Perché?!
Un pennacchio nero di fumo imbrattava il cielo e il fetido lezzo di
carne bruciata aleggiava tutt’intorno, penetrando le narici
col suo acre sentore. Avrebbe voluto gridare di fermare la cremazione,
che ci doveva essere un enorme sbaglio, che suo fratello era vivo
dentro la cassa e che lo stavano uccidendo, ma non era così.
Sapeva benissimo che non lo era.
Takeru non aveva mai considerato l’idea che potesse accadere.
No, Yamato non era il tipo…
Allora perché aveva fatto una cosa così stupida?
Non poteva essersi suicidato davvero, eppure, sembrava proprio
così e il fatto che nessuno gliene ne parlasse in tali
termini, era solo un’ulteriore conferma di quella
realtà. I suoi genitori avevano dato una versione totalmente
differente dei fatti agli estranei, per riscattare il suo onore.
Un incidente, un dannato incidente di moto, ecco cos’avevano
inventato.
Ma a chi volevano darlo a bere?
Lui li aveva sentiti leggere quell’ultimo messaggio di
taciuto e straziante dolore, e tuttavia non disse nulla,
perché non meritavano di soffrire maggiormente nel vederlo
tormentarsi ancora di più.
Era un controsenso, perché quel segreto lo stava uccidendo
dentro ogni secondo che passava, ma sarebbe davvero servito parlane?
Quando anche l’ultimo sbuffo scuro si diradò
nell’azzurro del cielo, un uomo si fece avanti per rendere
loro ciò che restava di suo fratello e il digiprescelto
della Speranza strinse saldamente tra le mani quell’urna che
bruciava fra le sue dita, come se fosse stata viva e pulsante.
Abbracciandola sentiva ancora il suo calore, la sua voce, il suo
respiro che si smorzava ogni volta che lo abbracciava.
Perché poi Yamato sussultava al suo tocco da un
po’ di tempo a quella parte?
Takeru avrebbe voluto chiedergli tante di quelle cose…
Metà delle ceneri andò a lui e Natsuko,
l’altra metà a Hiroaki.
Suo padre era ricurvo su se stesso, ormai l’ombra
dell’uomo tarchiato e forte che conosceva. Una parte di lui
era morta con suo fratello, in pochi attimi. Il tempo di una mesta
telefonata dall’ospedale e Hiroaki Ishida non esisteva
più. Non ci voleva uno strizzacervelli per capire che non si
sarebbe mai più ripreso: dopotutto, la mamma aveva lui, il
papà era solo.
Tutto ciò che gli rimaneva, era il suo lavoro, ma se anche
avesse retto al dolore, si sarebbe ammazzato fatica e impegni pur di
non fermarsi a pensare, pur di non tornare in quella casa ormai vuota.
Takeru si guardò intorno.
C’era ancora il suo odore, il casino che lasciava, le
stoviglie nel lavello da chissà quanti giorni. Come se non
se ne fosse mai andato, insomma. Quasi si aspettava di vederlo
comparire sulla porta.
“Ehi, che
fai!” avrebbe esclamato strappandogli di mano i
boxer che teneva fra le dita.“Sei
un ospite qui, quante volte te lo devo dire?!”
E giù a discutere su come quella fosse anche casa sua.
-Dovresti mettere un po’ in ordine in questa stanza,
fratellone…- disse con lo sguardo chino e ancora la
biancheria del fratello fra le mani –Che dirà la
tua ragazza quando entrerà in questo porcile?- sorrise,
mordendosi le labbra e trattenendo a stento le lacrime.
–La farai… fuggire… ahah… a
gambe… la farai fuggire a gambe levate…-
Le lacrime gli sfuggirono e Takeru crollò con le mani sulla
scrivania.
-C’erano tante cose che avrei voluto conoscere di
te… Avrei voluto capire come ti sentivi al centro
dell’attenzione di tutti.- emise un sospiro strozzato,
posando a malincuore il reliquiario sull’altare allestito
appositamente nella camera di Yamato.
–Avrei voluto capire cosa provavi a stare solo qui a casa.-
Le lacrime sgorgavano lungo il suo viso, senza sosta.
Takeru non respirava, piangeva, rantolava,
s’infuriò sbattendo le mani sulla scrivania,
urlò il suo dolore a quella foto di Yamato che sorrideva
come se tutto nella sua vita andasse bene.
-CHE
COSA TI FACEVA SOFFRIRE COSI’ TANTO DA SUICIDARTI?!-
gridò travolgendo i libri d’astronomia e le
riviste accatastate alla rifusa. Dalle pagine consunte di un vecchio
volume si sfilò una lettera immacolata. Decisamente troppo
nuova per essere un cimelio del vecchio proprietario di quel tomo degli
anni che furono. S’adagiò al suolo, la missiva, e
fu allora che ne lesse i katakana: “PER
TAKERU”, recitava, e lui, il diretto
interessato, incuriosito la raccolse.
L’aprì con le mani tremanti e spiegò il
foglio.
“Caro
Takeru” iniziava.
Era di Yamato.
Dovette sedersi, il fratello minore, per proseguire la lettura.
“Hai presente
quando i genitori si preoccupano perché i figli maschi
giocano con le bambole invece con le macchinine?
Tutte boiate dettate dai
pregiudizi. Ho sempre giocato con i miei camioncini quand’ero
piccolo, ma la verità, Takeru, è che mi sono
innamorato.
Ti avevo promesso che ti
avrei detto chi era la fortunata, ebbene, è giunto il
momento, ma forse non ne sarai felice. Quando leggerai questa lettera,
io sarò lontano e non ci vedremo per un po’ di
tempo.
Ho trovato una buona
università, in Francia. Avevo già preso accordi
con la nonna e con mamma e papà, e si era deciso che sarei
partito l’anno prossimo, per cui te ne avrei parlato in
questi giorni, ma durante quest’anno sono successe tante di
quelle cose che ho deciso di anticipare la partenza, perché
non ce la faccio davvero a starti vicino.
No, non è
colpa tua, se me ne vado, sono io che sono tutto sbagliato.
Così
sbagliato che ho pensato anche al suicidio e spero ti scappi da ridere
nel leggere che poi vi ho rinunciato perché non avevo un
motivo serio per porre fine alla mia vita e sono rimasto imbambolato
sul terrazzo a chiedermi se fosse davvero il caso di sporcare il
marciapiede quando potevo risolverla in un altro modo, decisamente
più indolore. Così ho cestinato quello stupido
messaggio che ho scritto dopo che sei venuto a casa e abbiamo fatto il
bagno insieme e ora esco a prendere una boccata d’aria, per
pensare a come affrontare il discorso con voi.
Sai, non mi sono mai
sentito così di troppo come quel giorno del bagno
perché io…”
A quel punto s’interruppe, la lettera, per poi riprendere
poche righe vuote più sotto, come se ciò che
aveva scritto, Yamato lo reputasse un errore o facesse una lunga pausa,
un lungo sospiro prima di proseguire.
E in quei pochi attimi in cui gli occhi scorsero in quello spazio
bianco, la mente del più giovane
s’interrogò con sadica ferocia, senza tregua,
sferzando il suo cuore con domande crudeli per la loro sbigottita
banalità.
Voleva suicidarsi ma non l’aveva fatto?
Università in Francia anticipata?
Si sentiva sbagliato?
Takeru si sentiva sbagliato e tardo, perché proprio non
riusciva ad afferrare completamente il nocciolo della questione,
nonostante ne percepisse l’importanza.
Riprese allora la lettura, sospirando tristemente, con le lacrime a
rigargli le guancie arrossate e il corpo tremante d’ansia e
tristezza.
“Insomma, se
ti starò lontano, forse sarà sufficiente per far
tornare tutto come prima.
Un giorno forse
riderò di questo, che magari è solo un clamoroso,
assurdo, scherzo del mio cervello…
Perché, ogni
volta che sei con me, il cuore mi scoppia nel petto e mi sento morire.
Ed è peccato,
Takeru.
Se osassi sfiorarti
l’inferno m’inghiottirebbe per il male che ti farei.
Ma mi concedano gli
angeli di dirtelo, almeno.
Perdonami, non odiarmi
se puoi…
Ti amo fratellino.
Ti amo più di
quanto un fratello dovrebbe amare e ancora di più di quanto
un amante farebbe.
Ti amo.
Yamato.”
Ti amo.
Ti amo.
Ti amo…
-Uaaaaaaaaah!-
Takeru gridò con quanto fiato aveva in gola, soffocando a
mala pena le grida fra le lenzuola. Urlò per un tempo
indefinito, ignaro di quanto accadeva intorno a sé,
finché la gola non gli si seccò e le lacrime gli
s’appiccicarono salate sul viso arrossato.
-Io non ti amavo…- rantolava contorcendosi per la sofferenza
interiore che lo straziava – Ma ti… ti volevo
bene… perché…. Perché?
Perché sei morto?!-
Non avrebbe mai ricevuto risposta, non da lui almeno.
Per quanto invocasse per riceverne anche una minima, per quanto
gridasse che lui non era “sbagliato” che tutto si
sarebbe aggiustato, le cose rimasero in quello stesso identico stato e
non sarebbe stato certo il suo pianto isterico ed affranto a riportarlo
in vita. Non sarebbero stati i suoi genitori ad asciugargli le lacrime
e a consolare il suo cuore a pezzi. E questo per il semplice fatto che
l’essersi resi conto di non aver compreso nulla del loro
figlio maggiore li distrusse completamente.
Non fu il conoscere i veri sentimenti di suo fratello ad annientare e
dilaniare tutti loro per l’immenso dolore. Takeru per primo
avrebbe dato ogni cosa pur di riaverlo. Sarebbe stato disposto anche ad
amarlo carnalmente, se ciò sarebbe servito a strapparlo alla
morte che se l’era preso grazie ad maledetto, terribile,
crudele incidente.
Note: Lo ammetto, a me non piaciono come coppia questi due,
ma era l'occasione buona per fare un pochino di angst e massacrare
Yamachan per l'ennesima volta. E lo so che sono cattiva,
perdonatemiiii!! Ok, passiamo alle cose serie:
Questa fic ha partecipato al Digi
Contest indetto da Roe, classificandosi prima.
Prima O_O sono ancora un po' sconvolta, in realtà,
vistò che è abbastanza raro che arrivi prima O_O
Comunque, ecco il giudizio e i premi speciali vinti (non è
che li ho vinti tutti io, eh, anzi, molti li abbiamo vinti
più o meno tutti i partecipanti). Ah prima di tutto:
complimenti alle altre tre partecipanti, non vedo l'ora di leggere
tutte le vostre fic **
Prima
classificata
Grammatica e ortografia: 10/10
Stile e lessico: 10/10
Caratterizzazione dei personaggi: 10/10
Originalità: 10/10
Gradimento personale: 5/5
Punti bonus: 2
Totale: 47/48
Non so che dire. La tua fic mi ha lasciato veramente scossa, forse
perché non era quello che mi aspettavo ma era bella lo
stesso. Hai fatto un ottimo lavoro in tutti in campi, non sono riuscita
a scorgere nessun errore, peccato solo che non sei riuscita a prendere
il punto bonus che ti mancava per il totale pieno. Vabbè,
sarà per la prossima volta, complimenti comunque! Penso non
ci sia bisogno di dire che hai preso il massimo in tutti i campi
perché non ho trovato nessuna ragione per sottrarti punti,
no? Grazie di aver partecipato! :3
• Premio Grammatica e ortografia: Hikarygaoka, Hiko e Kymyit
• Premio Stile e lessico: Hiko, Airo-pearl, Kymyit
• Premio Caratterizzazione dei personaggi: Hiko, Hikarygaoka,
Kymyit e Hiko
• Premio Originalità: Hikarygaoka, Airo-pearl,
Kymyit
• Premio Gradimento personale: Kymyit
• Premio miglior Shonenai/Yaoi: Kymyit
Inoltre, la fic partecipa anche alla challenge: Chi,
con chi, che cosa facevano, con il prompt: Mi dispiace,
(9) Yamato, ma ti tocca morire. Dead-Fic!
Baciiii!
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