Stammi
vicino
«Avevi promesso di non leggermi mai nel
pensiero».
«Ti
ho promesso tante cose, purtroppo».
[Raven e
Charles, X-Men
First Class]
«La
mia famiglia ha tentato di uccidermi, patetico ammasso di
carne!»
[Raven, X-Men The Last Stand]
Charles Xavier venne svegliato da un terrore che
non gli apparteneva.
Ancora un
po’ intontito dal sonno, si liberò delle
coperte calciandole via, e si rizzò a sedere con la testa
che pulsava. Gli ci volle solo un istante per capire.
«Raven»
sussurrò, improvvisamente
lucido, balzando giù dal letto.
A piedi
nudi, corse fuori dalla propria stanza. La piccola mutante
dormiva proprio nella camera accanto; Charles entrò in tutta
fretta, preoccupato che fosse accaduto qualcosa alla sua amica.
La luce era
spenta, ma la luna fuori dalla finestra rischiarava il buio
a sufficienza: il bambino vide subito Raven, accoccolata sul materasso
e scossa da tremiti incontrollabili.
«Raven?»
chiamò, sforzandosi di tener
bassa la voce per non svegliare nessuno.
Le aveva
promesso che non avrebbe mai letto i suoi pensieri, ma non gli
serviva entrare nella testa della bimba per capire quanto era accaduto.
Lei non
mosse, ma si strinse ancor più alle proprie gambe.
Charles le
si avvicinò e si arrampicò sul
materasso, e quando il letto ondeggiò sotto il nuovo peso
Raven trasalì, senza alzare la testa.
Cauto, il
ragazzino allungò una mano e gliela
poggiò sulla schiena, azzardando una carezza impacciata.
«Era solo un incubo, Raven» provò a
confortarla. «Va tutto bene, sei al sicuro».
Prendendolo
alla sprovvista, lei si mosse di scatto: si girò
verso di lui e lo abbracciò, nascondendo il viso contro il
suo petto.
Charles si
irrigidì per la sorpresa. Non era abituato a
simili effusioni di affetto, e gli ci volle qualche istante prima di
riuscire a rilassarsi.
«Va
tutto bene» ripeté, stringendo
prudentemente le braccia attorno al corpicino tremante di Raven.
Lei gli si
avvinghiò contro con forza ancora maggiore.
Charles si
sentì nervoso e inquieto. Fu tentato di
infrangere la propria promessa per poter capire che genere di sogno
poteva averla spaventata tanto, ma alla fine si trattenne.
E fu la
scelta giusta, poiché in quel momento Raven disse
qualcosa, pianissimo.
«Cosa?»
domandò Charles. Con tutta la
delicatezza possibile, la fece scostare dal proprio petto, in modo da
poterla guardare in faccia. «Cosa hai detto?» le
chiese, seriamente, esaminando il suo viso con aria ansiosa.
Raven
socchiuse gli occhi per un momento, smarrita. «I miei
genitori» bisbigliò quindi, debolmente e con un
brivido di paura.
Il
ragazzino sussultò davanti ad una simile reazione. Sua
madre era distante e gli dedicava sempre poco tempo, ma di sicuro non
gli aveva mai fatto paura.
«Cos’è
successo?»
domandò, accarezzando i capelli rossicci della bambina.
Il mento di
Raven prese a tremare.
Era
difficile distinguere i suoi tratti, dato che la sua pelle blu si
confondeva facilmente con il buio, così Charles si
concentrò sui suoi occhi dorati.
Quelli
riusciva a vederli meglio.
«Puoi
dirmelo» la incoraggiò,
«lo sai che puoi».
Raven era
sconvolta, ma lo guardò negli occhi a propria
volta e, dopo qualche istante, riuscì a calmarsi.
Deglutì a vuoto, annuendo.
Impiegò
comunque qualche istante, prima di riuscire ad
articolare la frase che le si agitava dentro.
«Volevano
uccidermi» gemette infine.
Charles si
sentì mozzare il fiato.
«Era… l’incubo?»
domandò, in un sussurro, poiché una parte di lui
conosceva già la risposta.
Raven
scosse la testa, piano. «No»
mormorò, e sembrava davvero prossima alle lacrime.
«Non era un incubo… È…
successo davvero».
Le sue
mani, piccole, si serrarono sul tessuto del pigiama di Charles.
«Sono
un mostro?» piagnucolò, irrequieta.
Lui scosse
la testa, in fretta. «No, certo che no»
le assicurò. «I mostri sono loro»
aggiunse, e anche se non li conosceva provò una fitta di
odio nei loro confronti.
Raven era
così piccola e indifesa, così
innocente… Il pensiero che qualcuno avesse cercato di farle
del male gli era intollerabile.
«M-ma…
ma se la mia famiglia mi
odiava…» farfugliò la bambina.
«Allora
non era degna di essere la tua famiglia»
dichiarò Charles, fermamente. Tacque per un momento, poi
azzardò, esitante: «È… per
questo, che sei scappata?»
Raven
scoppiò a piangere.
«S-sì» balbettò, scossa da
singhiozzi che si fecero sempre più violenti.
Charles la
strinse forte, con urgenza, ansioso di quietare quel
terrore. Raven tornò a premere la faccia contro il suo
petto, e il ragazzino continuò ad abbracciarla, desideroso
di comunicarle un po’ di calore.
Poco alla
volta, il respiro brusco e spezzato di Raven
iniziò a regolarizzarsi, via a via che lei ascoltava il
cuore di Charles battere a pochi centimetri dal suo orecchio. Era un
suono piacevole, che la rassicurò.
Quando la
bambina sollevò il viso dalla camicia, Charles le
passò una mano sulle guance bagnate, per asciugargliele.
«Hai
il pigiama bagnato» commentò Raven,
in uno strano bisbiglio. Sembrava quasi spaventata; forse si sentiva in
colpa.
Il
ragazzino abbassò gli occhi sulla chiazza umida che aveva
sulla maglia, lì dove l’amica aveva premuto il
viso.
«Già»
concordò, senza sapere
bene cosa dire. «Chissà
perché».
Dalla gola
di Raven uscì una specie di risolino strozzato.
«Non…
non ti dispiace, vero?»
domandò, con un filo di voce.
Charles
scosse la testa. «Certo che no» la
rassicurò. «Va meglio, adesso?»
aggiunse, assottigliando lo sguardo.
La bambina
respirò profondamente. Lo guardò negli
occhi. «Sì» rispose, sinceramente.
A quel
monosillabo, Charles si aprì in un sorriso.
«Ne sono felice» affermò, e Raven gli
strinse la mano, in silenzio.
«Va
tutto bene» le garantì Charles, con
decisione. «Io non permetterò a nessuno di farti
del male. Io ti proteggerò, sempre».
La bambina
lo guardò. La luna illuminava le sue guance in
modo strano. «Me lo prometti?» domandò,
flebilmente.
Charles non
ebbe nemmeno bisogno di pensarci.
«Certo» rispose, «te lo
prometto».
Raven,
allora, lo abbracciò di nuovo, appoggiandogli la
testa su una spalla. Il ragazzino udiva il suo respiro contro il
proprio orecchio, e sentiva che adesso era tranquillo e regolare.
«Io
ti vorrò sempre bene, Raven. Tu sarai sempre
la mia sorellina, non mi importa cosa accadrà».
Sentire la
bambina stretta a lui era piacevole.
Quell’abbraccio
era piacevole, così tanto che
Charles non lasciò andare Raven nemmeno quando lei si fu
riaddormentata.
Un pensiero
lo colpì: ma allora… Allora era
così che ci si sentiva, ad avere una famiglia.
Note (varie ed eventuali):
Sì, mi rendo conto che non è niente di speciale.
Ma dopo aver visto X-Men First Class (e aver sentito la mia adorazione per Erik crescere di istante in istante), non sono riuscita a trattenermi dallo scrivere qualcosa su Charles e Raven da bambini.
Avrei voluto soffermarmi di più sulla faccenda dei genitori
di Raven, ma alla fine ho preferito mantenere la one-shot su un tono
più leggero. In un altro testo, magari,
chissà… Per ora mi frulla in testa
l’idea di scrivere (sempre su Charles e Raven) una raccolta
di drabble, ma non è detto che questa non possa diventare
una raccolta di one-shot.
Mah, si vedrà!
Vi ringrazio per essere arrivati sin qui. |