Nota dell’autrice: il capitolo
contiene più cliffhangers, vale a dire che finisce alla maniera bastarda che
non si scopre che è successo se non nel chap successivo, perciò chi vuole
leggerlo ora e poi aspettare con calma il seguito prego, chi invece vuole sapere
subito quello che succede nel capitolo successivo (che io non ho ancora
scritto!)… mi sa che è meglio se aspetta e rinvia la lettua a quando sforno
anche il chap 23. Fate voi!
Per il mio uncino
d’oro Daisy… perché già sa che alla fine di questo chap c’è una bottiglia da
tre litri di Christian Dior da rovesciare addosso al mio masculo preferito!
XDDD
FIRE
MELTS ICE
CAPITOLO 22: NON
GUARDARTI INDIETRO
I'll sing it one last time for you
Then we really have to go
You've been the only thing that's right
In all I've done
Run,
Snow Patrol
***************
L’aria fetida e pesante del cunicolo che stavano percorrendo
in volo le inondò le narici per l’ennesima volta, e Katie tossicchiò contro le
spalle di Alex. Per fortuna lui non diede cenno di essersene accorto, e
continuò a spronare il bastone-scopa improvvisata nella sua corsa. Dovevano
sbrigarsi. Avevano perso fin troppo tempo.
“Secondo i miei calcoli, a breve dovremmo incrociare i
soccorsi mandati dai tuoi.” Le disse, alzando leggermente la voce per farsi
sentire meglio.
Katie annuì, rinfrancata all’idea. “Anthony ha detto di
avergli dato la mappa per arrivare qui, qualcuno sarà venuto di sicuro.”
Alex annuì e spronò ancora in avanti il bastone-scopa. Quel
cunicolo sembrava sempre più tetro man mano che vi si addentravano, era uno dei
pochissimi posti che da piccolo non aveva esplorato del maniero. Ma perché… e
sì che se l’era girato in lungo e in largo quel posto maledetto. Conosceva quel
palazzo metro per metro. Quel passaggio segreto però no… un passaggio segreto
che veniva dalle prigioni. E che portava di fuori. Mai usato per interi
decenni… perché? Il suo istinto gli suggeriva il motivo… dall’altra parte – e
forse ben presto avrebbero scoperto anche dalla loro – quel buco nel muro
nascondeva qualcosa di più insidioso. Ma questo a Katie era meglio non dirlo…
come se non fosse già abbastanza tesa di suo.
Katie provò un bisogno istintivo di voltarsi e guardare alle
sue spalle. Niente, solo silenzio e ragnatele. E uno straordinario senso di
deja-vu…
“Non abbiamo aspettato Anthony…”
“Non potevamo restare. A quest’ora avranno già dato
l’allarme. Dobbiamo incrociare i soccorsi prima che scoprano di questo buco.”
“Si, ma Anthony perché non è venuto? C’è qualcosa che non
quadra in tutta questa…”
“Bionda, non è il momento di pensare a quello che non
quadra!” Alex staccò gli occhi dal percorso davanti a sé per guardare in volto
la ragazza dietro. “Qui c’è tutto che non va, non so perché quell’idiota di…”
Bum
Katie non riuscì a capire esattamente come, ma si ritrovò a
capitombolare giù dalla scopa improvvisata… distesa supina a terra, e in modo
non indolore.
Oddio…che cosa è
successo?
Con la nuca che le pulsava dolorosamente per la botta presa,
Katie si appoggiò ai gomiti e si guardò in giro per capire. A terra a pochi
passi da lei Alex era contratto in una palla, i denti digrignati e gli occhi
stretti per il dolore, le mani strette forte al costato. Il primo istinto della
ragazzina fu quello di fiondarsi da lui… ma la grossa ombra che sovrastava le
loro figure attirò la sua attenzione.
Merlino, no…
Anche nella penombra la mastodontica figura di Stephen
McNair si distingueva alla perfezione. Teneva in mano il bastone che avevano
usato come scopa, nell’altro pugno era stretta la bacchetta. Il viso animalesco
contratto in un’espressione torva da far paura…e stava fissando lei. Non Alex,
proprio lei. Rimase immobile qualche momento ancora, poi strinse forte il pugno
e spezzò in due il bastone-scopa, lasciandone cadere a terra le due metà. Katie
ingoiò rumorosamente e lo fissò, il respiro più affannoso.
“Fine della corsa.”
Tre parole ruggite più che mormorate.
Katie gettò uno sguardo rapido ad Alex… anche lui si era
accorto della presenza del suo ex mentore, ma più che tentare di rialzarsi non
aveva potuto. Evidentemente cadendo aveva battuto proprio le parti dolenti.
McNair seguì il suo sguardo, e un ghigno si materializzò sul
volto felino. “La favola del principino è finito, ragazzina… adesso non potrai
più contare sul suo aiuto.”
Katie prese ad arretrare strisciando sui gomiti, cercando di
mettere quanta più distanza possibile fra lei e quel mostro che avanzava
lentamente.
“Non potrai contare sull’aiuto di nessuno.” Continuò
l’omone, stringendo leggermente i pugni ai lati del corpo. “E’ fra noi due
ora.”
Oddio…
McNair rise pienamente vedendo la ragazza che arretrava,
visibilmente spaventata. Fece un altro passo avanti, e prese ad accarezzare in
modo allusivo la bacchetta.
“Non potrai scappare all’infinito, principessina dei miei stivali…”
le disse, canzonandola divertito. La sua paura lo faceva sentire più bramoso di
morte ogni istante che passava. Ogni respiro di quella mocciosa era un insulto
alla sua stessa persona.
Katie si ritrovò di spalle al muro di roccia, e balzò in
piedi per appoggiarvisi contro. Quell’energumeno faceva sul serio… e sembrava
davvero mostruoso. Quante possibilità aveva lei di affrontarlo e uscirne viva?
“Hai paura, non è così?” McNair si avvicinò abbastanza, e
solo allora si bloccò. “Lo so che è così, lo sento… e fai bene ad averne.
Avresti dovuto averla già molto tempo fa… prima di giocare a mettermi i bastoni
fra le ruote.” Un ghigno sinistro gli comparve sul viso. “Nessuno di quelli che
ha tentato di farla franca con me può vantarsi di essere ancora vivo per
raccontarlo.”
La rabbia prese il sopravvento sulla paura per un breve
attimo, e Katie strinse la bacchetta saldamente in mano. “Davvero?” ribattè,
sfidandolo apertamente. “Alex ti ha sconfitto, invece, ed è ancora vivo.”
Stephen scosse la testa. “Non lo sarà per molto.”
Merlino, aiutami…
questo pazzo sanguinario è mostruoso…
L’omone si avvicinò a Katie finchè non potè puntarle la
bacchetta alla gola. La ragazza si irrigidì, ma non potè far altro… col muro
alle sue spalle non aveva via di fuga, ed era pronta a scommettere che al primo
movimento degli occhi, quello l’avrebbe già fatta fuori. Lui era abituato a
uccidere, lei sapeva solo difendersi. Attaccare non avrebbe avuto senso.
McNair percepì la sensazione di panico e sconforto della
biondina, perché rise e si chinò alla sua altezza. “Finalmente l’hai capito che
non puoi più sfuggirmi… sei mia, bambolina.” Sibilò, spostando la bacchetta in
modo che con la punta potesse percorrere una linea immaginaria dalla mascella
fin sul collo e al cuore, dove la mano si fermò. “Ho passato anni a insegnare a
quel bastardino come comportarsi… come agire per diventare il migliore… come
fare per essere quello che doveva essere. E poi arrivi tu… insignificante
piccola sgualdrinella senza arte né parte… e in pochi mesi butti a puttane il
mio lavoro di anni. Non potresti sopravvivere nemmeno se mi implorassi pietà
piangendo sangue.”
La paura le faceva battere il cuore così forte che se lo
sentiva rimbombare nelle orecchie, ma quegli insulti la scossero. Katie cercò
inutilmente di rallentare il respiro affannoso e strinse i pugni. “E io non ti
implorerei nemmeno per la vita.” Replicò, dura e determinata. “Alex ha fatto la
sua scelta da solo… tu e le tue idiozie lo avete disgustato per una vita
intera. E se sono stata io a fargli vedere in che letame è vissuto fino a
qualche mese fa, preferisco morire orgogliosa di questo.”
I denti di McNair si scoprirono in un ghigno di odio puro.
“Possiamo senz’altro accontentarti.”
Katie non ebbe il tempo di reagire che si ritrovò coi
capelli nel pugno del mangiamorte, strattonata brutalmente in avanti finchè non
incespicò nei suoi stessi piedi e cadde per terra, graffiandosi le mani e le
ginocchia.
“E ti assicuro che prima di morire, avrò sentito la tua
bella vocina implorare pietà.”
Katie raggiunse carponi la bacchetta non sua, che le era
scivolata giù durante la caduta, ma quando si voltò per puntarla e difendersi,
McNair le bloccò il polso in una manona, e le schiacciò la testa per terra con
un piede. E lì c’era poco da fare… Katie riusciva solo a mordersi le labbra per
non piagnucolare. Si sentiva come se un elefante le stesse spaccando la testa
in due… era un incubo. Un maledetto incubo.
“E allora, principessina?” McNair rise, premendo leggermente
di più col piede. “Perché non provi a chiedere scusa… magari ti concedo una
morte rapida e indolore!”
Katie serrò occhi e denti, ma le lacrime calde che le
bagnarono il viso non potè evitarle.
Mamma, papà… aiuto…
per favore… non voglio morire!
Il mugolìo piagnucolato della ragazzina fece sorridere il
mangiamorte. “Queste non erano scuse, bellezza! Possiamo fare di meglio, non
credi?” Una pressione maggiore del piede, e la ragazza gridò per il dolore.
“BASTA!!!”
McNair si voltò di scatto, bacchetta alla mano.
“E’ con me che ce l’hai.” Alex si era rimesso in piedi, si
teneva compresso il costato con una mano, ma nello sguardo c’era tutta la
rabbia necessaria a dargli la forza di resistere al dolore. E a giudicare dai
suoi occhi e dalla sua voce feroce, di rabbia ne aveva davvero tanta. “Lei
lasciala fuori da questa storia!”
McNair scoppiò a ridere di gusto, senza spostarsi di un
millimetro. “E cosa ti fa pensare che io non abbia voglia di prendere due
piccioni con una fava?” con lo sguardo accarezzò la posizione umiliante e dolorosa
a cui aveva sottoposto Katie. “Questa stronzetta morirà comunque. Niente di più
divertente che farle schizzare via il cervello alla presenza del suo
principino.”
La ferocia di Alex si triplicò quando riconobbe lo sguardo
assassino e famelico dell’uomo che l’aveva addestrato per una vita. McNair
uccideva per divertimento, non stava bluffando. Uccidere era il suo passatempo…
l’unica via di scampo per Katie era accendere in lui abbastanza rabbia da
distrarlo.
Merlino, mandamela
buona e non ti chiederò altri favori per i prossimi dieci anni…
“Me n’ero dimenticato!” gli urlò il ragazzo biondo. “Mi ero
dimenticato che l’unica cosa che sai fare con le donne è ucciderle!” McNair
voltò la testa di scatto. Alex fece un sorrisetto sgradevole e non si fermò. “Che
c’è, cazzo appeso? Ti ricorda qualcosa questa situazione? Una donna che ti ha
fottuto la polpetta dal piatto per la seconda volta in così poco tempo… al tuo
posto mi preoccuperei.”
McNair rimase fermo dov’era, ma la pressione sulla testa di
Katie diminuì considerevolmente, tanto che lei riprese a respirare
affannosamente, e i suoi occhi iniettati di sangue si portarono su Alex. “Al
tuo posto comincerei a scavarmi la fossa.”
E sia, se è così che
deve finire… ma tu non sopravviverai per raccontarlo.
“Scavamela tu.” Ribattè a mento alto il ragazzo. “E poi
vediamo a chi dei due servirà. Vieni qui, e chiudiamo questa faccenda.”
“Quello che hai avuto finora non t’è bastato. Pensi perfino
di potermi battere, magari. Vero, Malfoy?” McNair finalmente alzò il piede
dalla testa di Katie per portarsi di fronte al ragazzo. Katie boccheggiò l’aria
di cui aveva bisogno e si appallottolò su se stessa, mentre gli occhi
faticavano a mettere a fuoco le figure davanti a lei. Le ci volle qualche
attimo per distinguerle… la testa le pulsava in maniera insopportabile.
Alex fece un passo avanti, ed estrasse dalla tasca la
bacchetta che avevano rubato al secondo mangiamorte. “Esatto.”
La risata di McNair suonò più come una frustata alle
orecchie di Katie, ma per quello che poteva vedere Alex era fermo e sicuro,
determinato come non lo aveva mai visto… lo voleva quello scontro. Non aveva
mentito né bluffato, voleva veramente chiudere quella terribile cosa che si
portava dietro da anni.
“Chiudiamo il libro.” Alex sollevò la bacchetta. “Una volta
e per sempre.”
Il viso dell’omone si sciolse in uno sgradevolissimo quanto
minaccioso ghigno sicuro. “Come tu desideri, piccolo bastardino.”
***************
Il fischio dei Fylgrith era assordante, quasi come se si
trattasse di ultrasuoni, abbastanza da prendere d’assalto il gruppetto
impreparato di ragazzi. Nessuno era sprovvisto di bacchetta, certo, ma tenersi
coperte le orecchie e difendersi contemporaneamente era piuttosto difficile. Le
creature sembravano decise a ottenere il contatto fisico, perché a parte pugni
e calci coi quali attaccarono, allargavano le braccia come a volerle chiudere
in un abbraccio letale… Simon ci aveva fatto centro ancora una volta, erano
sanguisughe ed erano affamate.
“Puttana!” Un abbraccio mancò Dan di un soffio, solo perché
il ragazzo ebbe la prontezza di riflessi di abbassarsi in tempo. “Ma che
diavolo fanno questi?!”
“Dubito… sinceramente…” Jack afferrò una creatura per il
ciuffetto sporco e inaridito di peli sulla testa, e lo colpì con due calci al
volto deforme. “…che questi siano attacchi di amore!”
“Le piccole ventose sotto pelle sono sulle braccia!” urlò
Simon al resto del gruppo, mentre infilava la bacchetta nell’occhio di un
Fylgrith particolarmente agitato.
“Diffindo!” con un
colpo di bacchetta, Amelia staccò le braccia al mostro che si stava avventando
su di lei. “Ehi! Guardate là!”
Alle spalle dei pochi reduci sopravvissuti al primo attacco,
altri bozzoli di terreno si agitavano rapidi… altri esseri tutto fuorchè umani.
Altre sanguisughe giganti sbucavano dal terreno, ed altre si agitavano sotto
terra per uscire.
“Ma è una iattura…” biascicò atterrito Chad.
Jack si voltò a guardare il fratello. “Come facciamo a
bloccarli?”
“Quelli cresciuti…” Simon incendiò un sanguisugone che gli
si era scagliato addosso volando. “… possiamo solo farli secchi. Quelli ancora
sotto terra… porco Merlino, c’era qualcosa, me lo ricordo…”
Jack sfuriò la rabbia del momento prendendo a calci un
Fylgrith. “Ti ricordi pure quello che hai letto il primo giorno di asilo, e
questo no?!”
“Ci sei stato anche tu a seguire Erbologia per cinque anni,
mi pare!!!”
Julie si schiacciò contro la parete di roccia proprio
all’ultimo momento, o un abbraccio l’avrebbe accolta in una situazione tutto
meno che piacevole. La cinghia della borsa dei medicinali si slacciò e il
borsone cadde rumorosamente a terra, attirando l’attenzione della ragazza. Un
paio di boccette rotolarono fuori, e lei si affrettò a rimetterle dentro
masticando un’imprecazione assai poco femminile… ma l’ultima bottiglietta la
fece bloccare. Rimase lì in ginocchio, ad osservarla un momento rapita…
“Jay!” Chad la richiamò brutalmente, mentre accorreva per
lasciare senza braccia un Fylgrith che aveva puntato lei. “Non è il momento di
giocare al piccolo pozionista!!”
Julie rialzò la testa e sbuffò una lunga ciocca di capelli
via dal viso. “Datemi solo due minuti e mezzo!!” gridò al gruppo, mentre si
accucciava in un angolo sotto le rocce ed estraeva alcune bottigliette e una
ciotola di legno. “Tenetemeli lontani per due minuti e mezzo, fidatevi di me!!”
Amelia prese la mira e colpì una stalattite di roccia, che
nella sua caduta a precipizio seviziò brutalmente tre Fylgrith appena spuntati.
Questo le diede pochi secondi per voltarsi alle spalle e gettare un’occhiata
alla ragazza rossa. “Che vuoi fare?”
Julie non le rispose, era troppo presa a mescolare il
contenuto di una boccetta con quello di un’altra, e lo stava girando
freneticamente nella coppetta di legno senza occuparsi di altro.
“Bloccate quello appena uscito, è più grosso degli altri!”
Jack agguantò per la gola uno dei mostriciattoli sgambettanti, e indicò a Chad
il nuovo arrivo. “E’ tuo, placcalo!”
“Agli ordini!” Chad corse nella direzione dell’essere che si
muoveva goffamente nella loro direzione, effettivamente più grosso dei
precedenti.
Jack puntò rabbiosamente la bacchetta contro il Fylgrith che
teneva per il collo, polverizzandolo con un incantesimo congelante. Appena un
secondo per asciugarsi il sudore dalla fronte e guardare verso la zolla di terra
da cui continuavano a uscire bozzoli di terra sovreccitati… quei cosi stavano
diventando sempre più grossi, progressivamente di più, presto contrastarli
sarebbe diventato pressocchè impossibile…
“Jack!!!”
Lo strillo di Amelia lo fece sussultare, e il rosso fece
appena in tempo a voltarsi di scatto per accorgersi di un mostriciattolo
particolarmente affettuoso, che gli
si era avventato addosso con foga per un abbraccio a zampe spalancate. Jack
balzò indietro urlando “Incendio!”, e solo dopo che si fu accertato di averlo
fatto fuori si guardò il braccio. Gli bruciava da cani… e in effetti era a
macchie rosse, come se avesse subito una sorta di salasso improvviso…
quell’affare doveva essere riuscito a entrare in contatto con la sua pelle, e
anche per un solo istante aveva fatto quel capolavoro…
“Quanto manca, Julie??” urlò Amelia, a cui non era sfuggita
la smorfia di dolore di Jack.
“Ancora un minuto!!” Julie riprese a mormorare qualcosa
sottovoce come una cantilena, alternando movimenti orari e antiorari per
mescolare l’intruglio fangoso nella ciotola di legno.
“Mi piacerebbe sapere…” Dan si abbassò in tempo per evitare
un Fylgrith, e lo schiantò l’attimo dopo. “…che diavolo…” un calcio a un altro
mostriciattolo. “…stai impasticciando!”
Sessanta secondi, e sembrarono sessanta minuti… sessanta
secondi in cui il caos regnò da padrone, perché fra urla, botte e incantesimi
urlati anche all’ultimo secondo, in qualche modo i ragazzi riuscirono a
difendersi. I piccoli mostri, però, da piccoli e isterici cominciarono a farsi
sempre più grossi e “affettuosi”… allo scadere del minuto, quando Julie alzò la
testa sorridendo, si accorse che adesso avevano a che fare con roba alta almeno
due metri. D’istinto strinse al petto la ciotola di legno.
“Ho finito!” urlò al resto del gruppo, ma ormai era
diventato difficile farsi sentire anche a un centimetro di distanza. Il più
vicino a lei era Simon, che aveva il suo bel da fare con un Fylgrith grosso due
volte lui, ma sembrava riuscire a gestire la situazione. “Ce l’ho fatta!”
Simon volse appena la testa verso di lei. “Cos’è quella
roba?!”
“Te lo spiego dopo!” Julie si alzò in piedi di scatto,
facendo saettare gli occhi in lungo e in largo per lo spiazzo davanti a lei.
Era pieno di combattenti, non avrebbe raggiunto la zolla di terreno facilmente…
“Simon! Puoi coprirmi le spalle finchè arrivo là dove si formano?”
Il cugino si liberò del suo nemico e annuì, avvicinandosi a
lei e tenendo la bacchetta puntata. “Corri, ci penso io!”
Julie non se lo fece ripetere due volte. Simon placcò al
volo un mostro che si era lanciato al suo inseguimento, lo sentì rincorrerne un
altro e capì di avere campo più o meno libero… e corse, tenendosi stretta al
petto quella ciotola come se la sua stessa vita dipendesse da quell’intruglio –
e così era, infatti – corse, schivando anche un Fylgrith appena fuoriuscito e
già desideroso di sgranchirsi le ossa rachitiche.
Quando fu davanti alla zolla di terra, a Julie non sembrò
vero. Altri bozzoli di terreno si stavano formando, fortunatamente nessuno già
in fase di esplosione, la terra si agitava ma ancora non era pronta a vomitare
fuori altri nemici… era il momento migliore.
“Andate al diavolo!!!” urlò la rossa, rovesciando con forza
il contenuto della ciotola sul terreno. Per qualche secondo non accadde nulla,
e Julie potè ben dire di sentirsi il cuore fin nelle mutande, poi però… fischi
e stridori, strilli acuti che avevano più l’aria di ultrasuoni, tanto che lei
fu costretta a coprirsi le orecchie. Quei bozzoli di terra che prima levitavano
per formarsi, adesso sembravano percorsi da scariche elettriche… lo stesso
terreno aveva assunto uno strano colorito sabbioso. Durò un attimo, prima la
terra si gonfiò tutta, poi si appiattì in una specie di palude sabbiosa.
Santa Morgana, ce l’ho
fatta!
Sollevata e felice, Julie si voltò per cercare gli altri…
stavano abbattendo gli ultimi Fylgrith, ed erano pronti a fronteggiare
l’assalto dei nuovi… rimasero tutti stupiti quando non ne videro arrivare
altri.
“Si sono fermati?” Jack avanzò per controllare che
effettivamente il campo fosse sgombro.
“Ma che cos’hai fatto?” chiese stupito Dan alla sorella,
guardandola incredulo e fiero.
Julie sorrise stancamente, ma nei suoi occhi brillava
l’allegria e la gioia di essersi resa utile. “Beh… la soluzione più logica è
quella che mi è venuta in mente. Il terreno ha bisogno di luce e acqua per
fornire alimentazione, o almeno alla spiccia è così. La luce gliel’abbiamo data
noi arrivando, di acqua ne aveva in abbondanza… così ho pensato che
prosciugando tutta l’acqua di quel terreno, questi cosi non avrebbero più avuto
la possibilità di riformarsi.”
Simon le battè una mano sulla spalla. “Ottima osservazione.”
“Geniale.” Amelia le strizzò l’occhiolino.
Julie si passò una mano sulla nuca, ridendo. “Un po’ sono
andata a culo, eh. Ci speravo, ma non ne avevo la certezza. Non sono io il
genio di famiglia.”
Simon scrollò tranquillo le spalle. “Dopo questa, abdico
volentieri.”
Chad la abbracciò e le scompigliò i capelli. “Brava la mia
donna col pollice nero.”
“Nero?”
“Come le uccidi tu le piante, nessuno. Ammesso che quelle
merde fossero piante.”
“Vorrei tanto sapere chi diavolo ha piazzato qui questi
tranelli.” Dan guardò disgustato i cadaveri dei Fylgrith a terra, in
decomposizione a tempo di record.
Simon fece schioccare rumorosamente la lingua. “La cosa
buffa è che secondo Anthony, questo cunicolo non lo conosce nessuno… mica mi
pare tanto. Abbiamo avuto un’accoglienza degna finora.”
Dan si voltò a guardare Jack. “Pensi a una trappola?”
“Non credo… sapevamo che di tranelli ce n’erano, no?” Jack
concluse rapidamente il discorso… una piccola smorfia di dolore lo spinse a
guardarsi il braccio. Avvertiva un formicolio fastidioso, ma per fortuna niente
di più.
“Fa’ vedere.” Amelia quasi gli strappò il gomito per osservare
il danno. Le dita passarono rapide sui lividi, e non le bastò il sorriso bonario in risposta
al suo sguardo di preoccupazione. “Incosciente. E meno male che dovresti aver
imparato a guardarti le spalle.”
Jack le sottrasse gentilmente il braccio e scosse la testa.
“Facciamo il punto della situazione e andiamo avanti, Katie dovrebbe essere
sulla strada.”
“Una cosa è certa.” Julie appoggiò una mano sul fianco,
mentre con l’altra si asciugava la fronte madida di sudore. “Speriamo che non
ci siano trappole che ci mettano a rischio di annegamento, perché ho finito la
pozione risucchia-acqua.”
Dan sbuffò. “Riusciranno i nostri eroi ad avere uno straccio
di buona notizia, per una volta?”
Amelia scrollò le spalle. “Una c’è. Su non so quanti
tranelli, due li abbiamo già superati.”
“E’ quel non so quanti che guasta la frase.” Chad raccolse
la bacchetta da terra e la spolverò, per poi infilarsela di nuovo nel
cinturone. “Quanti altri ce ne saranno?”
“Intanto andiamo avanti, magari Katie e Alex sono a buon punto
e stiamo per incontrarci.” Simon scrollò le spalle agli sguardi scettici. “E
forza, un briciolo di ottimismo!”
“Mh.” Jack fece cenno agli altri di muoversi. “Dai.
Riprendiamo.”
***************
Harry fece appena in tempo a schivare la sciabolata che un
incantesimo gli sfiorò l’orecchio destro, ferendolo di striscio. Masticò un
paio di imprecazioni, e voltandosi rapidamente pietrificò il ragazzo che aveva
tentato di ucciderlo. Il ragazzo. Si
stavano battendo contro quelli che una volta erano i loro colleghi, i loro
sottoposti, i loro allievi… nel loro quartier generale. Non era esattamente lo
scenario ideale che potevano sperare di trovare, ma non avevano alternative…
quella battaglia fratricida era necessaria, per bloccare Taventoon e i suoi
amici, ma soprattutto per aiutare i ragazzi a ritrovare Katie.
Combattevano solo da un’ora scarsa, e già erano arrivati
rinforzi che non avevano mai visto… quelli di certo non erano War Mage. Erano i
nuovi mangiamorte. Quelli che dovevano essere attirati lontano dal maniero
McNair, e quindi il piano stava funzionando.
A costo delle loro stesse vite.
Harry e gli altri si stavano battendo come leoni, sfruttando
coraggio, esperienza e forza, ma erano in netta inferiorità numerica e le prime
perdite cominciavano ad arrivare anche dalla loro parte. Per quello che aveva
potuto vedere nelle brevissime pause fra un nemico e l’altro, Ginny e gli altri
guaritori erano indaffarati più che mai all’ospedale da campo, continuavano ad
arrivare feriti… e anche i primi cadaveri. Ma stavano combattendo bene. Non
avevano ceduto nemmeno mezzo centimetro, anzi, nonostante tutto avevano
guadagnato quasi tutto il cortile del palazzo.
A quel punto però si trattava di trovare il modo di cambiare
strategia del tutto. Dovevano passare dalla difensiva all’attacco, il che non
era esattamente facile… bisognava aprirsi un varco. Un po’ come avevano fatto
all’inizio, quando Ron e Hermione erano piombati alle spalle di Taventoon con
le loro truppe e ne avevano inchiodato l’avanzata… serviva un altro lampo di
genio.
Lo sguardo di Harry scattò verso Hermione. Non era molto
lontana, ma sembrava molto presa a difendere uno dei più giovani, ferito
gravemente, mentre un compagno lo trascinava via dalla furia della battaglia.
Ron era ancora più vicino, e si stava battendo come un leone a giudicare dal
modo in cui quelli del suo gruppo riuscivano a guadagnare qualche centimetro in
più di minuto in minuto. Quindi la parte sinistra dell’esercito teneva meglio,
anzi, spingeva addirittura… a costo di lasciare scoperto il settore più debole
– e confidando sull’esperienza e la tenacia di Hermione e del Maggiore Rogers –
Harry prese la decisione che riteneva migliore… attaccare dove erano più forti.
Nella confusione della folla riuscì a urlare ai suoi di seguirlo,
e si spostò finchè non ebbe affiancato il gruppo di Ron. Harry stesso stava per
imitare i suoi e attaccare da quel nuovo versante, quando sentì il suo nome
urlato chiaramente alle sue spalle. E riconobbe quella voce.
Ma non mi dire, sei
venuto tu a cercare me…
“Sei morto, Potter!!!”
Harry si concentrò un istante e spalancò la mano, sentendo
il vuoto d’aria dietro di lui e intuendo che Taventoon era stato sbalzato
indietro dalla sua magia senza bacchetta. Subito si voltò a guardarlo, e
vederlo in ginocchio, con la bocca rossa per il sangue e l’aria scomposta, gli
regalò una grande soddisfazione.
“E’ finita, Taventoon!” gli urlò, avanzando. “Farete meglio
ad arrendervi!”
L’uomo scosse la testa, quasi divertito, e si rimise in
piedi. “Tu non sai nemmeno lontanamente in che cazzo di guaio ti sei messo,
fenomeno da baraccone… finora hai solo avuto assaggi di quello che sarebbe
stato il nuovo potere, e non t’è bastata… cosa farai adesso?”
Harry roteò la sciabola che aveva in mano, stringendo la
bacchetta nella sinistra. “Mi accontenterò di prendermi qualche testa, a
cominciare dalla tua.”
Taventoon rise, ma non accennò ad attaccare. “Rantolerai ai
miei piedi prima ancora di aver visto il meglio di questo stupido suicidio di
massa.”
Harry fece per replicare, ma anni d’esperienza lo spinsero a
un’occhiata più approfondita… Taventoon era granchè armato, si dichiarava
pronto a farlo fuori, eppure era lì immobile con la bacchetta in mano e un
sorriso idiota stampato in faccia. Palese trappola. Si aspettava che ad
attaccare fosse lui, e dunque aveva una contromossa già pronta? Era davvero
così banale la sua strategia? A meno che…
“HARRY!!!!”
Troppo tardi… Harry seppe di essersi accorto troppo tardi
della trappola quando sentì l’urlo di Ron. Un War Mage nemico gli si stava
avventando addosso munito di pugnale affilato. Come immagini a rallentatore,
Harry provò ad arretrare velocemente incespicando quasi, ma era comunque a
portata di lama… ma quando l’uomo fu più vicino, Harry lo vide spostarsi
bruscamente per una violenta spallata ricevuta da un Ron più corpulento che
mai.
La spallata aveva destabilizzato l’equilibrio del
mangiamorte, ma non la sua motivazione… perché nonostante stesse cadendo, la
mano armata di pugnale si abbattè con forza sul suo nuovo obbiettivo.
Ron ebbe appena il tempo di spalancare gli occhi.
***************
“Ah, questa ci mancava.”
“Santa Morgana, io soffro di vertigini…”
Amelia sbuffò impercettibilmente l’aria dal naso e si volse
verso Jack, che come lei guardava fisso il ponte sospeso nel baratro
apparentemente senza fondo… quel ponte instabile doveva essere il loro mezzo
per passare dall’altra parte? Possibile che non ci fossero altre alternative?
Perché quell’affare aveva l’aria di voler crollare da un momento all’altro…
“Non abbiamo alternative, vero?”
Jack si umettò le labbra con la lingua e osservò meglio la
situazione. “A quanto pare no.”
“Fantastico.” Amelia si passò una mano sul pancione. Le giostre non sono finite, amore piccolo.
“Credi che reggerà?” domandò piano Dan al cugino.
Jack gettò un’occhiata alle travi di legno e alle corde.
“Legno marcio e corde logore. Questo affare è un biglietto di sola andata,
ammesso che ce la facciamo a superarlo. Siamo in tanti.”
“Meglio correre o andare piano e sperare che tenga?” fece
insicura Julie, che non aveva il coraggio di lamentarsi una seconda volta… ma
soffriva davvero di vertigini!
Jack inspirò profondamente, poi si voltò verso gli altri.
“Ok, facciamo in questo modo… procederemo due alla volta in fila indiana,
vicini abbastanza da poterci aiutare, ma non troppo… così evitiamo di caricare
tutto il peso sullo stesso punto del ponte. Niente corse né movimenti
inconsulti, però muoviamoci velocemente e con delicatezza.”
Dan sfiorò appena una delle corde che tenevano il ponte
legato alle rocce prima del baratro. Questi
affari rischiano di saltare appena uno di noi mette piede sul ponte… “Va
bene, allora…” si schiarì la gola, perché la voce gli venisse fuori meno
insicura. “Jack e io andiamo per primi, subito dopo Simon e Julie, e a chiudere
Chad e Amelia. Forza, in fila.”
Simon alzò un sopracciglio leggermente divertito. “Ci
dobbiamo dare anche la manina, come a scuola?” non fece in tempo a finire la
frase che Julie si avvinghiò alla sua mano. Uno sguardo gli bastò per ricordarsi
di quanto sua cugina odiasse l’altitudine, e ricambiò la stretta per
rassicurarla.
Jack appoggiò il piede sul ponte senza caricarlo subito del
peso del corpo… per qualche momento si limitò a verificare se almeno un passo
poteva farlo, e quando se ne fu accertato, avanzò di qualche metro insieme a
Dan… entrambi mostrando più spavalderia di quanta non ne sentissero realmente.
“Dai che tiene.” Mormorò rassicurante Simon a Julie,
tirandola leggermente per la mano ed esortandola a seguire gli altri due. Amelia
e Chad gli furono subito dietro, a distanza di sicurezza.
“Scricchiolii a parte, pare che tenga.” Dan non staccò gli
occhi dal ponte mentre camminava, ma uno sguardo rapido lo dedicò al cugino.
“Velocizziamo un po’ il passo?”
“Non credo… evitiamo di svegliare il cane che dorme.” Jack
provò a sfiorare una delle corde laterali del ponte… uno strano rumore fu la
risposta immediata.
“Julie, apri gli occhi…”
“Ti scongiuro, se guardo giù muoio!”
Simon le passò un braccio attorno alle spalle. “E se non guardi
dove metti i piedi, inciampi… per come sta messo questo coso, si sfonderebbe al
volo. Dai. Ce la puoi fare.”
“…perché questo…” mugolò triste la ragazza, socchiudendo gli
occhi.
Amelia continuava a camminare lentamente, tenendosi una mano
sull’addome gonfio. Per la prima volta da che erano lì dentro, provava una gran
paura… fino a quel momento si era trattato di difendersi, di attaccare, di
colpire… ma adesso come avrebbe difeso la sua bambina se quel dannato ponte
fosse crollato? Continuava a sentire scricchiolii, rumori sinistri, e non ci
voleva tanto a capire che quell’affare non avrebbe retto. E lei aveva paura.
“Tutto bene?”
Colta alla sprovvista dalla domanda di Chad, si limitò ad
annuire.
Dan alzò la testa per guardare a che punto erano, e finalmente
potè sorridere. “Allegri, ragazzi! Siamo già a più della metà!”
“Sentito?” Simon battè una pacchetta sulla spalla della
cugina. “Ti stai comportando da brava Potter.”
“La prima e unica con questo cognome che soffre in modo
allucinante di vertigini.” Mormorò ironica Julie, pallida e sudata.
Percorsero buona parte del ponte in religioso silenzio, gli
scricchiolii e il rumore del legno marcio sotto i piedi come sottofondo, e
tanto bastò a tenere tutti coi nervi tesi come corde di violino. Quando si rese
conto che ormai mancavano pochi passi, Jack alzò il viso e cercò il punto in
cui il ponte si univa alle rocce… e il cuore gli saltò un battito.
“Fermi! Fermi, non vi muovete!”
Julie fu quella che sussultò più degli altri, ma non fu la
sola.
“Che c’è?” Amelia tese solo il volto in avanti per vedere,
ma non osò muovere un muscolo.
Dan seguì lo sguardo del cugino… masticò un’imprecazione
molto poco decente, e strinse i pugni. “Restate tutti immobili… le corde di là
sono quasi completamente tagliate.”
Amelia sentì una goccia di sudore freddo scivolarle lungo la
schiena.
“Merlino…” gemette Julie.
Simon rimase immobile, trattenendo anche la cugina. “Non
facciamo in tempo a tornare indietro, vero?”
Jack ingoiò rumorosamente. Non riusciva a staccare gli occhi
dalla corda più assottigliata, quella che ormai si era ridotta a un filo esile
e pronto a scattare. “Siamo troppo vicini.” Mormorò piano, cercando di non far
trapelare l’angoscia. “E’ questione di minuti, forse meno.”
Chad si accigliò. “A questo punto proviamo a farcela di
corsa, no?”
Dan voltò la testa – lentamente – verso Jack. “Più restiamo,
più il nostro peso fa spezzare quelle maledette corde. Corriamo… non abbiamo
alternative.”
Jack annuì lentamente. Era rischioso e assurdo, contro ogni
regola della fisica, ma non c’era altro che potessero fare… e in quel momento
più che mai avrebbe voluto avere Amelia accanto a sé. Maledisse quelle corde
che gli impedivano di voltarsi a guardarla, a rassicurarla…
“Al tuo tre?”
“Si, ok… ragazzi, al mio tre mettete il turbo. Correte come
non avete mai fatto in vita vostra, passi veloci e niente salti né movimenti
bruschi, va bene?”
Il rumore di un altro filo della corda che si spaccava li
interruppe.
“Direi che è ora di dire uno.” Fece Simon, mentre prendeva
per mano Julie.
“Uno… due…” Jack si piegò leggermente sul ginocchio
sinistro, pronto a scattare. “…tre! Forza!!”
Quasi tutti contemporaneamente, i sei ragazzi scattarono in
avanti per attraversare di corsa i pochi metri che li separavano dalla terra
ferma. Jack e Dan, quelli più avanti di tutti, balzarono sulla roccia dopo
poche falcate e subito si voltarono per far cenno agli altri di sbrigarsi.
Si voltarono in tempo per vedere le corde lacerarsi del
tutto e spaccarsi con un rumore sonoro e tremendo insieme.
Il ponte venne meno quasi subito; data la sua lunghezza, la
prima cosa che cedette fu il tirante delle piccole assi di legno, che da
ordinate e disposte una dietro l’altra si trasformarono in un cumulo di legno
in caduta libera nel baratro sottostante. Per una qualche misteriosa
coincidenza della sorte, le corde non si ruppero tutte e due nello stesso
istante, ma a distanza di pochi attimi. Attimi che regalarono alle assi sotto i
piedi dei ragazzi pochi istanti di sopravvivenza in più.
In un momento come quello non si poteva capire molto, e
tutte le nozioni di razionalità e logica imparate negli anni si cancellarono a
tempo di record dalla mente di Jack. L’unica cosa che si era impressa con forza
nella sua mente era l’immagine del ponte che si sfracellava, e dei ragazzi che
crollavano con esso urlando. Il panico lo prese a tal punto, quando li vide
sparire oltre il limite delle rocce, che non riconobbe nemmeno la sua voce fra
quelle urlanti… le gambe paralizzate e il cuore in tumulto, ci mise un attimo
per gettarsi in ginocchio a vedere cosa fosse capitato agli altri.
Merlino, no… no!!!
Come Dan, che fece altrettanto, Jack si ritrovò carponi
lungo il limite della roccia su cui era riuscito ad arrivare un attimo prima
della devastazione. Al suo povero cervello sconvolto servì un attimo per
immagazzinare quello che vide, ma la sua reazione fu pronta e rapida. Amelia,
Chad, Simon e Julie avevano avuto la fortuna di sbattere contro la roccia
assieme alla corda che si era spaccata per ultima, non erano caduti
verticalmente, quindi in qualche modo erano rimasti aggrappati alla roccia
sotto di loro… in qualche modo molto instabile.
Julie era la più vicina, aggrappata malamente come un ragno
alla parete scivolosa; Jack subito si sdraiò sulla pancia per afferrarle almeno
un polso. Terrorizzata com’era, con gli occhi chiusi e il suo panico totale per
l’altezza, poteva cadere da un momento all’altro. “Julie, ti tengo! Ti tengo,
stai calma!”
Julie teneva gli occhi serrati forte, le guance bagnate di
lacrime. “Jack non mi lasciare, ti supplico!!” piagnucolò. “Non mi lasciare!!”
“Non ti lascio, resta calma!” Jack maledisse di tutto e di
più. Continuando a tenere la cugina per il polso, si sporse leggermente alla
ricerca degli altri ragazzi. Con la coda dell’occhio vide che Dan aveva metà
busto calato verso il basso, nel tentativo di afferrare Simon per la felpa.
“Ehi, ci siete???”
“Più… o meno…” Chad si teneva forte con una mano alla corda
ancora appesa – chissà per quanto ancora – alla roccia, mentre con l’altra
aveva una presa salda su Amelia. La ragazza era riuscita a malapena a sfiorare
la parete rocciosa con ginocchia e gomiti, terrorizzata all’idea di poterci
sbattere contro con la pancia, e se non fosse stato per Chad e Simon, che in
qualche modo la stavano tenendo su, sarebbe precipitata al volo.
“Merda, merda, merda!” Dan constatò che la corda si teneva
davvero per pochi ciuffi di fili ancora in piedi… questione di attimi, e quei
tre sarebbero sprofondati. Si sporse ancora di più, ma si rese anche conto che
così facendo sarebbe caduto giù e non avrebbe dato una grossa mano agli altri.
Puttanissima
miseria!!!
“Non vi muovete, adesso scendiamo a prendervi!!” urlò
disperato Jack, che poi si rivolse a Julie. “Jay, io ti tengo forte, non puoi
cadere… tu però devi arrampicarti qui sopra, hai capito? Presto!!”
La ragazza esitò solo per un istante, ma non permise alla
paura di bloccarla… non con quei tre a rischio di morte sotto di lei. Raccolse
le forze, e cominciò ad allineare i piedi lungo gli spuntoni di roccia, nel
tentativo di risalire. Il terreno si frantumò sotto i suoi piedi, strappandole
uno strillo, e per fortuna Jack la sorresse in tempo.
“Sto scivolando!!!” urlò disperata Amelia, stringendosi
ancora di più alla gamba di Simon. “Aiuto!!!”
“Non ti muovere, ferma, resta immobile!!!” le gridò Simon,
cercando di sostenerla meglio.
Chad cercò di tenerla perfino coi piedi. “Ti tengo, ti
tengo!!”
“Mi stai spezzando la spalla!!!”
Jack quasi non si catapultò giù. “Amelia!!!”
“Cazzo!!!” Dan serrò i denti e colpì il terreno, all’apice
della frustrazione. Si guardò in giro, alla disperata ricerca di una soluzione,
una qualsiasi…
Una qualsiasi, eh?
“Tenete duro, un secondo soltanto!!”
Jack vide scattare il cugino verso un punto alle sue spalle.
“Ma dove cazzo vai?!?” urlò, senza per questo lasciare la povera Julie.
Dan corse verso la roccia a cui stava appesa una lunga
torcia di legno, una delle poche che facevano luce in quella galleria senza
fondo. La strappò dal muro senza troppi complimenti, urlando “Aguamenti!!” per
spegnerne il fuoco.
Amelia mugolò qualcosa di indecifrabile, mentre sentiva la
presa di Simon scivolare lentamente. Non sarebbe più riuscito a tenerla. E per
Chad, con una sola mano, era altrettanto impossibile.
Non può finire così…
no, non può!!
“No!!” Chad abbassò tentò di stringerle il braccio più
forte. “Amelia, che fai?!”
“Amely, mi scivoli così!!”
Amelia si morse le labbra e continuò ad affondare a calci il
piede in un angolo di roccia meno liscio. Con la mano stava letteralmente
grattando via quel po’ di superficie che poteva per aggrapparsi… voleva due
punti per far leva e salire, e li avrebbe ottenuti a costo di rimetterci una
mano. Non voleva morire, non ora.
Chad sentì la presa sulla ragazza farsi sempre più
scivolosa. Maledizione!!! “Infila il
piede in un buco qualsiasi, poi ci penso io!”
Amelia assestò un ultimo calcio deciso, e ottenne finalmente
una piccola porzione di roccia più sporgente dove mettere il piede. Subito vi
si appoggiò, spingendosi verso l’alto per aggrapparsi meglio a Chad… ma la
roccia le franò sotto il piede, e a peso morto la debole presa che Chad aveva
su di lei venne meno.
“Amelia!!!!”
“Nooooooo!!!”
Gli occhi stretti fortissimo, Amelia riuscì a malapena a
strillare… non voleva morire, non voleva morire, non voleva morire… quella
caduta nel vuoto le sembrò interminabile, le dava giusto il tempo di disperarsi
di più. Era tutto ingiusto…
Di tutti i modi per
morire, quello che ho sempre temuto di più… fate finire questa caduta, per
pietà!
Qualcuno dall’alto l’ascoltò, perché la caduta si arrestò e
anche bruscamente… però Amelia non sentì dolore né altro, il che era piuttosto
strano, considerato che era pronta all’idea di sfracellarsi al suolo. Provò ad
aprire gli occhi piano… era su una specie di bastone di legno, sospesa
nell’aria, e dietro di lei, a cavalcioni sul bastone…
“Alla faccia del boccino che ho beccato stavolta.”
Troppo felice per parlare, Amelia gettò le braccia al collo
di Dan, che la teneva stretta a sé con una mano e usava l’altra per gestire la
scopa improvvisata. “Dio mio, grazie…” gli piagnucolò nel collo.
“E’ tutto a posto.” Il ragazzo le accarezzò i capelli.
“Andiamo a prendere anche gli altri.”
Jack aveva smesso di connettere o respirare nel momento in
cui aveva visto Amelia cadere. Quando vide Dan risalire con lei sulla scopa,
l’unica reazione che gli uscì fu un mezzo sorriso tremulo. Era talmente
paralizzato dalle emozioni che avrebbe mollato tutto – Julie, la sua presa
sulla roccia, ogni cosa – per correre da lei e abbracciarla forte. Almeno
avrebbe placato i battiti furiosi del suo cuore.
“Un passaggio?” Dan si avvicinò a Chad abbastanza perché il ragazzo
potesse aggrapparsi al retro della finta scopa.
“Potresti darti al Nottetempo, e te ne sarei grato a vita.”
Mormorò sollevato Chad, quando potè avvinghiarsi al lato rimasto vuoto del
bastone. Porse un braccio a Simon per aiutarlo a tenersi, anche se finì per
strappargli mezza manica del felpone con un movimento un po’ più brusco.
“Cazzo se siete pesanti.” Borbottò Dan, spronando la
pesantissima scopa fasulla verso la roccia, al sicuro.
Jack smise di guardare gli altri, e si concentrò su Julie.
“Jay, adesso ti tengo anche l’altro braccio… arrampicati su solo con le gambe,
al resto penso io.”
Julie annuì freneticamente e subito mise in moto i piedi,
alla ricerca di spuntoni e spazi liberi su cui appoggiare i piedi. La presa del
cugino era solida e sicura, la stava tirando verso l’alto e la faceva sentire
meno in bilico, per di più gli altri erano salvi… risalire non sembrava più
così difficile, adesso che il panico era scongiurato. E una volta su, i due
rossi si scambiarono un abbraccio affettuoso e rassicurante.
“Secondo piano, articoli sportivi.” Fece allegro Dan, mentre
faceva atterrare il bastone sulla parte interna della roccia. Quando tutti
furono scesi, il pezzo di legno smise di fare da scopa e ricadde inerte a
terra.
Jack si alzò subito e raggiunse Amelia, abbracciandola
forte. La sentì stranita e spaventata mentre si avvinghiava a lui in risposta,
e la strinse più forte. “E’ tutto a posto…” le sussurrò all’orecchio,
accarezzandole i capelli e la nuca. Lei annuì, ancora sotto shock.
Dan appoggiò le mani sui fianchi e chinò la testa, sbuffando
fuori l’aria. “C’è mancato un fottutissimo pelo…”
“Ti ho detto che sto bene, Jack.” Mormorò Amelia, scivolando
via dall’abbraccio del ragazzo.
“Tieni, Amy, prendi un po’ di questa.” Julie rovistò nel
borsone dei medicinali, e le porse una fialetta rosa. “E’ un rigenerante, ti
farà sentire subito meglio.” Amelia la prese, ringraziando l’amica, e la
trangugiò lentamente.
“Mh.” Simon guardò il baratro – ormai il ponte non esisteva
più – dietro di loro. “Fantastico. Sarà facile tornare indietro.”
“Non che andare avanti sia meglio.”
Simon si guardò un attimo la manica mezza strappata della
felpa. “Ma nooo… questa me l’aveva regalata Mel per il mio compleanno! Cosa le
dico adesso?”
Jack fece una smorfia tra il divertito e l’incredulo. “Prova
a dirle che ti ha salvato la vita.”
“Tanto si incazza lo stesso, che credi.”
Chad annuì lentamente, poi si accigliò. “Questa cosa mica è
giusta, però… guarda quant’è bella questa felpa! Com’è che tu a me non ne hai
mai regalata una, eh, Jay?”
Simon arricciò le labbra in una smorfietta. “Forse perché
non ha ancora trovato il pianeta su cui te le compri abitualmente?”
La battuta fece sorridere tutti, Amelia inclusa, e per
questo Jack fu grato al fratello. Avevano appena visto la morte in faccia per
l’ennesima volta in poche ore… e di Katie ancora nessuna traccia. Quanto ancora
dovevano andare avanti?
Amelia estrasse la bacchetta e si guardò in giro. “Non mi
piace questo posto. Credo convenga superarlo.”
Chad si passò una mano sulla nuca sudata. “Almeno per un
centinaio di metri siamo a posto, queste trappole sembrano piazzate
sistematicamente… a una distanza precisa l’una dall’altra, fateci caso.”
“Appunto.” Amelia scosse ostinatamente la testa. “E se
volessero sviarci con questa cosa della distanza stabile?”
“Stai dicendo che c’è un’altra sorpresina che ci aspetta
proprio qui dietro l’angolo?”
Il tono scettico di Chad fece vacillare la ragazza. “No…
cioè… il mio istinto me lo direbbe.”
“E chi ti dice che stia sbagliando.” Jack si soffermò a
guardare davanti a sé. Ancora una galleria scavata nella roccia, l’ennesima…
questa però era meno illuminata, aveva solo due torce a illuminarne il
percorso, benchè sembrasse apparentemente pulita e sgombera da ogni sorta di
trucco o anfratto pericoloso. Forse c’era qualcosa che sfuggiva alla vista ad
occhio nudo…
Simon lo affiancò e rimase ad osservare anche lui quella
grotta. Alla fine ruppe gli indugi estraendo la bacchetta e mormorando
“Aparecium!”. Non successe assolutamente nulla.
“E’ pulita, niente incantesimi.” Dan tirò un sospiro di
sollievo, e mosse i primi passi avanti. “Ringraziamo Merlino per un po’ di
tregua e approfittiamone.”
Jack annuì e lo seguì insieme al resto del gruppo. Ma fu
solo quando il cugino si avvicinò di un passo di troppo che a Jack apparve
chiaro come il sole che ci erano ricaduti di nuovo. E fu una doccia fredda
perché non ci fu il tempo di gridare.
Una fune trasparente… una maledetta fune trasparente
nascosta fra gli arbusti secchi a terra, che solo un riflesso fortunato delle
torce aveva evidenziato… nessuna magia, solo fisica, quando un pugno di lance
ad asta lunga schizzarono giù dalla parete rocciosa verso di loro.
Jack fece appena in tempo a gettarsi con una spallata
addosso a Dan, rovesciandolo a terra un attimo prima che una lancia lo
decapitasse di netto, e in lontananza sentì Amelia urlare “Protego!”. Salvi per
un soffio.
“Al diavolo la teoria della lontananza.” Biascicò sconvolto
Chad, guardando ad occhi larghi la lancia che gli si era conficcata a pochi
millimetri dal piede. Fortuna che Amelia aveva i riflessi pronti.
Simon si voltò un po’ verso tutti. “Tutti interi?”
Jack si tirò sulle ginocchia con una smorfia. Ginocchio
sbucciato, poco male, niente che non si potesse…
“DAN!!!”
Lo strillo di Julie li fece trasalire tutti… nessuno si era
accorto che il ragazzo bruno era rimasto appallottolato a terra, con una lancia
conficcata all’altezza della spalla destra abbastanza in fondo da avergliela
trapassata.
“No!”
“E’ la spalla…”
“Toglietevi!!!”
Jack riuscì a far sdraiare di schiena Dan con la massima
delicatezza, facendosi aiutare da Chad a non lasciare che si appoggiasse sulla
punta della lancia che gli usciva dalle spalle. Julie quasi si sbucciò le
ginocchia per capicollarsi accanto al fratello, il pesante borsone di
medicinali accanto a lei.
“Riesci a sentirmi? Dan?”
“…ti s-sento…” mormorò a denti stretti Dan, il cui viso era
una maschera di dolore. “…è il braccio… che non sento più…”
Amelia si passò una mano sul viso pallido. La maglietta di
Dan era zuppa di sangue, ne stava perdendo copiosamente, e poteva solo
immaginare il dolore dell’amico. Cercò lo sguardo di Julie, ma la rossa
sembrava assurdamente lucida ed efficiente, così diversa da un attimo prima.
Esaminava la ferita con attenzione, mentre chiedeva a Chad di sostenere la
testa del fratello, e contemporaneamente gli sussurrava parole rassicuranti. Se
fosse o meno nel pieno controllo della situazione non si poteva stabilire, ma
almeno era lucida.
“Cazzo, che dolore…” Dan si contrasse su se stesso, come a
volersi accartocciare in una pallina. “…questo braccio… mi serve… porca
puttana…”
Simon gli strinse leggermente la spalla sana. “Non ti
muovere troppo, fermo…”
In un moto di razionalità e autocontrollo, Jack afferrò una
delle lance lì a terra e ne esaminò la punta ferrosa. “Sono arrugginite, ma non
c’ traccia di veleno sopra.”
Julie annuì. “Questa è un’ottima notizia… mi hai sentito,
Dan?” per ottenere l’attenzione del fratello, pallido e madido di sudore, gli
accarezzò la guancia. “Ho la situazione sotto controllo, sta’ calmo…”
Dan azzardò un sorrisino sofferente, gli occhi ormai socchiusi
per il dolore. “Sono… felice… per te…”
Julie alzò il viso tirato e guardò Jack. “E’ profonda, sta
perdendo parecchio sangue, ma non dovrebbe aver leso nulla… bisogna tirarla via
e disinfettare prima che si infetti, poi posso farla richiudere con un paio di
pozioni di mamma e bendargliela, ma ho bisogno di tempo.”
In qualche modo rassicurato dalle parole e dalla lucidità
con cui stava gestendo la cosa, Jack scosse la testa. “Katie non ha questo
tempo.”
“Che diavolo state a fare… ancora qui?” protestò
affannosamente Dan, ancora accartocciato. “Muovetevi, forza, andate avanti…”
Amelia scosse la testa. “Io non ti lascio qui!”
Julie si legò in fretta i capelli e cominciò a rovistare nel
borsone. “Ci penso io a lui. Resteremo qui finchè non avrete trovato Katie, vi
aspettiamo.”
Jack si voltò a guardare Chad, ma dallo sguardo dello strano
ragazzo fu facile intuire che non c’era bisogno nemmeno di chiedere. “Resto io
con loro.”
“Non è una buona idea dividerci!”
“Non abbiamo alternative.” Fece piano Jack, poco convinto a
sua volta ma cosciente dei suoi doveri. Katie andava ritrovata, aveva bisogno
di loro. Si sporse in avanti, chinandosi sul cugino, e gli strinse il braccio
sano. “Guai a te se mi fai scherzi idioti mentre sono via.”
Dan buttò fuori affannosamente l’aria. “Potrei dire lo
stesso.”
Simon arricciò il naso, riluttante all’idea di lasciare gli
altri, ma Chad annuì vigorosamente nella sua direzione e gli fece cenno che era
tutto sotto controllo. “Dai.”
Amelia scosse leggermente la testa, decisa a tutti i costi a
non abbandonare l’amico in quelle condizioni, e guardò Jack speranzosa. Quando
lo vide alzarsi in piedi lentamente, comprese che non c’era più niente da dire.
“Non li possiamo lasciare così, se qualcuno…”
“Non li attaccherà nessuno.” La bloccò lui, guardandola.
Aveva l’aria decisa, eppure stanca e appesantita insieme. “Le trappole servono
a non far entrare nessuno, ma non ci sono guardie né altro. Resta Chad a
proteggerli.”
Amelia sentì le lacrime pungerle gli occhi quando incrociò
lo sguardo di Dan. Il moro le fece un sorriso sofferente ma carico di speranza,
un occhiolino perfino. Julie finì di sistemare tutto quello che le serviva e
tirò un sospiro per regolarizzare il respiro, poi forzò un sorriso a sua volta
per continuare a mostrarsi sicura.
“Katie aspetta aiuto. Non la deludiamo.”
Jack prese dolcemente la mano di Amelia mentre si avviava.
“Non muovetevi da qui. Torniamo con Katie il prima possibile.”
Simon seguì il fratello in direzione del cunicolo buio, ma
si voltò a guardare indietro un’ultima volta. Vide Chad mantenere con cura la
testa di Dan mentre Julie gli spiegava che doveva resistere fin tanto che gli
strappava via la lancia, e avrebbe fatto male.
Jack strizzò forte gli occhi quando dietro di sé sentì
l’urlo di dolore di Dan, pochi istanti dopo, ma non si fermò né lo permise ad
Amelia e Simon. Era lì anche come War Mage, non solo come fratello di Katie, e
aveva il dovere di soccorrere chi più era in difficoltà in quel momento. Anche
se gli si arrovellava il cervello al pensiero di Chad, Julie e Dan lì da soli,
loro dovevano andare avanti. Non c’era scelta.
***************
Katie sussultò e chiuse gli occhi… il pugno che aveva
incassato Alex se l’era sentito addosso lei per la violenza e la rabbia con cui
era stato scagliato. Quella montagna umana lo stava attaccando a colpi di magia
nera, e quando gli lasciava un attimo per respirare, lo colpiva duro
fisicamente. E per quanto Katie fosse sorpresa dalle capacità di Alex di
destreggiarsi con la magia nera – non che le facesse troppo piacere… - non
poteva non stringere gli occhi tutte le volte che lo vedeva finire a terra
dolorante. Ogni volta si rialzava più lentamente, e con più difficoltà.
“E’ tutto qui quello che t’ho insegnato in tutti questi
anni?” lo sbeffeggiò McNair, un momento prima di puntare la bacchetta.
“Locomotor Mortis!”
Alex rotolò su un fianco, per sfuggire all’incantesimo, ma
sfortunatamente venne preso di striscio alla mano che gli reggeva la bacchetta,
che rimase come paralizzata.
Katie si coprì la bocca con le mani nel vedere la bacchetta
del ragazzo scivolare a terra. Subito sguainò la sua, decisa a passargliela, e
scattò nella sua direzione… non riuscì ad arrivarci, però, perché inciampò in
qualcosa che la fece finire rovinosamente di pancia a terra.
Santa Morgana, ma
cosa…
Un tacco a spillo spezzò in due la bacchetta che aveva
ancora in mano, con un colpo secco e preciso, e Katie alzò lo sguardo stranito.
Ogni sorpresa si dileguò quando riconobbe la ragazza coi capelli color miele
che aveva imparato a odiare tanto.
“Ancora tu…”
Vera inarcò un sopracciglio beffardo. “Esattamente le stesse
parole che ha mormorato il vostro affezionatissimo amichetto Anthony quando
l’ho ucciso, siete davvero ripetitivi.”
Katie inorridì. Anthony… un altro morto sulla sua coscienza.
“Ma che cos’hai nelle vene, veleno?!” sibilò, disgustata.
“Non sei tanto lontana dalla verità, faccia d’angelo.” Vera
si chinò all’altezza della ragazza, scansandole i capelli dall’orecchio.
“Perchè vedi… l’ho preparato io il veleno con cui il tuo adorato fratellino
doveva tirare le cuoia… e ne ho confezionati tanti altri… chi lo sa, magari uno
di questi lo sperimento direttamente su di te, o meglio ancora, sul tuo
adorabile principe azzur-”
Vera restò a bocca aperta, incredula, la guancia pulsante in
mano… quella insolente ragazzina le aveva appena sferrato un pugno in faccia! E
tutto sembrava fuorchè un faccino angelico in quel momento… piuttosto era
indiavolata.
“Brutta schifosa!!!” Katie le si lanciò addosso con tutta la
rabbia e l’indignazione che aveva in corpo. Basta dolore… basta sofferenze…
basta ingiustizie… non riusciva più a sopportare il male con cui aveva a che
fare. Non aveva mai fatto a botte con qualcuno prima, ma si accorse che era
alquanto… terapeutico. Trascinare quella dannata assassina per i capelli e
farla cadere giù dai tacchi a spillo la faceva sentire meglio. “Se provi ad
avvicinarti di nuovo alla mia famiglia… ti spezzo le ossa una dopo l’altra!!!”
Vera non era di sicuro il tipo di strega abituata a fare a
meno della bacchetta, e quando Katie la colpì in piena fronte con una testata,
e la bacchetta le scivolò di mano, comprese che sarebbe riuscita a combinare
ben poco. Quella furia bionda sembrava inarrestabile.
“Ti insegno io a distruggere le famiglie degli altri!!”
Katie le tirò i capelli fino a farla urlare… ma si dovette bloccare per forza
quando sentì la punta di una bacchetta conficcarsi nella schiena.
“Hai meno di un secondo per lasciarla, poi ti sbriciolo.”
Katie allentò la presa sui capelli dell’altra ragazza, che
boccheggiando si allontanò, e si voltò lentamente. Col cuore in gola vide che
Alex era in ginocchio a terra, in una pozza di sangue, e McNair troneggiava su
di lei puntandole addosso la bacchetta come se fosse la cosa più gradevole da
fare in quel momento.
“Ci siamo divertite un po’ troppo, a quanto pare.” La prese
in giro, puntandole la bacchetta alla gola. “Adesso però mi diverto io.”
Katie vide Alex alzare di scatto la testa, la bocca
sanguinante e gli occhi semi chiusi, e la distrazione le costò un graffio lungo
tutto una guancia. Vera si era rialzata, l’aveva afferrata per le spalle e
adesso la teneva ferma davanti allo zio, ancora ansante per quella lotta impari
che aveva dovuto inaspettatamente combattere.
“La voglio morta!” sibilò stridula la bionda, i capelli
scomposti macchiati dal rivolo di sangue che le colava giù da un taglio sulla
fronte.
McNair accarezzò il collo di Katie con la bacchetta, quasi
ammirando il modo in cui la mocciosa restava immobile senza piagnucolare, e
alla fine inclinò la testa e abbassò la bacchetta. “Posso mai rifiutare un
regalo alla mia adorabile nipote… specie dopo questa meravigliosa figura che le
hai appena fatto fare?”
Katie spalancò gli occhi quando vide che l’omone stava
estraendo un pugnale affilato, ma dimenarsi non servì a nulla. A quanto
sembrava, Vera si stava prendendo la sua vendetta.
“Che c’è, mocciosa, paura? Povero angioletto… ti concedo di
morire urlando il nome del tuo amore, te lo meriti visto il bordello che hai
messo su…” ghignando più divertito che mai, Stephen McNair sollevò il pugnale
bene in alto per poi colpire. Katie chiuse fortissimo gli occhi, incapace di
formulare un solo pensiero.
“SECTUMSEMPRA!!!”
Un grugnito di dolore fece spalancare gli occhi alla
biondina. McNair aveva allargato le braccia, gettando indietro la testa, come
se fosse stato colpito alle spalle da qualcosa, e la sua mastodontica massa
ricadde in avanti pesantemente… il pugnale che si abbassava a una velocità
inaudita…
NON VOGLIO MORIRE
COSI’!!!!
Katie si affidò all’istinto quando si abbassò di scatto,
approfittando della distrazione di Vera, e non ci capì molto… avvertì il corpo
di McNair che inciampava contro il suo, sentì una caduta alle sue spalle, un
grido strozzato, qualcosa… quando riaprì gli occhi, davanti a lei c’era ancora
Alex con la bacchetta puntata, bacchetta che lasciò cadere perché una fitta di
dolore al costato sanguinante lo fece piegare in due su se stesso.
…che è successo…
Voltandosi carponi, Katie vide McNair immobile, a guardare
inorridito qualcosa ai suoi piedi. Per poco non le venne un conato di vomito.
Il sangue che bagnava il pugnale fra le mani dell’omone era della nipote. Era
di Vera il corpo mutilato su cui era caduto McNair prima. Ed era la sua testa
che era ruzzolata a pochi metri da loro.
“Tu…”
Il ruggito di McNair sembrò quello di un animale a caccia.
Katie non fece in tempo a riprendersi dai conati a vuoto, che lo vide scattare
in avanti verso il suo ragazzo.
“ALEX ATTENTO!!!”
Il biondo rialzò debolmente la testa, ma fu troppo lento a
riprendere la bacchetta da terra e il suo mentore era al doppio del normale
livello di ferocia… gliela scalciò via prima che potesse difendersi, e gli si
avventò contro urlando qualcosa di grottescamente simile al verso di una tigre
inferocita.
Katie urlò e chiuse gli occhi, gemendo forte. Non ebbe il
coraggio di guardare quella piccola ammucchiata di corpi.
Aveva sentito qualcuno rantolare, sputare, ansimare e poi
crollare. Poi solo il silenzio, e nient’altro.
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In realtà non so davvero cosa dire… non mi è mai capitato di
lasciare proprio sul finale una storia a cui tengo tanto e deludere tutti
quelli che l’hanno pazientemente seguita, ma d’altra parte non mi è mai
capitato neanche di passare un periodo come questo, che è davvero… tostariello.
Mi dispiace sinceramente per non aver rispettato la promessa di postare gli
ultimi capitoli di FMI prima dell’estate, ma il punto è che so già cosa deve
accadere… e non riesco a metterlo bene su tastiera. Né ne ho il tempo mai, tra
nuova città, fratellino, studio, lavoro e punture maledette! >_< Non per questo ho intenzione di abbandonare
la mia storia, ci mancherebbe altro… contate che mancano…2? Si, credo due
capitoli. Massimo 3. Non lascerei mai FMI senza un finale, ma soprattutto non
la lascerei senza un finale DEGNO.
Ribadisco, mi dispiace tantissimo per le attese e per quelle
che ancora verranno… si dice che tutte le cose un po’ sballate si mettono
sempre a posto, quindi confido di rimettermi a posto anch’io presto.
Nel frattempo voglio stringere di cuore CHIUNQUE mi abbia
lasciato un commento o una recensione (anche se adesso vi autorizzo al
boicottaggio delle recensioni perché sono stata una cattiva bambina XD), grazie
a tutti! E augurissimi alla nostra quasi mammina…. Vai Judie! Faccelo bello il
pupone!
Alla prossima, speriamo presto, e non dimenticate di passare a vedere il gioco di ruolo di Syssy5, gentilmente dedicato a questa saga di BAWM, a questo indirizzo: http://bawmgiocodiruolo.forumfree.net/
Baci baci!
Sunny