MKR
Canto IV
Assiduitas Aquae
Era la terza volta che un ragazzo veniva a fare visita allo specchio, nel cuore della notte.
Ascot era nervoso: sia Lantis che Ferio avevano portato brillantemente
a termine la loro prova, contando esclusivamente sulle proprie forze.
Negli ultimi giorni li aveva visti spesso confabulare talora insieme,
talora con Clef. Incuriosito, il giovane evocatore aveva preso da parte
il monaco ed aveva preteso spiegazioni, ma questi, sorridendo, gli
aveva risposto che per lui non era ancora venuto il momento di
preoccuparsi e lo aveva congedato dolcemente.
L’aveva trattato come un bambino al quale si devono nascondere certe cose.
Ascot abbassò la testa e serrò piano i pugni: egli non
era più un bambino, aveva smesso di esserlo dopo aver incontrato
Umi, il bel Cavaliere dell’Acqua, dagli occhi azzurri e profondi.
Aveva imparato tante cose da lei, in primo luogo il valore
dell’amicizia e del rispetto reciproco. Perché Clef non si
era voluto sbilanciare? Che forse… Che forse fosse geloso? Che
non volesse che Umi avesse modo di incontrare lui, Ascot, al posto suo?
Il giovane scacciò immediatamente quel pensiero. Clef era il
monaco guida di Cefiro ed in quanto tale era super partes. No,
evidentemente, mirava solo a far sì che Ascot se la cavasse da
solo, esattamente come avevano fatto gli altri due.
Rialzò il capo e fissò lo specchio: incastonate nella
cornice dorata spiccavano le due biglie, una di rubino ed una di
smeraldo, mentre la terza continuava ad essere di un celeste tendente
al grigiastro, orribilmente opaca.
Ascot sospirò: sarebbe stato all’altezza di sostenere e portare a termine la sua prova?
Avrebbe dato qualunque cosa pur di rivedere Umi. Si avvicinò
alla lastra di vetro, pensando ad un qualunque modo per spingerla ad
interagire con lui. Sentiva che avrebbe dovuto fare qualcosa… Ma
cosa? La magia che proteggeva quell’oggetto era molto potente,
quasi invalicabile, perfino per un evocatore del suo livello. Gli
avrebbe chiesto un enorme sforzo cercare di violare magicamente tutte
le protezioni imposte dallo specchio, per tanto abbandonò subito
l’idea. Cha Lantis e Ferio avessero usato le armi? No, sulla
cornice non sembrava esserci nessun segno, in più il vetro dello
specchio era integro. Dunque, non era con l’aiuto della violenza
che sarebbe venuto a capo di quella situazione.
Il giovane scosse la testa. Che assurdo enigma.
Inavvertitamente, poggiò entrambe le mani ai lati del cimelio e
fu allora che la sfera blu si illuminò debolmente; Ascot
tirò indietro le braccia. La fioca luce si dissolse
all’istante.
Volendo riprovare, avvicinò nuovamente la mano alla biglia e
questa mandò un tenue bagliore. Intuito il meccanismo,
l’evocatore poggiò l’indice sulla sfera cerulea,
sentendola cedere sotto il proprio tocco e divenire plasma.
Immediatamente, si staccò dallo specchio e prese a vorticare su
se stessa, come avevano fatto già quella rossa e quella verde
prima di lei. Un alone azzurro invase la stanza, come se si trovasse
sul fondo dell’oceano.
Una sottile musica vibrò nell’aria e una voce cristallina ruppe il silenzio.
“Salute a te, Ascot di Cefiro!”
Il ragazzo sobbalzò e non rispose. Da dove proveniva quel suono così dolce?
“Non mi rispondi, giovane evocatore? Hai forse perso la lingua?”
Ascot si riscosse e, offeso, ribatté: -No, non l’ho persa. Chi sei? Fatti vedere!-
“Come vuoi.” rispose la voce, tra il divertito ed il rassegnato.
Dalla luce cerulea emerse una figura sottile e aggraziata, con lunghi
capelli argentei e sinuosi come le onde del mare e una coda rivestita
di squame lucenti: era una Sirena.
-Chi sei?- ripeté il ragazzo, stupito da quella visone.
“Dovresti saperlo! Io sono l’Acqua, appartengo al Cavaliere dagli occhi di cristallo.”
-Umi!- esclamò Ascot.
“Sì, sono proprio l’Elemento del tuo bel Cavaliere.
Ora è arrivato finalmente il tuo turno, Ascot di Cefiro. Cosa
saresti disposto a fare, pur di rivedere la mia padrona?-
-Qualunque cosa.- rispose egli, senza la minima esitazione.
“Qualunque cosa? Ne sei sicuro?” domandò nuovamente
la Sirena, mentre la lunga chioma argentata e ondulata fluttuava
intorno a lei.
-Sì, io voglio rivedere Umi.- confermò l’evocatore.
“Saresti disposto anche a d abbandonare i tuoi amici mostri?”
Ascot aprì la bocca ma dovette fermarsi. Perché avrebbe
dovuto abbandonare i suoi amici? Non vi era motivo, ormai tutti al
castello li rispettavano. Erano riusciti a farsi voler bene, a farsi
accettare. Perché avrebbe dovuto separarsene? A meno che…
“Ancora non hai una risposta precisa.” gli fece notare lo
spirito. “È dunque per questo motivo che devi affrontare
la tua prova”.
Il giovane ci pensò un attimo su, poi parlò: -Che genere di prova?-
“Solo tu saprai di cosa si tratta. Dunque, sei pronto ad affrontarla?”
L’evocatore annuì. Non avrebbe avuto senso aspettare,
prima si sarebbe confrontato con la sua sfida, prima avrebbe avuto le
risposte che andava cercando.
Se aveva deciso di crescere e maturare era stato grazie ad Umi. Aveva
trovato il modo di fare apprezzare i suoi amici mostri, era riuscito a
rendersi utile nella battaglia per la salvezza di Cefiro. Clef
l’aveva preso come suo primo assistente e gli aveva insegnato
tantissime cose. Non c’era assolutamente paragone con la vita da
rinnegato, ai margini della civiltà, che aveva condotto in
passato. Quella che gli aveva offerto Zagato era stata l’ennesima
illusione.
Quella nuova vita gli piaceva, ma se ci fosse stata Umi sarebbe stato ancora tutto più bello.
-Cominciamo.- disse sicuro.
“Lasciati guidare dal tuo cuore e le decisioni che prenderai
saranno sempre le più giuste.” Cantilenò dolcemente
la Sirena. “Abbi fiducia nelle persone che ti sono vicine”.
Ad Ascot venne spontaneo paragonare quello Spirito ad Umi: avevano
entrambi un’indole divisa tra la vivacità e la dolcezza.
“Bene, Ascot di Cefiro, che lo Specchio dei Sogni possa valutare la tua forza d’animo!”
Il ragazzo ebbe un sussulto: dunque quello era davvero lo Specchio dei Sogni!
La Sirena prese lo slancio e con un guizzò scese
all’altezza del giovane. Mosse un po’ la coda ed
improvvisamente un mulinello di sottili fili luminosi prese posto in
mezzo alla stanza.
Vorticava senza sosta, ma lo faceva con ritmo tranquillo.
Ascot non ebbe paura e attese di venirne inghiottito. Così avvenne.
Il mulinello si avvicinò e fu come se si preparasse ad
assorbirlo al suo interno. Il ragazzo avvertì sulla pelle del
viso una piacevole frescura e poi cadde in un sonno pesante e profondo.
L’aria di primavera lo riscosse: gli uccellini cinguettavano
allegri su un albero nelle vicinanze. Si guardò intorno: uno
spiazzo enorme e deserto, circondato da una recinzione e contenente un
maestoso complesso edilizio di muratura bianca. Dove era finito?
Gli abiti da evocatore erano spariti, rimpiazzati da vestiti terrestri
assai più comuni e sobri. Nell’incertezza di dove andare e
cosa fare, Ascot non si mosse. Certo, non sarebbe potuto rimanere
lì, impalato come un sacco di patate, per tanto decise di
spostarsi verso la costruzione, cercando di capire qualcosa e di
ottenere qualche indizio su dove si trovasse.
Notò una targa attaccata sulla parete del palazzetto, ma non
fece in tempo a leggerla che una moltitudine di gente, arrivata da
chissà dove, invase lo spiazzo in pochissimo tempo.
C’erano molti ragazzi con dei fioretti e borse sportive in mano,
accompagnati dai rispettivi genitori, fratelli ed amici. Tanti si
salutavano, molti altri si davano pacche affettuose sulle spalle.
Ascot fu costretto a scartare da un lato un paio di ragazzi che se ne
stavano andando via di corsa. E mentre era lì, in piedi, senza
sapere che cosa fare, la vide. Proprio lei, Umi.
Stava chiacchierando con una donna molto alta e con i capelli corti. Accanto a lei, suo padre e sua madre sorridevano fieri.
Il giovane evocatore decise di avvicinarsi, senza pensare alle conseguenze che avrebbe avuto il suo gesto.
-Umi, la prova di oggi è stata straodinaria!-
-Grazie, maestra. Sono soddisfatta anche io del mio risultato.-
-Se continuerai così, ci sono buone probabilità che tu
possa partecipare alle Olimpiadi, un giorno!- disse la donna con i
capelli corti.
-Hai sentito, caro? La nostra bambina alle Olimpiadi!- esclamò la signora Rykuzaki.
-Il suo talento è notevole.- commentò il marito. -Ero sicuro che si sarebbe distinta.-
-Mi sembra un po’ presto per fare già progetti in grande.-
fece Umi, perplessa. -In fondo, l’anno prossimo comincerò
il college e cambieranno molte cose… Tuttavia, non vorrei
abbandonare la scherma.-
La sua maestra le sorrise placidamente.
-Per ora, Umi, goditi la tua vittoria. Parleremo del tuo futuro
un’altra volta. Ora vado a congratularmi anche con le altre
ragazze.-
Detto questo, la signora salutò i genitori di Umi e si allontanò, lasciando i tre da soli.
-Umi, la tua passione per questo sport e la tua bravura nella scherma
non devono essere messi da parte. Se magari cambiassi idea e scegliessi
un college con un programma di studi meno pesante…-
iniziò sua madre.
-No! Io voglio frequentare lo stesso college di Hikaru e Fu. Lo abbiamo deciso insieme.- protestò la ragazza.
-Ma Umi…- le fece notare il padre. -Devi pensare anche al tuo
futuro. Non frequentare lo stesso college delle tue amiche non
significa che non le rivedrai più!-
Il Cavaliere dell’Acqua stava per replicare, quando notò
qualcuno che non avrebbe dovuto essere lì. Sgranò gli
occhi e disse, senza nemmeno rendersene conto: -Ascot? Cosa ci fai tu
qui?-
I signori Rykuzaki si voltarono e videro un giovane dai capelli
castani, tendenti al mogano, ed occhi verde brillante che scrutava
timidamente la loro figlia.
Nell’immediato, Umi mise la sua borsa in mano alla madre e si
precipitò dall’evocatore, spingendolo via ed urlando: -Io
ho un attimo da fare, ci vediamo dopo a casa!-
Padre e madre si guardarono confusi per un attimo, poi sorrisero entrambi.
-Vedi che avevo ragione? La nostra Umi si è trovata un bel giovane!- cinguettò la signora Rykuzaki.
-Sì, cara. Ora si spiegano tante cose.- replicò il consorte.
-Mi piacerebbe conoscerlo, la prossima volta chiederò ad Umi di
presentarcelo! Mi sembra un bravo ragazzo, almeno dalle apparenze.
Magari la nostra bambina è stata fortunata come lo sono stata
io!- continuò la madre, sempre trillando.
-Ma certo cara! Quel ragazzo ha fatto una buona impressione anche a
me.- confermò il padre, sorridendo. -E poi dobbiamo fidarci di
Umi. Lei sa scegliersi le amicizie…-
Arrivati in un punto più tranquillo, Umi si fermò per riprendere fiato.
-Perché… Perché sei qui? È successo
qualcosa su Cefiro? Si sono forse risvegliati nuovamente i
Managuerrieri?-
-No.- rispose Ascot, anche lui con il fiatone. -Non è
successo niente di tutto questo… Io sono arrivato qui tramite lo
Specchio dei Sogni.-
-Lo Specchio dei Sogni?- ripeté il Cavaliere dalla chioma corvina. -E cosa sarebbe?-
In poche parole, il giovane spiegò ad Umi tutta la vicenda della
comparsa del cimelio e della confusione che si era venuta a creare al
castello, evitando accuratamente di menzionare la storia delle
associazioni tra le biglie colorate e Lantis, Ferio e se stesso.
La fanciulla sembrò parecchio interessata e quando ebbe la
certezza che davvero su Cefiro tutto scorresse alla perfezione,
esclamò: -Ma noi non siamo venute, di recente, per via dei
nostri impegni! Certo che non ci siamo dimenticate di voi!-
Ascot tirò sommessamente un sospiro di sollievo.
-Quindi non siete venute solo perché siete state occupate?- si informò.
-Sì, l’anno prossimo sia Hikaru, sia Fu che io dovremmo
iniziare il college. La nostra vita cambierà quasi totalmente e
le scelte che prenderemo in questo periodo andranno ad influenzare
completamente il nostro futuro. Ecco perché dobbiamo prenderle
con ponderazione.-
L’evocatore si rilassò definitivamente. Dunque, non
c’era nessun altro ragazzo che aveva rattenuto il Cavaliere
dell’Acqua sulla Terra.
-Sai, vorrei che anche i miei genitori capissero quanto sia importante
per me fare le scelte giuste.- riattaccò Umi, sovrappensiero.
-Non sono d’accordo con quello che hai scelto?- chiese timidamente Ascot.
-Non esattamente.- cominciò a rispondere lentamente la ragazza.
-In effetti, loro preferirebbero che dessi più importanza allo
studio e alla scherma, piuttosto che all’amicizia. Vorrebbero che
frequentassi un altro college, uno con un programma di studi che mi
consentisse di allenarmi in tranquillità.-
-Sarebbe bello. Hai sempre detto che la scherma ti piace tantissimo!- notò il giovane.
-Certo… Ma dovrei dire addio a Fu e ad Hikaru!- obiettò l’altra.
Ascot si soffermò a guardare gli occhi azzurri di Umi che
brillavano di convinzione e determinazione. Le due stesse
qualità che a lui mancavano…Altrimenti avrebbe detto alla
ragazza cosa provava per lei molto tempo prima.
-Fu ed Hikaru ti vogliono bene. Sono tue amiche, due amiche vere.
Capiranno che, se dovessi scegliere un altro college, non
cambierà niente tra di voi. I tuoi genitori si preoccupano per
il tuo futuro… Se io dovessi abbandonare i meie amici per
motivazioni serie credo che loro capirebbero. Soffrirebbero, soffrirei
anch’io, ma capirebbero. Perché ci vogliamo bene.-
spiegò Ascot, mentre sentiva dentro di lui farsi maggior
chiarezza. Non era forse simile al suo dubbio la preoccupazione che
assillava Umi?
La fanciulla guardò un istante l’evocatore leggermente
perplessa. Poi, il suo viso si illuminò e battè le mani.
-Grazie, Ascot. Sono contenta di aver parlato con te. In effetti, hai
ragione: noi siamo amiche per la pelle, forse non è la distanza
che deve spaventarci...-
Il giovane sorrise, felice di aver visto tornare il sorriso sulle labbra del suo bel cavaliere dell’Acqua.
-Ma…- fece dopo un po’ Umi. -Perché dovresti
abbandonare i tuoi amici? Non sarai mica in partenza?- chiese la
ragazza.
Ascot arrossì di colpo e si affrettò ad aggiungere,
balbettando: -M-Ma no… No, no… Che cosa dici… Era
per dire, per fare un esempio…-
Umi fu soddisfatta della risposta e sembrò non fare caso al
terribile imbarazzo che si era impossessato del giovane evocatore.
-Tanto che sei qui e che hai citato i tuoi amici, voglio portarti in un
posto!- esclamò all’improvviso la fanciulla. -Vorrei
ringraziarti del conforto! Dai, su!- e afferrato Ascot per una mano, lo
trascinò via per le strade di Tokyo.
-Che ne dici, eh? Non saranno come i tuoi amici, ma ai bambini di qui piacciono molto!- annunciò Umi allegra.
I due giovani erano arrivati in un parco con lastricati di pietra a
segnare i percorsi ed eleganti panchine disposte lungo il cammino.
C’era un incantevole laghetto che si divideva in numerosi
canaletti, ognuno attraversato da un ponte, anch’esso in pietra.
Salici e ninfee ingentilivano l’atmosfera, dando quel tocco di
vegetazione e di vita a tutta quella roccia.
-Trovo che sia… Davvero bello.- sussurrò Ascot, guardandosi intorno. -Ma dove sono i mostri?-
-Eccoli qui!- esclamò la giovane, battendo una mano sulla pancia
di un kappa scolpito nella roccia, che decorava il pilastro di un ponte.
L’evocatore si avvicinò, sorridendo: -Per essere finti, sono davvero ben fatti!-
-Sapevo che ti sarebbero piaciuti!- fece soddisfatta Umi.
Percorsero un po’ del parco, restando vicini, finché non
arrivarono nei pressi un piccolo gazebo rialzato. La ragazza
salì i tre gradini e si voltò ad ammirare lo spettacolo
del giardino al tramonto: la roccia grigia, arrossata dalla luce del
sole al declino pareva incandescente.
C’era pace nell’aria. Umi si girò verso Ascot che,
nel contempo, era giunto ai piedi della rampa. Anch’egli stava
ammirando le sfumature rossastre che avevano invaso il giardino e, ben
presto, anche l’evocatore si ritrovò a fissare la ragazza.
Nel trovarsi di fronte quei due occhi color del mare, attenti e
scrutatori, Ascot distolse all’istante il suo sguardo dalla bella
figura di Umi, arrossendo esattamente come le rocce.
Perché non aveva nemmeno il coraggio di guardarla in viso? Gli
sarebbe tanto piaciuto aprirle il suo cuore e rivelarle che era stato
il suo amore per lei a consentirgli di cambiare forma e diventare un
adulto. La sua prova si era rivelata più difficile del previsto.
Se solo non fosse stato così timido… Aveva amato
assiduamente Umi con la stessa assiduità dell’acqua che
erode nel tempo la pietra. Anzi, forse i suoi sentimenti per lei
erano addirittura cresciuti… Doveva, doveva dirle tutto. Avrebbe
voluto vivere con lei, avrebbe voluto che lei ricambiasse il suo amore.
Doveva essere coraggioso.
-Umi…-
-Sì, Ascot? Cosa c’è?- chiese la ragazza,
tranquilla e serafica, dall’alto della sua postazione. -Oh,
guarda, siamo tornati ai vecchi tempi! Ora sono di nuovo più
alta di te!-
Il giovane stirò un sorriso: -Oh, no. Non credo di poter mai
tornare indietro. Dopo che ti ho conosciuta, Umi, ho capito che si
possono fare tante cose per gli altri e che con la gentilezza si
ottiene molto di più che con i dispetti e la violenza. E tutto
questo lo devo a te. Io…- il ragazzo si prese un attimo di
pausa, mentre il Cavaliere dell’Acqua era rimasto sbalordito da
tali parole. Lo aveva notato subito che quella volta Ascot aveva un
qualcosa di diverso. Evidentemente, molto più diverso di quanto
immaginasse.
L’evocatore alzò fieramente lo sguardo verso la ragazza.
-Io devo chiederti una cosa, Umi. Te la devo chiedere da tanto
tempo. Mi… Mi permetti di amarti? Mi puoi dare una
possibilità?-
La fanciulla aprì la bocca, ma non ne uscì alcun suono.
Ecco, ora aveva capito ciò che aveva di differente Ascot: non
era più il bambino, il nanerottolo capriccioso e un po’
burlone. Era diventato un adulto e non solo nell’altezza. Era
maturato davvero.
-Mi stai chiedendo il permesso di amarmi?- fece la fanciulla, riuscendo finalmente a dire qualcosa.
L’evocatore annuì, arrossendo ma non abbassando la testa.
-Mi stai chiedendo il permesso per fare una cosa così naturale?-
I due giovani rimasero a fissarsi in silenzio per un po’. La
ragazza stava prendendo coscienza del fatto che Ascot fosse giunto
sulla Terra per intercessione dell’Acqua, il suo elemento. E,
finalmente, capì anche il senso vero delle parole del giovane
quando le aveva parlato dell’eventualità di abbandonare i
suoi amici mostri. Lo avrebbe fatto per lei.
Il giovane temeva il silenzio di Umi, temeva di averla offesa. Inoltre,
l’acqua del laghetto e dei canaletti aveva cominciato ad
agitarsi, seppur con dolcezza. Non aveva più tempo: stava per
tornare su Cefiro.
Il ragazzo chiuse gli occhi. Aveva fallito la sua prova, sarebbe
tornato indietro senza trionfo. Ormai il giardino stava sparendo, i
secondi si erano esauriti.
Poi, all’improvviso, avvertì qualcosa di caldo sulla guancia. Un bacio. Umi gli aveva dato un bacio.
-Abbi fiducia.-
Un sussurro di tenerezza, ecco cosa udì come ultima cosa, prima che le tenebre calassero intorno a lui.
Un suono flautato invitò Ascot a riprendere i sensi.
“Ben trovato, bell’addormentato.”
Il ragazzo si rimise in piedi, barcollando lentamente.
-Quello che ho vissuto, non stato solo un sogno, vero?- chiese alla Sirena.
“Ma certo che no! Tutto vero, verissimo! Anche se non cedo tu abbia trovato una piena risposta ai tuoi dubbi.”
-Infatti.- rispose il giovane. Eppure, nello stesso istante si portò una mano alla guancia.
“Io ti ho dato una mano, ma non puoi sperare che faccia tutto!
Ora sei tu che devi decidere!” esclamò la Sirena, agitando
la coda. “La mia parte l’ho fatta, da adesso in poi
è tutto nelle tue mani”.
Lo Spirito fece fluttuare i suoi lunghi capelli e prese ad avvitarsi su
se stessa fino a che non divenne di nuovo una scia di luce e non fu
ingabbiata nella biglia. Nel giro di qualche istante, anche la sfera
blu, divenuta di un bel colore zaffiro lucente, si andò a
riposizionare accanto alle altre.
Lo Specchio dei Sogni si illuminò a sua volta e il vetro scomparve: ora c’era una coltre argentea.
All’improvviso aumentò anche le sue dimensioni: ormai era diventato simile ad una porta.
-E così questo è davvero lo Specchio dei Sogni!- esclamò una voce alle spalle di Ascot.
-Clef!-
-Sapevo che anche tu ce l’avresti fatta.- fece piano il monaco.
-Ed ora… Che si fa?- domandò il ragazzo.
-Ora dovrete decidere voi quando andare. Lantis e Ferio già lo
sanno: una volta oltrepassato lo specchio non si potrà
più tornare indietro.-
Ascot osservò Clef senza alcuna nota di stupore. Sapeva che ci sarebbe stata una condizione simile, lo aveva intuito.
-Quindi penso che sia giusto che anche io mi prepari.- replicò solamente il giovane.
Clef annuì sorridendo: -Sarà una grave perdita non averti
più tra i miei allievi. Ma a volte, dobbiamo accettare le cose
come vengono. Non si può avere tutto.-
L’evocatore chinò il capo in segno di rispetto, quindi si
congedò, lasciando Clef da solo davanti allo specchio.
-Adesso penso che tu possa anche uscire. Come vedi è andato
tutto come previsto.- esclamò il monaco a voce alta, senza
voltarsi.
Per qualche istante non successe nulla, poi, da dietro una colonna, apparvero un paio di morbide orecchie rosa.
-Eh, mio buon Mokona. Sapevo che c’era il tuo zampino.
D’altra parte quei giovani ti sono sempre stati molto a cuore,
vero?-
Mokona emise un versetto allegro.
Clef rise e, battendo il bastone in terra, aprì la porta della stanza.
-Siamo ancora in tempo per una buona tisana. Ne vuoi una anche tu?- disse il monaco, uscendo.
Il simpatico ma potente esserino gli saltellò dietro.
Un paio di rimbalzi sul pavimento e fu fuori anche lui.
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