Il regalo di Natale
A Kurt bastava poco per svegliarsi,
specialmente in inverno
quando il freddo delle lenzuola gli gelava la schiena; a svegliarlo del
tutto,
poi, ci pensò il trillo della sveglia subito fermata da chi,
quella mattina,
aveva intenzioni diverse. Come accostarsi teneramente a lui e baciargli
languidamente l’orecchio.
- Dai, Blaine – disse
stancamente Kurt, ma senza nascondere
un sorriso – E’ inutile; tanto l’ho
sentita.
- Che cosa? – chiese
tranquillamente Blaine, sempre
concentrato sulla carne tenera e bianca dell’orecchio del suo
ragazzo.
- Non fare l’idiota. La
sveglia.
- Ma non era la sveglia –
replicò il ragazzo, lasciando
l’orecchio ed iniziando a solleticargli il collo –
Ero io che russavo.
Kurt si lasciò sfuggire
una risatina un po’ per l’assurda
affermazione di Blaine, un po’ per il solletico che
quest’ultimo gli causava.
- E da quando russi in falsetto?
– chiese, stando al gioco.
- Mi sto solo adeguando alla tua
vicinanza – rispose Blaine
continuando imperterrito a lasciargli scie di baci sul collo, sulla
nuca e
sulle spalle.
Allungando un braccio, Kurt
afferrò il quadrante di un
orologio dal comodino vicino al letto: era un piccolo ovale, abbastanza
vecchio
a giudicare dai graffi sulla lente e il cinturino che non
c’era più, staccatosi
perché troppo consumato. Dopo aver dato
un’occhiata all’ora, lanciò uno sguardo
divertito al ragazzo intento a mangiarlo di baci.
- Forse la sveglia sarà
rotta – disse con ironia – ma, per
fortuna, il mio orologio funziona ancora ed è
l’ora di alzarsi.
- Odio il tuo orologio –
sbuffò Blaine.
Ovviamente scherzava; non si sarebbe
mai azzardato a dire
seriamente una cosa del genere, col rischio di ricevere un ceffone in
pieno
viso. Sapeva quanto Kurt ci tenesse a quel piccolo orologio senza
cinturino:
era un regalo che gli aveva fatto sua nonna quando era piccolo. Quando
avevano
deciso di trasferirsi a New York, la prima cosa che Kurt aveva messo in
valigia, ben avvolto in tre fazzoletti, era stato proprio quel
quadrante, prima
ancora delle sciarpe di Hermes e questo faceva capire tutto.
- Su, in piedi –
scattò Kurt, cercando di liberarsi dalla
presa di Blaine – Laviamoci e vestiamoci in fretta, che ho
freddo.
- Allora, restiamo così
– disse Blaine avvinghiandosi ancora
di più al corpo bianco di Kurt – Ci dimentichiamo
che ora è e rimaniamo qui a
scaldarci per conto nostro.
Detto questo, lasciò che
le loro labbra si incontrassero e
si divorassero a vicenda, mentre le loro lingue si avvinghiavano
freneticamente
donandosi delle scariche che pervadevano i loro corpi facendoli fremere
così
tanto da non capire se tremavano per il freddo o per
l’eccitazione. Alla fine,
il primo a staccarsi, malvolentieri, fu Kurt.
- Ci hai provato Blaine –
boccheggiò e facendo per
rialzarsi.
- But baby
it’s cold
outside – canticchiò Blaine,
afferrandolo di nuovo.
- Blaine, ormai questo trucchetto non
attacca più; lo hai
già usato un milione di volte.
- E se ti dicessi che
c’è qualcuno che vuole darti il
buongiorno – replicò Blaine, maliziosamente,
sdraiandosi completamente su Kurt
e facendogli sentire l’effetto che gli avevano causato quei
“baci del
buongiorno”.
Sentendolo, Kurt si lasciò
scappare un’esclamazione
fintamente indignata e, con una spinta, si liberò dalla
presa di Blaine e,
senza dargli il tempo di riafferrarlo, corse in bagno, saltellando per
il
freddo.
- Lavorare la vigilia di Natale
è un crimine contro natura –
sbuffò Blaine sconfitto, alzandosi a sua volta e prendendo i
suoi indumenti
puliti che si era preparato la sera prima.
- Questa è la vita che ci
siamo scelti – gli rispose Kurt
dal bagno, col suono dell’acqua in sottofondo –
Questi sono i sacrifici che
devono affrontare quelli che vogliono essere indipendenti e realizzare
i propri
sogni.
- Grazie per la lezione di Filosofia
– replicò Blaine con
sarcasmo, vestendosi con molta calma.
Ormai rassegnatosi e conoscendo i
tempi di Kurt, Blaine
preparò il caffé e mangiò al volo una
delle merendine al 100% prive di zuccheri
per le quali il suo ragazzo andava matto; poi, i ruoli si invertirono:
Blaine
prese possesso del bagno mentre Kurt, con una velocità nata
dall’abitudine,
rifece il letto e mise i vestiti del giorno prima tra i panni sporchi,
terminando poi la sua routine mattiniera con caffé e
biscotti integrali.
Quando anche Blaine uscì
dal bagno, già si era infilato il
cappotto e stava cercando i guanti.
- Domani mattina, però,
colazione insieme – disse Blaine.
- Colazione insieme, a letto
– assentì Kurt, malizioso –
Come piace a te.
- Come piace a te –
replicò Blaine, baciandogli la spalla.
- Per pranzo rimaniamo sciolti?
– chiese il controtenore,
trovando i guanti e infilandoseli.
- Temo di sì; quello
Scrooge in gonnella di Amanda ha detto
che vuole fare l’intera giornata no-stop, visto che domani
saremo chiusi –
rispose Blaine con una smorfia, pensando a quella dittatrice in
miniatura della
proprietaria del locale dove lavorava.
- Allora mangerò con
Mercedes e andrò direttamente a casa
sua per aiutarla con gli ultimi preparativi per stasera.
- Kurt, è solo una cena
per la vigilia tra noi, mica un
ricevimento.
- Anche le cose semplici devono
essere perfette – lo zittì
Kurt.
Senza rispondergli, ben sapendo che
sarebbe stato inutile,
Blaine prese la sua vecchia chitarra e la mise, con molta cautela,
nella
custodia che usava ormai da una vita e si vedeva attraverso le varie
scuciture.
- Senti, va bene se invito Dave?
– chiese Blaine.
- Se riesci a convincerlo –
rispose Kurt – Non credo che a
Mercedes dispiacerà; conoscendola avrà preparato
da mangiare per un reggimento.
Ormai pronti, entrambi si
apprestarono ad uscire, ma Kurt
pensò di aspettare Mercedes che sarebbe venuta a prenderlo a
momenti, secondo
l’SMS che gli aveva inviato la sua amica.
- Allora, io vado – disse
Blaine dandogli un bacio a stampo
– Ti chiamo verso l’ora di pranzo.
Voltandosi per andarsene,
però, fece un movimento brusco e
un brutto rumore proveniente dalla custodia di stoffa consumata della
chitarra
lo bloccò per un istante.
- Non agitarti troppo – lo
riprese Kurt – Rischi di rompere
la chitarra se quella custodia finisce di scucirsi.
- Va bene, mammina – lo
prese in giro Blaine, facendo la
voce infantile, ma vedendo Kurt alzare la mano come per sculacciarlo,
afferrò
una sciarpa dall’attaccapanni e fuggì, chiudendosi
la porta alle spalle.
All’occhio attento di Kurt
non era sfuggito il sorriso che
gli aveva rivolto il suo ragazzo prima di chiudere la porta, come non
gli era
sfuggita la cautela con la quale si muoveva per paura che la sua
custodia si
rompesse del tutto facendo cadere la sua chitarra col rischio di
danneggiarla;
non era tanto per la chitarra in sé, quanto per il
significato che aveva per
Blaine: il sapere che quello strumento era il solo regalo che suo padre
gli
aveva fatto, quando era ancora piccolo e ancora non era cosciente del
fatto
che, per alcuni, fosse sbagliato amare una persona del tuo stesso
sesso, era la
sola cosa che lo spingeva a sostituire le corde che si rompevano, ad
evitare
ogni colpo violento, a preservare le prime note che era riuscito a
cavarne.
Questo Kurt lo sapeva.
“Non vedo l’ora
di darti il tuo regalo di Natale” pensò
felice.
* * *
Blaine era stato abbastanza
“disattento” da prendere la
sciarpa di Kurt; certo, non era stato così sbadato da
infilarsi una delle
camicie del suo ragazzo come la scorsa settimana ma era pur sempre un
modo per
sentirlo con sé. Si strinse di più la sciarpa
intorno alla bocca inspirando il
suo profumo a pieni polmoni e si gettò a capofitto nella
confusione natalizia
di New York.
Solo due anni erano passati da quando
avevano deciso di
costruire i loro sogni lì, scontrandosi anche con la pesante
realtà della vita
che presentava un conto da pagare ogni giorno con l’affitto
dell’appartamento,
la retta all’Accademia d’Arte Drammatica, il
dividersi tra studio e lavoro, il
dover rinunciare a quei piccoli sfizi che potevano aiutare a non
preoccuparsi troppo;
ma sapere che dopo la fatica ci sarebbero stati dei frutti da
raccogliere, che
a condividere le tue aspettative c’erano amici come Mercedes
e Rachel, anche
loro all’Accademia, e Sam, che studiava giurisprudenza, e che
ogni volta che ti
chiudevi la porta alle spalle e ti trascinavi a letto, stanco morto,
trovavi il
viso del tuo amore da accarezzare sentivi che ne valeva la pena.
Aumentando il passo, decise di fare
una piccola deviazione e
passò davanti alla gioielleria per vedere ancora quel
cinturino in pelle
bordato in argento con, nelle orecchie, il rimpianto di Kurt di non
poter
portare con sé in giro l’orologio per paura di
perderlo; era ancora lì ad
aspettarlo. Blaine si fermò giusto un momento per poi
riprendere a camminare di
buon passo e, intanto, già immaginava
l’espressione felice di Kurt nel trovarsi
tra le mani quel cinturino e le sue risate gioiose quando lo avrebbe
accompagnato dall’orologiaio per fissare il quadrante. Al
locale si sarebbe
fatto sanguinare le dita a furia di suonare per farsi dare il salario
dalla
“Crudelia De Mon dei poveri” ma ne valeva la pena.
Per Kurt ne valeva sempre la
pena.
Alla fine, tenendo tra le braccia la
pericolante custodia
contenente la sua chitarra per evitare ulteriori danni in mezzo alla
calca,
entrò nello “Stars” dove, ad
accoglierlo, trovò il calore dell’aria
condizionata e, dietro il bancone, l’espressione annoiata di
Dave Karofsky o,
come amava definirlo Blaine, l’esempio vivente del fatto che
il mondo è molto
piccolo: quante probabilità c’erano di ritrovarsi
a lavorare con un ragazzo
incontrato solo due o tre volte qualche anno fa ma che, in fondo,
già si
conosceva in modo indiretto? La risposta l’aveva avuta quando
era stato assunto
come musicista in quel locale e si era ritrovato Dave davanti che
lavorava come
barista per pagarsi l’Università. Non potevano
dire di essere “amici amici” ma
erano sulla buona strada.
- Hey, hobbit! – lo
salutò Dave.
- Hey, Shrek! – gli rispose
Blaine.
- Ok, la mia era divertente
– disse Dave, accigliandosi – ma
la tua era crudele.
- Te la sei cercata; sono stufo di
essere preso in giro solo
perché non sono alto.
- Io non ti prendo in giro solo per
la tua bassezza… anche
per le tue sopracciglia.
- Le mie sopracciglia sono un marchio
di garanzia – si vantò
il ragazzo, sedendosi su uno sgabello e appoggiando la chitarra contro
il
bancone.
- Ricordati di mandarmi una loro foto
quando dovrò fare un
esame di geometria analitica – ridacchiò Dave,
dandogli una birra.
- Scherza pure, sono troppo felice
per arrabbiarmi – disse
Blaine, sorseggiando la sua birra – Quando avrò
incassato la mia paga correrò a
comprare il mio regalo di Natale per Kurt.
- Avevo notato una vena di San
Valentino in questo tuo umore
natalizio – gli strizzò l’occhio il
barista – E cosa gli regalerai? Un abbonamento
mensile per i prossimi musical di Broadway?
- Meglio ancora: un piccolo restauro.
- Vuoi pagargli un lifting?
– domandò dubbioso.
A quella domanda, Blaine
alzò gli occhi al cielo e,
pazientemente, gli spiegò la faccenda del quadrante e del
cinturino.
- Sperando che Amanda non decida di
fare l’avara proprio la
vigilia di Natale – terminò, bevendo le ultime
gocce di birra.
- Te lo auguro, guarda –
disse Dave, poco convinto.
- Senti –
continuò Blaine – Stasera c’è
una festicciola a
casa di Mercedes. Ti andrebbe di venire?
Bastò
quell’invito a far chiudere Dave a riccio.
- Non so – rispose
titubante – Il Natale dovrei passarlo con
mia sorella e mio cognato; hanno bisogno di me per badare a mia nipote:
sono
l’unico che riesce a farla stare tranquilla. E non provare a
fare una delle tue
battutine o ti faccio volare dallo sgabello.
- No, no tranquillo – disse
Blaine, mettendosi sulla
difensiva ma senza nascondere un sorrisetto al pensiero di Dave in
versione
“papà orso” – Comunque, se
puoi venire anche solo per cinque minuti ci farà
piacere, credimi.
La genuina cortesia che traspariva
dalle sue parole ebbero
l’effetto di ammorbidire Dave che cercò,
però, di mantenere un serio distacco.
- Non ti prometto niente –
disse.
- E, con quel ragazzo
dell’Università? – decise di
informarsi Blaine, facendo attenzione a non risultare troppo invadente
ma
sinceramente interessato – Come sta andando?
Continuando a tenere lo sguardo sul
bancone, Dave lasciò che
la sua espressione seria si mutasse in un sorriso, il sorriso di chi sa
di
essere prossimo ad un traguardo a lungo desiderato, di chi sente di
poter
essere finalmente felice, senza aver più paura del giudizio
degli altri, di chi
ha ritrovato la forza di non chinare più la testa.
- Stiamo andando avanti –
disse.
- Hey! Yoghi! Bubu! Non vi pago per
perdere tempo!
La loro chiacchierata fu bruscamente
interrotta dalla loro
datrice di lavoro, Amanda (la “Perfida Strega
dell’Upper West Side” come si
divertivano a chiamarla alle sue spalle) con il suo metro e cinquanta
di cattiveria
allo stato puro. In quel momento, Blaine pregò di riuscire a
smuoverla e a
farsi pagare il salario che gli spettava per le feste di Natale; ma
sapeva che
i miracoli bisogna farseli da soli. Quindi prese la sua chitarra e si
fiondò
sul palco.
* * *
Quella custodia era straordinaria,
per quel che ne capiva
Kurt: in stoffa nera, capiente, con sacche esterne per le corde di
riserva e
interni imbottiti per limitare i danni di eventuali urti e cadute.
L’aveva
cerchiata sul catalogo, prima, per poi adocchiarla nel negozio di
musica a
qualche isolato dal negozio di abiti dove lui e Mercedes avevano
iniziato a
lavorare, unendo l’utile al dilettevole; anzi, Mercedes aveva
scoperto un suo
possibile futuro da costumista.
Rachel era stata più
fortunata di loro: la borsa di studio
che si era sudata le permetteva di concentrarsi completamente sullo
studio.
Kurt avrebbe voluto urlare la sua
ansia in faccia ai clienti
che entravano per gli ultimi acquisti di Natale: trovava fastidioso il
fatto
che la maggior parte della popolazione mondiale avesse deciso di
aspettare
l’ultimo giorno per comprare i regali, tenendo conto del
fatto che ogni persona
che varcava l’ingresso del negozio, ritardava il suo
pagamento e, di
conseguenza, l’acquisto della custodia.
All’ennesima cliente andata
via con vari pacchi e
un’espressione basita rivolta al commesso, Mercedes fu
costretta a correre ai
ripari.
- Kurt – lo
richiamò con un tono da maestra di yoga – Kurt,
credo seriamente che tu debba darti una calmata.
- Ma io sono calmissimo –
negò Kurt, battendo l’indice sul
bancone e mordicchiandosi il labbro inferiore.
- Calmissimo! –
esclamò la ragazza – Hai quasi sbattuto in
faccia un Armani a quella signora tanto stavi andando di fretta.
- Scusa Mercedes, ma vorrei che il
tempo passasse più in
fretta e che i clienti non avessero deciso di fare i ritardatari
proprio oggi.
- Non è lanciando i
clienti fuori dal negozio e vendendo
abiti con tutti i manichini che farai arrivare prima l’ora di
chiusura – disse
Mercedes, strofinandogli le spalle per calmarlo con un atteggiamento da
mamma
paziente – Ma ci tieni proprio tanto a fare questo regalo a
Blaine?
Kurt avrebbe potuto rispondere con un
fiume di parole,
eppure allo steso tempo, non sarebbe riuscito a spiegare, nella sua
interezza,
ciò che provava solo a pensare come si sarebbe sentito nel
dare a Baine quel
regalo che, era sicuro, lo avrebbe reso felicissimo,
l’emozione che avrebbe
agitato il suo cuore nel vedere quei grandi occhi scuro-dorati
spalancarsi per
la sorpresa e sorridere come se fossero stati delle labbra, il sapore
di un
bacio al sapore di gratitudine e di amore. Mercedes avrebbe compreso
solo
l’essenziale visto che anche lei conosceva l’amore,
ma il cuore di tutto poteva
comprenderlo solo Kurt.
- Ovvio che ci tengo –
provò ugualmente a rispondere – Per
una volta vorrei essere io quello che prende in mano la situazione;
Blaine fa
sempre tutto per me e questa volta non voglio essere da meno, non ora
che mi si
presenta l’occasione di vederlo felice per qualcosa che ho
fatto io, da solo, per
lui. Mi capisci?
Per tutta risposta, Mercedes gli
rivolse un sorriso
accompagnato da un leggero sospiro.
- Capisco che sei lo stesso
romanticone di sempre – disse,
poggiando la fronte sulla sua spalla.
- Mi vuoi bene anche per questo.
Per un attimo si sentirono entrambi
colti da un senso di
vertigine, una malinconia che tentò di afferrarli, proprio
mentre loro
afferravano ostinatamente quel filo che ancora li teneva legati al
mondo
spensierato dell’adolescenza, un’eventuale via di
fuga da quel nuovo mondo, più
grande e difficile, al quale dovevano ancora abituarsi. Magari quella
sera
avrebbero potuto farlo tranquillamente, insieme con le loro voci che
urlavano
il loro attaccamento alla vita.
Ripresero il lavoro in modo un
po’ più tranquillo o almeno
Kurt ci provò, non assalì le clienti, se
è per questo.
Per la vigilia il negozio avrebbe
fatto solo mezza giornata
quindi, all’ora di pranzo, Kurt e Mercedes ritirarono le loro
buste paga e
uscirono dal negozio. Mercedes avrebbe preferito andare prima a
mangiare ma
Kurt non volle aspettare oltre; quella busta da lettere col suo
stipendio
sembrava bruciargli nella tasca del cappotto, non sarebbe stato
tranquillo fino
a quando non si fosse trovato con la nuova custodia per la chitarra
sotto mano.
Cercando di contenere
l’emozione che gli faceva fare dei
salti al posto dei passi, trascinandosi dietro la sua amica, Kurt si
immerse in
quella folla che si preparava a rientrare nelle proprie case o nei
propri
uffici, superando uomini, donne, anziani e bambini per raggiungere il
negozio
di musica, senza preoccuparsi degli urti che accumulava ad ogni metro
di
strada, della confusione che lo circondava; c’era solo quel
breve tratto di
marciapiede e poi il negozio.
Giunto a destinazione, dopo aver
aspettato la povera
Mercedes, sfinita per la corsa, il ragazzo entrò finalmente
nel negozio
trovando a colpo d’occhio quella custodia che non gli era mai
sembrata tanto
bella come in quel momento.
Doveva semplicemente prendere i soldi
del suo stipendio e
comprarla; ma, stranamente, la tasca gli sembrava fin troppo leggera.
- Kurt, che succede? –
chiese Mercedes, vedendolo agitare
freneticamente la mano nella tasca, mentre il suo viso diventava ancora
più
bianco.
- La busta con i soldi…
non la trovo – rispose Kurt con voce tremante e
passando ad esaminare le
altre tasche del cappotto e dei pantaloni ma senza risultato e,
intanto, un
brutto pensiero si faceva strada nella sua mente, mentre ripensava a
quella
marea di gente, a quegli spintoni.
Forse gli era solo scivolata di
tasca, magari era ancora lì
sul marciapiede, se si affrettava poteva ancora trovarla. Rifece il
percorso
che già aveva fatto, stavolta più veloce di
prima, cercando di intravedere
quella busta giallognola in mezzo a quel mare di piedi e di neve sporca
ed ogni
passo che faceva lo allontanava sempre di più dalla custodia
che avrebbe voluto
regalare a Blaine.
A fermarlo di nuovo ci
pensò Mercedes.
- Kurt, è inutile
– tentò di calmarlo.
- Ma deve essere da queste parti!
– esclamò Kurt, con la
voce rotta dalle lacrime – Non può essere sparita
così.
Vedendolo in quello stato, la
ragazza, lo prese con
decisione sottobraccio
e lo portò in un
bar lì vicino e, mettendogli davanti un cappuccino fumante,
aspettò
pazientemente che si calmasse. Dopo una buona mezz’ora,
sorseggiando quella
bevanda bollente, i singhiozzi di Kurt, a poco a poco, si calmarono ma
vennero
rimpiazzati da una triste consapevolezza; sarebbe stato troppo bello
risolvere
quel problema con la stessa facilità con cui scoppiettavano
le bollicine del
cappuccino.
- Kurt, se vuoi posso prestarti i
miei soldi e poi, passate
le feste, me li restituisci – si offrì Mercedes.
- No, ti ringrazio Mercedes
– si schernì Kurt – ma, come ti
ho detto, volevo che questo regalo fosse qualcosa solo tra me e Blaine.
Qualsiasi altra cosa gli toglierebbe ogni significato.
- Ma cosa importa il mezzo; quelle
che contano sono le
intenzioni.
- Sì, ma io saprei sempre
che questo gesto non è stato
completamente mio. Volevo dimostrare a Blaine che, per me, lui
è importante,
che sono anche disposto a…
Colto da un’idea, Kurt si
interruppe ed iniziò a valutare il
pensiero che lo aveva sfiorato, tamburellando le dita sulla tazza di
cartone
del cappuccino e mordicchiandosi il labbro inferiore.
- Hai trovato una soluzione?
– si informò Mercedes.
- Penso di averla trovata –
esclamò il ragazzo, alzandosi in
piedi – Scusa Mercedes, devo passare un attimo a casa mia.
Aspettami qui, torno
subito.
E senza permetterle di ribattere, la
lasciò lì e lui si
diresse a casa di corsa, temendo di cambiare idea riguardo a quel che
aveva
deciso di fare.
* * *
Blaine invidiava molto Dave, per il
modo in cui quest’ultimo
riusciva a farsi scivolare di dosso la rabbia e la frustrazione: una
bestemmia
leggera accompagnata da una scrollata di spalle. In questo modo aveva
reagito
quando Amanda aveva detto a tutti gli impiegati dello
“Stars” che
a causa delle pessime entrate dell’ultimo
periodo, avrebbero ricevuto solo un quarto del loro stipendio.
Lui, invece, lasciava che la rabbia
lo torturasse dentro e
la soffocava con i buoni sentimenti; ma arrivato ad un certo punto,
esplodeva
ed usciva fuori nel peggiore dei modi.
Ma questa volta non era successo. In
tutta sincerità, non
aveva nemmeno la forza di arrabbiarsi: avrebbe solo voluto piangere,
prendendo
a pugni una parete magari. Nonostante il velo che gli appannava gli
occhi,
riusciva a vedere nitidamente il viso di Kurt, con quella espressione
capace di
fargli male. La stessa che aveva fatto quando non aveva potuto portarlo
a
vedere “End of The Rainbow”* perché non
era riuscito a
trovare i biglietti; lo aveva guardato con espressione desolata ma
subito le
sue labbra si erano piegate in un piccolo sorriso e i suoi occhi
sembravano
dirgli: “Non preoccuparti; non fa niente”.
Avrebbe preferito vederlo piangere e
mettere il broncio, non
si sarebbe sentito meno peggio, invece Kurt sembrava volergli
dimostrare che
era tutto a posto e gli posava un bacio sulla tenera striscia di pelle
che
separava l’anulare e il mignolo.
- Hai la pelle molto liscia qui
– gli diceva sempre.
Kurt riusciva sempre a rendere ogni
cosa perfetta e non solo
per la sua fissa per la cura dei particolari, ma per la passione e il
sentimento che vi metteva, affinché piacesse agli altri ma
soprattutto a se
stesso. Ogni giorno della sua vita, Kurt si impegnava al massimo in
tutto quel
che faceva e Blaine si sentiva così piccolo in confronto a
lui e non solo per
la statura. Riusciva solo a stringerlo stretto, affondando il viso nel
suo
petto dopo che avevano fatto l’amore e sussurrargli
semplicemente “Ti amo”.
E sentiva che era troppo poco.
Eppure Kurt lo stringeva a sua volta
e gli rispondeva con un
“Ti amo anch’io” e non cercava nemmeno di
consolarlo perché non ce ne era
bisogno; stare semplicemente sdraiati, abbracciati, bastava.
Kurt meritava tutto il bene del mondo
e Blaine non avrebbe
chiesto di meglio che di darglielo, anche se sotto forma di un
cinturino per
orologio. Ma come poteva comprargli quel regalo senza soldi?
Più si scervellava,
più sembrava impossibile trovare una
soluzione; l’unico modo che aveva per scaricare la tensione
era battere
ossessivamente il dito indice sulla chitarra chiusa nella sua vecchia
custodia;
strano a dirsi, fu proprio quel tic a fornirgli la risposta.
Sì, così
avrebbe fatto. Non c’era altro modo.
Una piccola parte di lui
sembrò volersi ribellare ma Blaine
tenne duro.
Per Kurt ne valeva la pena.
* * *
- Continuo a dirlo: secondo me le
decorazioni di Natale sono
superflue – disse Sam mentre aiutava
un’eccitatissima Rachel a sistemare gli
ultimi festoni alla finestra.
- Hai dei gusti troppo spartani;
questo è il tuo problema
Sam – replicò la ragazza – Un Natale
senza festoni sarebbe come una mia
brillante carriera a Broadway senza un Tony Award.
- Rachel, tu sei l’unica
persona al mondo in grado di auto
elogiarsi facendo degli esempi di ordine sociale – la prese
in giro Mercedes,
portando dello zabaione dalla cucina e mettendolo sul tavolo nel
salottino,
seguita da Kurt con i mano un vassoio di tramezzini – Ma
stasera sei in casa
mia, quindi vedi di comportarti come una persona normale se non vuoi
passare la
vigilia incollata al telefono con Finn.
Sebbene una simile evenienza non le
sarebbe dispiaciuta,
Rachel preferì limitarsi ad un leggero sbuffo come risposta
e diede tutta la
sua attenzione al festone dorato che stava appuntando allo stipite
della
finestra.
Il suono del citofono fece scattare
Kurt che, lasciando il
vassoio sul tavolo, si gettò sull’apparecchio per
rispondere; dall’altro capo
gli ritornò la voce di Blaine e, mordendosi le labbra per
l’eccitazione gli
aprì il portone del palazzo e lo aspettò
sull’uscio della porta, accogliendolo
con un lungo bacio.
- Ragazzi – li
richiamò Mercedes, ridacchiando – guardate
che il vischio l’ho messo sotto la porta della cucina.
- Ma non l’hai portata la
chitarra? – chiese Kurt al suo ragazzo,
trascinandolo dentro e strofinandogli le mani gelate.
- No, ho preferito lasciarla al
locale – rispose Blaine –
Quando ho finito per strada c’era molta gente; avevo paura
che la custodia
finisse di rompersi e, quindi, ho lasciato la chitarra allo
“Stars”. Tanto per
Capodanno dovrò fare ancora mezza giornata.
- Sempre colpa di quella vecchia
custodia – disse Kurt,
sorridendogli – E chi ci suonerà le canzoni di
Natale, adesso?
- Sam, posso approfittare della tua
chitarra? – fece Blaine,
districandosi dal giocoso sguardo del suo ragazzo.
- Basta che poi non me la fai
diventare una “chitarra solo
per canzoni di Katy Perry” – scherzò
Sam, fiondandosi sui dolci che Mercedes
aveva portato, per poi farsi riprendere dalla sua ragazza.
- Allora – fece Rachel
– Vogliamo iniziare? Io sto morendo
di fame.
- Ok, gente – disse
Mercedes, portando in tavola l’ultimo
vassoio pieno di pietanze – Possiamo darci dentro con questa
mia “anteprima del
cenone”.
E a quel segnale, i ragazzi,
afferrando piatti e posate di
plastica e tovaglioli, iniziarono a servirsi a quel piccolo buffet
improvvisato; i dolci fatti in casa di Mercedes furono il piatto forte
della
serata. E, tra una portata e l’altra, parlavano; dopo soli
due minuti gli
argomenti “università” e
“lavoro” furono banditi, pena: niente bis. E quindi
si
verté sulle aspettative di ognuno sul nuovo anno; chi
avrebbe voluto laurearsi,
chi calcare le assi di un palcoscenico, chi veder realizzarsi i propri
sogni.
A metà serata, la porta
bussò nuovamente e quando Mercedes
aprì si trovò davanti la robusta figura di Dave
con in braccio un piccolo fagotto
avvolto in un pesante cappotto.
- Buonasera – disse il
ragazzo, timidamente – L’invito che
mi ha fatto l’amico Frodo Baggins è ancora valido?
- Un invito fatto a Natale
è sempre valido – rispose
Mercedes sorridendogli e facendolo accomodare, mentre anche gli altri
ragazzi
presenti gli si avvicinavano per salutarlo.
- Mi sono permesso di portare
un’amica – disse Dave
indicando col capo una testolina castana che spuntava timidamente dal
cappuccio
del cappotto, mostrando due grandi occhi chiari, un nasino paffuto e un
sorriso
curioso – A mia sorella e a mio cognato non dispiaceva
passare una serata da
soli, quindi… vi presento Hilary, mia nipote.
Sentendosi chiamata, la bambina, di
non più di cinque anni, si
mostrò di più ai presenti che si avvicinarono per
vederla meglio, pur
continuando a rimanere aggrappata alle spalle dello zio e cingendogli
la vita
con due gambine esili e deboli ma, al tempo stesso, piene di vita,
incerta se
fidarsi o meno di quegli sconosciuti.
- Ciao piccolina – la
salutò Kurt, facendo un’acuta voce
infantile – Ma lo sai che sei proprio una bella bambina?
Dopo averlo sentito parlare, Hilary,
guardando Kurt di
sbieco, batté una mano sul petto dello zio come per
chiamarlo e allungò la
testa verso il suo orecchio.
- Zio Dave, ma perché
questo signore parla come una
femmina?** - chiese con una serietà genuina che
strappò una risata a tutti.
- Bene – fece Kurt,
arrossendo lievemente – adesso non ho
più dubbi che sia tua nipote, Dave.
- Sono certa che questa piccolina
gradirebbe qualche
dolcetto di Natale – disse Mercedes sorridendo maternamente
ad Hilary – Vero?
E allargando il suo sorriso, la
piccola assentì.
La presenza di Hilary
sembrò portare quella spensieratezza
che rendeva il Natale più bello e che solo i bambini sanno
dare; un’aria di
allegria che partiva da quella bambina seduta sul tavolo del salotto,
intenta a
mangiare i dolcetti di Mercedes, e si allargava attorno a quella
piccola
comitiva di ex-liceali, risvegliando nelle loro menti i ricordi dei
Natali
della loro infanzia. Così uniti potevano sentirsi come una
vera famiglia unita,
che si prendeva una pausa dai problemi di ogni giorno e si concentrava
solo su
un presente riscaldato da maglioni di lana, addolcito dallo zucchero a
velo su
dei dolci e smosso dalla voce di una bambina che raccontava cosa aveva
chiesto
a Babbo Natale.
Il resto della serata trascorse in
modo sereno e divertente
e le decorazioni furono giusto l’ornamento di quei bei
momenti; imbracciando la
chitarra di Sam, Blaine diede fondo a tutta la sua conoscenza nel campo
della
musica natalizia accompagnato da tutti gli altri, passando poi lo
strumento al
suo legittimo proprietario che insegnò loro qualcosa sul
country stile
natalizio, molto più ballabile.
Poi, su richiesta di Mercedes,
passarono a coppie sotto
l’arco della porta della cucina per il tradizionale bacio
sotto il vischio; i
primi furono Kurt e Blaine, che cercarono di contenersi vista la
presenza di
occhi indiscreti, seguiti poi da Sam e Mercedes; per non sentirsi da
meno,
Rachel baciò il suo stesso cellulare, che aveva come schermo
una foto di lei e
Finn. E Hilary, tirandosi per mano Dave, si mise anche lei sotto il
vischio e,
aggrappandosi al collo robusto dello zio, gli stampò un
bacio sulla guancia e
lui la ricambiò con un bacio sul nasino.
Ma, alla fine, la serata giunse al
termine e, anche se
avessero voluto prolungarla, la stanchezza della giornata si faceva
sentire;
quindi, gli invitati si ritirarono, promettendo di incontrarsi il
giorno dopo
per festeggiare insieme il Natale.
L’appartamento di Rachel si
trovava nel palazzo affianco a
quello di Mercedes e Sam; la ragazza lasciò comunque che gli
altri la
accompagnassero.
Trovandosi con la macchina, Dave si
offrì di accompagnare
Kurt e Blaine a casa e, anche se il tragitto non era molto lungo,
quando
giunsero a destinazione, Hilary si era già addormentata nel
suo seggiolino,
magari sognando i regali che avrebbe trovato sotto l’albero
quando si sarebbe
svegliata.
Dopo aver augurato la buonanotte a
Dave e aver dato ciascuno
una lieve carezza sulla testa della bambina, i due ragazzi si
ritirarono.
Dave Karofsky chiuse definitivamente
quella sera di vigilia,
guidando più piano per non svegliare la sua nipotina.
* * *
Appena la porta
dell’appartamento si chiuse alle loro
spalle, sia Kurt che Blaine si sentirono pervasi da
quell’eccitazione che,
sapevano, sarebbe stato più giusto provare il giorno
seguente, quando sarebbe
stato veramente Natale, il momento di scambiarsi i regali. Ma il
desiderio di
vedere l’uno il sorriso dell’altro sembrava essere
più forte, anche se nessuno
dei due voleva cedere per primo e non potevano fare altro che lanciarsi
dei
sorrisi senza riuscire a dire nulla e cercando di parlarsi attraverso
un comico
gioco di sguardi. Temevano quasi che, parlando, rovinassero la sorpresa
che
ognuno aveva preparato; per la prima volta, forse, temevano il momento
in cui
si sarebbero messi a letto insieme.
Alla fine, senza dirsi nulla,
trovarono un’uguale soluzione.
Quando l’orologio a muro
segnò la mezzanotte in punto, si
ritrovarono tutti e due seduti sul divano con in mano i loro regali:
una busta
da regalo enorme tra le braccia di Kurt e una sottile scatolina nella
mano di
Blaine. Era il 25 Dicembre, ormai.
Emozionati, si scambiarono i doni e
li scartarono,
continuando però a guardarsi di sottecchi per vedere la
felicità dipingersi sui
rispettivi volti. Con mani un po’ tremanti lasciarono cadere
sul pavimento la
carta che avvolgeva i loro doni ed entrambi lasciarono che i loro occhi
ammirassero una custodia nuova di zecca ed un bellissimo cinturino per
orologio. Per la prima frazione di secondi, furono inondati dalla
felicità ma
poi realizzarono il tutto.
Quando i loro sguardi si incrociarono
di nuovo, vi lessero
un malinconico dispiacere proveniente tanto dall’uno quanto
dall’altro. E
capirono subito cos’era successo; ma, per quanto la cosa
fosse triste, non
poterono non far emergere il lato ironico della storia.
- Ho venduto il quadrante del mio
orologio per comprati
quella custodia – disse Kurt, mentre un sorriso si faceva
largo sul suo viso.
- Ed io ho venduto la mia chitarra
per comprarti quel
cinturino – disse Blaine, ridacchiando mestamente.
Avrebbero voluto ridere e piangere
nello stesso momento, ma
riuscirono solo a riempire il loro appartamento con dei versi sospesi
tra
risata e singhiozzo e lasciarono che delle sottili lacrime scivolassero
sulle
loro bocche sorridenti. Le loro mani si incontrarono trascinando i loro
corpi
in un abbraccio forte e desideroso e rimasero così fino a
quando i loro petti
tremanti non si calmarono e i loro respiri non tornarono regolari e
rimasero
tranquillamente appoggiati allo schienale del divano senza lasciarsi.
- Non posso crederci – fece
Kurt – E’ proprio come ne “Il
dono dei Magi”.
- Dici? – chiese Blaine,
dubbioso – A me sembra, più che
altro, come in “Topolino e la magia
del
Natale”***.
Lasciandosi sfuggire una risatina
divertita, Kurt affondò il
viso nell’incavo del collo di Blaine, mentre il suo ragazzo,
stringendolo
ancora più forte a sé, gli posò un
bacio tra i capelli ancora carichi
dell’odore del suo shampoo alla vaniglia. Tracciando un
percorso che andava dal
collo alla bocca di Blaine e dalla testa alla bocca di Kurt, le loro
labbra si
incontrarono con una lieve carezza che divenne subito più
intensa e calda.
Quando si staccarono, poterono vedere finalmente quel sorriso reciproco
che
avevano aspettato e desiderato per tutto il giorno, quel sorriso per il
quale
avevano dato via le cose più importanti che avevano. Ma
sapevano che ciò che
era veramente importante per loro, lo stringevano tra le braccia in
quel
preciso momento. Ne era valsa la pena.
- Ti amo Blaine.
- Ti amo Kurt.
Adesso, per loro era veramente Natale.
- Preparo un po’ di
cioccolata calda, che ne dici? – chiese
Kurt, alzandosi.
- Cioccolata! –
esclamò Blaine, fingendosi scandalizzato – E
la linea?
- Le diete post-feste le hanno
inventate per questo –
ribatté Kurt andando in cucina.
Dalla credenza prese il cacao e lo
zucchero e tirò fuori il
latte dal frigo per poi mettere il tutto in un bricco sul fornello
acceso;
quando si girò per andare a prendere le tazze quasi si
scontrò con il suo
ragazzo, che le aveva in mano: una celeste con su scritto
“Good morning” ed una
con un’immagine di Audrey Hepburn; gli porse
quest’ultima, senza smettere di
sorridergli.
- Buon Natale, Kurt.
- Buon Natale, Blaine.
Fine
Alla mia
piccola
Ilaria, che da cinque anni (sei a Gennaio) allieta la mia vita.
Nota
dell’autore:
* Musical di
quest’anno sugli ultimi mesi di vita di Judy Garland, che
debutterà a Broadway
nel 2012.
** Penso che
questa
citazione l’abbiate colta tutti.
*** Cartone
animato
del 1999 dove viene ripreso il racconto de “Il dono dei
Magi” con Topolino e
Minnie.
Di certo
starete
pensando: cos’è questa roba? E’ una
storia vecchia come il mondo!
Lo so, ma ci
tenevo
molto a scriverla e a condividerla con voi, specialmente visti gli
ultimi tempi
che molti si sono trovati ad affrontare.
Mai come a
Natale
abbiamo bisogno di mettere da parte l’attaccamento ai beni
materiali e capire
che nella vita, la cosa più importante è
l’affetto delle persone a noi care.
Spero che
voi possiate
gradire questo mio semplice regalo per tutti voi.
Buon Natale
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