se proprio devo fare una classifica, tu avresti la
“medaglia d’argento”.
Ma
che cavolo te ne frega, George, di
questo?
Non
lo so.
Mia
mamma mi rimprovera per una verifica di
tedesco andata così così ed io ho voglia di
piangere, stasera.
Che
mi son rifugiata nello schermo
immacolato di word per pensarti, scriverti, riflettere sulle tue
canzoni.
Come
sarebbe stato bello andare ad un tuo
concerto. Con Martina, l’amica di cui ti parlavo prima.
Lei,
di te, è innamorata davvero. Ed anche
se ieri ne abbiamo parlato poco, troppo poco, le note delle tue canzoni
aleggiavano nell’aria, in quel nostro piccolo spazio
telematico ch’è diventato
un rifugio, una specie di bolla dove possiamo dirci tutto ed a volte
scappare,
da quel mondo che ci fa sgranare gli occhi e dire
“basta”, oppure ci stupisce e
ci fa sorridere.
E le
ho detto che ero stanca, solo per
correre a scrivere. Ma lei mi perdona, lo fa sempre.
Domenica
ho visto Paul in concerto, Gee. Ti
ha omaggiato, come al solito, con Something.
Che
io l’adoro, lei. Ed al momento delle
prime note ho urlato “George”, incurante degli
sguardi di tutti.
Perché
non c’è cover di Something che
tenga. Quella canzone è meravigliosa, ed è tua.
Ti
immagino lì, a Pepperlandia. Seduto con
John e Linda, ed anche Maureen.
Riderai,
probabilmente, insieme a Lennon di
tutte le lettere, le dediche, i disegni che han fatto le tue fan. E fra
poco
sarà di John, il turno di ridere (e, giuro, di me
riderà tanto) per i fiumi di
miele che siam capaci di elargire, noi innamorate di un Beatle.
Sarai,
probabilmente, in compagnia della
tua “chitarra gentile”, che mi manca tanto, oggi.
Perché sono usciti accordi
memorabili. E chi osa dire che Jimy Endrix era un chitarrista migliore
di te,
non ha capito niente. Forse, ma proprio forse perché io di
chitarre capisco
poco, oggettivamente lo era. Ma... Non ti si può paragonare
a nessuno, George.
A
volte ho nostalgia di te e di John terribilmente.
Più John, a volte, ma solo
perché io con lui ho un rapporto speciale.
Eppure
io, per un tuo concerto, darei
qualsiasi cosa. Per sentire la tua save the world, di cui sono
innamorata, dal
vivo.
E per
ballare con la mia amica, per vederla
piangere e sorridere insieme, che lei è capace di fare anche
questo, per te.
Che
lei una lettera non se l’aspettava, non
a te perlomeno.
Eppure
io ti scrivo, Gee.
Anche
se mi ero ripromessa di scrivere per
la prima volta nel fandom parlando di John, ti scrivo comunque.
Perché, di
tant’intanto, io le mie promesse non le mantengo.
Manchi,
George. Manchi a tante persone, e
credo tu lo sappia.
Manchi
ad una ragazzina troppo bionda che
ha scoperto i Beatles da pochi mesi e li adora. Che io, quando ho
sentito here
comes the sun, mi sono commossa, George.
È
finita, questa lettera. Smettila di
ridere, per carità.
Ora...
Sappi che ti voglio bene, per quanto
se ne possa volere ad un idolo che non si conosce, ma che si sogna e di
cui si
scrive. E salutami John, ti prego.
Ceci
Memphis’s
space (almeno le mie note
dell’autrice, le dedico ad Elvis):
Una
piccola lettera per George Harrison.
Che
non è il mio Beatle preferito, e l’avrete
capito. Ma che mi manca, mi manca da morire.
Grazie
a Martina, ancora. Perché
è colpa o merito suo se ascolto i Beatles.
Grazie
a chi leggerà o lascerà un mezzo
commentino, anche se non lo merito.
Baci
Ceci
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