La verità era che non avrebbe mai voluto lasciarlo
lì, in quella clinica, e stare col pensiero fisso che
qualche sicario potesse attentare alla sua già precaria
salute. Kakyoin giaceva composto sul letto, il suo viso pallido aveva
ripreso colore, ma le bende sugli occhi accentuavano la debolezza
fisica che ancora traspariva.
-Jotaro.- lo chiamò quello, esitante.
Si fermò sulla porta.
Se fosse tornato indietro, forse non avrebbe avuto la forza di
andarsene.
Ma per Kakyoin non era in corso una lotta contro il tempo. Ucciso Dio,
sarebbero tornati a prenderlo, sarebbero rientrati in Giappone e sua
madre sarebbe stata a casa ad accoglierli con un sorriso a trentadue
denti dipinto in faccia, pronta a farlo imbarazzare come un povero
cretino.
Kakyoin sarebbe stato al sicuro lì, su quel letto, senza di
lui. Era egoista, ma era felice di non doverlo più
costringere a sottoporsi alle estenuanti cure di fortuna nel deserto.
Tenerlo fermo mentre suo nonno gli versava direttamente sugli occhi
feriti il whisky era una tortura che non sapeva quanto sarebbe riuscito
a reggere. Kakyoin gemeva per il dolore e si contorceva nonostante
fosse un tipo controllato. La sofferenza era insopportabile anche per
lui che doveva solo impedirgli di fare cose idiote come ripulirsi gli
occhi con le mani sporche di sabbia o peggio attivare inconsciamente
Hierophant Green per colpire alla cieca chiunque nel raggio di diversi
metri.
-Jotaro.- lo chiamò ancora.
Non voleva avvicinarsi a lui, ogni istante in più gli
avrebbe reso più difficile il distacco.
-Mi rimetterò presto.- disse il portatore del Gerofante.
Nonostante le bende gli coprissero gli occhi, le sue labbra sottili
erano distese, come quando faceva discorsi seri, di vitale importanza.
Jotaro annuì, per poi rispondere con un verso
d’assenso.
-Perciò aspettatemi.- continuò quello.
-Stupido.- commentò il moro –Sei quasi morto e
già pensi a farti ammazzare?-
Kakyoin sorrise appena –Ho un conto in sospeso con
Dio… e poi, tua madre è il tipo di donna che mi
piacerebbe avere a fianco…-
-Se ti piace tanto, perché non te la sposi?-
domandò ironico Jotaro.
-Perché sei un figlio difficile.- commentò
sorridendo malinconicamente –Sai, io non ho fratelli o
sorelle, eppure, qui con voi, è come se avessi un fratello
maggiore molto saggio, un secondo fratello petulante e un fratello
minore pestifero… e un cane e un nonno… mio nonno
è morto quando ero piccolo…-
-Kakyoin…- lo riprese Jotaro –Non è da
te parlare a vanvera.-
-E da te ascoltare i vaneggiamenti di un pazzo delirante.-
-…-
-Perché non te ne vai?- sorrise sfidandolo.
Jotaro tacque per qualche secondo, poi i suoi passi si allontanarono
affievolendosi. La porta sbatté piano e Kakyoin rimase solo
e sconcertato. Le sue sopraciglia si corrucciarono in una smorfia di
disapprovazione e stupore e le sue labbra emisero uno schiocco sommesso.
Roba da pazzi, non è che si era offeso, vero?
Si girò sul fianco, di malumore, dandosi mentalmente
dell’imbecille e maledicendo anche Jotaro. Certo che, da
quando quello si comportava da ragazzina? O forse era lui a essere
totalmente rincretinito?
In effetti, si accorse un po’ troppo tardi di essere stato
fregato, quando due mani forti si strinsero intorno alle sue spalle e
la guancia del moro premette contro la sua.
-Fa attenzione.- gli disse soltanto, ma per lui quelle due parole
valevano come mille altre.
-Anche tu.- rispose voltando il capo e mordendogli appena il labbro. -Almeno
finché non torno.-
Jotaro lo strinse a se con più forza, invadendo la sua bocca
con la lingua. Lo tenne stretto a sé per alcuni secondi,
imponendosi di liberarlo solo quando si rese conto di essere entrambi a
corto di fiato. Se fosse rimasto ancora a contatto con lui, non sarebbe
mai più riuscito ad andarsene.
Desiderava strappare Kakyoin da quel letto e portarlo via, ma in quello
stato era solo un peso e lui non voleva esserlo. Nel deserto aveva
chiesto numerose volte perdono per essersi fatto ferire in quel modo e
tutto ciò che poteva fare era dirgli che, no, non doveva
farsi troppe seghe mentali, che sarebbe potuto capitare a chiunque di
loro.
-Mi raccomando.- Kakyoin gli diede una pacca alla spalla, forzando un
debole sorriso. Sapeva cosa stava provando. Lo sapeva e non poteva, non
voleva, compatirlo. Jotaro si calò la visiera sugli occhi e
ricambiò la pacca, senza eccedere con la forza (debole
com’era, l’avrebbe scaraventato giù dal
letto).
-Rimettiti presto.- gli raccomandò lasciando la stanza.
Kakyoin s’abbandonò sui cuscini rialzati
sospirando debolmente. Accaldato per il travolgente bacio di pocanzi,
si scostò il ciuffo riccioluto dalla fronte e solo allora si
accorse di qualcosa di diverso. Il suo orecchino non c’era
più, al suo posto ce n’era uno più
piccolo, sicuramente verde.
E indubbiamente Jotaro doveva avere fra le mani il suo.
-Ma pensa te che tipo...- lo imitò.
Certo che aveva un modo davvero tutto suo di mostrare la propria
gentilezza…
Note:
Io questi due li adoro, più rileggo Jojo e più...
vabbè, saranno le manie da shippatrice che mi assalgono,
però anche l'anime non aiuta!! Oggi Jotaro teneva stretto
stretto il suo Kakyoin ferito fra le braccia *O*
Vabbè... la cosa del whisky viene dal romanzo, mentre la
storia del nonno, da nulla XD cosa mia U_U
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