Mi
sono accorta, scrivendo, che la storia si inserisce perfettamente
nella serie Brave New World. L'ho accorpata alle altre per comodità
del lettore. Doralice: un altro what if, che non ci bastano mai.
A ricordare bene, nella serie il famoso 'bacio' era già
avvenuto, mi sono presa un bel po' di libertà. Le discrepanze
le noti su Brave New World, dove Claire è ancora incavolata
come un picchio. Le licenze poetiche ce le prendiamo sempre,
massì... Kasumi: a me Lydia piaceva molto, era un bel
personaggio. Difficile dire che Sylar era interessato a Gretchen. Ha commentato
anche con un 'che spreco' in direzione delle due ragazze. Le stava
solo prendendo in giro. Buona lettura!
Odiava
la Casa degli Specchi. Dopo tutto quello che aveva visto sul suo
passato, Sylar era ancora un po' disgustato da se stesso e per come
aveva reagito. Aveva perso il controllo e si era vomitato sui
vestiti. Aveva piagnucolato e si era lasciato fare il lavaggio del
cervello da Samuel. Aveva permesso alla sgualdrina di toccarlo.
Doveva ancora capire a che diavolo serviva quel potere ma per ora ne
aveva abbastanza della faccia di Claire sul suo braccio. Empatia
tatuaria. Che cazzo di potere! Doveva darci un taglio e
cominciare a mettersi delle regole tipo 'non si mangia fuori pasto' e
'niente junk food'. Soprattutto, doveva ricordarsi di
rispettarle.
“Dai,
è fichissimo!”
“Non
mi sento molto bene... Gretchen, dai... voglio tornare a casa!”
Sylar
si spostò verso il lato in ombra della carrozza e attese a
braccia incrociate. La seduta con Lydia doveva averla sconvolta.
Brava, infilati nella Casa degli Orrori... cretina, pensò
ascoltando le lamentele della ragazza e le incitazioni dell'amica.
Claire
cedette, avanzò sugli scalini e un rastone di colore che si
presentò come Damien la accompagnò dentro. Fermò
Gretchen sulla porta. “Uno alla volta.”
La
ragazza tornò sul piazzale, sedette su un tronco lavorato
messo apposta lì per le lunghe attese e Sylar le comparì
alle spalle. Era stufo della sua presenza. Non centrava niente in
quel posto. Gretchen si voltò in quell'istante, lo fissò
e cadde a terra. Studiare quel libro di medicina era davvero servito
a qualcosa, allora...
***
“Perchè
sei qui?”
“Ho
bisogno di risposte.”
“Siete
in molti a cercare verità, questa sera.”
Claire
si lasciò prendere la testa fra le mani e chiuse gli occhi
dietro suo suggerimento. “Che cosa vedrò?”
“Il
passato. Il presente. La chiave nel mezzo. L'origine di tutto.”
Claire
aprì gli occhi. Era seduta al centro della stanza e si
rifletteva in mille specchi. Le sue iridi azzurre si contrassero e si
mescolarono con il nero delle pupille. Strinse le dita attorno alle
ginocchia e aprì leggermente le labbra.
Sua
madre. Quella vera.
Suo
padre, Noah.
L'eclissi.
Il
catalizzatore che ospitava e che aveva passato a Hiro Nakamura.
L'aggressione
di Sylar.
Gli
intrighi di Angela
Il
bacio di Gretchen.
Era
tutto lì? Diciannove anni e nulla da dichiarare? Che scopo
aveva la sua vita? Claire allacciò le mani attorno alle gambe.
Dondolò per un istante e sospirò, puntando i palmi a
terra. Damien era comparso di nuovo alle sue spalle. Claire ringraziò
a bassa voce, aprì la porticina e scese gli scalini
stancamente. Non era arrivato neppure all'ultimo, che la persona che
sedeva sul tronco si alzò con uno scatto e le fu quasi
addosso.
“Che
cosa hai visto?”
Claire
ficcò uno sguardo quasi assente negli occhi di Sylar. Scosse
la testa allargando una mano sola. L'altra era stretta attorno alla
passatoia di ferro e non si azzardava a lasciarla. “Niente.”
Come
niente? Che aveva fatto la dentro, dormito?
“Sono
una normalissima e noiosa diciannovenne con un superpotere”
annunciò con voce incredula.
“Sul
noiosa non ne avevo dubbi” commentò raddrizzando la
schiena. “Nessuna scoperta sensazionale?”
Claire
scosse la testa. Era destinata a gloriose imprese? Col cazzo, pensò
sedendo sul tronco. Aveva solo un potere. Ficcò le mani fra le
cosce chiuse e guardò l'erba calpestata dai molti visitatori.
“Tu che cosa hai visto?”
“Un
mucchio di schifezze.”
“Immagino...”
Mh,
neppure lui le aveva fatto quell'effetto, pensò tirando su la
manica. La sua faccia era ancora lì. Le mostrò
l'avambraccio. “Perchè credi abbia il tuo muso stampato
qui?”
“Perchè
non hai alcuna fantasia” mormorò assente “perchè
vuoi farmi delle domande e credi io abbia le risposte. Te lo dico fin
da adesso... non ho alcuna risposta. Ne per me, ne per te. Siamo come
siamo... siamo speciali, tu sei un testa di cazzo ed io ho un potere
inutile.”
“Il
tuo potere è una figata. Comunque vaffanculo” borbottò
dondolando una gamba. “C'è gente che ammazzerebbe per
averlo. Guarda me.”
“Ricambio
il sentimento da poco espresso e aggiungo un fottiti di
tutto cuore.”
Mh,
era simpatica quando non frignava. “Prima che isterizzi, ho
sedato la tua amica. Sta dormendo nel carrozzone blu.”
“Hai
fatto bene, mi stava procurando solo un enorme mal di testa”
annunciò tirando le gambe contro il seno. “Perchè
hai preso il potere di Lydia?”
“Per
capire. Perchè avevo fame. Perchè chi cerca di
usarmi fa una brutta fine.”
“E
dai... non l'hai uccisa perchè è una bella figa.”
Sylar
sghignazzò e le mollò una gomitata leggera che Claire
non incassò. Aveva messo molti centimetri fra loro quando si
era seduto e stava quasi per cadere dal tronco.
“Anche
io ho visto il tuo brutto muso nei tatuaggi. Pensa un po' che shock
averti in testa ventiquattro ore al giorno.” Forse non doveva
dirlo ma da quando era uscita dalla carrozza non riusciva a smettere
di parlare e aveva un principio di isteria nella voce. “Era
acido, vero?”
“Il
tono? Parecchio” ammise soppesandola con un'occhiata. “Ok...
scusa!”
Scusa
cosa? L'aveva rincorsa per tutta casa e le aveva aperto la testa.
Claire non rispose ma continuò a scrutarlo con le sopracciglia
aggrottate e una smorfia sulle labbra. “Ti alleerai con Samuel
per la dominazione del mondo?”
“E
tu passerai il resto della tua vita a fare i giochi di prestigio e a
tagliarti gli arti per mostrare alla gente come ricrescono?”
“Perchè
devi essere sempre così stronzo?”
Sylar
ringhiò nella sua direzione “sto cercando di essere
gentile con te, non farmene pentire.”
“Tu
usi la gente e ti approfitti dei più deboli!”
“Ho
avuto una buona scuola, quella di tuo padre e Angela” sbottò
alzandosi in piedi e prendendola per la spalla “andiamo a fare
un giro nella Casa degli Specchi, ti mostro il mio passato!”
Non
farti toccare.
“Non
voglio vederlo!” sbottò divincolandosi e finendo
bloccata a metà aria. “Rimettimi a terra!”
“Ti
posso costringere con la forza, Claire.”
“Non
pronunciare il mio nome, mi fai venire i brividi!” esclamò
con la voce strozzata. “Io ti odio e non voglio avere nulla a
che fare con te!”
Sai
che novità! Sylar la lasciò andare solo quando
furono chiusi dentro da Damien. Claire cercò di sbloccare la
porta ma la maniglia sembrava saldata. Aveva paura a scrutare dentro
la mente di quel pazzo, ma forse avrebbe scoperto qualcosa da usare
contro di lui. Claire scivolò a terra quando gli specchi
raccontarono la sua storia. Si mise a piangere senza ritegno dopo le
prima battute e raggelò quando scoprì l'intromissione
di suo padre in quella faccenda.
L'aveva
già visto ma gli faceva un certo effetto. Il Quinto diceva
'non uccidere'. E tutti gli altri che aveva infranto? Sylar
battè le palpebre e osservò la ragazza. Si sentì
in colpa per averla coinvolta in tutto quello e si accorse che non
aveva poi tanto senso. Quel che aveva fatto non poteva rimetterlo a
posto. Poteva solo andare avanti. Le porse la mano e Claire l'accettò
mentre premeva l'altra contro la bocca e si asciugava gli occhi. “Mi
spiace, Gabe...”
“Come
mi hai chiamato?”
“Ce
l'hai un nome, usalo!” singhiozzò alzando il braccio
sinistro e mostrandogli l'orologio che portava. “Tu non sei una
stupida marca, i tuoi poteri non ti possiedono!”
“Mi
sa proprio di sì...” mormorò abbassando di nuovo
il braccio e stringendole ancora la mano.
“Puoi
dominarli.”
“Tu
ci riesci?”
“Il
mio non è fastidioso come il tuo. Si ignora facilmente.”
“Io
non posso ignorarlo”
“Tu
hai la sindrome della primadonna!” esclamò ficcandogli
un dito nel torace. “Il mondo non ruota attorno a te!”
“Ti
stacco quel dito, se non la finisci” ringhiò.
“Ricresce,
sai?” esclamò premendo più a fondo.
Sylar
afferrò l'altra mano e se la strappò di dosso. Claire
fece un paio di passi indietro, sbattè contro uno specchio e
per un momento temette di essere risucchiata come nei peggiori film
horror. “Mi hai fatto male.”
“Posso
fartene molto di più” borbottò vergognandosi un
po' a prendersela con una ragazzina. Ma non riusciva a chiudere la
bocca e Claire era invulnerabile alle sollecitazioni fisiche. Se
fosse uscito di lì, in quel momento, avrebbe fatto una strage.
“Dammi la bussola.”
Claire
lo guardò con un bel 'no' pronto sulla lingua.
“Dammela!”
La
ragazza frugò nelle tasche e la gettò a terra sicura
che non potesse andare in pezzi. Invece, quando urtò il
pavimento, il rivestimento saltò via e ago e perno schizzarono
ai lati opposti. Claire si morse un labbro. E adesso chi lo sentiva?
“Stupida”
sibilò. Non era stato in grado di capirla, sarebbe riuscito ad
aggiustarla?
Claire
fece rapidamente due passetti indietro e drizzò la schiena
quando si sedette ad osservare la bussola. Lo fissò
attentamente quando lo vide assorto, i lineamenti distesi. “Che
cosa non riesci a capire?”
“Il
suo funzionamento” ammise con voce flebile mentre i pezzetti
volteggiavano in aria.
“Non
funziona come tutte le altre bussole” borbottò a mezza
bocca. “Quando Samuel me l'ha data, mi ha detto di concentrarmi
sul circo e che la bussola mi avrebbe portato da lui.”
“Mh!
E' stato il circo a venire da me” sussurrò riadagiandoli
a terra. “Quindi il segreto è concentrarsi sulla 'casa
dolce casa'?”
“Nel
mio caso. Nel tuo?”
Perchè
doveva stuzzicarlo dopo aver provocato il disastro? Sylar le rivolse
un'altra occhiata cattiva che non scalfì la superficie
impenetrabile di Claire. “Tuo padre ti ha sculacciato poco, da
piccola!”
Claire
spostò lo sguardo sulla manica arrotolata e notò che il
tatuaggio era sparito. La chiacchierata che avevano avuto era bastata
a scongiurare l'avvertimento di Lydia. “Io resto qui”
annunciò spostandosi all'indietro. “Non torno a casa.”
“Fa
come ti pare” mormorò continuando a strofinare un labbro
in cerca di una soluzione.
“Dove
hai messo Gretchen?”
“Mh?”
“Gretchen.
Alta, carina, lunghi capelli castani...”
“Nel
carrozzone blu dei fuochi d'artificio.”
“Ma
sono quasi tutti blu!” esclamò abbassando le spalle.
“Per favore, puoi essere normale per un fottuto istante?”
“Sono
normale.”
Claire
alzò le sopracciglia e gli occhi al cielo.
“Sono
pieno di sentimenti.”
“Ne
provo anche io qualcuno, in questo momento!”
“Fammi
indovinare!” esclamò allegro. Non riusciva a smettere di
infastidirla, lo divertiva vederla prendere fuoco. “Rabbia,
fastidio...”
“Continua,
stai andando bene” ringhiò incrociando le braccia. “A
proposito, che cosa le hai fatto? Niente di definitivo, spero.”
“Sta
solo dormendo. Non sono così spieta...”
Claire
scoppiò a ridere. Era isterica ma rise lo stesso. Le tremava
anche la voce.
“Ripara
la bussola ed io ti porto da lei.”
Claire
smise di ridere, sussurrò fra se e lo guardò dubbiosa.
“E come?”
“Comincia
a provare” le ordinò con un sorrisetto. “Io vado a
sgranocchiare qualcosa.”
Lo
stomaco si aprì come una caverna e fece un discreto rumore.
Claire sentì una punta di imbarazzo. “Portami un...”
La
porta era già sbattuta e aveva troncato le sue parole. Ma
perchè continuava a farsi manipolare da Sylar?
***
Inopportuno.
Era l'unica parola che gli veniva in mente quando lo guardava.
Samuel pulì le mani su uno straccio e lo ficcò in
tasca, impossibilitato a salire i gradini del suo carrozzone occupati
da uno stravaccato Sylar intento a divorare un panino più
grosso della sua mano. Una Pepsi ghiacciata giaceva sul gradino più
basso. Ne prese la cannuccia in bocca e mandò giù un
boccone. “Il baracchino del kebab è proprio buono!”
farfugliò. “Ah, cavolo! Ho dimenticato di prendere uno
per Claire!”
Samuel
gli suggerì di andare prima che smontassero tutto. “A
proposito. Dov'è?”
“Nella
Casa degli Specchi. Sta aggiustando la tua bussola.”
“Ne
ho tante altre.”
Proprio
quello che voleva sapere. Sylar gettò la carta oleata per
terra e finì la Pepsi in un lungo sorso. Lasciò la
confezione fra i piedi di Samuel e si allontanò mugolando una
canzoncina.
L'uomo
calciò la sporcizia con rabbia. Aprì la porta del
carrozzone e frugò nei cassetti in cerca di un'altra bussola.
Quando la trovò, la spolverò con cura. Era l'unica
rimasta.
“Grazie.”
Sylar
lo colpì alla nuca e Samuel stramazzò in terra. Le
boccette di inchiostro si rovesciarono sul legno ma molte rimasero
chiuse. Sylar le guardò a lungo prima di chinarsi a
raddrizzarle. Solo per curiosità alzò la manica. La
faccetta di Claire era tornata. L'uomo sbuffò e alzò
gli occhi al cielo. Eppure pensava che la chiacchierata fosse
bastata. Che doveva fare? Mettersi in ginocchio e chiedere perdono?
“Samuel,
non trovo più...”
Lydia
si fermò all'ingresso del carrozzone, lo scialle scivolò
da una spalla, indietreggiò di un gradino e si guardò
dietro. “L'hai ucciso?”
Sylar
scosse la testa e le mostrò l'avambraccio. “Perchè
continua ad apparire?”
“Hai
avuto modo di parlare con lei?”
“Ci
siamo insultati un pò. Era sparito ma è riapparso
nell'ultima mezz'ora...”
“Tu
sai cosa significa.”
“No,
non lo so” dichiarò un po' seccato che dessero per
scontato che non potesse avere dei limiti.
Lydia
mantenne il volto impassibile ma si fece cauta e attenta a non
contrariarlo. “I tatuaggi a volte sbagliano. Le ossessioni
influiscono sul processo di visualizzazione.”
Sylar
alzò appena le sopracciglia. Lui ossessionato da Claire? I
fatti dimostravano il contrario.
“Le
hai fatto qualcosa e non riesci a perdonarti”. Lydia tacque
quando lo vide passare dal divertimento all'incredulità fino
ad sostare sulla delusione. Non gli piaceva la risposta ma era
l'unica che aveva. “Claire è spaventata.”
“Sai
che novità! Ha paura della sua stessa ombra!” sbottò
riallacciando la manica. “Riportala a casa.”
“Non
posso abbandonare il circo.”
“E'
ancora aperto il chiosco del kebab?”
Lydia
scosse la testa, gli indicò un redivivo e lamentoso Samuel con
un cenno del mento e Sylar si defilò con uno sbuffo.
***
Non
era mica agli arresti domiciliari. E poi doveva trovare Gretchen.
Claire chiuse il cartone della pizza ormai vuoto, pulì le mani
sui jeans e si voltò in tutte le direzioni alla ricerca di un
cestino della spazzatura. L'attendevano un laccio di liquirizia e uno
alla fragola. Quale per avrebbe aggredito per primo?
“Non
ti avevo assegnato un compito?”
La
liquirizia sarebbe andata bene per strangolarlo, decise ficcando
l'estremità fragolosa in bocca. “Non sono la tua
schiava.”
“Non
ancora. Ho parlato con Lydia, sembra che debba farmi perdonare da
te.”
“Ah
ah! Auguri!” rise masticando il laccio alla fragola.
Sylar
si rese conto di un grosso limite: riusciva a mantenere la pazienza
solo per tre minuti. “Ascolta, bellezza. Non intendo passare la
vita con la tua faccia stampata sul gomito! Accetta le mie scuse e
falla finita!”
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