Braces

di Sherlock Holmes
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Sentii la porta del mio studio aprirsi, con un lieve cigolio.
Watson fece il suo ingresso, nella stanza poco illuminata.
- Holmes!- chiamò.
Spuntai da dietro l’uscio, a spada sguainata.
Il dottore mi fissò apatico, incrociando le braccia.
- En garde, Watson!- esclamai, toccandogli, con la punta del fioretto, la spalla.
Il mio compagno di stanze si limitò ad alzare gli occhi al cielo.
- La smetta ancor prima di iniziare…- mormorò, togliendosi il cappotto.
Prese posto in poltrona, sistemandosi le bretelle.
Feci due saltelli in avanti, mettendomi in posizione d’attacco. Strinsi saldamente l’impugnatura.
- Avanti, Watson!- lo incalzai – Si difenda!-
- E perché mai?- mi chiese, inarcando le sopracciglia, eloquente.
Non gli risposi.
Con il braccio sinistro dietro la schiena, mi sporsi verso il dottore e, con un rapido movimento di polso, gli tagliai una bretella.
Mirai all’altra, con un sorrisetto.
Lo sguardo del mio coinquilino si posò sulla cinghia recisa.
Poi, alzatosi di scatto, a due pollici dal mio naso, mi avvertì, con tono cupo:- Holmes, non-ci-provi…
Continuando a sorridere, piegai il braccio per menare il secondo fendente, ma…
Il mio fioretto si scontrò con la spada di Watson, estratta fulmineamente dal suo bastone da passeggio.
- Su la schiena, Watson!- esclamai, con una leggera risata.
- E lei non pensi troppo al gioco di gambe…- ribattè, distendendo le labbra – Si vede che è arrugginito, Holmes…- mi punzecchiò.
Le lame si incrociarono più volte, con un rumore metallico che rimbombò nel 221 B di Baker Street.
In quell’istante, per la seconda volta in pochi minuti, la porta venne spalancata, per far entrare la padrona di casa. La mia nanny.
Non appena si accorse che stavamo combattendo, arricciò il naso. Poi, rassegnata, sospirò.
- Potreste risolvere i vostri conflitti in altro modo.- ci propose.
Posò poi il vassoio con il tè sul tavolinetto persiano.
Io e Watson ci eravamo immobilizzati, spada contro spada.
Aggrottai le sopracciglia, leggermente stupito per la freddezza ostentata da Mrs. Hudson.
La nanny, con un sorriso paziente, interpretò la mia espressione e le rispose:- Ormai, con lei come inquilino, Mr. Holmes, non mi stupisco più di nulla.-
Watson ringuainò la spada. – Come darle torto?- disse, fissandomi.
Increspai le labbra, fingendo indignazione.
Infilai, quindi, il fioretto nell’ombrelliera, poggiando, poi, la schiena al muro.
- Comunque, nessun litigio, nanny…- sostenni – Solo allenamento.-
Detto questo, mi lasciai scivolare fino a terra.
La padrona di casa mi lanciò un’occhiataccia, vedendomi lì, seduto sul suo meraviglioso tappeto.
Si rivolse poi a Watson:- Le ho lasciato sul vassoio un biglietto per lei…-
- Grazie, Mrs. Hudson.- rispose il mio socio, afferrando la lettera in busta rosa tenue.
Mi sporsi per raggiungere la pipa, poggiata sul cuscino della sedia al mio fianco.
La nanny, con un ulteriore anelito, ci salutò.
Con noncuranza, caricandomi la pipa, dedussi:- E’ un biglietto di miss Mary, giusto?-
Watson mi osservò con attenzione.
- La carta da lettere.- spiegai, indicandola con un cenno – E’ inconfondibile.-
Watson scorse con gli occhi il messaggio di Mary, per poi togliersi le bretelle, una delle quali da riparare.
Agguantò una delle cinture appese al mio paravento.
- Non si preoccupi, Holmes…- mi rassicurò – A differenza di lei, io restituisco ciò che prendo in prestito…-
Notato quale cintura aveva scelto, gli sorrisi.
- Oh, la tenga pure!- lo esortai.
Watson, inizialmente, si stupì della mia proposta. Poi, in un attimo, comprese.
- Questa è mia, Holmes!- esclamò, ostentandomela, con rabbia crescente.
- Infatti, la può tenere!-
Con uno sguardo d’astio, alla fine, si arrese:- Oh, lasciamo perdere!- sbottò – Ora devo andare.-
Prese il pastrano elegante e lo indossò.
- La mia fidanzata mi aspetta.- annunciò.
Si mise il suo cappello in testa.
Io, di tutta risposta, alzai gli occhi al cielo.
- Non mi aspetti alzato.- mi disse Watson, con un sorrisetto, prima di chiudersi la porta del mio studio alle sue spalle.




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