-Puoi
sentire la mia voce?-
Non valgono nulla mille voci, paragonate a quella
della persona che più conta per noi. E Mitsui lo scoprirà direttamente
sul campo da gioco.
[Shounen-ai - Mitsui x Mito]
Fanfiction classificata 3° allo "Slam Dunk Contest"
indetto da Babysonfire sul
forum di EFP
Nick: XShade-Shinra
Titolo: Puoi sentire la mia
voce?
Prompt scelti: #92. Tifo
Rating: Verde
Genere: Introspettivo,
Sentimentale, Sportivo
Personaggi ed eventuali pairing:
Yohei Mito, Hisashi Mitsui e la
partecipazione spirituale degli altri membri dello Shohoku. Mitsui/Mito.
Avvertimenti: Shounen-ai,
Retelling + Missing Moment/What if…?
Note: Ebbene sì. Il mio OTP in
Slam Dunk è la Mitsui/Mito. Un crack
pair bello e buono! Purtroppo i gusti sono gusti, e i miei sono
pessimi. XD
Le frasi in corsivo sono prese direttamente dal manga, come anche il
fatto che Mitsui tiri a canestro mirando verso il centro (capitolo 76).
La scena finale è tratta dal capitolo 98, ed è da lì che ho avuto
l’idea per la FF, unita al fatto che Mitsui, durante la partita contro
lo Shoyo, abbia tirato i tiri liberi nonostante la stanchezza.
Spero che questa piccola storia possa essere di piacevole lettura. ^^
Puoi sentire la mia voce?
«Shoyo! Shoyo! Shoyo! Shoyo!».
Un tifo sfegatato. Un tifo che, per i componenti dello Shohoku, non
lasciava quasi spazio ai pensieri, che opprimeva l’animo e che li
faceva sentire come degli ospiti sgraditi, incitati ad andarsene da
quella palestra dove si stava dispuntando la partita degli ottavi di
finale.
Per i giganti dello Shoyo, invece, quell’incitamento era pura ambrosia,
capace farli sentire ancora più forti e letali; come se si nutrissero
delle acclamazioni del pubblico e riuscissero a trasformarle in
energia.
In tutto quel baccano, però, c’era un giocatore dello Shohoku che era
riuscito a isolarsi da quell’incitamento per gli avversari e aveva
sbloccato la situazione di stallo nella quale versava la squadra,
riuscendo a segnare un canestro dopo quasi sette minuti dall’inizio
della partita.
«Mi dispiace, ragazzi, ma siete
troppo rigidi nei movimenti. In queste
condizioni, mi rifiuto di passarvi la palla», aveva detto
Rukawa, prima
di girare sui tacchi e tornare a predisporsi per il gioco, ignorando le
tre fan che erano venute appositamente a fare il tifo per lui con il
loro classico e intramontabile “Ma
che fico, mi ci ficco!”.
Era certo che un’onta del genere non sarebbe mai andata giù ai propri
compagni di squadra, e che sarebbe bastato quel commento incolore per
dare la giusta carica a quei quattro “baccalà”. La posta in palio era
troppo alta per potersi permettere il lusso di giocare in quella
maniera a dir poco vergognosa.
Come Rukawa aveva calcolato, le sue parole smossero finalmente la
squadra, che iniziò a giocare dando il meglio di sé.
Akagi ricoprì splendidamente il suo ruolo di centro, riuscendo
finalmente ad avere la meglio contro Hanagata; Miyagi sfruttò la sua
bassa statura per rubare palla agli avversari e dirigere il gioco, da
buon playmaker; Hanamichi, sebbene fosse ormai abbonato ai falli,
cercava di dare il massimo per farsi apprezzare da Haruko,
concentrandosi soprattutto sui rimbalzi; e, infine, c’era Mitsui.
Lui era tornato da poco nella squadra e, nonostante il brutale
pestaggio a Ryota e la rissa scatenata in palestra, tutti avevano
deciso di fidarsi di lui e di accettarlo come compagno di squadra –
grazie anche all’allenatore Anzai. Due anni di inattività, però, si
facevano sentire sul suo fisico e fortunatamente la vicinanza con il
suo amico Tetsuo non gli aveva trasmesso l’amore per le sigarette,
altrimenti avrebbe avuto il fiato ancora più corto.
“Devo assolutamente darmi da fare o da qui non ne usciamo!”, si disse,
mentre finiva di riprendere fiato dopo un time-out chiamato da parte
dello Shoyo.
Mancavano solo tre punti, e avrebbero finalmente raggiunto la squadra
avversaria.
“Mi basta un tiro da tre…”, pensò, mentre correva lungo il campo da
gioco. Nonostante quello che aveva sentito prima della partita, quando
era andato in bagno, il numero sei non lo stava marcando così stretto,
credendo forse che fosse ormai fuori allenamento.
“Sono un ex-MVP, e ce la farò”, si disse, come per darsi la forza
di continuare, per convincere se stesso che, nonostante iniziasse già a
sentire la fatica, nessuno sarebbe riuscito a fermarlo.
Ma c’era un particolare in tutto quello che lo metteva in agitazione,
più del tifo sfegatato del pubblico per gli avversari, più della stessa
possibilità di perdere. Non aveva mai provato quel tipo di disagio
interiore in tanti anni che aveva giocato a basket, e questo perché non
aveva mai avuto come spettatore Yohei Mito.
Sapeva bene che Mito non era venuto lì per lui, ma solo per il suo
amico Hanamichi, per il quale si era fatto addirittura sospendere da
scuola. Il capo curva
dell’armata Sakuragi, infatti, si divertiva a
seguire le partite per vedere i miglioramenti – e le figure di m… –
della testa rossa, e solo secondariamente seguiva la squadra.
Eppure Mitsui sapeva anche che ogni tanto quegli occhi scuri si
posavano su di lui, e questo lo metteva in difficoltà. In quanto ex-MVP
non avrebbe assolutamente potuto tollerare di perdere una partita
proprio davanti a Yohei; il suo orgoglio non lo avrebbe accettato.
“Mi sembra di essere una liceale alla sua prima cotta, che vergogna!”,
pensò, dandosi dell’idiota. Non aveva senso essere così in ansia. Per
cosa, poi? Per un qualcuno che non lo avrebbe mai notato e che
sicuramente non lo avrebbe mai corrisposto? Inoltre, stavano disputando
un incontro importantissimo e lui non poteva permettersi di
deconcentrarsi, soprattutto in una fase così delicata: mancava troppo
poco allo scadere dei trenta secondi di possesso di palla.
Mitsui cercò quindi di trovare una posizione ottimale per poter aiutare
la squadra, e si portò vicino al canestro, sperando di poter tentare un
tiro o poter passare palla a Rukawa.
Fu una voce, però, a fargli cambiare idea:
«Mitsui! Forza!». Gli arrivò alle orecchie flebile come un sussurro,
tanto che si chiese se l’avesse sentita realmente. Sollevò un attimo lo
sguardo, a costo di perdere secondi preziosi di partita, e riuscì a
vedere Mito, sporto leggermente oltre la balaustra degli spalti.
Bastò quel tifo che si era quasi perso, amalgamato tra quello dei
fanatici dello Shoyo, a dare a Hisashi la carica di cui aveva bisogno
per continuare e dissipare quel leggero velo di inadeguatezza dal suo
animo.
“Che invece non abbia una possibilità con lui?”, si chiese, andando
oltre la linea dei tre punti, completamente smarcato. «Akagi!», urlò al
compagno di squadra.
Ce l’avrebbe fatta, ne era certo.
Il Gorilla gli lanciò la palla in un passaggio perfetto, e Mitsui si
concentrò verso il centro esatto del canestro, saltando e usando il suo
corpo come una molla per poter così lanciare quel globo arancione dal
quale dipendevano le sorti della partita.
La palla a spicchi era in aria e tutto il pubblico tratteneva il fiato.
“Se riuscirò a fare almeno venti punti, allora, a fine partita prenderò
Mito da parte e gli dirò che mi farebbe piacere uscire con lui… A costo
di farmi riempire di nuovo di botte. Dopotutto è stato proprio da
quella rissa in palestra che non faccio che pensare a lui…”, meditò
Mitsui, mentre atterrava sul parquet e un sorriso gli si dipingeva in
volto. «Grande!».
Avevano finalmente raggiunto la squadra avversaria.
Hisashi Mitsui durante la partita
contro lo Shoyo segnerà ben venti
punti, quindici dei quali con dei tiri da tre punti. E tutto grazie non
solo alla sua grinta, ma anche a quella voce che era riuscito a sentire
solo lui.
***
Il giorno dopo la partita, Hanamichi e Mito si incontrarono in palestra
all’alba. Il rossino aveva letteralmente buttato giù dal letto l’amico
per parlare con lui riguardo ai propri miglioramenti – nonostante fosse
stato sbattuto fuori a pochi minuti dalla fine a causa dei falli
commessi.
«Ehi, Hanamichi, sveglia!»,
gli disse Yohei, mentre Sakuragi era con la
testa tra le nuvole: pensava a Haruko, la prima che aveva creduto in
lui e che l’aveva indirizzato alla strada del basket. «Mi hai fatto
venire fin qui perché non riuscivi a dormire, e ora…».
Ma Hanamichi non rispose subito, ancora perso tra i propri pensieri, e
Mito allora prese la mira con la palla a spicchi che teneva in mano e
tirò a canestro da lontano. «Hop! Tre
punti!», esclamò con un sorriso
sulle labbra.
Anche lui aveva una cosa importante da dire all’amico.
Fine
XShade-Shinra
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