Iniziazione

di Graine
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Capitolo 4
Tenebre
 

 
 

Palermo, 23 novembre 2011 ore 22:50

 
 
L’oscurità sembra ingoiarmi, gradino dopo gradino.
La leonessa è dietro di me, sento i suoi passi pesanti che seguono, costanti, i miei e il suo respiro basso e nervoso è un monito a non lasciare che quel buio mi assorba in sé.
Lei sente il pericolo che io ancora non percepisco.
C’è qualcosa di diverso in quelle tenebre, di vibrante; è come se quel buio amorfo respirasse. E lo avverto con maggiore chiarezza a ogni passo, in questa discesa che ancora non accenna a terminare: l’oscurità è viva e mi osserva.
Aspetta.
Sarebbe così facile lasciarsi andare, semplicemente scivolare e riposare, forse per qualche secondo, forse per ore, senza più preoccupazione alcuna del dopo.
Riposo.
Questa la promessa di quell’oscurità viva.
Una promessa seducente e languida.
Riposo.
Seduce davvero, mentre avvolge le membra con una carezza fatta di veli impalpabili ma che fasciano stretti ogni centimetro di pelle. Come spire.
Quell’oscurità non ha bisogno di fare nulla, solo aspettare che chi la attraversi ceda alla sua promessa. Sa che accadrà, è successo tante volte che ormai ne ha perso il conto.
Promette la seduzione del riposo.
E aspetta.
Ed eccola, la minaccia. Un pericolo silenzioso che non si sente arrivare.
E sento le mie gambe stanche, gradino dopo gradino. Vengono avvolte da un torpore inconsueto che le fa piegare e vacillare, senza che io riesca a oppormi.
Ma io non voglio cedere, non così, non adesso.
Non quando ho ancora così tanto da finire, non prima di aver fronteggiato ciò che mi aspetta alla fine della scalinata.
Ed è un no.
Eppure non esce suono dalle mie labbra.
L’urlo mi è morto in gola. No, è morto nell’oscurità che ha assorbito ogni cosa, persino i suoni. E le mie gambe perdono le forze e scivolano giù, lungo i gradini che prima erano saldi, di sabbia eppure duri come pietra, e ora sembrano eterei come l’aria. E mi trascinano fra le braccia incorporee di quel buio vivo.
È un no, il mio, ma che nemmeno io riesco a sentire.
E il buio si protende verso di me.
Scivolo giù, senza appigli.
Solo il buio e il silenzio.
Ma è un no, il mio, e lo urlo nella mia mente.
È un attimo e poi un altro suono squarcia quella bolla che tutto aveva avvolto: un ruggito.
Afferro qualcosa con la mano, è morbido e caldo ma più saldo della roccia e mi ci aggrappo.
Poi un altro squarcio, stavolta nel buio, e due occhi gialli compaiono, luminosi e caldi, all’altezza dei miei.
Fisso quelle iridi e torno a sentire la solidità dei gradini sotto di me. Fisso quelle iridi e il gorgogliare dolce dell’acqua che scorre torna a farsi strada nelle mie orecchie. Fisso quelle iridi e vedo me stessa riflessa in quelle pozze gialle.
L’oscurità ritira le sue spire, come scottata.
La leonessa emette un verso basso, è un rimprovero per non essere stata attenta – Quanti errori si possono commettere, cercando se stessi? Quanto facilmente ci si può perdere per non aver intuito un pericolo? È alto il prezzo da pagare, per un errore simile – ma ora sono al sicuro, lei non mi ha lasciata andare e mi ha sentita urlare.
L’ambra che ho al collo è di nuovo calda sulla mia pelle e una luce tenue si sprigiona al suo interno.
La leonessa strofina il muso sul mio collo, con affetto.
Poi un bagliore, rosso e pulsante, in quel buio ormai innocuo e l’ambra inizia a pulsare anch’essa.
Mi alzo, ho gli ultimi gradini da percorrere.
Sono appena a metà strada. 




592 parole
 





Angolo autrice:
Non ho ancora bene le idee chiare su quanti capitoli conterà, in totale, ma sicuramente ci stiamo avviando verso la fine.
E lo so, anche in questo capitolo ho sforato, ma davvero questa sarà l'ultima eccezione. Dai prossimi starò davvero attentissima al numero delle parole.
La leonessa vi saluta.
Un bacio, alla prossima.

Graine





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