What I haven't said

di Fiby_Elle
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Prologo


Questa storia comincia con un rumore di vetro in frantumi.

Quello della tua auto che si infrange a duecento contro il cavalcavia.

Quello del mio cuore, quando al telefono una voce anonima, piatta, mi dice che a casa, quella notte, non saresti più tornato.

Una conversazione di poche parole, rapida come una ferita inferta.

“Lei è Zayn Malik?”

“Sì… sono le quattro del mattino…”

“L’abbiamo trovata come ultima chiamata del signor Liam Payne. Ha avuto un incidente. Lo stiamo portando al Cassie Hospital.”

Ho riagganciato.

Sai, Liam, sono stato piuttosto bravo.

Non ho pianto. Non ho urlato. Non sono nemmeno corso in ospedale.

Mi sono vestito in silenzio, ho preso le chiavi dell’auto e ho guidato senza fretta fino a te.

Tu mi avresti rimproverato da morire, già lo so, mi avresti guardato di sottecchi, con sufficienza e un po’ di rancore, e mi avresti urlato che sono sempre il solito iceberg, il solito stronzo, il solito deserto pianeggiante senza colline o distrazioni. Tu sei sempre stato più bravo di me, Liam, a tirar fuori quello che avevi dentro, a vomitare tutto ciò che di velenoso potesse esserci nella tua essenza per evitare che ti intossicasse, ti divorasse gli organi interni con l’intento di ucciderti.

Tu sei puro come l’acqua, Liam, trasparente e incontaminato.

Io no.

Io sono il sangue, sono sporco, sono denso, sono fatto di tante cellule differenti nascoste nel mio colore scarlatto.

Me ne rimango nascosto, a fluire nelle vene, nelle arterie, nel cuore, perché se mai colassi fuori per me sarebbe solo morte, solo dolore.

Non ti dirò mai, ad esempio, che le mie mani tremavano, mentre erano strette intorno al volante.

Non ti dirò mai quanti anni di vita ho perso, mentre Harry col volto paonazzo, rigato di lacrime, nella corsia d’emergenza di quel cazzo di ospedale, mi diceva frasi sconnesse, un po’ urlate, con Niall che piangeva contro le ginocchia, rannicchiato come un bambino e Louis che si teneva stretto ai fianchi di Harry, neanche fosse  una radice, una quercia a cui aggrapparsi per non essere trascinati giù.

Non ti dirò mai che sono morto dieci volte, a ripetizione, affogato e riemerso, mentre un dottore senza volto mi portava in camera tua e mi mostrava cos’è davvero l’inferno, di cosa gli esseri umani dovrebbero realmente avere paura.

“Ha perso molto sangue. Abbiamo dovuto asportare parte del fegato e la milza. Il battito c’è, ma è debolissimo. Non sappiamo cosa succederà.”

Ho sempre odiato gli ospedali, sai Liam. È per questo che due mesi fa non ti accompagnai a fare quelle famose analisi. Non è questione di angoscia o di ipocondria, bada bene. È questione che io, i medici proprio, li odio dal profondo del mio cuore.

Tu sei lì, con la guancia scorticata e le labbra rotte, il busto fasciato e le gambe viola dei lividi, le braccia un intrigo di aghi e un buco nel collo da cui esce un tubo enorme che mi fa chiedere come uno stupido perché non ti faccia male,  perché non ti dia fastidio; tu sei lì, pallidissimo, piccolo come non ti ho mai visto, in quel letto due volte più grande di te e quello mi dice che forse morirai, così, neanche fosse la cosa più normale della terra.

Non è la cosa più normale della terra, Liam!

Non lo è, cazzo!

Io li odio gli ospedali!

E odio te perché mi stai costringendo ad averci a che fare.

“Non star lì a farti fumare il cervello, Zayn! Queste cose succedono… andrà tutto bene…”  Lo so che mi avresti detto una cosa del genere.
Vorrei tremendamente che me la dicessi adesso, anche se non puoi parlare e un’infermiera ci spiega che in questo momento non senti niente, sei come un vegetale.

Questo significa che non la avverti la mia mano sulle tue dita con le unghie saltante, non la vedi l’agonia che mi impietrisce il volto, non lo sai che nello stomaco ho un verme impietoso di nome paura.

Tu sei quello coraggioso, lo sai, vero? Io sono quello che scappa, che teme il dolore, tu sei caduto tante di quelle volte, invece Liam, tante di quelle volte che ormai le botte non si sentono più.

Ma no, no, tu non lo sai quanto sei coraggioso. Come potresti. Non te l’ho mai detto. Non te l’ho mai confessato. Come mille altre cose ancora…

Non sto piangendo, Liam.

Non sto piangendo, te lo giuro.

Io piango col cuore, non con gli occhi.

Me lo dicevi sempre anche tu.

“Cosa facciamo, Zayn… cosa facciamo se muore…” mi chiede Harry con la voce rotta, ancora con Louis che non molla la presa dai suoi fianchi.

Li guardo e quasi mi viene da ridere.

Luis sta immobile come se un solo movimento potesse consegnarti alla morte ed Harry… Harry ha questa malsana convinzione che io abbia sempre la risposta… quel suo modo sfacciatamente infantile di prendere la verità dal fango e buttarla in faccia…

Già, cosa facciamo se muori, eh Liam?

Cosa faccio IO se muori?

“Non muore, Harry… è semplice…”

“Sì, Zayn, ma se muore? Se muore davvero?”

“No Hary, Liam non muore… perché io proprio non lo so che cazzo facciamo se muore!”

 Vorrei che le mie parole servissero a qualcosa.

Vorrei che crederci fermamente, pronunciarlo ad alta voce, bastasse a farti svegliare adesso e sorridere, come se ti fossi semplicemente
ridestato da un lungo sonno.

Ma io non sono Dio, Liam, non ho voce in capitolo sulla tua vita…

Per questo è necessario che lo faccia.

Non ti lascio andare via così, Liam, pieno di parole non dette, senza sapere la mia verità.

Non ti lascio andare con la colpa di averti parlato mille volte, senza aver mai detto, confessato, quello che volevo davvero.

Non posso, Liam, non devo.

Hai sempre detto che il mio cuore è un letto di fiume, di cui io mostro solo il delta.

Questo è il mio oceano, Liam.

Questa è l’acqua che non hai visto.
 


Continua…
 




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