Si nascose dietro gli edifici.
Lo stavano cercando e sembravano anche parecchio su di giri.
Conosceva la loro fama.
Se c’erano dei momenti in cui era meglio non incontrare gli
Esecutori, era quando erano o particolarmente su di giri o
particolarmente girati di palle, il che era anche peggio.
Takeru rimase immobile, perché aveva rischiato tante volte
di farsi beccare da quelli e sapeva per certo che quelle bestie avevano
un udito formidabile e, peggio ancora, fiutavano la paura lontano un
miglio.
Il vicolo in cui si trovava era angusto e non aveva molte
possibilità di fuga se disgraziatamente se li fosse trovati
davanti.
Attese che scomparissero dietro al grande palazzo in fondo alla strada
e finalmente tirò un sospiro di sollievo.
Sollevò le targhette appena rubate e le guardò
attentamente. Il miglior colpo di fortuna da quando aveva intrapreso
l’attività.
“E’
già un buon punto di partenza…”
pensò carezzando affettuosamente il crocefisso che portava
appeso al collo.
Un rumore strascicato attirò la sua attenzione e quando si
voltò, lo vide dall’altra parte del vicolo.
“E il cane di
quel tipo!” pensò, spaventato.
Se c’era quel cane, c’erano anche i suoi baby
sitter.
Takeru afferrò il coltello e si preparò al
peggio, ma non si vedeva né sentiva nessuno, così
fece per rilassarsi, ma ecco un vocio lontano.
-Tamaaaaaaaaaaaaaaa!-
Quello era Gunji, lo psicotico dei due. Non che Kiriwar fosse sano di
mente, perché chiamare Mitsuko un tubo di ferro è
una cosa piuttosto da psicopatici, ma certo in confronto al tizio con
le lame dimostrava di avere anche un po’ di cervello. Le voci
che giravano su quei due erano tante e lui, in quanto attuale
bersaglio, era conscio di cosa lo aspettasse nel caso
l’avessero preso.
Istintivamente si toccò il collo.
Se l’avessero trovato, avrebbero posto fine a tutte le sue
sofferenze, ma nel modo più orrendo possibile.
Il cane era sempre più vicino e lo erano anche le urla
isteriche di Gunji che lo chiamava. Alle sue urla
s’aggiunsero anche quelle di Kiriwar la cui voce, purtroppo
per lui, sembrava giungere proprio dall’altro capo del
vicolo.
In pratica, era circondato.
Se si fosse mosso, l’avrebbero sentito e l’edificio
che aveva di fronte aveva una sola entrata, sbarrata da un cassonetto
ricolmo di rifiuti.
“Forse
posso…”
Meglio puzzare per i secoli a venire che divenire concime e cibo per
vermi.
Mosse un passo, lentamente.
Il cane parve fiutarlo e si diresse velocemente verso di lui.
Come un vero animale lo annusò ripetutamente, lasciandolo
pressoché interdetto.
Se c’era una cosa di cui era sicuro, era che anche se ci
avrebbe guadagnato, non avrebbe mai lavorato per
quell’Arbitro. I tizi come lui gli davano il voltastomaco e
non solo perché quel “gioco” era tutto
una gran porcata. Takeru sapeva benissimo che quel tizio aveva una
predilezione per i corpi maschili e certo non voleva rischiare di
entrare nella sua collezione.
Con cautela, tentò di allontanarsi dal cane, ma quello gli
stava addosso e si mise sulle ginocchia, appoggiandosi a lui come un
cucciolo in festa. Gli pareva di vederlo sorridere. Se avesse avuto la
coda, avrebbe scodinzolato.
Semplicemente disgustoso.
-Oh, eccoti, Tama!-
Il terrore lo attanagliò nella sua morsa gelida.
Gunji, l’Esecutore con gli artigli, era alla sua destra.
-Finalmente ti ho trovato, peste!- alla sua sinistra c’era
Kiriwar che brandiva la sua Mitsuko.
Un bagliore di morte luccicò su quel tubo e anche sulle
affilate lame dello psicotico col cappuccio.
-Uh? E tu chi sei?!- esclamò Gunji camminando rozzamente e
con rapide falcate verso di lui –Lascia stare Tama, sai, eh!-
Takeru non poteva muoversi per il cane era sempre lì e
“guardava” ora da una parte, ora
dall’altra e poi si aggrappava a lui con più
entusiasmo.
-Ma guarda… Ehi, vecchio!- esclamò agitando le
braccia verso il suo compare –A Tama piace questo tizio con i
capelli blu!-
Poi il biondo increspò le labbra.
-Aspetta, capelli blu? AAAAh!-
gli urlò contro.
Un gesto fluido e veloce, Takeru non ebbe il tempo di fuggire, e se
Gunji avesse voluto farla finita al volo, sarebbe già stato
morto.
Invece le lame erano conficcate vicinissime al suo collo.
Così vicine che al minimo movimento gli avrebbero tranciato
la giugulare.
-Tu sei il tizio che stavamo cercando!- sibilò sadicamente
il biondo.
Kiriwar arrivò a passo pesante accanto al compare.
-Arbitro mi ha fatto una lavata di testa per colpa sua.-
-Giaaaà…- continuò quello
–Ci ha sgridato per ore e ore per colpa tua…-
Takeru non rispose. Sudava copiosamente, ma s’impose di
mantenere i nervi saldi.
Kiriwar sbatté Mitsuko sul muro, anche lui con un colpo
mirato, vicinissimo alla sua testa.
-In certi paesi ai ladri tagliano le mani, lo sai, ragazzino?-
Takeru tacque ancora.
E infine, ciliegina sulla torta, il cane si strusciò lungo
il suo petto, in un bizzarro quanto non corrisposto gesto
d’affetto.
-Che stai facendo?- chiese Kiriwar seccato quanto stupito.
-Te l’ho detto, vecchiaccio, a Tama piace questo qui!- disse
Gunji carezzando la testa del cane –Vero che ti piace questo
bruttone?- e quello annuì diverse volte.
Il biondo allora si grattò la testa.
-E adesso che si fa?-
Kiriwar ritirò il suo tubo –Non mi sembrano
domande da fare, abbiamo un lavoro da portare a termine, no?-
Gunji incrociò le braccia al petto –Da quando
obbedisci al paparino?-
Kiriwar restò interdetto.
Quando si trattava di animali quel pulcino psicotico cambiava dal
giorno alla notte.
-Che cosa vuoi fare?- gli domandò allora e Gunji ci
pensò su, per poi alzare l’indice
–Idea!- esclamò –Potremmo prenderlo con
noi e portarlo a spasso come Tama!-
-E’ l’idea più stupida che abbia mai
sentito.-
-Se lo fa papà è intelligente, se lo faccio io
è stupido, che problema hai, vecchio merdoso?!-
Kiriwar scosse la testa –Chi ha mai detto che Arbitro sia
intelligente?-
E mentre i due discutevano, Takeru, di soppiatto, tentò di
scivolare di lato per fuggire, ma non fu fortunato.
-Fermò lì, Pochi!- urlò Gunji,
indirizzando le sue lame contro il ladro. Gli artigli metallici si
conficcarono nella sua giacca di pelle e poi nel muro,
immobilizzandolo, in balia dei due.
-Gli hai già datto il nome?!- sbottò irato
Kiriwar –Non ho detto che potevamo tenercelo!-
Gunji increspò le labbra –Qualcuno qui obbedisce a
papà…- lo canzonò e Kiriwar
s’irrigidì furente.
-Io non… e va bene!- sbottò –Lo
teniamo!-
Allungò le mani scure verso Takeru che si ritrasse, ma
essendo spalle al muro, e bloccato dalle lame di Gunji,
fallì miseramente. Kiriwar lo afferrò per il
bavero del fazzoletto che teneva legato al collo e sogghignò
maleficamente sollevandolo da terra.
-Ma sarà il caso di insegnargli chi sono i padroni.-
Lo sbatté al muro con forza tale da mozzargli il fiato,
Takeru annaspò e il suo unico occhio si spalancò
in un misto di sorpresa e dolore.
-Non romperlo troppo.- protestò Gunji, che aveva ritratto le
lame e le stava usando per minacciare il suo vecchio, indicando ora
lui, ora il ladro che giaceva al suolo in ginocchio, con le mani
strette al petto, nel vano tentativo di riprendere a respirare
normalmente.
-Devo romperlo, così impara cosa succede se si
comporterà male, no?-
-In effetti…- il ragionamento del vecchio filava,
perciò Gunji non si oppose più di tanto, anzi,
diede delle pacche sulla testa al suo “Pochi”,
sorridendo affabilmente.
-E’ per il tuo bene.- gli disse allegramente.
Forse fu la cieca disperazione a spingerlo a farlo e anche a dargli la
forza, perché, con uno scatto inumano, il ladro coi capelli
blu si alzò barcollando da terra e corse via, respingendo
malamente la mano di Gunji che rimase a fissare la schiena scura del
ragazzo che gli sfuggiva. Come stupito del gesto, ma in fondo era solo
la sua abitudine di giocare con la preda che lo portò a
concedere al disgraziato il tempo di allontanarsi qualche metro. Come
voltò l’angolo, i due Esecutori si scambiarono
occhiate divertite e si lanciarono all’inseguimento.
-Pochiiiiii!-
Imboccò la prima porta che trovò aperta,
richiudendosela alle spalle. Era stupido, ma avrebbe avuto il tempo di
cercarne un’altra? Forse no, per cui
s’aggrappò alla flebile speranza di riuscire a
sfuggire ai due attraversando quel vecchio edificio e sgattaiolando
fuori dall’uscita secondaria o dalle scale antincendio o da
una delle finestre. Si guardò intorno, spaesato. Al buio non
vedeva poi molto, ma sentiva il cuore esplodergli nel petto e le grida
di quei pazzi omicidi all’esterno che lo invocavano con
così tanto sentimento.
Solo che lui non aveva affatto voglia di dar ascolto alle loro
suppliche facendosi trovare e massacrare.
S’infilò in un vecchio stanzino, cercando
qualcosa, un’arma, anche piccola. C’era un paio di
forbici che era meglio di niente… doveva trattarsi di un
complesso di vecchi uffici abbandonati e fu una fortuna trovare ancora
qualcosa di lontanamente utilizzabile all’interno.
Non avendo tempo non bloccò la porta, anche
perché avrebbe potuto significare il ficcarsi in trappola da
solo. Salì una lunga scalinata e fu appena in cima alla
rampa quando i due chiassosi individui fecero il loro trionfale
ingresso sfondando l’entrata.
Takeru sudò copiosamente e strinse il pugno intorno alle
forbici fino a far sbiancare le nocche.
S’inoltrò nel corridoio deserto, ma tutte le porte
erano chiuse e aprirle significava rischiare di attirare
l’attenzione. C’era però una finestra
con la scala antincendio e lui ci si fiondò, salvo poi
scoprire che era sigillata. Arrivati a quel punto, rischiare era
l’unica carta che gli restava da giocare e così
avvolse il pugno nel fazzoletto arancione e colpì con forza
il vetro.
-Hai sentito?- domandò Gunji alzando il capo.
Kiriwar rimase in ascolto per qualche secondo, poi annuì,
accennando con la testa all’ingresso.
-Quel bastardo è scappato da qualche finestra!-
esclamò lanciandosi al seguito del suo scalcinato compare.
Li vide dalla finestrella alla sua destra mentre si allontanavano e
tirò un sospiro di sollievo. Doveva soltanto aspettare un
po’ prima di uscire e forse sarebbe riuscito a riportare
“a casa” la pelle anche per quella sera.
Legò stretto il fazzoletto attorno al pugno sanguinante e
strinse fra le dita il crocefisso di Yukari, pregando, semmai qualcuno
avesse deciso di ascoltarlo, di aver salva la vita. Riaprì
gli occhi piano, una volta esaurite le poche preghiere che conosceva, e
scorse un’ombra scura stagliarsi sul pavimento. Fu quando
alzò lo sguardo che li vide sogghignare come demoni oltre il
vetro. Come diavolo facessero a stare lì a
quell’altezza era un mistero che non voleva risolvere.
Una risposta già ce l’aveva.
Demoni!
Erano due demoni!
Il vetro fu infranto da un pugno deciso di Kiriwar e contemporaneamente
Takeru scattò, dandosi alla fuga, sperando di poter
riguadagnare l’uscita. I corpi agili dei due Esecutori
cozzarono l’un l’altro nel tentativo di gettarsi
nello stretto corridoio dalla finestra.
Takeru si lanciò nella rampa delle scale saltandole a tre a
tre, mentre Gunji si scagliò sul corrimano e corse verso di
lui a raccapricciante velocità.
Commise l’errore di voltarsi e spalancò occhi e
bocca nell’incontrare quello sguardo omicida e quelle fauci
bianche e ghignanti brillare nel buio. Le fredde lame di Gunji
s’infilarono nella pelle della giacca, strattonandolo e
causandogli la perdita dell’equilibrio. E mentre tutto
ciò accadeva, l’unico suono udibile alle sue
orecchie fu lo straziante urlo di uno psicopatico sanguinario.
Kiriwar li osservava mentre ruzzolavano giù per la tromba
delle scale, sogghignando e al tempo stesso sospirando rassegnato.
-Animali…- disse, scendendo le scale con invidiabile calma.
Sul pianerottolo, aggrovigliati in un disastroso intreccio, vi erano
quella testa dura del suo compare e il ladruncolo. Il primo se la
rideva, nonostante probabilmente non era uscito illeso da quella
colluttazione assurda, mentre il secondo era dolente e agitato.
Annaspava come un cane delirante e sudava copiosamente, tentando di
liberarsi dal corpo di quella peste col cappuccio rosso che insisteva
per tenerlo stretta a sé, ricoprendolo di attenzioni
indesiderate.
-Pochi,
non mi lasciareeee!- esclamò sfregando la
propria guancia su quella del ladro.
-Io non mi chiamo Pochiiiii!- gemette esasperato e dolorante. Il freddo
metallo di Mitsuko poggiò sulla sua guancia lesa facendolo
sussultare e paralizzare dal terrore. Deglutì sonoramente
alzando appena lo sguardo verso Kiriwar.
-Non fare i capricci, Pochi.- lo schernì.
E quel viso ferino e crudele, quelle zanne aguzze e bianchissime,
quegli occhi penetranti. Non seppe chi temere di più. Se
quello psicopatico che lo strangolava per abbracciarlo oppure
l’unico dei due un po’ sano di mente. Per non
parlare del cane che zampettava lì accanto, tutto contento.
Volevano diventasse come lui, un destino peggiore della morte,
nonostante di fatto non volesse morire. Era troppo terrorizzato per
tentare di opporsi ancora. Non reagì neppure quando Kiriwar
gli fracassò due costole con Mitsuko.
Non emise un fiato quando brutalmente se lo caricò in spalla.
Semplicemente subì, come sempre fino a quel momento.
Quando mai nella vita era riuscito a risollevarsi dal baratro senza
affondare nuovamente nel fango?
Note: Ehm.... è solo che io amo Takeru d'un
amore contorto. Ma mi sa sono l'unica. Ho visto parecchie immagini e
fan fic in giapponese di lui e Kiriwar, relativamente parecchie. Sono
poche, ma quelle che ho visto sono quasi tutte con quel
cattivone *ç* E dato che Kiriwar gira sempre con Gunji...
alla fine sarebbero un'ottima threesome, un po' come con Akira
*ç*
Questa è una sorta di prologo per quando scriverò
altre cose su di loro e magari vi chiederete: "ma come cavolo ha fatto
quel poveraccio a finire nelle loro grinfie?"
Ecco: così U_U
E' la mia prima su TNC, quindi se avete consigli etc... ditemi pure **
Anzi, ehm... ma Yukari, la sorellina di Take, non ho ben capito se
è viva e l'aspetta a casa oppure se è morta Q_Q
Ok, fatemi sapere che ne pensate, baciottiiii!!
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