il circo della mezzanotte
MEMORIE DAL CIRCO
Sono passati tanti anni ormai, da quando sono entrata a far parte del Cirque des Reves.
Ma nonostante il tempo mi ricordo come se fosse accaduto ieri, il primo
incontro con mio padre e la prima volta che misi piede dentro ad un
tendone circense. E da allora la mia vita è cambiata, sono
diventata un'altra persona, non quella che mia madre aveva sempre
desiderato, non ho fatto nulla di quello che lei sperava per me; ma
forse la colpa è anche la sua. Se non avesse deciso di
lasciarmi, preferendo scegliere la via più semplice invece di
affrontare i problemi di petto oggi non mi ritroverei a far parte di
questo dannato circo, non sarei l'asso nella manica del grande Prospero
l'Incantatore, il suo più grande successo.
Quando mia madre si suicidò fui consegnata come un pacco nelle
mani di quello che per la legge era mio padre, ma Prospero non è
mai stato nulla più di un padrone per me. L'ho capito fin da
subito che per lui ero un peso: nonostante avvessi solo 6 anni avevo
già capito che non avrei mai ricevuto amore da lui, non avrei
mai ritrovato una famiglia quel giorno del 1873.
Si era trovato per le mani una bambina da allevare ma lui non poteva
esserne capace, perchè lui non era più Hector Bowen
l'uomo che aveva sedotto e messo incinta mia madre; no, lui era
Prospero l'Incantatore, il re del Cirque des Reves. Quindi non avrebbe
potuto crescermi come un padre e si limitò a fare ciò per
cui era famoso: insegnarmi l'arte circense.
Ma non posso lamentarmi perchè è grazie ai suoi
insegnamenti che oggi sono la stella, è grazie a lui che ho
abiti pieni di lustrini, ammiratori in tutti gli angoli dello stato e
foto sui giornali; ed è stato lui a darmi il nome con cui tutti mi conoscono: Miranda.
I primi tempi si limitò ad usarmi come sua assistente per alcuni
numeri di magia o come spalla per i clown; poi, una sera, forse per il
troppo gin o forse a causa di un vero lampo di genio chiamò a
raccolta tutti i membri di questa grande famiglia e ci espose il suo
nuovo progetto: un numero completamente inedito, che tenesse il
pubblico col fiato sospeso e che lo meravigliasse a tal punto da
non poter fare a meno di tornare anche la sera seguente per osservarlo
ancora. E naturalmente quella mirabolante esibizione avrebbe avuto me come
protagonista.
Estremamente geloso dei sui trucchi, o del suo dono come è
solito chiamarlo, Prospero non volle l'aiuto di nessuno per studiare e
mettere a punto quel numero; perciò passai molto tempo da sola
con lui, giornate intere a fare esercizi e a preparare il numero
prefetto che avrebbe consegnato per sempre il circo dei sogni alla
gloria dell'empireo. Ma nonostante tutte le ore a stretto contatto non
mi chiese mai della mia vita precedente, di quando mamma era viva, di
come ce la cavassimo col suo misero stipendio da ballerina di night
club; insomma non si interessò mai alla vita di sua figlia e
della donna che, seppur per poche ore, aveva amato.
Per quanto riguarda le sue eccezionali doti, non capii mai se
fosse davvero dotato di poteri magici o se i suoi
fossero solamente invisibili trucchi, e come me nessuno seppe mai
la
verità; anche perchè all'interno della famiglia era un
argomento superato: Prospero aveva reclutato personalmente ogni
acrobata, ogni giocoliere e ogni artista per formare il suo circo, li
aveva raccolti dalla strada o da locali di quart'ordine, era
come un padre per tutti, un maestro, e nessuno si era posto il problema
di interrogarsi sulle sue
capacità.
Fu così che in poco tempo il circo dei sogni ebbe un nuovo
numero, con una ricciuta bambina di 7 anni come protagonista.
La magnificenza di quell'esibizione fu tale che dopo un paio di
settimane era sulla bocca di tutti; giravamo il paese in lungo e in
largo e ogni sera era un successo, accorrevano sempre numerosi per
vedere ciò che l'incantatore era in grado di fare con quella
piccolina e i biglietti per lo spettacolo andavano letteralmente a ruba.
Avevo fatto la fortuna del circo e grazie a me la nostra famiglia
entrò nel periodo d'oro, proprio all'apice del successo.
Però gli anni passarono e io crebbi, ma a Prospero questo non
piacque mai; si lementava sempre che crescevo troppo in fretta ed era
costretto a cambiare esibizioni, perchè ciò che era
appropriato per una bambina non poteva più andare bene per una
ragazzina e per una giovane donna poi. Però devo riconoscerlo,
Prospero aveva l'incredibile dono di creare sempre un nuovo numero che
lasciasse tutti a bocca aperta e che diventasse il pezzo forte del
circo; dopo quella miracolosa sera in cui ebbe l'idea geniale che mi
rese l'attrazione principale del circo ne vennero altre, tutte
fruttuose per le nostre finanze e tutte degne dell'enorme fama di cui
la nostra compagnia godeva. Non importava quanti anni avessi, e quanto
il mio corpo cambiasse, quello che mi faceva fare era
sempre il fulcro dello spettacolo e il motivo per cui la gente si
riversava numerosa tutte le sere dentro al nostro tendone.
Poi però diventai una donna e la mia bellezza esplose con gli
anni, affascinando gli uomini in ogni contea; e questo all'incantatore
non piaceva.
Non riuscivo a capire se fosse geloso di me come qualunque padre, se
gli dessero fastidio gli sguardi di cupidigia che gli uomini mi
riservavano o se avesse paura che un bel giorno io accettassi la corte
di un ricco scapolo newyorkese e fuggissi con lui abbandonando il
circo. Tante volte provai a parlargli, a chiedergli quale fosse il
motivo della sua scontrosità, perchè mi rimproverasse
sempre riguardo alla mia bellezza, ma non ebbi mai una risposta.
Perciò un bel giorno, semplicemente, ci rinunciai.
Il giorno del mio ventunesimo compleanno i miei amici circensi
organizzarono per me una festa, proprio in quel tendone bianco e nero
che ogni sera vedeva la mia esibizione: avevano fatto le cose in grande
invitando un pò di amici che avevamo conosciuto nei nostri
soggiorni in paese, alcuni giornalisti e i miei ammiratori più
affezionati.
Ma la presenza più chiacherata era quella di un nobile inglese,
che Prospero aveva invitato proprio per l'occasione e di cui nessuno
sapeva niente, nemmeno il nome, ma che tutti chiamavano il Conte.
Mi stavo intrattenendo con alcuni gentiluomini che per l'occasione
avevano portato in regalo mazzi enormi di rose e orchidee, gioielli,
cappelli di seta e organza e portagioie di madreperla adulandomi e
riempinedomi di elogi come se fossi la regina Vittoria quando
sopraggiunse prospero che mi portò via per farmi conoscere il
suo illustre ospite, il famigerato Conte.
Era un uomo sulla sesantina, distinto, dal portamento elegante, i modi
posati e diciamo la verità, anche la tipica puzza sotto al naso
che caratterizza i nobili inglesi. Volle sapere tutto sulla mia vita,
da quanto tempo facevo parte del circo, le esibizioni che avevamo messo
in scena nel corso degli anni, cosa ne pensassi del mondo circense,
cosa ne pensassi di quella vita e, a sorpresa, dei miei sentimenti per
mio padre.
Io cercai di essere sempre gentile e accondiscendente nei confronti del
Conte, poichè avevo capito che era una persona importante e che
Prospero lo guardava con un'aura di rispetto e riverenza, ma quando
dovetti parlare di Prospero non potei fare a meno di usare una punta di
odio nei suoi confronti, se non altro per non avermi dato tutto
l'affetto di cui avevo bisogno quando non ero altro che una
bambina.
Quando la festa fu finita, a tarda notte (una delle poche in cui il
Cirque des Reves non aveva aperto i suoi cancelli al pubblico) tutti
gli invitati se ne andarono e così com'era venuto, anche il
Conte se ne andò nel suo alone di mistero.
Passarono gli anni e passò anche la moda per il circo; nacque il
cinematografo, ci si avvicinava alla fine del secolo, l'imperialismo
era sempre più forte e la gente non si meravigliava più
di niente, non rimaneva affascinata dalle incredibili acrobazie dei
circensi. Il nostro fu uno dei pochi circhi che riuscì a tirare
avanti nonostante tutto ma molti di noi preferirono cercare un lavoro
più producente e sicuro, perciò la grandezza del Circo
dei Sogni andò piano piano scemando. E anche la grandezza di
Prospero l'Incantatore, colui che aveva consegnato
all'immortalità la sua creazione invecchiò
inesorabilmente, perse parte dei suoi strabilianti poteri, i suoi
trucchi sempre più banali.
Arrivò anche il momento in cui passò lo scettro del
potere per ritirarsi a vita privata; ma era inconcepibile per tutti che
il grande Prospero abbandonasse il circo per dedicarsi a una vita da
pensionato, in una piccola casetta di periferia, a bere caffè
lungo con l'unica compagnia di un cane meticcio, sciancato come lui.
E infatti il giorno in cui ci lasciò, smettendo i panni
dell'Incantatore tornando ad essere Hector Bowen, dopo aver passato di
mano le consegne, essersi congedato dai compagni di una vita e aver
salutato me per la prima volta come sua figlia, abbracciandomi e
stringendomi a sè, andò via senza portarsi dietro nulla.
Semplicemente si incamminò lungo la via, senza voltarsi
indietro, per poi sparire. Per sempre.
Qualche tempo dopo arrivò a farci visita il Conte: era venuto
apposta per parlare con me dopo aver saputo che Prospero se n'era
andato.
Mio padre gli aveva scritto una lettera, proprio come aveva fatto tanti
anni fa, senza il nome e l'idirizzo del destinatario ma era giunta lo
stesso alla persona giusta.
Nonostante fossero passati anni dall'ultima volta che lo avevo visto,
dal mio ventunesimo compleanno, quello strano personaggio non era
cambiato nemmeno di una virgola, come se fosse passato solo un mese; io
invece ero una donna fatta.
Parlammo a lungo e di molte cose, del fatto che ora ero io l'erede di
Prospero e che dovevo mandare avanti la tradizione di famiglia, delle
innovazioni che sarebbero state necessarie per sopravvivere al mutare
degli animi e dei tempi e di come
il Conte fosse il vero proprietario del Cirque des Reves. Questa
notizia mi lasciò non poco sorpresa: sapevo che il nostro era
uno dei circhi più antichi e da quando ne facevo parte avevo
sempre avuto l'impressione che ci fosse qualcuno in alto, più in
alto dello stesso Prospero a tirare i fili e a manovrare ogni cosa; ora
ne avevo la certezza. Ogni cosa veniva gestita nella lontana
Inghilterra dal Conte, che si teneva in contatto epistolario con mio
padre e al quale dava gli ordini più importanti.
E ora che la conduzione del circo passava nelle mie mani ero io a dover
scrivere al gentiluomo inglese; gli chiesi l'indirizzo al quale avrei
dovuto spedire le lettere, ma il Conte non me lo diede, non era
necessario, rispose solo che nel momento in cui ci fosse stato bisogno
di comunicare mi sarebbe bastato scrivere e imbustare la lettera, e
quella sarebbe arrivata a destinazione senza errori o ritardi.
Non riuscivo a capire il senso delle sue parole: finchè ero una
bambina pensavo che fosse un trucco di Prospero quello di inviare
lettere senza un destinatario e di riceverne uguali, poi crescendo
perdi l'interesse e non mi occupavo di certe faccende, ero più
impegnata a non cedere alla corte del primo che passava e a farmi bella
per i miei spettatori. Ora però era giunto il momento che me ne
occupassi seriamente; i meccanismi me li aveva detti il Conte, non mi
serviva sapere altro.
Non so se fu quello strano sguardo del nostro illustre padrone, il suo
lieve sorriso o le ultime parole che mi rivolse prima di andarsene a
convincermi, ma dopo tanti anni capii che il Cirque des Reves era
veramente magico.
"Cara Celia, tutto il mondo circense
si basa su trucchi, inganni e un pizzico di magia magistralmente
mescolati per creare qualcosa che affascini la mente e il cuore dello
spettatore. E il Cirque des Reves ancora più di tutti gli altri
è intriso di magia. Ma non èsolo magia, oh no, noi siamo
fatti anche di sogno. Non a caso apriamo al crepuscolo e chiudiamo
all'alba."
Ho visto tanti inverni ormai, assieme alla compagnia del circo abbiamo
viaggiato in lungo e in largo portando in ogni città o paese di
campagna un pizzico di magia e mistero.
Ma ora per me è giunto il momento di lasciare il comando ai
giovani; adesso ci penseranno i miei due splendidi figli a portare
avanti la tradizione del Cirque des Reves e a continuare a riscuotere
successo, nonostante i tempi moderni abbiano visto la fine della
maggior parte delle compagnie circensi;
proprio
l'altro giorno è
venuto a farci visita il Conte, uguale al nostro primo incontro il
giorno del mio ventunesimo compleanno, e ha finalmente conosciuto Rosy
e Gabriel, i miei figli. Come da tradizione, passò a loro le
consegne riguardo alla gestione del nostro circo e fece anche a loro lo
stesso discorso che tanti anni prima riservò a me, sulla
magia e il mistero che ci circondava, ma a differenza della fine di
Prospero, io rimasi con loro; non lavoravo più come artista e
non ideavo numeri perchè ormai Miranda aveva fatto il suo tempo
ma ogni sera Celia si sedeva fra le panche in mezzo alle persone che
ancora avevano voglia di passare una serata diversa e dal sapore
antico, ammirando ciò che davvero significasse il Cirque des
Reves, come una spettatrice qualunque.
I nostri tendoni bianchi e neri sopravvivono, non hanno paura del
passare del tempo o del mutare dei gusti del pubblico, delle guerre e
della politica di stato; ad ogni crepuscolo i nostri cancelli si aprono
per incantare i bambini e affascinare gli adulti, e ad ogni levare del
sole si richiudono aspettando la notte seguente, proprio come un sogno.
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