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Fuori è quasi giorno
sto pensando a te
disperato vuoto
dentro me...
Il
cielo era nero, ma lontano, guardando dalla torre di Astronomia, l'orizzonte
era illuminato da una leggera luce rosata, un accenno appena di alba
che presto avrebbe vinto contro la notte, dissolvendone la densità
nonostante in quel momento poteva sembrare impossibile riuscire ad
illuminare quel buio.
Una
strana coincidenza che anche la natura gli stesse suggerendo quello
che lui sapeva sarebbe successo con una ben altra Oscurità e un ben
altro bagliore, fioco ed insignificante che però presto si sarebbe
arricchito portando il giorno nell'era del mondo magico.
Non a
caso quella stupidissima cicatrice era a forma di saetta.
Per
quanto oggettivamente non si era né si sarebbe mai considerato un
sostenitore di Harry Potter sapeva perfettamente che presto il
prescelto sarebbe arrivato per lo scontro decisivo, e ne sarebbe
uscito vittorioso nonostante l'ingente schiera di Mangiamorte e
mercenari su cui poteva contare Lui, nonostante Lui fosse considerato
il mago più potente di tutti i tempi.
Sebbene
i numeri gli fossero contro era ovvio che Harry Potter avrebbe
sconfitto il Signore Oscuro e come corollare anche lui, in quanto
schierato per cause superiori tra le sue file, ma che in fondo se non
per orgoglio o legami di sangue non sentiva minimamente di
appartenere a quella battaglia che gli era stata imposta: agiva
apparentemente con freddezza, per procura del nome di suo padre
malgrado ormai fosse consapevole che non valesse più mezzo zellino,
ma dentro di sé c'era l'indifferenza per la causa, e più a fondo
ancora la sensazione del torto della stessa.
Quest'ultimo
sentimento veniva in genere ignorato, dal momento che sapeva che a
prescindere della giustizia o meno del suo schieramento quello era il
posto a cui era destinato, ed era l'esercito con cui doveva
combattere; anche se il peso di quella consapevolezza lo aveva
portato alla separazione più lacerante della sua vita, un atto che
però aveva dovuto fare in quanto non c'erano alternative: non erano
destinati a stare insieme né mai lo sarebbero stati.
Guardò
nuovamente l'orizzonte, cercando di immaginarla in arrivo nonostante
quel pensiero non gli avrebbe portato alcun sollievo: Lei non stava
marciando verso di lui, non lo avrebbe mai raggiunto; stava
semplicemente andando contro l'esercito di cui faceva parte, che lui
ci sarebbe stato o meno non avrebbe fatto alcuna differenza,
specialmente per il fatto che Lei ormai non provava assolutamente
nulla nei suoi confronti, ai suoi occhi era esattamente al pari degli altri
Mangiamorte che andava combattendo.
Specialmente,
ne era certo, dopo quello che era successo a Malfoy Manor: se mai un
pensiero per lui era ancora celato nel suo cuore era stato bruciato e
sradicato con odio, dopo che era rimasto inerme a fissarla mentre
quella fanatica di sua zia la sottoponeva alla tortura più crudele.
Non
era stato facile rimanere ad osservarla, Lei, la creatura che sola in
un mare d'indifferenza aveva avuto il potere di dare un senso alla
sua vita; eppure anche quella volta, come molto tempo prima, aveva
agito così per il semplice fatto che faceva parte del loro destino
rimanere schierati in due fazioni opposte, e lui non aveva il potere
di cambiare le cose.
L'aveva
lasciata soffrire, consapevole del fatto che Potter e Weasley
sarebbero giunti in suo soccorso, e tramite la legimanzia si era
imposto il suo stesso trattamento subendo impassibile sulla sua pelle
ogni incubo che Bellatrix imprimeva a Lei.
Per
espiazione, per evitare di incrociare consapevolmente i suoi occhi
che lo fissavano incolpandolo e odiandolo.
In
quello sguardo lei gli trasmetteva l'abbandono che a sua volta lui le
aveva imposto tempo prima, staccandosene in nome di una storia già
scritta chiamata futuro, che già al tempo aveva indovinato,
l'avrebbe visto perdente per mano proprio di Lei e della sua causa.
Sopportava
quel ricordo con una sorta di doloroso autocompiacimento, l'unico
sentimento della sua vita che non fosse macchiato dall'indifferenza.
Niente è mai
perfetto
Niente è come vuoi
Siamo soli adesso
pure noi
Non
era universalmente giusto il fato che li aveva impedito di stare
insieme, ma nella vita non conta solo il dolore provato per una
scelta faticosa: non era assurdo, per quanto crudele, il fatto che
loro due non potevano semplicemente infischiarsene del mondo e
decidere di amarsi; era stato suo il compito di capirlo per entrambi
ed imporlo anche a Lei, lasciandola sola ma dandole la possibilità
di amare ma soprattutto di venire amata da qualcuno più coerente con
Lei.
Lui,
per sangue e per retaggio famigliare, non avrebbe mai avuto la
capacità di amare nessuno; nemmeno Lei che l'aveva scosso tanto da
andarci vicina: quello che lo legava a Lei era tutto, era la sua
ragione d'esistere e al tempo stesso quella per morire, ma non era
l'amore che avrebbe potuto darle Weasley o chi per lui, e lo sapeva
perfettamente.
Era
il vuoto dentro di lui e al contempo l'unico elemento che avrebbe
potuto riempirlo, in un universo parallelo dove sarebbe stato
possibile; ma aveva capito che doveva farne a meno: per il fato che
non li aveva creati per stare insieme e per Lei, che non era
destinata a rimanere invischiata in lui ma era fatta per qualcosa di
migliore, per la storia che Lei stessa si stava scrivendo.
* * *
Lo stava osservando da
tempo, ne era consapevole, e sapeva che era vicina a scoprire la
verità; eppure non l'aveva fermata: era stupito dal fatto che
sperava quasi, attendeva il momento in cui la Sanguesporco
avrebbe messo fine al compito a cui era stato destinato, che lei si
sarebbe presa il potere di fargli smettere di fingere di essere fiero
di una scelta che faticava a proclamare come un onore.
Lei era potenzialmente capace di
smascherarlo e fermarlo: la più competente e astuta dei tre
"paladini", si sorprendeva nel confidare nel suo intelletto come chiave
della sua salvezza, mascherata ai più come una sconfitta.
Sentiva i suoi occhi
indagatori su di sé mentre si incamminava verso la Stanza delle
Necessità a qualsiasi ora del giorno e della notte, e la sapeva
fuori da quelle mura a lambiccarsi mentre lui cercava di riparare
l'armadio come gli era stato comandato.
Per la prima volta
aveva intuito, sebbene non ne fosse ancora consapevole, che forse non
era il suo destino quello di essere tratto in salvo da lei; quel
pensiero gli era balenato in una zona remota del suo cervello ma era
stato presto dimenticato.
Mosse la testa
scrocchiando il collo mentre una fitta liberatoria lambiva i muscoli
tesi delle spalle, e si concentrò sull'armadio
-cosa diavolo stai
facendo?- non si trattenne dall'esclamare allarmata.
Dandogli le spalle per
un brevissimo istante un ghigno si dipinse sul suo viso: ce l'aveva
fatta a trovarlo. Difese il suo operato e la causa a cui faceva parte
per linea di successione
-non sono affari tuoi,
ti consiglio di andartene immediatamente- ribattè altero e
sprezzante, non concedendogli l'onore di voltarsi verso di lei. La
Granger, che per un attimo sentiva immobilizzata dall'incertezza, si
fiondò su di lui puntandogli spavaldamente la bacchetta alla gola.
Non era la prima volta che accadeva, una bruciatura nel suo orgoglio
gli ricordava seccamente che si era anche visto recapitare un pugno
da quella sottospecie di strega
-Malfoy fermati
immediatamente: qualsiasi cosa stai macchinando rinunciaci, il gioco
è finito, ti denuncerò a Silente
Non un singolo muscolo
del suo collo si mosse, per niente impaurito dal fatto di essere
sotto tiro, dal momento che sapeva bene che nessun incantesimo
sarebbe stato scagliato nella sua direzione in quella circostanza.
-che prove hai che sto
facendo qualcosa di sbagliato?
La Granger sbuffò con
veemenza
-l'armadio svanitore
che hai davanti è una prova più che sufficiente
-questo non è un
armadio svanitore- si giustificò sicuro, conoscendone bene l'attuale
stato di inutilità -quindi non vedo capi d'accusa
il legno della
bacchetta venne pressato maggiormente sulla pelle diafana
-non osare prendermi
in giro: so benissimo quello che ho davanti agli occhi
Spostò lentamente la
testa e incrociò gli occhi ridotti a due fessure della ragazza;
mentre una smorfia sprezzante gli si dipingeva addosso
-te lo posso provare
Sanguesporco- il volto della ragazza si contrasse involontariamente
nell'ascoltare l'appellativo uscito con tanta naturalezza dalle
labbra del giovane -scosta la tua stupida bacchetta e fammi entrare-
disse sicuro, già sapendo del suo rifiuto.
In tutta risposta gli
occhi castani si strinsero maggiormente, sospettosi
-dandoti l'opportunità
di fuggire? Scordatelo
-e allora provalo tu
stessa- continuò, impertinente
-dandoti l'opportunità
di continuare indisturbato e liberarti di me? Fammi capire, mi credi
davvero così stupida?- lo spinse -Entriamoci insieme, e vediamo chi
ha ragione
Capì che lei aveva
colto la sua espressione involontaria di sconcerto nel momento stesso
in cui velocemente se la cancellava dal viso
-dimmi Granger, se hai
ragione tu dove credi che ci porterà? Perchè non ci mettiamo invece
dentro qualche oggetto?
Nonostante il bluff
lei ormai aveva visto la sua incertezza al pensiero di entrare
nell'armadio, e contagiata dall'imprudenza che aveva sempre
contraddistinto uno dei suoi migliori amici prese la sua decisione
-dal suo gemello, a
Notturn Alley; ma se dovessi avere ragione io fidati che sarò
preparata a tornare indietro immediatamente, e ricordati che ti tengo
a tiro: chiunque si trovi là non avrà nemmeno il tempo di
accorgersi di noi che saremo già di ritorno
Era perfettamente
consapevole che l'armadio non era funzionante al momento, ma gli
avevano insegnato la pericolosità di quegli arnesi quando erano
rotti: erano in grado di separare l'anima dal corpo e mentre
trasportavano uno l'altra rimaneva intrappolata nella struttura,
destinata a perire.
Cercando di rimanere
impassibile si lasciò spingere da lei all'interno del vano
-cerca di non starmi
troppo vicina: mi fai ribrezzo- l'avvisò mentre lei faceva per
seguirlo, ignorando il tono velenoso del suo avvertimento.
-a te l'onore- gli
disse, facendogli cenno di chiudere l'anta -io preferisco stare
all'erta
la guardò con la coda
dell'occhio: concentrata a fissare un punto al di fuori sembrava non
provasse la minima paura di quello che poteva accadere.
Seccato da questo
fatto, mentre lei continuava a tenergli la bacchetta puntata addosso,
si allungò e chiuse l'armadio.
Sospirò di sollievo:
assolutamente niente. Compiaciuto e sentendosi al sicuro l'apostrofò
seccato
-come vedi ho ragione,
ora sparisci dalla mia vista e non ti azzardare più a rivolgerti
così a me- le disse, ringalluzzito dall'esito mentre assaporava il
gusto della vittoria, nonostante in realtà avrebbe preferito perdere
e venire tirato fuori da quell'affare.
Scansò malamente la
bacchetta e si rialzò, facendo per spingere l'anta e riaprire
l'armadio, quando si sentì squarciare lo stomaco.
Intontito si trovò
schiantato a terra: che diamine di incantesimo gli aveva sferrato? Un
fastidioso sapore metallico gli riempiva la bocca mentre un rivolo di
sangue gli scorreva al di fuori delle labbra, aveva la sensazione che
il suo corpo fosse stato diviso a metà da una ferita che gli
bruciava il fianco: che avesse usato lo stesso incantesimo che Potter
aveva utilizzato nei bagni?
Semi svenuto aprì gli
occhi ma il buio dell'interno dell'armadio gli impediva di
riconoscere alcunchè.
Fece forza con le mani
al terra per rialzarsi, sorpreso di incontrare al posto del legno
liscio qualcosa di viscido, granuloso e freddo mentre un odore acre
gli raggiungeva il naso, fino a quel momento coperto dal sapore del
suo stesso sangue. Il cuore accelerò, mentre la paura sovrastava il
dolore fisico e lo riportava cosciente: dov'era? Era ancora vivo?
Si alzò, scoprendosi
in un posto buio quanto l'armadio ma molto più ampio, dal momento
che intorno a lui non sentiva confini; in lontananza, impossibile
definire la distanza, vide una fioca luce e con fatica mosse i primi
passi verso di essa.
Un gemito sotto di lui
gli ricordò che non era solo, ma non era certo per merito suo se si
trovava in quella situazione e il pensiero di sincerarsi sulle
condizioni della Sanguesporco o di aiutarla non lo sfiorò, mentre un
passo alla volta cercava di non pensare al male fisico che era tanto
forte da riuscire a farlo cadere al suolo se si fosse distratto, e
avanzava lentamente.
Un gemito più forte
gli impedì di andare oltre, il rantolo era così primordiale da
sembrargli il suono stesso del dolore. Non riuscì a distinguere
l'istinto, la coscienza che non avrebbe scommesso di avere, e la
stupidità; ma nonostante non comprendesse il motivo che lo obbligava
a muoversi si voltò e si lasciò malamente cadere di fianco a lei.
La trovò a tentoni e la scosse poco gentilmente, ancora più
arrabbiato perchè non solo l'aveva messo in quella situazione ma lo
costringeva a rimanerci
-Sanguesporco- la
chiamò, con tutta la rabbia che provava -muoviti, dobbiamo andarcene
da qui
il braccio che
stringeva rimaneva inerme, mentre lo sconforto assumeva nuove tinte
ancora più tetre. Si puntellò sui gomiti e le strisciò più vicino
-razza di strega
uscita male svegliati- tossì, mentre con la mano cercava lungo la
sua gamba insensibile la tasca dove teneva la sua bacchetta.
Afferrata l'impugnatura famigliare la estrasse con fatica mentre il
suo stesso corpo la teneva incastrata con il suo peso al suolo, e la
portò accanto a dove presumeva si trovasse il viso della ragazza,
sussurrando un Lumos.
Scostò i capelli
appiccicati al volto scoprendoli umidi e viscidi, impregnati del
sangue che sgorgava dalla ferita sulla fronte, unica nota di colore
vitale sul viso dipinto di un pallore quasi mortale.
-Reinnerva- implorò
quasi, dando fondo alle sue energie, senza ottenere nessun risultato.
Almeno respirava
ancora, era già un punto di partenza; si applicò con un incantesimo
latente nella sua memoria per rimarginare il taglio, e non capì con
precisione se era la luce della sua bacchetta a spegnersi o se era la
perdita imminente dei sensi a sfocargli il contorno del suo campo
visivo, ma prima di cadere nel buio gli parve di vedere che dalla
fronte della Granger la stilla di sangue era cessata. Poi, il niente.
Il dolore, per quanto
acuto, si era fatto più sopportabile, fu quella la prima sensazione,
prima di rendersi conto che le sue palpebre lasciavano penetrare una
luce rossastra.
Ricordandosi dov'era
sollevò la testa di scatto, aprendo gli occhi
-fai piano Malfoy- lo
ammonì una voce che non gli era mai stata particolarmente famigliare
ma che ricordò come della Sanguesporco.
Si guardò intorno
notando che lei era seduta accanto a lui, in quella che sembrava una
caverna buia se non per la luce della bacchetta; i capelli spettinati
le coprivano la fronte, ma da quello che riusciva ad intravvedere era
in condizioni migliori dell'ultima volta che l'aveva vista, e le
guance della ragazza erano pallidamente rosate, in contrasto al
grigiore in cui riversava prima.
Capì che lei gli
aveva riservato lo stesso trattamento, migliorando lo stato della
ferita che lo squarciava all'altezza dei fianchi, e la guardò
accigliato ed interrogativo
-non ti emozionare-
gli rispose lei -ti avrei volentieri lasciato lì a dissanguarti, ma
ero in debito; anche se è per colpa tua che siamo capitati questa
situazione e quindi ti saresti meritato di rimanertene qua a
soffrire- disse, nascondendo bene la paura nella sua voce, se mai la
provava.
-è colpa mia?
Sei tu che hai avuto la brillante idea di fare un giro nell'armadio-
la contraddisse seccato mettendosi a sedere
-ci saremmo
risparmiati tutto questo se tu avessi confessato che avevo ragione-
gli fece notare con una tinta di petulanza nella voce.
Draco fece una smorfia
-chi ti dice che io
sapessi che cos'era?
-lo sapevi benissimo,
non farmi fessa
-e comunque questo non
è un armadio, quindi si trattava di qualcos'altro; forse una
passaporta. Sto ipotizzando perchè ti ripeto che non so che cos'era-
mentì parzialmente
-non esistono le
passaporte a Hogwarts così come non ci si può smaterializzare- lo
corresse severa -la realtà è che l'armadio è rotto, per questo non
ci ha portato dove doveva portarci, ossia dal suo gemello. Faccio
fatica a crederlo ma a quanto pare sei davvero così stupido da
rischiare di rimanere ucciso, o forse ti gingillavi con l'armadio
senza conoscere tutte le sue potenzialità?- lo rimbrottò, saccente.
Lui fece una smorfia, nonostante la ferita si fosse un po'
rimarginata le scarse energie della strega non le avevano permesso di
curarla al meglio, e in quella posizione la carne si piegava
strappandosi quasi
-non sono uno sciocco,
dimentichi che io appartengo al mondo dei maghi più di te e conosco
benissimo gli oggetti incantati- tossì. La vide alzarsi, malferma e
stizzita -dove vai?
-è inutile ragionare
con te, quando non sai cosa rispondere tiri fuori queste frasi ad
effetto che dovrebbero offendermi ma che dimostrano solo la tua
ignoranza, e comunque so di avere ragione io. Sarà meglio cercare di
uscire di qui- concluse, imperativa nonostante l'ovvietà del senso
della sua decisione.
* * *
Una
smorfia tristemente divertita gli mosse le labbra, mestamente ripensò
alla fragilità della mente e alla corruttibilità dei ricordi: in
quel momento Lei era tutto fuorchè bella, con i capelli spettinati
ed incrostati di sangue rappreso che aveva disegnato anche delle
lugubri macchie sul volto e sugli abiti, eppure nella sua mente la
vedeva bella, e si ritrovò ad avere quasi nostalgia di quegli attimi
in cui avevano rischiato di perdere la vita, in quel lasso di tempo
dove né Harry Potter né il Signore Oscuro erano lì per dividerli.
nda Benvenuti in questo esperimento che mi è balenato in mente qualche sera fa!
Questa fiction ha in comune con "Sono già Solo" la struttura,
ovvero sarà basata e scandita dal testo di una canzone, in
questo caso "Tanto Il Resto Cambia" di Marco Mengoni, che mi
suggerirà e mi ispirerà l'andamento della storia.
Per
il momento la mia intenzione è quella di scriverla tutta con il
POV di Draco, e come immaginate non sarà una fiction
allegra e spensierata, ma ritengo il testo di questa canzone molto
bello anche se un po' struggente e ho deciso di imbarcarmi in questa
cosa (come se non fossi praticamente costretta dai miei stessi
personaggi che non reclamano altro...)
Creditiamo
subito: ovviamente Draco, Hermione, Harry, Ron, Voldemort, Hogwarts,
gli armadi svanitori e le passaporte e quant'altro appartengono alla
Rowling e a nessun'altro.
Le parole in grassetto-corsivo che avete trovato a destra della pagina
sono parte della canzone "Tanto il Resto Cambia", che come nella mia
tradizione appena coniata di cui questa storia è il secondo
esemplare dà il titolo alla fanfiction.
Se per ipotesi non l'avete mai sentita potete trovarla al link http://www.youtube.com/watch?v=VA1Jwvuc0-o
Attendo
i vostri commenti, fatemi sapere se è di vostro gradimento:
è la prima fiction che scrivo con questo pairing e ci tengo ad
avere un'opinione in merito!
Qualche piccola nota, perchè per scelta stilistica ho dato un paio di cose per scontate:
"Lui"
citato all'inizio del capitolo è Voldemort, mentre tutte le
volte che nella linea temporale presente si parla di "Lei" è
come Draco pensa ad Hermione.
Le parti in corsivo racconteranno del loro passato, mentre il resto è il presente della storia.
Il pezzo in cui ho spiegato la divisione dell'anima dal corpo tramite
l'utilizzo di un armadio svanitore rotto l'ho ipotizzato io, non
linciatemi.
Alla prossima!
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