Legame

di Doe
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 - Incantesimo ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 - Seduzione ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 - Sconvolgimenti ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 - Spiegazioni ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 - Confessioni ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 - Fraintendimento ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 - Calore ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 - Verità ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 - Gelosia ***
Capitolo 11: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


!IMPORTANTE,LEGGETE!

Un po' di tempo fa, per sbaglio, ho fatto l'enorme cavolata di cancellare questa fan fiction che avevo iniziato a scrivere due anni fa e avevo terminato l'anno scorso. Dopo un momento di totale crisi, mi sono convinta che magari la sorte non era stata così cattiva con me, perché ho riletto la storia, correggendo gli errori e apportando alcune modifiche, e adesso trovo che sia anche migliore di prima (la conferma che non tutto il male viene per nuocere).

So che molti di voi l'avranno già letta e non siete certo obbligati a rileggerla, ma sappiate che la sto ripubblicando e che aggiornerò con costanza con un capitolo ogni 3 giorni e mi farebbe davvero piacere poter ricevere altre recensioni.

La storia conta, in tutto, 9 capitoli + un prologo e un epilogo e riparte dall'episodio 11 della seconda stagione di The Vampire Diaries, in cui Elena si trova segregata in casa, con Damon a farle da "balia", e Stefan prigioniero nella cripta insieme a Katherine.

Oggi pubblicherò il prologo e il capitolo uno.

 

 

LEGAME

by okkidacerbiatta

 

 

Prologo

<< Non puoi fare proprio nulla, Bonnie? >> chiese Elena, i grandi occhi scuri imploranti.

<< Elena non è facile... >>

<< Sei una delle streghe più potenti che io conosca. Dovrebbe esserlo per te >>, esordì Elena scettica.

<< Beh non è che tu conosca altre streghe oltre a me… >>

L'espressione di Elena non mutò.

<< Non posso farlo, okay? Mi sono ripromessa che non avrei utilizzato la magia per cose futili o sciocchezze... >> continuò Bonnie, prontamente interrotta dall'amica.

<< Non è una sciocchezza, Bonnie! Non per me. Stefan è intrappolato in una cripta tra le grinfie di Katherine. E non abbiamo ancora trovato il modo di liberarlo! E lei è capace di tutto, Bonnie, e tu questo lo sai. Perciò ti prego di ascoltarmi. Ti imploro! Sono pronta anche a mettermi in ginocchio se vuoi... >>

Bonnie fissava Elena spazientita.

<< Dimmi che esiste un modo per renderla anche solo un po' più innocua. Dimmi che esiste e come funziona e se poi non vorrai essere tu a fare l'incantesimo, okay, cercherò un'altra strega disposta a farlo, non posso certo costringerti >>.

Bonnie sospirò e Elena riconobbe sul bel volto bruno dell'amica un'espressione rassegnata. Sapeva che non le avrebbe detto di no. Le voleva bene e Elena ne voleva a lei.

<< Si, un modo c'è >>.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 - Incantesimo ***


Capitolo 1 - INCANTESIMO

 

Casa Martin. Ore: 18.00

<< Eppure ero convinta che ci fosse! >>, esclamò Bonnie intenta a sfogliare le pagine del libro delle ombre che la nonna le aveva lasciato. Poi lo gettò a terra, sbuffando spazientita.

Era a casa di Luka da ore, ormai, e insieme cercavano un incantesimo adatto ad esaudire il desiderio di Elena. Bonnie era convinta di averne letto uno, da qualche parte, ma non riusciva a ricordare dove ne, tantomeno, la formula da recitare.

Luka le si fece vicino, inginocchiandosi accanto a lei sul pavimento, con la schiena poggiata al letto.

<< Ehi. Sta tranquilla. La troveremo >>, le disse con occhi rassicuranti. Ma Bonnie non si calmò, così Luka continuò: << E se non sarà quella formula, troveremo qualcos'altro di ugualmente adatto. Sta tranquilla Bonnie. Ce la faremo >>, i suoi occhi fissi su quelli di lei, come a volerla ipnotizzare e farla cadere addormentata ai suoi piedi. << Fidati di me >>.

Bonnie distolse lo sguardo, recuperò il suo grimorio e se lo strinse al petto, chiudendo gli occhi e lasciando che l'immagine della nonna le occupasse la mente, avvolgendola completamente.

Le mancava. Le mancava terribilmente e ancora non riusciva a darsi pace dalla sua morte. Aveva un immenso bisogno di lei, sentiva che con lei accanto tutto sarebbe stato più facile, che lei avrebbe subito saputo consigliarla, che avrebbe conosciuto a memoria quell'incantesimo che lei si disperava tanto a cercare, così come qualunque altro. Senza di lei si sentiva perduta. Sola. Senza nessuno che la aiutasse o che potesse farlo. Poteva contare solo su se stessa e non credeva di essere abbastanza forte per farlo.

Inoltre non riusciva a smettere di pensare al modo in cui la nonna era passata all'altro mondo. Cercando di aiutare i suoi amici. Morta per un sovraccarico di potere. E se fosse accaduto anche a lei? Se di lì a poco, tutti gli avvenimenti di quel periodo - il ritorno di Katherine, la vampirizzazione di Caroline, la trasformazione in licantropo di Tyler e ora l'atteso arrivo di Klaus - l'avrebbero uccisa? Non poteva farcela da sola.

Ma adesso c'era Luka e Bonnie si sentiva molto meno sola. Non sapeva ancora se poteva fidarsi ciecamente di lui, era troppo presto per dirlo e lo conosceva troppo poco. Inoltre il padre di lui le metteva i brividi. Ma i suoi occhi sembravano sinceri e Bonnie non aveva alcuna brutta sensazione o presagio, quando lo sfiorava.

Era ormai da troppo tempo che Bonnie non si fidava ciecamente di qualcuno che non fosse Elena. Dopo tutto ciò che era successo, stava sempre sulla difensiva, teneva tutto dentro e non era sempre certa che le persone che la circondavano fossero dalla parte del bene o se invece appartenevano al male. Non poteva più permettersi di essere ingenua o di pensare positivo.

Ma avrebbe tanto voluto potersi davvero fidare di Luka. In fondo, un attimo di tregua da quell'immenso garbuglio di magia e male che era la sua vita le era concesso o no?

Luka era stato sempre gentile con lei. Lei aveva addirittura messo a rischio la sua vita e lui l'aveva perdonata comunque. Non era abbastanza come prova della sua sincerità?

Bonnie poggiò il grimorio sulle gambe e prese a sfiorarne la copertina antica e un po' sgualcita con le dita. Si voltò a fissare nuovamente Luka, che non aveva distolto lo sguardo da lei neanche per un attimo, e gli sorrise.

<< Hai ragione. Scusami è che sono... stressata >>, disse.

<< E ovviamente a me non è concesso sapere il motivo, giusto? >>

Bonnie addolcì gli occhi, rendendoli quasi imploranti. << Scusami... >>, mormorò. Lui non aveva idea di quanto lei desiderasse poterglielo dire.

Luka sorrise al suo sguardo. << Sta tranquilla, begli occhioni, scherzavo. Quando vorrai... e se vorrai, io sarò pronto ad ascoltarti. >>

Bonnie ricambiò il sorriso. << Grazie >>.

D'un tratto Luka si alzò da terra, recuperando un paio di libri delle ombre di sua proprietà dalla scrivania. Ne diede uno a Bonnie, poi si risedette accanto a lei.

<< E ora, rimettiamoci a lavoro >>, esordì. << Te l'ho detto, se non riusciamo a trovare quella formula possiamo sempre cercarne un'altra. E abbiamo un bel po' di questi a disposizione, per cui sono quasi certo che qualcosa troveremo >>, continuò indicando il  grimorio che aveva tra le mani.

Presero a sfogliare i libri in silenzio, leggendo a mente formule per almeno un'ora. Ogni tanto il silenzio veniva interrotto da Luka che mostrava alcuni incantesimi alla strega che scuoteva la testa, affranta.

Poi d'un tratto Luka esclamò: << Trovato! >>, e si affrettò a mostrare la pagina ingiallita del grimorio a Bonnie che lesse ad alta voce: << Incantesimo per assumere la personalità di un altro. Questo incantesimo permette a chiunque e a qualunque essere - vivente o non morto - di assumere il carattere della persona che verrà citata nella formula. >>

C'erano degli asterischi in due punti diversi della formula e Bonnie chiese a Luka di cosa si trattasse.

<< Oh, stanno ad indicare il momento in cui dobbiamo fare il nome della persona a cui dobbiamo cambiare personalità e quello della persona col carattere da assumere >>, cercò di spiegarle, indicando prima una fila di asterischi e poi l'altra.

<< Ok. Bene. Visto che è l'unica formula trovata, facciamolo. >>

<< Sì, ma hai pensato a quale persona vuoi che somigli? >>

Sì, Bonnie ci aveva pensato. E non le ci era voluto molto per trovare una soluzione.

Elena era preoccupata perché Stefan era da solo con Katherine, rinchiuso dentro una cripta. Katherine era una vampira sadica e stronza, particolarmente brava nell'arte della seduzione. Elena era quasi il suo opposto. Per cui la sua personalità sarebbe andata più che bene.

<< Ricordi Elena, la mia amica? >> Luka annuì. << Voglio che Katherine abbia la sua personalità >>.

Luka sembrò sgranare gli occhi, quando udì il nome di Katherine e questo dettaglio non sfuggì allo sguardo attento di Bonnie. Il ragazzo però si riprese presto e annuì.

<< Bene >>, esordì.

Fecero tutto ciò che il libro diceva, seguendo le istruzioni per filo e per segno. Accesero le candele attorno a loro e si ricoprirono le mani di polvere, prima di congiungerle e recitare insieme la formula.

Quando essa terminò con il nome di "Elena", le loro mani si staccarono, lasciando che la polvere si alzasse in aria, libera. Una raffica di vento, si creò intorno al cerchio, facendo volare i capelli di Bonnie da tutte le parti. Finché tutto finì e le candele intorno a loro si spensero.

 

 

Nella Cripta. Ore: 19.00 circa.

<< Dio, Stefan, ma quand'è che sei diventato così noioso? >>

Katherine Pierce camminava avanti e indietro nel luogo buio e tetro nel quale era intrappolata, lamentandosi del noioso comportamento del suo "compagno di cripta". Dire che cammina è un eufemismo, pensò Stefan. Katherine, infatti, si muoveva sinuosa come una gatta in calore ronzadogli intorno nel suo ennesimo tentativo di sedurlo. Non cederò mai, pensò ancora Stefan. Lei non è Elena. Ed io amo solo lei.

Non si preoccupò neanche di rispondere alla sua domanda. Non che Katherine si aspettasse una risposta. Sbuffò, seccata, continuando la sua danza.

Finché Stefan non la vide cambiare espressione, in volto, e irrigidire tutto il corpo. Katherine aveva gli occhi quasi fuori dalle orbite e continuava a tremare come in preda a spasmi muscolari. Stefan, tra il sorpreso e lo spaventato, la vide portarsi le mani a coppa sulla gola.

<< Katherine, se è uno scherzo o un'altro sciocco tentativo di cedere alle tue attenzioni, non è divertente. >>

Ma la vampira continuò ad ansimare e tremare. Finché non cadde a terra priva di sensi.

<< Katherine! >>

 

 

 Casa Gilbert. Ore: 19.00 circa.

<< Hai intenzione di non parlarmi per il resto della serata o possiamo fare qualcosa? Ti va una partita a Monopoli? Un tris? Girarsi i pollici? >>.

Il sarcasmo di Damon irritava ancora di più Elena, del fatto che fosse segregata in casa da una giornata intera. E chissà per quanto ancora avrebbe dovuto restarci, per giunta con Damon a farle da balia.

I suoi pensieri correvano continuamente a Stefan, il suo Stefan rinchiuso insieme a quella. Tra le grinfie di quella. Ogni volta che ci pensava le veniva l'ansia. Speriamo che Bonnie ci sia riuscita, pregava silenziosamente. Ovviamente di quel piano erano al corrente solo lei e l'amica.

Si alzò dal divano su cui stavano seduti entrambi per andare in cucina a bere un sorso d'acqua. Sperò che Damon non la seguisse. Odiava quando gli altri osservavano ogni sua mossa, l'avrebbe solo irritata maggiormente.

Prese un bicchiere dalla credenza e si sentì improvvisamente scossa da una specie di corrente elettrica interna che le mozzò il respiro e con esso la parola. Il bicchiere le cadde di mano e si frantumò, in mille pezzi, sul pavimento. Prese ad ansimare e tossire e vide Damon comparire davanti alla porta della cucina.

<< Elena, ho più di un secolo di vantaggio. Secondo te casco ancora a trucchetti sciocchi come quello del "Oh, mi manca l'aria! Ho un assoluto bisogno di uscire" ? >>

Avrebbe voluto potergli spiegare che non stava fingendo, ma non ci riusciva. L'espressione di Damon si fece sospettosa e poi preoccupata quando vide che Elena stava diventando blu.

Poi gli occhi della ragazza rotearono e, prima che cadesse a terra sbattendo la testa, le braccia del vampiro la presero, sorreggendola.

<< Elena! >>

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 - Seduzione ***


Capitolo 2 - SEDUZIONE

 

<< Elena! >>, urlò un Damon visibilmente preoccupato, afferrando il corpo privo di sensi della ragazza prima che potesse danneggiarsi ulteriormente cadendo.

Avvolse il corpo di lei tra le sue braccia e si spaventò maggiormente quando la sua testa rimase al di fuori della stretta, penzoloni. Gliela sollevò con massima delicatezza e notò che il suo bel viso era pallido come non era mai stato.

Sarebbe potuta facilmente passare per morta.

Ma Damon sentiva il battito cardiaco della ragazza e si tranquillizzò. E lo sentiva talmente bene da notare che non era il normale battito di un essere umano, sia sveglio che dormiente o privo di sensi. Era troppo accelerato.

<< Elena?! Elena mi senti? Elena parlami, ti prego. >> Non si era mai visto un Damon così atterrito e preoccupato. Muoveva il corpo di Elena cercando di farla rinvenire, senza alcun risultato. Gli occhi gli si fecero gonfi e il suo battito cardiaco sembrò fare a gara con quello di lei.

Non lasciarmi, si ritrovò a pensare, sconvolto. Ti prego non lasciarmi. E in un attimo si ritrovò immerso in un flashback della sua vita passata. La sua vita quando era ancora umano.

Circa 145 anni prima.

 

Il piccolo corpo stordito di Katherine era circondato dalle guardie di Giuseppe, suo padre. Non facevano che metterle tutte intorno enormi catene che avrebbero stritolato facilmente un comune essere umano. Poi la sollevarono, portandola via, mentre lui si sgolava e cercava di impedirglielo.

<< No! Lasciatela! Non portatela via! >>, ma nessuno prestava attenzione a lui. E il padre non faceva che urlargli contro.

<< Smettila! Non cercare di fermarli. Ti ucciderebbero con loro! >>

<< Allora lascia che mi uccidano! >>, urlò il ragazzo in risposta, mettendo fine alla conversazione - probabilmente l'ultima che avrebbe avuto con suo padre, se non avesse fatto liberare Katherine.

Uscì di casa correndo più veloce che poteva, sperando di essere ancora in tempo, di poterla raggiungere e salvare.

E poi, Damon? Poi cosa farai? Non sei abbastanza forte per poter battere tutte quelle guardie.

Ma lei lo era. E loro sarebbero potuti scappare insieme. Loro due, da soli. Senza quel bastardo di suo fratello. Perché se Katherine si trovava nei guai, in quel momento, era solo colpa sua. Se Katherine fosse morta, Stefan non avrebbe trovato pace. Mai.

Lo giurò a se stesso, mentre correva e raggiungeva il carro in cui stavano caricando i corpi dei vampiri che stavano in città. Damon non immaginava che ce ne fossero così tanti.

Le guardie stavano caricando un altro corpo, sul carro. Damon riconobbe i riccioli bruni di Katherine e aumentò la velocità della sua corsa. Ma due braccia forti lo fermarono, circondandogli la vita.

Damon si voltò - il volto sconvolto per la corsa e la paura di perdere la donna che amava in quel modo - a fissare chi aveva osato tanto. E si ritrovò a inveire contro il fratello che cercava di farlo calmare, inutilmente.

<< Damon, nostro padre ha ragione, ti uccideranno. Fermati. >> Stefan sembrava calmo e per nulla spaventato. Non c'era neanche l'ombra di un po' di preoccupazione sul suo volto pallido o sui suoi occhi verdi. L'odio di Damon nei suoi confronti aumentò a dismisura. Se anche lui la amava davvero, come diceva, perchè non faceva niente a parte cercare di fermarlo?

<< Damon, la riprenderemo. >>

<< Non credi di aver già fatto abbastanza? >>, sputò Damon tra i denti. Nei suoi occhi l'odio era palese.

Ma quella notte non poté nulla.

Katherine fu portata via da lui - almeno così credette quando si risvegliò nella sua non-vita. E lui non si dimenticò della promessa fatta di tormentare in eterno il fratello, così come non si dimenticò mai di Lei.

 

Damon si ridestò da quella specie di trance in cui era sprofondato, quando sentì il corpo di Elena muoversi tra le sue braccia, le sue mani stringere quelle di lui e la sua voce, stordita, fare il suo nome.

<< Da... on. Da... Damon? >> Elena cercava di mettere bene a fuoco la figura che stava china su di lei. Sì, il viso era quello di Damon. E aveva gli occhi lucidi.

<< Elena! Oh, Elena. >> Damon strinse a se il corpo della ragazza. Non si era mai sentito così sollevato in tutta la sua esistenza.

<< Che cosa è su... ? >> Ma Damon non le lasciò terminare la domanda. La sollevò dal pavimento, prendendola in braccio e si avviò verso il salotto di casa Gilbert. Qui, la depositò sul divano e si inginocchiò accanto a lei, scostandole i capelli dal viso.

<< Che è successo? >>, chiese ancora Elena.

<< Io... Io... Non lo so, Elena. >> Damon Salvatore si trovava in difficoltà con le parole, forse per la prima volta in tutta la sua esistenza. << Hai preso ad ansimare e poi... Poi sei svenuta... >>

Elena cercò di mettersi a sedere, aiutata da Damon che la sorresse.

Per un momento, che parve interminabile, i loro sguardi si incontrarono. Gli occhi celesti e preoccupati di lui si immersero in quelli marroni e caldi di lei. Poi lo sguardo di Elena mutò radicalmente. Gli occhi le si assottigliarono e si aprì in un sorriso malizioso, mentre i loro volti erano vicini.

Damon non ricordava di aver mai visto quello sguardo sul viso di Elena, prima d'ora. Eppure non gli parve nemmeno nuovo ed ebbe la sensazione di rivivere un'altro flashback. Ma si riprese prima che questo avvenisse.

Lo sguardo di Elena era ancora sottile e malizioso quando gli chiese: << E tu? Ti sei preoccupato per me, non è vero? >>.

Damon non sapeva cosa rispondere. Era sconvolto dal modo in cui Elena lo guardava e parlava con lui.

<< Ho visto un luccichio nei tuoi occhi, Damon. Non mentire. Stavi piangendo per me? >> Le parole uscivano dalle sensuali labbra della ragazza lentamente, in un modo tremendamente accattivante. E il modo in cui aveva pronunciato il suo nome, quasi dividendolo in sillabe, fece ritornare altri ricordi lontani e indefiniti nella mente di lui.

Damon sembrava disorientato e visibilmente scosso, come se gli avessero mollato uno schiaffo in pieno viso. Ma molto più piacevole. Non sapeva cosa risponderle. Non sapeva nemmeno se aveva la voce per farlo.

<< Perché piangevi, Damon? >> Elena continuò la sua "seduzione vocale", insistendo finché Damon, mezzo stordito, aprì finalmente bocca.

<< I...Io vado... a prenderti un bicchiere d'acqua >>, disse solamente. Il suo sguardo era incollato al viso di lei, come se Elena lo stesse ipnotizzando. Gli occhi di Elena continuavano a luccicare di malizia.

Damon si diresse in cucina a passo umano per prendere più tempo. Ma che gli succedeva? Credeva di essere uscito dalla trance nel momento in cui il flashback era terminato. Esisteva una trance post-flashback?

Ma soprattutto che stava succedendo ad Elena? Quando si era svegliata e lui l'aveva depositata sul divano sembrava ancora se stessa, la dolce e razionale Elena, solo un po' più spaesata. Adesso ogni suo gesto gli ricordava qualcun'altro. Un'altra donna di cui era stato innamorato.

Gli ricordava Katherine.

Ebbe appena il tempo di formulare quel pensiero - mentre, non curante dell'acqua che straripava dal bicchiere di cristallo, reggeva la bottiglia e fissava le mattonelle della cucina - quando sentì qualcuno avvicinarsi alle sue spalle e posargli una mano sulla schiena, facendolo rabbrividire. Quel tocco era stato eccessivamente bollente, per essere una semplice carezza sulla schiena.

<< Che stai combinando? >>, chiese Elena con la sua "nuova voce". E, nello sporgersi per vedere oltre Damon, lo sfiorò con un seno. Lui si sentì nuovamente rabbrividire di calore.

Elena sghignazzò sonoramente, vedendo il disastro che Damon stava combinando: l'acqua nella bottiglia era quasi finita, il bicchiere - pieno fino all'orlo - la riversava sul tavolo della cucina fino a scendere e creare una pozza sul pavimento.

<< Sciocchino, guarda cosa combini... >>, nella voce di Elena non c'era neanche l'ombra di un rimprovero. Il sorriso malizioso era ancora lì, costante sul suo viso olivastro.

Sciocchino?, si chiese Damon. Elena non gli avrebbe mai detto una cosa del genere. Nemmeno accompagnandola con un sorriso del genere. Elena gli avrebbe dato dello stupido e lo avrebbe costretto a pulire. E Damon se ne sarebbe uscito, probabilmente, con una battuta pungente delle sue.

Ma questa Elena, così tremendamente simile a Katherine, adesso non solo nell'aspetto fisico, lo metteva in soggezione come solo Katherine era riuscita prima di lei. Le battute che avrebbe voluto dire non arrivavano. Il suo cervello era come in standby.

<< Scusami >>, riuscì a sussurrare, e si affrettò a prendere uno strofinaccio, asciugando prima il tavolo e poi chinandosi a fare lo stesso con il pavimento, consapevole di essere osservato da Elena. Quest'ultima si inginocchiò accanto a lui, sfiorandolo nuovamente e provocandogli potenti scosse interne.

<< Lascia stare... Faccio io >>, disse. E tentando di afferrare lo strofinaccio, posò la sua mano su quella di Damon. E tutto intorno a lui sembrò girare vorticosamente.

Teneva lo sguardo fisso sull'affusolata mano di lei sopra la sua, come se ne fosse stregato. Finché, di scatto, si decise ad alzare gli occhi, consapevole del pericolo che avrebbe potuto incontrare. E che incontrò.

Gli occhi di Elena ardevano come fiamme e sembravano davvero volerlo stregare. Lo fissava con un'intensità inaudita. E lui si ritrovò ad attirarla a sè, afferrandola per la nuca, e baciarla con foga, sentendo le loro labbra ardere e il fuoco divampare per tutti e due i loro corpi. La baciava con passione, trasporto, desiderio e possessività. E lei ricambiava il bacio, ancora più vogliosa.

Poi, Damon ebbe un attimo di lucidità e si staccò da lei. Elena aveva le labbra arrossate e lo sguardo ancora ardente. E l'immancabile sorriso malizioso.

<< Aspetta... che... che stiamo facendo? >>, chiese Damon, sempre più spesato.

<< Che importa? >>, esordì Elena e lo attirò nuovamente a sé in un secondo bacio. Questa volta Damon ritornò in sé prima, staccandosi di nuovo da lei.

<< Che importa? >>, ripeté Damon. Non riusciva a credere alle sue orecchie. Chi sei tu e che ne hai fatto di Elena Gilbert?, pensava con sarcasmo. <<Tu... stai con mio fratello.>>

Damon non riusciva a capire perché lo stesse dicendo. Non riusciva a capire perché aveva appena rifiutato quel bacio che, molto probabilmente, si sarebbe concluso con un'incredibile notte di sesso. Non riusciva a capire perché aveva appena respinto la ragazza di cui era innamorato. Da quando in qua quello razionale era lui?

<< Hai... Hai ragione. Io... >> Elena sembrò improvvisamente ritornare in se. Tentava di scusarsi e trovare delle spiegazioni a ciò che aveva appena fatto. Finalmente Damon la riconobbe, ma non sapeva se esserne sollevato o deluso.

Poi lei si portò una mano sul viso, chiudendo un attimo gli occhi, come per tentare di rilassarsi e fare mente locale. Questo è tipico di Elena, pensò Damon.

<< Io vado a fare una doccia. Ne ho davvero bisogno, credo di essere ancora sotto shock >>, concluse. Damon annuì e la osservò uscire dalla cucina per dirigersi di sopra.

 

Elena era di sopra da due ore ormai e Damon cominciava a spazientirsi. Le ci voleva così tanto per una doccia? Beh, del resto le donne erano famose per passare ore e ore a curarsi, quindi forse era normale.

Ma il pensiero che invece le fosse accaduto qualcosa, magari che fosse svenuta di nuovo come prima - e magari sbattendo pure la testa! - lo tormentava. Quando poi si ritrovò ad immaginare il corpo di Elena a terra, con un piede fuori dalla doccia e uno ancora dentro, i capelli a coprirgli il viso e una pozza di sangue intorno a lei, non riuscì più a resistere. Prima di rendersene conto si ritrovò a salire le scale a velocità disumana e a bussare alla porta del bagno con insistenza.

<< Elena? Elena, tutto bene? >>, la preoccupazione gli incrinava la voce. Ma nessun suono gli arrivò in risposta. << Elena! >>, chiamò alzando il tono della voce.

E tirò l'ennesimo sospiro di sollievo della giornata, quando sentì la voce di Elena proveniente dalla sua camera da letto. << Sono qui, Damon! Vieni... >>

Damon non fece nemmeno caso al fatto che il tono di Elena era ritornato accattivante e che aveva pronunciato il suo nome in quel modo stranamente trascinato e seducente. Entrò nella sua camera senza nemmeno bussare.

<< Mi avevi quasi fatto venire un infarto, e ce ne vuole, perché sono un vamp... >>, ma Damon non terminò la frase, perché l'immagine che si ritrovò davanti fu più che sufficiente a zittirlo e a fargli spalancare gli occhi.

E ad eccitarlo.

Elena se ne stava in piedi, di fronte la finestra, dando le spalle alla porta sulla quale si trovava un Damon allibito. Indossava solo degli slip di un completo di lingerie blu scuro, che le coprivano solo una piccola porzione di sedere, e armeggiava con il gancetto del reggiseno, tentando di agganciarlo.

Non curandosi dello sguardo di Damon, parlò tranquillamente. << Sì, scusami, c'ho messo un po'. Ma adesso che sei qui... Non è che mi aiuteresti ad agganciare questo? >>

A Damon mancava il respiro. Figurarsi la capacità di muoversi e raggiungerla! E agganciarle un reggiseno.

<< Che fai lì impalato? Aiutami! >>, ordinò lei voltandosi del tutto e fulminandolo con lo sguardo. Lui avanzò, come ridestato da un sogno, cercando di ritrovare quella lucidità che era andata al diavolo nel momento stesso in cui aveva varcato la soglia della stanza di lei.

Lei si voltò nuovamente, scostando i capelli setosi dalla schiena e scoprendo così anche il collo. Lui sentì il suo profumo inebriante e terribilmente dolce invadergli le narici e sconvolgergli i sensi. Sentì gli occhi bruciargli e i canini fremere nell'atto di allungarsi.

Ma riuscì a ritrovare il suo autocontrollo e in breve tempo ritornò in sé e le agganciò il reggiseno.

Lei si voltò, nel suo volto era tornato a regnare il sorriso accattivante. << Grazie >>, gli sussurrò, seducente. E, quasi come una ricompensa, si alzò sulle punte dei piedi scalzi per posare le sue labbra su quelle di lui.

E Damon non ci vide più e dimenticò tutto. Dimenticò lo strano svenimento che Elena aveva avuto poche ore prima, dimenticò il suo comportamento ancora più strano di quella sera, dimenticò che fosse la ragazza di suo fratello. Dimenticò persino di essere un vampiro.

In quel momento era solo un uomo. Un uomo innamorato della ragazza che si trovava di fronte e che l'aveva sedotto fino al limite, quella sera, per chissà quale motivo, e a cui lui non era capace di resistere. Un uomo a cui era stato spezzato il cuore più e più volte e che aveva visto le uniche due donne che aveva amato alla follia, amare suo fratello anziché lui. Un uomo che, semplicemente, si stava prendendo la sua parte di vittoria... senza sapere per quanto questa sarebbe durata.

Damon sollevò Elena per la vita e la spinse sul letto, strappandole di dosso la sua lingerie blu scuro.

 

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L'Angolo dell'Autrice

Come promesso, eccovi il secondo capitolo in perfetta puntualità.

Devo ringraziare davvero le persone che stanno seguendo la storia, soprattutto quelle che l'avevano già letta in passato e che hanno deciso di rifarlo.

Grazie di cuore.

Vi informo che l'aggiornamento diventa più rapido. Anziché 3 giorni, posterò un capitolo ogni 2 giorni.

Alla prossima ;)

Lisa

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 - Sconvolgimenti ***


Capitolo 3 - SCONVOLGIMENTI

 

Elena dormiva profondamente quando Damon si svegliò. Non gli ci volle molto per fare mente locale e ricordare tutti i dettagli della notte appena trascorsa. Ancora con gli occhi chiusi si ritrovò a sorridere, beandosi di quella che era stata la notte più bella di tutta la sua lunga esistenza.

Si decise ad aprire gli occhi solo per poter ammirare la bellissima figura della ragazza che dormiva al suo fianco. Tra il bianco delle lenzuola, il viso di Elena spiccava per il suo colorito olivastro. I capelli scuri e lisci erano distesi morbidamente sul cuscino. Le palpebre abbassate, le ciglia lunghe che le sfioravano le guancie un po' arrossate, le labbra rosee e carnose.

 Fissare le sue labbra gli fece tornare in mente una quantità infinita di ricordi. Tutti risalenti ad una sola notte: quella appena trascorsa.

La loro morbida consistenza, il loro calore, la loro infinita dolcezza quando le baciava... Damon sapeva che non avrebbe mai potuto fare a meno di quelle labbra, così come non avrebbe mai potuto fare a meno di Lei.

Istintivamente avvicinò una mano al suo viso e le sfiorò la bocca con un dito. Come reazione al gesto di Damon, Elena mosse leggermente le labbra, mugolando come una gattina che fa le fusa, e appoggiò la testa sul petto di lui, stringendolo a se. Damon sorrise per questa reazione. Si godette il momento accarezzandole teneramente un braccio nudo e respirando l'odore dello shampoo alla fragola dei suoi capelli, che creava una perfetta sintonia con il dolce profumo del suo sangue proveniente dal collo scoperto.

Katherine non aveva un odore così buono, si ritrovò a pensare.

Ma Katherine non poteva nemmeno essere paragonata ad Elena. Lei era una stronza, sadica ed egoista, e probabilmente anche incapace di amare. Elena no. Elena era dolce, buona, altruista tanto da rischiare la sua vita per gli altri in ogni momento. Era solare, una vera amica, una ragazza straordinaria. E lei conosceva il significato della parola "amore". 

Elena era semplicemente tutta un'altra storia. E lui non avrebbe mai potuto rinunciare a lei, per cui pregava che la magia avvenuta quella notte in quella stanza non svanisse, dissolvendosi nel nulla. Che niente finisse. Che loro potessero rimanere insieme per sempre. Solo loro due. Nient'altro. Damon non aveva bisogno di altro che di Lei. E l'avrebbe desiderata e voluta Per Sempre. Lo sapeva. Lo aveva capito ormai da tanto.

Pensava e ricordava fissando il viso dormiente di lei. Si chiese se stava sognando o se invece era sul punto di svegliarsi. Le sfiorò una guancia, con un tocco leggero, ma abbastanza per sentirla mugolare di nuovo. A quel dolce suono, Damon sorrise, ricordando i gemiti e gli ansimi che avevano circondato l'aria intorno a loro, quella notte.

Era stato tutto perfetto, tutto meravigliosamente perfetto.

D'un tratto Damon avvertì il respiro di Elena, prima regolare, diventare un po' più affrettato, e il corpicino snello sopra di lui muoversi e stiracchiarsi. Quando Elena emise un sonoro sbadiglio, Damon non riuscì a trattenersi dallo sghignazzare un po'.

Elena si accorse della sua presenza e riconobbe all'istante il suono della sua risata. Scattò seduta sul letto e lo fissò con occhi spalancati e a dir poco sorpresi.

<< Buongiorno principessa! >>, la salutò lui con uno dei sorrisi più meravigliosi che si fossero mai visti sulla faccia della terra. Elena si perse un attimo a contemplare il suo viso. Poi ritornò in se. E mollo un sonoro schiaffo in faccia a Damon.

Damon, forse ancora più sorpreso di Elena, la fissò sconvolto e quasi spaventato. Non riusciva a capire cosa avesse fatto di male. Le aveva solo dato il buongiorno, giusto? Una vocina, nella sua testa, lo informò che la magia era ufficialmente finita.

D'altra parte, Elena era ancora più sconvolta e disorientata di lui. Non riusciva a capire cosa diamine ci facesse Damon nel suo letto.

E poi si guardò intorno.

Le lenzuola ingarbugliate, i vestiti di Damon per terra, pezzi di lingerie blu scuro ovunque. E quando si accorse di essere nuda si affrettò a coprirsi con un lenzuolo.

<< Ti prego, non dirmi che è vero... >>, sussurrò sconvolta. Damon non aveva neanche il fiato per risponderle. Era pallido e immobile e fissava il viso di Elena diventare prima sconvolto, poi corrucciato, poi ancora sconvolto. La testa della ragazza alternava destra e sinistra, guardando il disastro di vestiti e lenzuola che regnava nella sua stanzetta, dal mobilio forse un po' troppo infantile per una ragazza di diciassette anni.

Poi gli occhi di Elena si gonfiarono di lacrime che scesero silenziose dai suoi occhi scuri. E una parte del cervello di Damon, che sembrava lontana anni luce, intuì cosa poteva essere successo, tirando fuori una lunga lista di ipotesi plausibili.

Ancora sconvolto il vampiro si ritrovò a balbettare: << Tu... Non ti ricordi niente. >> La sua non era una domanda. Damon aveva capito. E si accorse che un'altra parte lontana di lui lo aveva sempre saputo.

<< Cosa, Damon?! Cosa non mi ricordo? Ti prego, dimmi che è uno scherzo. Dimmi che non è successo veramente! Oddio. >> Elena scoppiò in singhiozzi mentre urlava contro Damon che non si era mosso di un centimetro da quando lei si era svegliata... e la magia era finita. Fortunatamente, nessuno avrebbe potuto sentirla, perché la casa era vuota: Jenna era da Alaric e Jeremy, che la sera prima era uscito con Bonnie, doveva aver passato la notte da lei.

Erano soli.

Elena pianse disperatamente a lungo, cercando di ricordare qualcosa, anche un piccolissimo dettaglio di quella notte, che potesse provarle che niente di tutto quello che gli occhi di Damon, silenziosi e sconvolti, sostenevano, fosse vero. Una prova del fatto che lei non era una traditrice e che era stata fedele al suo amato Stefan.

Ma non ricordava niente e non riusciva a capire perché. Cosa le era successo?

I suoi ultimi ricordi erano lei seduta sul divano insieme a Damon che le rompeva le scatole, irritandola con le sue battutine pungenti. Lei che si alzava, dirigendosi in cucina per bere e poi... E poi qualcosa di doloroso le aveva lacerato l'intero corpo dall'interno. Elena ricordava di aver paragonato la sensazione ad una scossa elettrica. Damon che faceva capolino dalla porta e la fissava con aria beffarda, credendo che scherzasse. E poi la sua voce che urlava il suo nome. Il resto era buio pesto.

Damon era completamente pietrificato, seduto sul letto di Elena e appoggiato alla testiera. Il suo sguardo era del tutto illeggibile. Una faccia da Poker. Soffriva in silenzio, come era abituato a fare. E pensare che aveva creduto davvero che Elena si fosse finalmente resa conto di provare qualcosa per lui...

<< Damon, vattene >>, sussurrò Elena. Quelle parole arrivarono alle orecchie di Damon prima come un sussurrò lontano, poi con la potenza di un pugno allo stomaco, quando ne sentì l'eco in quel garbuglio di pensieri di cui la sua testa era piena. Ma non obbedì al suo ordine.

<< Damon, vattene! >> Questa volta Elena alzò il tono di voce, fissandolo con sguardo freddo, di pietra. Proprio come era lui. Ma nemmeno questa volta Damon le obbedì. Non per farle un dispetto, ma semplicemente perché non ricordava più come ci si muovesse.

<< Vattene Damon! Vattene. Va via di qui! Subito! >> Elena prese a strillare come un'isterica e lanciò contro quella statua marmorea, che era Damon, il suo cuscino. Lui non ci fece nemmeno caso. La sua posizione non mutò e il suo sguardo di ghiaccio fissava ancora il vuoto.

Capendo che Damon non si sarebbe mosso per nulla al mondo, Elena si alzò dal letto, afferrò i primi vestiti che trovò e si vestì con rapidità degna d'un vampiro. Uscì dalla camera sbattendo la porta dietro di se, e lasciandovi all'interno un Damon ancora di pietra.

Ma non le importava. Adesso aveva qualcosa di più importante di cui occuparsi, di Damon che faceva la bella-statuina-sconvolta nella sua camera da letto.

Mentre guidava verso il bosco, cercò di farsi passare la crisi isterica in modo da poter nascondere tutto a Stefan, nel caso in cui lui non ne sapesse nulla, o di spiegarsi nel migliore dei modi, nel caso lui ce l'avesse con lei. Sì, certo, pensò sarcastica. Gli dirò "Ehi, ciao Amore! Lo sai che ti ho tradito con tuo fratello Damon? Ma non arrabbiarti con me, perché non mi ricordo praticamente nulla di ciò che è successo"

Rise isterica. 

Ma perché non riusciva a ricordare nulla dopo la scossa elettrica? Era svenuta, forse? E perché aveva ricevuto quella potente scossa?

Elena cercò di trattenere le lacrime per riuscire a vedere bene la strada. Finalmente arrivò nei pressi del bosco. Parcheggiò dove le venne prima e prese a correre in mezzo agli alberi. Poi finalmente la vide: la cripta. Con tutta la forza che aveva in corpo spostò la pietra che la chiudeva e si avvicinò quel tanto che bastava per scorgere due figure sdraiate, al suo interno.

Stefan e Katherine dormivano vicini. Troppo vicini. Da quella distanza sembravano persino abbracciati. La luce, che penetrava all'interno della cripta attraverso un'unica apertura scavata nella pietra, illuminò i loro corpi.

Erano nudi.

Quando Elena se ne rese conto le sfuggì un urlo agonizzante e strozzato. A quel suono Stefan si ridestò dal suo sonno. Vide il volto sconvolto di Elena, i grandi occhi da cerbiatto spalancati, la bocca dischiusa. E poi abbassò lo sguardo a fissare Katherine, ancora addormentata, al suo fianco. E completamente nuda.

Scattò in piedi urlando: << Elena, no! Aspetta! >, nel momento in cui vide la ragazza correre via di lì con gli occhi gonfi di lacrime. Urlò il suo nome a lungo ma Elena non tornò. Corse fino ad uscire dalla cripta e andare a sbattere contro qualcosa di possente e duro ma che non le fece male.

Il petto di Damon.

Lui era lì e la stava stringendo a se. Probabilmente aveva capito cos'era successo. Ma Elena non voleva nessun abbraccio. Aveva solo voglia di sfogarsi e prese a mollare pugni troppo deboli per poter anche solo spostare Damon di un centimetro, singhiozzando disperata e urlandogli di lasciarla andare.

Lui non lo fece. Continuò a stringerla a se finché Elena, esausta e senza più nessuna voglia o bisogno di combattere, si lasciò abbracciare, inondandogli la maglietta di lacrime.


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L'angolo dell'Autrice

Mi scuso per le 24 ore di ritardo con cui ho aggiornato. Purtroppo, ieri non ho avuto nemmeno un minuto libero per potermi collegare e aggiornare.

Ringrazio chi ha recensito ma anche i lettori silenziosi.

Ci si risente tra 2 giorni, con il prossimo capitolo ;)

Lisa

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 - Spiegazioni ***


Capitolo 4 - SPIEGAZIONI


Caro Diario,

se qualcuno mi avesse detto, fino a quattro giorni fa, che mi sarei ritrovata qui, nella mia camera dall'aria infantile, sdraiata sul letto, ad abbracciare un cuscino e piangere senza sosta, probabilmente gli avrei riso in faccia. Insomma, una reazione del genere è da tipica ragazzina melodrammatica che è stata mollata dal primo fidanzatino di turno. Non certo da Elena Gilbert. E allora che ci faccio in queste drammaticamente tragiche condizioni a chiedermi se almeno "drammaticamente tragiche" si può scrivere o se sono la prima a farlo?

 

Ma che sto scrivendo?, pensò Elena, asciugandosi l'ennesima lacrima che fuoriusciva dagli occhi scuri. Scosse la testa, poi riprese.

 

Mi sono seduta e ti ho aperto con l'intenzione di scrivere ciò che provo, ma mi sembra di non avere a disposizione i vocaboli giusti... O forse considero "limitati" quelli che ho a disposizione. O semplicemente non c'è nulla da dire.

Sono passati quattro giorni. Quattro schifosi giorni da quando mi sono risvegliata nuda, sul mio letto e tra le braccia del fratello sbagliato. Quattro schifosissimi giorni da quando, completamente sconvolta e in colpa nei confronti del mio ragazzo, sono andata alla cripta e ho scoperto di non essere stata la persona più orribile del mondo, quel giorno, visto che Stefan aveva "dormito" con quella specie di mio clone con le zanne.

E quattro giorni da quando ho ricevuto le tanto bramate spiegazioni, di ciò che era successo, dalla mia migliore amica.

 

Elena smise nuovamente di scrivere e tirò su col naso, mentre altre lacrime le rigavano le guance. Le tornò in mente l'immagine del viso di Bonnie, un misto di preoccupazione per le condizioni in cui l'aveva trovata, nervosismo perché sembrava non trovare le parole giuste per spiegarsi, ansia nell'attesa e timore della reazione che avrei avuto. E occhi gonfi di lacrime e scuse.

 

<< Elena, mi dispiace! >>, ed era sincera. Gettò le braccia al collo all'amica, mentre lo diceva, e lei pianse col capo posato sulla spalla di Bonnie.

<< Bonnie, ma come..? Come è potuto succedere? >>

Elena singhiozzava senza sosta, e di lì a poco l'amica l'avrebbe seguita a ruota. Era sempre stato così tra loro: se piangeva una, automaticamente scoppiava anche l'altra. Più forte di loro.

<< Posso spiegarti tutto... Almeno, quasi >>.

Si staccarono. Elena si sedette ai piedi del letto, non riuscendo più a reggersi in piedi. Aveva passato l'intera notte insonne a piangere.

Bonnie, invece, prese a passeggiare nervosamente avanti e indietro per la stanza. Di tanto in tanto, mentre parlava, cercava lo sguardo di Elena, timorosa. 

<< Ricordi quando ti ho detto che avrei trovato una soluzione al tuo problema? >>, chiese.

Elena annuì. << Mi hai detto che conoscevi un incantesimo in grado di rendere Katherine più docile >>, ricordò.

<< Ecco. E' proprio questo il punto... Mi sbagliavo. Ero convinta di averne letto uno che faceva al caso nostro, nel libro delle ombre che la nonna mi ha lasciato, ma quando sono arrivata a casa... >> Bonnie si bloccò per un momento. Stava per dire "a casa di Luka", ma non le sembrava il caso. L'amica non sapeva di lui e di suo padre, e per il momento c'era una questione più delicata da trattare. Non le sembrava il caso di allarmare Elena ulteriormente.

<< ... A casa mia, ho preso a sfogliarlo, ma niente. NADA. Di quell'incantesimo non c'era più alcuna traccia. Ho creduto e credo tutt'ora, di averlo sognato! >> 

Elena non aveva mai visto Bonnie così sconvolta in vita sua. E così agitata. Parlava a raffica, fissando di fronte a se e gesticolando come una matta, e Elena faceva quasi fatica a starle dietro.

 << Così ho cercato un'alternativa, qualcos'altro che potesse in qualche modo esserci d'aiuto, e ne ho trovato uno che consisteva nel cambiare la personalità di Katherine con quella di qualcun'altro. Ma occorreva un "qualcun'altro". Così ho pensato "Elena è perfetta!". E ho fatto in modo che Katherine diventasse te. >> Bonnie si fermò e tirò un lungo respiro.

Elena era confusa. Aveva compreso la storia che Bonnie le aveva appena raccontato, ma molti misteri rimanevano ancora irrisolti...

Bonnie vide lo sguardo spaesato dell'amica e decise di mettere fine alla sua confusione, dicendole chiaramente quale fosse la sua teoria. << Elena, penso che il legame tra te è Katherine sia... Reale. Penso che esista un qualcosa del genere tra dopplegangers e che qualsiasi male o incantesimo inflitto a lei ricade anche su di te >>.

Bonnie non stacco, neanche per un attimo, gli occhi da quelli dell'amica, nei secondi di silenzio che seguirono ciò che disse. Gli occhi di Elena erano ancora lucidi e gonfi di lacrime, il colorito del viso più pallido del solito anche se, un po' di colore, sembrò tornarle, quando comprese quale fosse la verità.

Finalmente tutto quadrava. Ogni tassello aveva trovato il suo posto, e ciò che ne veniva fuori era un complesso puzzle di Colpe, che Elena non riuscì a non far ricadere esclusivamente su di lei.

Perché la colpa di tutto non era di Stefan, che l'aveva tradita. Non era di Damon, che era venuto a letto con lei. Non era di Bonnie che, non riuscendo a trovare il giusto incantesimo, aveva tentato di aiutare l'amica in un modo alternativo.

 La colpa era solo sua, di Elena.

Era stata lei ad implorare l'amica di avverare quel suo ridicolo ed egoista desiderio. Lei aveva dato inizio a tutto e lei ne stava pagando le conseguenze.

Quella triste verità, le arrivò dolorosa come un pugno allo stomaco. Ma prima di ammettere le sue colpe a Bonnie, c'era un'altra domanda che doveva fare all'amica, pur conoscendo già, dentro di se, la risposta.

<< Quindi... Se Katherine è diventata me, quella sera... E io e lei abbiamo una qualche specie di... Legame... Io sono... >>, ma un violento singhiozzo le ruppe la voce e non riuscì a continuare.

Bonnie finì per lei: << ... diventata Katherine. Credo di sì, Elena. E ho letto solo dopo che l'incantesimo aveva la durata di dodici ore. Non hai idea di come mi sia sentita quando mi hai raccontato, per telefono, quello che era successo... >>

<>, esclamò Elena, alzando gli occhi imploranti al cielo, << E' tutta colpa mia! Perché va sempre a finire così...?! >>

Bonnie corse ad abbracciare l'amica, sussurrandole: << No, Elena! Smettila. Non è colpa tua. Tu non potevi sapere... Mi hai solo chiesto un banale incantesimo... Se avessimo saputo della reale esistenza di questo Legame... Dio, mi dispiace così tanto! >>

E, come previsto, le lacrime di Bonnie si unirono a quelle dell'amica. Piansero per minuti, forse addirittura ore, finché rimasero ad abbracciarsi in silenzio.

Silenzio che venne interrotto da Bonnie, che guardò l'amica con lo sguardo insicuro e timoroso di prima. << Ho... visto Stefan, prima di venire qui. Sono passata dalla cripta per informarlo che ho finalmente trovato un incantesimo che possa farlo uscire di lì... Sì, lo so. Che tempismo! >>, aggiunse Bonnie con sarcasmo, notando lo sguardo fulminante che Elena le aveva appena indirizzato. << ... E gli ho assicurato che, non appena avrò gli ingredienti necessari per metterlo in atto, lo libererò di lì .>>

Ma Elena aveva smesso di guardare Bonnie ormai da un pezzo. Pensare a Stefan faceva male, anche dopo aver scoperto la verità. Bastava, come giustificazione, sapere che Stefan era andato a letto con Katherine perché quest'ultima aveva la personalità di Elena? Stefan non si era certo scopato la sua personalità…

<< Elena, avresti dovuto vedere la faccia di Stefan! E' ridotto uno straccio, sembra avere la frase "senso di colpa" tatuata in fronte! Mi ha chiesto - o meglio, mi ha implorato! - di portarti un suo messaggio: dice che non voleva, che non si rendeva conto di ciò che faceva, che gli dispiace tantissimo e che ti ama da morire. E ti implora di andare da lui e dargli la possibilità di spiegarsi >>, continuò Bonnie.

Ma Elena era irremovibile. Non aveva alcuna intenzione di andare da lui, non per il momento, non in quelle condizioni. Era ferita, glielo si leggeva in faccia.


Il flashblack di Elena terminò così. Si ricordò di quanto a lungo l'amica aveva cercato di convincerla ad andare da lui, ad ascoltarlo e solo dopo prendere una decisione. E si ricordò, anche, di aver urlato che di lui non voleva più saperne niente, che l'aveva tradita e che era a pezzi.

Ripensando a quel pomeriggio, Elena si rese conto di quanto fosse stata eccessivamente drastica e crudele, forse, nei confronti di Stefan. In quei quattro giorni, la rabbia aveva preso a sbollentare, seppur lentamente, e adesso Elena stava valutando la proposta di Bonnie.

Era vero: Stefan l'aveva tradita, e lei non riusciva a pensare a cosa lui avrebbe potuto dire, per riuscire a giustificare un'atrocità del genere. Ma anche Elena era colpevole di tradimento. Anche se l'aveva fatto inconsciamente, anche se non ricordava assolutamente nulla di quella notte, se non di essersi svegliata, al mattino, avvinghiata a Damon, lei lo aveva tradito.

Prese una decisione lampo, sapendo che se si fosse fermata a ragionare di più, probabilmente avrebbe cambiato idea ancora e ancora. Infilò un paio di jeans, una maglietta elasticizzata e gli stivali e si fissò allo specchio. Rimase inorridita dal suo viso tremendamente pallido e dai capelli arruffati in un caos di nodi. Si diresse, quindi, in bagno, per cercare di rimediare e quando ne uscì sembrava essere tornata la bella Elena Gilbert di sempre, solo con uno sguardo decisamente più abbattuto.

Ritornò in camera per prendere la borsa e le chiavi e vi trovò Damon, seduto sul davanzale della finestra. Quella posizione, il posto in cui era seduto, le fecero tornare in mente ricordi che, sapeva, non avrebbe dovuto avere.

Guardare il volto di Damon le fece venire in mente quel giorno, fuori dalla cripta, quando l'aveva abbracciata, tenuta stretta e consolata con il suo silenzio. Elena non si era mai sentita più protetta, più al sicuro e più amata di quel momento. Aveva provato una sensazione davvero piacevole e familiare, e quella stretta aveva quasi reso il suo dolore più sopportabile.

Per questo, appena se ne era resa conto, era scappata via, approfittando del fatto che la stretta di Damon si era fatta più delicata. Lui non l'aveva inseguita. Sapeva che sarebbe stato inutile, perché lei voleva stare da sola.

Adesso, nel trovarselo di fronte dopo giorni, Elena non riuscì a frenare un batticuore che non avrebbe dovuto esserci.

Lui non la salutò. Lei nemmeno.

Lui non parlò. La fissò soltanto. Elena non riuscì a fare a meno di notare che aveva lo stesso sguardo spento e doloroso con cui l'aveva trovato fuori dalla cripta.

<< Che ci fai qui? >>, sussurrò Elena. Non avrebbe voluto sussurrare. Avrebbe voluto chiederglielo in tono autoritario ma, si rese conto, stava parlando per la prima volta a distanza di novantasei ore, se non si consideravano i monosillabi con cui rispondeva a zia Jenna e Jeremy quando le chiedevano se stava bene.

Damon non rispose. Elena si spazientì. Non aveva tempo da perdere. Se non fosse andata subito da Stefan, probabilmente avrebbe cambiato idea e sarebbe ricrollata in depressione.

<< Senti, non ho tempo da perdere, quindi vado... >>

Elena aveva già raggiunto e aperto la porta della stanza, quando Damon, a velocità disumana, arrivò alle sue spalle, richiudendola. Il gesto fulmineo spaventò Elena, che si voltò di scatto, ritrovandosi intrappolata tra Damon e la porta chiusa. Le braccia di lui le bloccavano anche le possibili via di fuga laterali.

<< Che cosa vuoi, Damon? >>, ringhiò Elena tra i denti, guardandolo con rabbia. Odiava la prepotenza e Damon l'aveva appena messa in gabbia contro la sua volontà.

<< Stavi andando da Lui? >> Damon le rispose con una domanda. E visto che lui non aveva risposto a quella di Elena, quest'ultima non volle rispondere alla sua.

<< Ti ho chiesto cosa vuoi da me >>, ribatté.

<< Ti ho chiesto se stavi andando da Lui >>. Entrambi troppo tenaci per cedere.

Ma se lo sguardo di Elena era rabbioso e infastidito, quello di Damon era semplicemente cupo. E dietro quegli occhi di ghiaccio stava, celata, la sua sofferenza.

Elena sbuffò, irritata, quando capì che arrendersi sarebbe toccato a lei.

<< Non ti riguarda >>, decise di tagliare corto. Non aveva il coraggio di guardarlo negli occhi. Aveva paura, doveva ammetterlo, di ciò che avrebbe potuto trovare nel suo sguardo. Nonostante fosse quasi certa che Damon non le avrebbe torto un capello, la sua espressione quand'era infuriato le metteva i brividi.

<< Non farlo, ti prego... >>, sussurrò lui.

Questo Elena non se lo sarebbe mai aspettato. Alzare lo sguardo, per incontrare quello di lui, le venne spontaneo, tanto l'aveva incuriosita e sorpresa il tono che aveva usato e ciò che aveva detto.

Lo sguardo di Damon era una maschera di dolore. Implorante, sofferente, agonizzante. Gli occhi azzurri erano lucidi. Elena ebbe un tuffo al cuore, vedendolo così, e si sentì invadere da una inspiegabile voglia di abbracciarlo, stringerlo a se, rassicurarlo come lui aveva fatto con lei. Ma si trattenne, cercando di scacciare via la sensazione.

<< Elena, non ce la faccio più. Elena, Io... Io ti... >> Ma Elena lo fermò, zittendolo con un dito. Adesso anche gli occhi di lei erano gonfi e imploranti.

<< Non dirlo... >>

<< ... No, devo dirtelo. Io ti... >>

<< No, Damon, non devi. Lo so già. >>

Damon la guardò spaesato ed Elena si affrettò a chiarire, prima che lui pronunciasse quelle parole per la seconda volta.

<< Damon, lo so già. Me l'hai già detto. Io me lo ricordo... >>

 

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L'Angolo dell'Autrice

Eccomi, perfettamente puntuale.

Eh sì, come dimenticare la fatidica scena della 2x08, in cui Damon apre interamente il suo cuore a Elena? *-* E a quanto pare non siamo le sole a non averla dimenticata ;)

Devo ammettere che sono un po' delusa perché il 3° capitolo ha avuto solo 2 recensioni... Non vi è piaciuto? Oppure aggiorno troppo rapidamente e avete bisogno di più tempo per leggere? 

Per me è davvero importante conoscere il parere dei lettori, per cui se anche questo capitolo avrà poche recensioni penso che aggiornerò meno rapidamente...

Lisa

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 - Confessioni ***


Capitolo 5 - CONFESSIONI

 

<< Damon, lo so già. Me l'hai già detto. Io me lo ricordo... >>

Quella fu, probabilmente, una delle poche volte in cui Damon non riuscì a nascondere ciò che provava dietro la sua maschera illeggibile. Niente faccia da Poker, questa volta. Lo stupore e l'incredulità, unite alla tristezza che aveva provato fino a pochi istanti prima, erano ben evidenti sul bel volto del vampiro. I grandi occhi di ghiaccio spalancati.

Le parole di Elena gli rimbombavano nella mente senza sosta. Era un eco infinito di Lo so già e Io me lo ricordo.

Elena era incapace di distogliere lo sguardo da quello di lui. Osservava ogni sua singola reazione, preoccupata per come avrebbe preso la notizia. Sapeva che prima o poi avrebbe dovuto dirgli che ricordava.

Ricordava tutto, ogni singolo dettaglio di quella sera, anche il più insulso o insignificante. Ricordava dove aveva trovato Damon, entrando nella stanza, e in che posizione - praticamente la stessa in cui l'aveva trovato minuti prima. Ricordava del complimento che aveva fatto al suo pigiama, un tentativo di sembrare sempre "il-solito-Damon-dalle-battute-stuzzicanti" anche quando stava per aprirle il suo cuore. Ricordava di avergli detto di essere stanca. Non era vero, ma Elena aveva sempre provato una sensazione strana, quando stava con lui, e ciò la spaventava.

Lui, comunque, non le aveva dato retta. Le aveva mostrato il ciondolo che Stefan le aveva regalato, quello con all'interno la verbena che l'avrebbe protetta dall'essere soggiogata da altri vampiri. Elena ricordava che, quando Stefan le aveva regalato quel ciondolo, il pericolo maggiore in città era Damon. Quante cose erano cambiate, in così poco tempo...

Elena ricordava anche di come Damon aveva esitato, nel restituirle il ciondolo, e di come lei avesse avuto paura. Per un attimo, gli occhi di Damon, avevano luccicato, e Elena non ne aveva compreso il motivo, allora, scambiandolo per qualcos'altro. Qualcosa a cui, adesso, si vergognava persino di pensare...

Per un attimo era arrivata a pensare che Lui volesse farle del male, come aveva fatto a Caroline: prenderla, soggiogarla, farla sua e morderla. Ma adesso, mentre lo guardava, riusciva a provare solo una pietà infinita e un'irritante e incomprensibile sfarfallio allo stomaco che, da quel che ricordava, c'era sempre stato, da quando, per la prima volta, aveva incontrato gli occhi azzurri di lui.

E poi, Elena ricordava esattamente le sue parole. Parole che non avrebbe mai immaginato sarebbero potute uscire dalla bocca di Damon, quella stessa bocca che aveva fatto a pezzi una quantità inaudita di esseri umani. Parole che mai nessuno le aveva dedicato, non in quel modo, non in maniera così dolce e altruista come aveva fatto lui.

Damon altruista. Sembrava impossibile, eppure, una parte di Elena, aveva sempre sentito che lo fosse, e quella era stata solo la conferma di ciò.

Ma era stata la conferma anche di un'altra cosa che Elena sentiva: ciò che aveva avuto paura di sentirsi dire. Lo aveva intuito, percepito, capito ormai da un po', e temeva il momento in cui Damon avrebbe trovato il coraggio di affrontarla. Non perché avesse paura di lui. Elena aveva paura di se stessa, di fare finalmente chiarezza dentro di se - cosa che rimandava da tanto tempo perché, con tutto ciò che era successo, non le sembrava proprio il caso di mettere in mezzo anche i sentimenti - e di ammettere ciò che realmente provava.

Per questo motivo, questa volta, Elena non volle che Damon le ripetesse quelle parole.

La prima volta era stato facile per lei, perché Damon non l'aveva lasciata parlare. Le aveva detto di amarla e poi l'aveva soggiogata. Così, Elena, per tutto quel tempo era riuscita a nascondersi dietro alla menzogna di non ricordare nulla.

Ma sapeva che, se avesse portato Damon a rivelarle nuovamente i suoi sentimenti, questa volta non l'avrebbe soggiogata. E Elena non avrebbe avuto scampo.

Si sentiva una codarda. Una codarda di fronte a un leone incredulo.

Quando si riebbe dallo shock, Damon scosse la testa, strizzando gli occhi. << No. No, è impossibile. Tu non puoi... >>

<< Damon, sì, me lo ricordo invece. Ricordo tutto. >>

<< Ma non è possibile. Io... Sono convintissimo di averti soggiogata, Elena. >>

<< Damon, avevo della verbena, nel mio corpo, quella sera. >> Mentre parlava, Elena si accorse che il vampiro aveva riassunto la sua faccia da Poker. Grandioso, pensò. Adesso come avrebbe fatto a capire quale fosse la sua reazione o a cosa stesse pensando?

<< Mi... ero accorta di non avere più il ciondolo al collo e, senza nemmeno pensarci, l'ho detto a Jeremy che ha cercato di comportarsi da fratellino protettivo e mi ha preparato e poi, praticamente, costretto a bere un the alla verbena. >>

Damon non si muoveva, non parlava, non abbassava nemmeno le palpebre. Era ritornato la statua di pochi giorni prima. La cosa mise Elena visibilmente a disagio.

<< Quindi... sì, Damon, avevo ingerito della verbena. E per questo non sei riuscito a soggiogarmi, per questo mi ricordo tutto, per questo io... >> Elena parlava a raffica, senza rendersi nemmeno conto di quello che stava dicendo. Stava, inconsapevolmente, gettando benzina sul fuoco, perché ad ogni parola che pronunciava, lo sguardo di Damon si socchiudeva di più.

<< Quindi tu, per tutto questo tempo, ricordavi. In questi giorni l'hai sempre saputo. >> Damon parlava sussurrando, ma la sua voce aveva perso ogni nota di dolore o dolcezza di qualche minuto prima. Sembrava si sforzasse di non ringhiarle contro.

<< Io... Mi dispiace, Damon. Io.. .>>

<< Ti dispiace?! >>, scattò Damon.

E poi Elena la vide: la furia di Damon. Non la vedeva da parecchio tempo e non poteva certo dire che le fosse mancata.

Elena si addossò più che poté alla porta chiusa, alle sue spalle. C'era solo terrore nei suoi occhi, mentre fissava la figura impazzita di Damon, che scagliava la sedia a dondolo che stava vicino al letto, contro una parete. Nell'udire lo scontro, Elena cacciò un urlo e si coprì la testa. Lacrime presero a scorrerle sulle guance, mentre si rannicchiava su se stessa, stringendosi ancora di più al legno della porta. Nascose il viso tra le ginocchia, esattamente come una bimba.

<< Ti dispiace?! >>, ringhiò ancora Damon. << Mi hai mentito per tutto questo tempo! Ed io... Io che credevo non ricordassi nulla e continuavo a ripetermi di aver fatto la cosa giusta a farti dimenticare. Che non potevo fare l'egoista con te. >>

<< Damon, lo so, avrei dovuto dirtelo. Mi dispiace. >> La voce di Elena era disperata. Parlava col viso ancora nascosto dietro ai Jeans. Scoprì che in quel modo le veniva più facile spiegare com'erano andate le cose, perché non doveva guardarlo negli occhi.

Doppiamente codarda, pensò. 

<< Mi dispiace davvero! Ma io... Io non sapevo come affrontarti. E tu volevi che io dimenticassi e... Pensavo che fingendo tutto sarebbe stato... Più facile. >> Elena si accorse di stare tremando solo appena finì di parlare.

<< Più facile? Niente è facile, Elena. Io non so più nemmeno cosa significa la parola "facile". Perché niente è più così come appare. Avrei tanto voluto che fosse facile, sai, l'altra mattina, quando mi sono svegliato e tu eri accanto a me. Avrei... Avrei voluto che tutto sarebbe potuto andare per il meglio, ma non mi è stato concesso. Non è stato possibile. Neanche dopo essere andati a letto insieme e... >>

Ma, a quel punto, fu la rabbia di Elena a prendere il sopravvento. Perché, le parole di Damon, le fecero tornare in mente il motivo per cui lei avrebbe dovuto avercela con lui. << Essere andati a letto insieme?! Non sai quanto ti sbagli! Per quel che ne so, non ero io quella che ti sei portato a letto. Era Katherine! Avrà anche avuto il mio corpo, ma fidati, quella non ero io. Io non sono una sgualdrina! Perciò tu non hai fatto sesso con me! >>

<< No, Elena. E qui che ti sbagli. Io non ho fatto sesso con Katherine - non ci penso nemmeno. Io pensavo a te. Credevo fossi tu, credevo fossi in te, perché volevo e voglio solo te. Ho pensato a te in ogni singolo istante, quando ti baciavo, quando ti sfioravo, non avevo in testa che te. Elena, io ho fatto l'amore con te. >>

Elena rimase scossa dal modo in cui Damon le stava parlando. Le parole che usava erano dolci, romantiche, avrebbero sciolto anche il cuore più duro. Riuscivano a sciogliere completamente il suo. Ma il tono con cui Damon le accompagnava era furente, rabbioso. Ringhiava le parole tra i denti, come se stesse incolpando Elena del fatto che l'amasse così appassionatamente.

Elena non trovò più niente da dire. Alzò, solo per un attimo, il capo per trovare conferma alle sua intuizione, e cioè che lui la stesse guardando, con occhi infuriati, a pochi metri di distanza. E quando lo fece, lui si accorse delle lacrime negli occhi di lei e sembrò quasi uscire da una trance o risvegliarsi dal sonnambulismo. Gli occhi gli si ingrandirono e riempirono nuovamente di dolore, la voce gli si incrinò e ridiventò un dolce sussurro smorzato dalla sofferenza mentre, con una mano tesa in avanti e tremante, si avvicinava alla figura rannicchiata a terra.

<< Elena. Dio! Mi dispiace, Elena. Io non... Non volevo spaventarti, davvero. Scusami, scusami... >>

Si muoveva lentamente, come se lei fosse un coniglio o un cerbiatto indifeso, che se avesse notato la presenza del predatore sarebbe fuggito via a gambe levate. Non voleva che andasse a finire così, non voleva che Elena avesse paura di lui, che lo temesse, per niente al mondo.

<< Elena, mi dispiace, davvero. Credimi. >>

Si inginocchiò di fronte a lei e le sfiorò un braccio con la mano. Elena si ritrasse e poi venne il suo turno di ringhiare tra i denti: << Non toccarmi. >>

Lui parve colpito da quella reazione. Ritrasse immediatamente la mano e annuì silenziosamente. << Hai ragione. Scusami, non lo farò più. Non lo farò mai più. Non ti sfiorerò contro la tua volontà, mai più, te lo prometto. Non farò più niente per interferire con la tua vita. Sarai libera, non dovrai più preoccuparti di me o guardarti le spalle. Ti lascerò andare, se è questo che vuoi. Sparirò, ma prima lascia che ti dica un'ultima cosa; anche se la sai già, anche se forse non servirà a nulla, lascia che te la ripeta. >>

Elena alzò il viso, incontrando quegli zaffiri così tremendamente belli da togliere il fiato.

<< Ti amo, Elena. Ma come ho già detto in passato, non posso essere egoista con te, nonostante io non pensi più che mio fratello sia migliore di me per te. Non dopo ciò che ha fatto. Non posso comunque continuare a tormentarti, non se so che questo ti fa star male…

Sta a te, Elena. Solo a te. Io ci sarò sempre - in realtà ci sono sempre stato, fino a questo momento. Dietro le quinte, ad aspettare. Solo tu puoi farmi entrare in scena, se vorrai. Decidi tu, Elena. Fa la tua scelta e prometto che la rispetterò, qualunque essa sia, e che non interferirò con essa. >>

La guardò per un'ultima volta, senza dir nulla, senza sfiorarla nemmeno, come promesso. Poi, così com'era comparso, sparì. E ci furono solo tende svolazzanti alla finestra.

 

 

Mezz'ora dopo, Elena era già nel bosco, diretta alla cripta. La visita, le parole e la promessa di Damon l'avevano sconvolta, forse come mai niente aveva fatto prima, nemmeno quando aveva scoperto che Stefan era un vampiro o Bonnie una strega, nemmeno quando aveva visto per la prima volta una foto di Katherine e scoperto che era la sua esatta fotocopia. Ancora non capiva com'era riuscita a guidare fino a lì.

Però era determinata. Aveva sentito ciò che Damon aveva da dirle, ma prima di fare i conti con i suoi sentimenti nei confronti di lui, doveva ascoltare cosa aveva da dirle Stefan e capire quanto erano reali i sentimenti che provavano l'uno nei confronti dell'altra.

Quando giunse nei pressi della cripta, trovò fuori Bonnie con il suo Libro delle Ombre nelle mani. Lei la vide e le venne incontro.

<< Elena! Sei venuta, finalmente. Lui è... Appena uscito. E vuole parlarti. Vuoi dargli questa possibilità? >> Bonnie la fissava con i suoi profondi occhi verde muschio. Ad uno sguardo del genere non era consentito negare qualcosa. Così Elena annuì e la ragazza sorrise.

Poi Elena si accorse della presenza di Stefan, vicino alla cripta, in posizione nervosa e sguardo altrettanto allarmato. Fremeva per parlarle, era evidente, e aspettava solo un consenso da parte di Bonnie. Quando lo ricevette si avviò velocemente verso Elena.

<< Dio, Elena, mi sei mancata così tanto! >> e fece per abbracciarla.

Elena si scansò non appena capì le sue intenzioni, e il fatto che lui cercasse di abbracciarla, anziché darle le spiegazioni tanto attese, la irritò. E non si sforzò nemmeno di non darlo a vedere.

<< A me sembra che tu ti sia consolato piuttosto bene, invece >>, rispose con freddezza. E le venne quasi da ridere, quando si rese conto di aver appena dato una risposta "alla Damon", con tanto di atteggiamento correlato.

<< Elena, non penserai davvero che io... Elena, ti amo! Tu questo lo sai. Mi ha ingannato! Credevo davvero fossi tu! Sembravi tu e io... Mi dispiace, Elena. Mi dispiace tanto. E' stata tutta colpa di quell'incantesimo! Bonnie mi ha spiegato. Mi ha detto che ha cambiato anche te. Adesso stai bene, non è vero? >>, chiese.

Il suo sguardo, più che preoccupato per le condizioni di lei, parve implorante. Cercava di sviare il discorso.

<< Stefan, credi che io stia bene? No, domanda sbagliata. Era meglio: Sefan, credi davvero che questo basti a giustificarti? Credevi fosse me? Sapevi benissimo che io ero intrappolata in casa! Damon te l'aveva detto. E sapevi anche che Katherine - e non io! - era intrappolata lì con te. L'incantesimo ha cambiato la sua personalità, non ha toccato la tua sanità mentale! >>

<< Elena, mi dispiace! Ti prego, perdonami. Elena, ti amo! Ti giuro che è successo qualcosa anche a me. Non ero... Me stesso. Non ero in me! Elena, devi credermi. Non potrei mai tradirti... >> Cercò, ancora una volta, un contatto con lei, ma non gli fu concesso.

Nonostante ciò, Elena sentiva che il muro di ghiaccio, che aveva costruito durante la discussione con lui, iniziava a sciogliersi e che lei stava cedendo.

Lo amava ancora, nonostante tutto, nonostante una parte di lei continuava a urlarle che lui l'aveva tradita, nonostante le parole di Damon e i suoi sentimenti nei suoi confronti. Quello che provava per Stefan non era qualcosa che poteva essere dimenticato e messo da parte così, da un giorno all'altro, come se niente fosse.

Elena sentì che era arrivato il suo turno di essere sincera. Si fece coraggio, prendendo un respiro profondo e interrompendo le implorazioni di Stefan.

<< Stefan, devo confessarti qualcosa anch'io >>, ammise.

Stefan parve confuso, ma annuì facendole capire che la ascoltava.

<< La sera dell'incantesimo, la sera in cui è successo... Beh, quello che è successo tra te e Katherine, è successo qualcosa anche a me. Ho... Assunto la personalità di Katherine e... Ho sedotto Damon. >> Elena si meravigliò del controllo che dimostrò nel parlargli. Stava a Stefan, adesso, interpretare quel "sedotto".

E non ci mise poi molto.

Elena lo vide impallidire e inghiottire il nulla. << Vuoi dire che... Sei andata a letto con Damon? >>, chiese esitante.

Elena annuì. Poi calò il silenzio più totale. Notò l’assenza di Bonnie che aveva ben pensato di lasciarli soli.

Elena fece per dire qualcosa, senza sapere cosa precisamente, ma Stefan la interruppe. << Non importa. Abbiamo... Sbagliato entrambi e entrambi non eravamo noi stessi. L'importante è che nessuno dei due provi qualcosa per loro >>.

E fu lì che Elena non seppe più cosa dire. Sentì i muscoli di tutto il corpo congelarsi di colpo. Vide lo sguardo di Stefan vagare su di lei, in cerca di un sostegno, una cenno affermativo del capo, senza trovare nulla.

<< Elena... Tu non provi niente per... Damon. Vero? >>

Il momento tanto temuto è arrivato, alla fine, la torturò il suo alterego.

Quando vide che la risposta non arrivava, Stefan cambiò la domanda. La sua voce aveva ormai perso ogni nota di speranza.

<< Elena, provi qualcosa per Damon? >>.

 

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L'Angolo dell'Autrice

Eccomi ^^ Piaciuto? Trovo che Damon sia un po' OOC, soprattutto nella parte delle "promesse" finali. Ero tentata di riscrevere quella parte, ma poi ho preferito pubblicare il capitolo (e l'intera storia) così come l'avevo scritta un anno fa. 

Vi ringrazio per le recensioni al precedente capitolo. Non sarà necessario "rallentare" con gli aggiornamenti. Ma, comunque, se vi crea problemi perché lo reputate troppo "veloce" non esitate a dirlo, davvero.

Il prossimo capitolo è il mio preferito della Fan Fiction :) Quindi ci si risente tra 2 giorni.

Besitos,

Lisa

 

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 - Fraintendimento ***


Capitolo 6 - Fraintendimento

Il buio era ormai calato da un pezzo, quando Elena fece ritorno a casa, quella sera.

Zia Jenna era in casa. Si notavano le luci della cucina e del salotto accese, dall'esterno. Inoltre, la sua auto era sul viale di casa, fortunatamente senza quella di Alaric. Elena non aveva nulla in contrario sul fatto che lui passasse molto tempo con la zia e che spesso dormisse da loro - anzi, era contenta del fatto che la cara Jenna fosse finalmente felicemente innamorata. Ma quella sera non aveva voglia di incontrare persone e affrontare i loro sguardi e le loro domande. Sarebbe stato già abbastanza impegnativo convincere Jenna che stesse bene, figurarsi Alaric.

Fortunatamente Jenna era su di giri, quella sera, e Elena intuì che il merito fosse di Alaric. Durante tutta la cena lasciò che fosse lei a parlare e a raccontarle di dove l'avesse portata e di come fosse stato "terribilmente smielato" con lei, quel pomeriggio, e di come fosse follemente innamorata di lui per questo. Elena cercò di allontanare, almeno per un po', i suoi pensieri per concentrarsi sulla zia ed essere felice per lei.

Finito di cenare si rese conto di essere davvero stanca, probabilmente per gli avvenimenti di quella strana giornata e l'eccessiva tensione che aveva accumulato. Diede subito la buona notte a Jenna, che stava spaparanzata sul divano del soggiorno a guardare una soap opera, e salì le scale con passo pesante, sbadigliando.

Fu quando arrivò in cima alla rampa che fu assalita da una strana sensazione, seguita dalla consapevolezza che, nella sua stanza, qualcuno la stava aspettando.

E capì anche di chi poteva trattarsi.

Un terrore completamente fuori luogo la assalì, e fu tentata di ritornare di sotto, da zia Jenna, e guardare il film con lei. Tutto pur di non doverlo affrontare ancora. Ma si decise che era da stupidi, che per quel giorno aveva fatto abbastanza la codarda e che tanto prima o poi avrebbe dovuto comunque vederlo.

Si diresse, comunque, nella sua camera con passo lento e silenzioso.

Tanto ti sente lo stesso, le disse una voce sarcastica nella sua testa.

Elena aprì la porta, guardando immediatamente dove si aspettava di trovarlo. Ma il davanzale della finestra era vuoto, così come l'aveva lasciato. La tenda svolazzava ancora a causa dei vetri aperti e Elena si avvicinò a grandi passi e li chiuse.

Poi udì un rumore, alle sue spalle, e sobbalzò.

Come pensava, Damon era nella stanza. Se ne stava seduto sul letto, a fissare un lembo della coperta e accarezzarlo con le dita. Sembrava immerso nei suoi ricordi.

Questa volta, Elena decise di salutarlo come le persone normali.

<< Ciao >>, mormorò.

Lui non rispose. Elena si fece nervosa.

Ci fu una lunga pausa prima che Damon si decidesse a parlare. << So che sei stata da Stefan >>, disse.

Elena deglutì. << Te l'ha detto lui? >>

<< No, ho seguito la tua auto fino a vederti parcheggiarla nei pressi del bosco. Ho solo immaginato il resto e tu me ne hai appena dato conferma >>.

Elena non seppe cosa dire. Intuì che lui ancora non fosse a conoscenza di quale fosse stata la sua decisione. Avrebbe trovato il coraggio di dirgliela?

<< Damon, io... >>, iniziò, ma lui non la lasciò finire. Interpretò quei silenzi, quella tensione e quell'insicurezza nella voce di Elena, a modo suo.

Si fece forza per continuare a mantenere sul viso la sua maschera illeggibile e mormorò: << No, non dire niente. Non occorre. Ho... promesso che avrei rispettato la tua scelta e che sarei sparito dalla tua vita. Manterrò la mia promessa. >>

Così dicendo si avvicinò alla finestra, davanti alla quale stava Elena. Non la sfiorò, Elena sapeva che non l'avrebbe fatto, ma si ritrovò comunque a sperare che lo facesse. Desiderò che le accarezzasse una guancia, o baciasse la fronte. O che semplicemente la abbracciasse. Ma tutto ciò che fece fu regalarle un ultimo sorriso, che di allegro non aveva proprio niente. Era forzato, spento e stonava completamente con l'espressione cupa che Damon aveva negli occhi. Elena percepì un bruciore familiare ai suoi occhi.

Poi, Damon si arrampicò sul davanzale e saltò giù dalla finestra, esattamente nel momento in cui Elena, con voce tremante, mormorò << Damon... Aspetta... >>.

Ma lui non la ascoltò, nonostante lei sapesse che l'aveva sentita.

Cercò di aumentare comunque il suo tono di voce, mentre fissava la figura nera che si muoveva nella notte. << Damon! Aspetta, ti prego... >>.

Ancora nessun risultato.

Ma Elena non si sarebbe arresa. Damon doveva sapere. E lei non voleva per nulla al mondo che lui sparisse dalla sua vita così.

Scese le scale di corsa e andò a spalancare la porta, mentre un'allarmata Jenna le chiedeva cosa fosse successo. Uscì in veranda e corse per il giardino urlando il nome di Damon, ma lui era già lontano. E quando si rese conto che Elena lo stava inseguendo, corse via a velocità vampiresca, lontano da lei e da ciò che provava.

Elena, invece, sentì le forze mancarle e si accasciò a terra. Sentiva l’erba umida, sotto di se e vide il fango macchiarle i vestiti, ma non le importava. Lacrime avevano preso a scorrere sulle sue guance, mentre fissava il nulla nell'oscurità. Jenna, alle sue spalle, le urlava di rientrare e sapeva che presto sarebbe uscita lei stessa per riportarla a casa.

Singhiozzando, sussurrò ancora il nome di Damon.

 

 

Damon correva per il bosco ad una velocità inaudita persino per un vampiro. Se avesse avuto la mente lucida, probabilmente si sarebbe meravigliato di se stesso. Sfrecciava, tra arbusti e querce, senza nemmeno sfiorarne un ramo o una foglia.

In tutta la sua lunga esistenza, Damon aveva corso per motivi diversi: per cacciare umani e qualche volta - rarissime volte di cui preferiva non far parola, per non dar soddisfazione al fratello - anche animali; per sfuggire ad attacchi di persone armate di paletti; per andare in soccorso a ragazze in difficoltà, da bravo vampiro-gentiluomo; per riuscire a salvare Katherine, quella terribile notte in cui gli era stata portata via; per riuscire a percepire il vento fresco e violento sulla sua pelle; per provare un senso di libertà; per la potente scossa adrenalinica che ogni corsa gli forniva; per il semplice gusto di farlo.

Ma mai, prima d'allora, aveva corso per dimenticare.

Damon Salvatore voleva dimenticare. Dimenticare di aver conosciuto Katherine e essersene follemente innamorato, più di un secolo prima; dimenticare di aver scoperto cosa lei fosse veramente e aver accettato comunque il suo gioco; dimenticare di averla persa e essere diventato un vampiro, a causa dell'egoismo di suo fratello Stefan; dimenticare di aver scoperto che Katherine gli aveva mentito, che non lo aveva mai amato ma che amava suo fratello.

Ma soprattutto Damon voleva dimenticare di aver conosciuto ed essersi innamorato di Elena Gilbert, in maniera totalmente diversa dal modo in cui aveva amato Katherine: in modo più dolce, più puro, più casto. Un modo così simile al suo vero e proprio essere.

Mai aveva desiderato tanto e, se solo fosse stato possibile, si sarebbe soggiogato da solo. Ma sapeva che, l'unica alternativa che aveva, era imparare a convivere con i ricordi e con il dolore che essi racchiudevano in se.

Quando aveva iniziato a correre, il suo unico obiettivo, oltre a dimenticare, era fuggire. Via, lontano da lì, lontano da Mystic Falls, quel maledetto paese che l'aveva visto nascere, poi morire e rinascere nuovamente. Quel disgraziato paese in cui aveva conosciuto prima Katherine e poi Elena e in cui, a causa di quest'ultima, volente o nolente, avrebbe lasciato il suo cuore.

Ma pensare alle uniche due donne che aveva amato nella sua vita, gli fece ricordare il motivo per cui non poteva essere felice.

Perché loro amavano un'altro. Loro amavano il suo fratellino.

Pensare a Stefan, fece gonfiare Damon di una furia pericolosa. Durante la corsa, sentì gli occhi bruciargli e un dolore atroce ma familiare all'interno della bocca, in cui due canini, grossi e affilati come vere e proprie zanne, fremevano per uscire allo scoperto. E Damon li lasciò fare, lasciandosi alle spalle anche quella parte d'umanità che Elena aveva riscoperto in lui.

Che cosa aveva Stefan più di lui? Ma certo. Lui era il buono della situazione. Damon era stato, ormai da tempo, etichettato come "il cattivo" e niente avrebbe potuto togliergli di dosso quel nominativo. Sarebbe rimasto lì per sempre, come se ce l'avesse tatuato in fronte.

Damon il Cattivo, pensò. Beh, visto che è così che mi vedete, terrò fede alla mia etichetta. E, ancora con un ghigno nel volto, si diresse all'ingresso della pensione dei Salvatore.

Entrato, udì dei rumori provenire dal salone. Bicchieri di cristallo che si scontrano, del whiskey che sgorga dalla bottiglia depositandosi sul fondo del bicchiere... Damon sentì la rabbia salire ancora di più.

Stefan stava brindando.

Anche questa battaglia l'aveva vinta lui. Aveva avuto la ragazza che entrambi amavano, di nuovo.

Il suo primo istinto fu quello di piombare, come una furia, in salotto e ucciderlo. Era accecato dalla rabbia, voleva solo fare fuori tutto ciò che si trovava sul suo cammino. Ma decise di elaborare e mettere in atto un piano più sensato, degno di lui.

Con molta nochalance, entrò in salotto e si appoggiò allo stipite della porta, ad osservare Stefan che, di spalle, sorseggiava il suo drink.

<< Stefan che beve? >>, osservò con finto stupore nel volto. << Mio Dio, che universo parallelo è mai questo? >>.

Damon, che si aspettava almeno uno sghignazzo da parte del fratello, fu notevolmente infastidito dal suo silenzio e dal fatto che continuava a dargli le spalle. La rabbia era ancora in lui, nascosta sotto quel finto ghigno che aveva sul viso.

<< A meno che non bevi per dimenticare, certo. Cos’è, Bambi si rifiuta di fornirti il suo sangue perché gli hai ammazzato il cugino? >>.

Damon non avrebbe smesso di provocare finché non avesse ottenuto ciò che voleva, e cioè una reazione di Stefan che potesse sfociare in una vera e propria guerra.

Non dovette aspettare poi così tanto.

<< Smettila, Damon >>, sibilò Stefan tra i denti, mentre si voltava a fissare per un attimo il fratello.

Se Damon non fosse stato così accecato dalla rabbia avrebbe capito subito. Avrebbe certamente notato l’espressione di Stefan – un misto di dolore e vera e propria furia– e forse non avrebbe continuato a provocarlo…

Oppure lo avrebbe fatto comunque, per il semplice motivo che era ciò che faceva da circa 145 anni.

Ma Damon era cieco, in quel momento, e anche se i suoi occhi socchiusi continuavano a fissare, pieni di rabbia, il volto del fratello, era come se non lo vedesse davvero. Nella sua testa, di fronte ai suoi occhi, c’erano solo immagini di lui e di Elena, solo Elena e Stefan, insieme. Per sempre.

<< Oppure stai brindando, eh Stefan? >> La rabbia di Damon fremeva nell’attesa di venir fuori. Il vampiro si avvicinava, in modo spavaldo, al fratello. << Stai brindando a qualcosa, fratellino? A Elena, forse? >>.

Nell’esatto momento in cui Damon pronunciò il nome della ragazza, la testa di Stefan scattò e, per la prima volta, Damon si accorse dello stranissimo sguardo del fratello.

Non era per nulla felice, gioioso… trionfante. Ma Damon non ebbe il tempo di fermarsi a riflettere oltre.

<< Ti ho detto di smetterla! >>, urlò uno Stefan dall’aria posseduta, mentre mostrava il suo vero volto – quello con gli occhi circondati da pesanti ombre e socchiusi, e canini lunghi e affilati – a un Damon visibilmente sorpreso.

Poi gli diede un potente spintone, facendolo sbattere contro la parete e atterrare per terra, stordito.

Quel gesto fece perdere completamente quel poco di senno rimasto in Damon, che dimenticò il viso sconvolto del fratello e, non appena si riebbe, si avventò su di lui, dando inizio a quella guerra tanto bramata.

<< Allora, Stefan… Brindi a Elena, è così? >>

Un ringhio, un altro spintone.

Questa volta Damon si riprese prima di toccare la parete. Si avvicinò a Stefan a velocità disumana e lo afferrò per la gola, scaraventandolo lontano.

<< Rispondi! >>, tuonò.

Ma tutto ciò che Damon ebbe in risposta fu un pugno allo stomaco, che lo fece piegare in due e diede la possibilità a Stefan di avventarsi sulla sua gola. Damon urlò, sentendo i canini penetrargli la pelle.

Con un abile gesto, riuscì a spingere via il fratello e si allontanò per qualche istante, riprendendo fiato. Poi, con tutta la forza che aveva in corpo, si avventò su Stefan, facendolo schiantare contro la finestra, che finì in frantumi.

Damon raggiunse il corpo del fratello fuori casa. Stefan si alzò di scatto, prendendo le distanze da Damon.

<< Rispondimi! >>

<< Che cosa vuoi?! >>

Stefan non urlava nello stesso modo di Damon. La voce di Damon era rabbia pura, o almeno questo era ciò che faceva trapelare. Quella di Stefan, invece era… sofferenza. Il viso da vampiro di Stefan era rigato di lacrime, mentre inveiva contro il fratello.

Damon non capì. Ma il dolore nello sguardo del fratello fece risalire in superficie il suo, che invano aveva cercato di nascondere, per l’ennesima volta, dietro quella maschera da duro e insensibile.

Fuori pioveva. Né Damon né Stefan ci fecero molto caso, nonostante fossero, ormai, entrambi bagnati fradici. Era come se tutto intorno a loro fosse scomparso, svanito nel nulla. C’erano solo loro due. Due fratelli vampiri che piangevano, inveivano e si facevano la guerra l’un l’altro perché amavano la stessa donna, come una volta.

Damon non aveva ben compreso il significato del detto “Il passato ritorna sempre”, fino a quel giorno.

<< Hai vinto! >>, urlò. << Hai vinto tu, di nuovo! Hai ottenuto quello che volevi! Ma non mi ingannerai di nuovo con la storia del “io sono il vampiro buono e tu il cattivo”. Nemmeno tu la meriti. L’hai ferita! E non capisco perché lei ti abbia perdonato. >>

Dallo sguardo sconvolto e bagnato di Stefan, uscirono altre lacrime. << Perdonato? Perdonato, Damon? Lei non mi ha perdonato. Lei mi ha lasciato, Damon! Mi ha lasciato per te, per colpa tua! Ha detto che non è più sicura di ciò che prova per me, che crede che nemmeno io provi più ciò che provavo prima, per lei. Che le cose sono cambiate e che crede di provare qualcosa per te. >>

Damon non sapeva cosa dire. La sua espressione non era mutata. Era diventato di pietra, come ogni volta che qualcosa lo sconvolgeva. Fissava il fratello con occhi sgranati, tentando di mettere in moto il cervello e comprendere il significato delle sue parole.

<< Perciò, Damon, sei tu quello che dovrebbe brindare. Avanti, Damon, brinda! Hai vinto. Ce l’hai fatta, finalmente. Hai ottenuto ciò che volevi. Che aspetti? Festeggia la tua vittoria. >>

Damon aveva smesso di ascoltare nel momento stesso in cui Stefan aveva detto che Elena provava qualcosa per lui. Sentiva, solo lontanamente, l’eco delle parole pronunciate dal sofferente Stefan, di fronte a lui.

Hai vinto. Hai ottenuto ciò che volevi.

E d’un tratto capì che in quel momento niente gli importava. Non gli importava di Stefan, sconvolto e col cuore spezzato – come quello di Damon era stato per tanto tempo; non gli importava della pioggia che continuava a picchiettare su di lui e inondarlo; non gli importava nemmeno di festeggiare il suo trionfo.

C’era una sola cosa di cui gli importava, una sola persona che in quel momento avrebbe voluto vedere.

E così Damon riprese la sua corsa, questa volta non per fuggire o dimenticare. Damon correva semplicemente per amore. Per raggiungere il suo amore e implorarla di perdonarlo in tutti i modi possibili e immaginabili, per il modo in cui si era comportato con lei quella sera, per essere stato così ottuso e aver frainteso tutto.

Sei un’idiota, Damon, si disse.

E, mentre sfrecciava per il bosco, non riuscì a trattenersi dal sorridere, lasciandosi sfuggire lacrime di gioia.

 

 

Elena uscì dalla doccia e indossò il suo accappatoio. Mentre tamponava i capelli fradici con l’asciugamano, fissò il suo volto allo specchio: gli occhi erano gonfi e arrossati, le guance ancora bagnate, ma non per via della doccia.

Pettinò i capelli e si diresse in camera, desiderosa solo di indossare il suo pigiama e sprofondare al caldo e al sicuro in un bel sogno che la allontanasse da quella triste realtà.

E lo stupore sul suo volto fu palese, quando trovò la figura di Damon ad attenderla, seduto sul suo letto.

Non appena la vide, Damon si alzò in piedi di scatto. Si fissarono per secondi, minuti, forse ore o giorni. Il tempo pareva scorrere lontano da loro. Elena si sforzava di trattenere le lacrime.

<< Mi dispiace >>, sussurrò Damon con occhi imploranti.

E allora lei capì che lui sapeva e niente riuscì più a trattenere il suo pianto. Lucciconi scesero a rigarle le guance mentre lui, in pochi passi, toglieva la distanza che c’era tra loro e la stringeva forte a se.

In quel momento, Elena si sentì finalmente serena. Si sentì a casa, come non accadeva da tempo. Si sentì completa.

Se prima credeva che il suo desiderio maggiore era quello di abbandonarsi al sonno, tra le braccia di Morfeo, adesso dovette ricredersi. Le braccia di Damon erano decisamente meglio.

Elena si abbandonò completamente a lui, lasciandosi stringere e cullare, mentre la sua voce sussurrava scuse inutili, visto che lei lo aveva già perdonato nel momento stesso in cui l’aveva visto seduto sul suo letto.

<< Scusami, scusami, scusami… >>, sussurrava comunque lui.

Tra le lacrime, Elena sorrise.

Damon, quel vampiro dagli occhi del colore del cielo, all’apparenza duri e freddi come il ghiaccio, ma che nascondevano un animo capace di vero amore, era tutto ciò di cui lei aveva bisogno.

 

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L'Angolo dell'Autrice

Spero vi sia piaciuto, il mio capitolo preferito :) Dolce l'abbraccio finale, non trovate? Personalmente, adoro gli abbracci. Quelli tra Elena e Damon, poi...

Ringrazio chi ha recensito e anche chi continua a seguirmi in silenzio :)

Ah, ringrazio anche una mia cara amica, conosciuta proprio quì su EFP, che nell'ultimo capitolo della sua Fan Fiction ha pubblicizzato le mie storie. Voglio ricambiare allo stesso modo. Lei è Elen91 e sta scrivendo 2 splendide lonf-fic: Can you immagine that love? (Delena) e Breathe me (Nian). Ha davvero talento e, chi non l'ha già fatto, dovrebbe leggerla.

E adesso corro a vedere l'episodio 16 della 3 stagione di TVD *-*

Besos,

Lisa

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 - Calore ***


Capitolo 7 - CALORE

 

Era mattina presto quando Elena si svegliò. Il sole, che brillava fuori dalla finestra aperta della stanza, proiettava i suoi caldi raggi sulle lenzuola bianche del grande letto e su due paia di gambe attorcigliate tra loro.

Elena non aprì subito gli occhi. Ad essere sincera aveva ancora sonno, ma la luce nella stanza l'aveva fatta svegliare e non c'erano molte probabilità che riuscisse a perdere nuovamente i sensi.

La giornata precedente l'aveva davvero spossata, si meritava un po' di riposo. Inoltre la sua pelle era riscaldata da uno strano calore, non il solito calore prodotto dalla coperta. Era un calore del tutto nuovo, ma al contempo così tremendamente familiare e piacevole...

Sapeva esattamente dove si trovava e con chi. Sentiva il corpo di Damon sotto il suo, avvertiva il suo petto cullarla ad ogni respiro, su e giù. Il respiro le sembrava regolare, come se Damon stesse dormendo, ma non ne era poi così sicura. Il calore che sentiva era quello delle sue forti braccia che la avvolgevano completamente, stringendola ancor di più a lui.

La testa poggiata alla base del collo di lui, l'orecchio ad ascoltare il battito del suo cuore.

Elena aveva sempre pensato che il cuore dei vampiri non battesse. Era la prima volta che testava la cosa, non lo aveva mai chiesto a Stefan, ne aveva provato a sentirlo. Lo aveva scoperto solo adesso, mentre era in dormiveglia, eppure non ne fu stupita. Forse, una parte di lei, l'aveva sempre saputo. 

Si lasciò comunque sfuggire un sospiro, mentre sorrideva, beandosi di quella pace tranquilla, di quel calore piacevole e della dolce serenità che regnava nella stanza.

Damon dovette accorgersene e capire che era sveglia, perché d'un tratto si ritrovò adagiata sul materasso, che risultava freddo e scomodo in confronto al bel corpo del vampiro, senza nemmeno un cuscino a sostenerle la testa. Il respiro regolare, il battito cardiaco con cui era ormai entrata in sintonia, il suo calore e il suo profumo inebriante... erano spariti.

Spaventata da quell'idea, si raddrizzò, sedendosi sul letto, e cercò Damon con lo sguardo. 

Lui era lì, ancora sul letto, rannicchiato in un angolo con il suo cuscino tra le mani, e la fissava con un'espressione da cucciolo impaurito.

No, aspetta un secondo. Damon un Cucciolo Impaurito?!, si ritrovò a pensare Elena, sgranando gli occhi. Sembrava una specie di colmo. 

<< Che succede? >>, chiese Elena esitante e un po' scombussolata.

<< Beh, mi sono allontanato e ti ho tolto questo >>, disse accennando al cuscino. << Sai, nell'evenienza che tu possa nuovamente tirarmelo addosso >>.

Allora Elena capì e scoppio in una gran risata, ricordando ciò che era accaduto, in quella stessa stanza, qualche mattino prima. Damon sorrise, vedendola ridere così di gusto e le si  riavvicinò, stringendola nuovamente a se e, tra i capelli di lei, le sussurrò: << Ne dovrei dedurre che non corro nessun rischio? >>.

Le risate di Elena frenarono, nonostante lei portasse ancora un sorriso sereno e divertito, sul volto.

Il contatto tra i corpi e il fiato freddo di Damon, che soffiava sulle spalle e sul collo di Elena, lasciate scoperte dalla semplice canottiera con bretelle sottili del pigiama, la fecero rabbrividire, risvegliando nel suo stomaco un moto di farfalle. Il suo corpo si riscaldò di nuovo e vero e proprio fuoco le divampò sulle guance.

<< Non sei freddo >>, osservò imbarazzata, dopo qualche minuto di silenzio. In realtà nemmeno il corpo di Stefan era freddo, ma non ci aveva mai fatto troppo caso, si rese conto.

<< Non sono freddo >>, confermò lui.

Elena non riusciva a guardarlo in viso, visto che la abbracciava di spalle, ma immaginò che avesse sul volto quel sorriso bellissimo, felice e sincero che ben poche volte aveva visto dipinto su di lui. Si sentì orgogliosa e onorata, nel rendersi conto che stava sorridendo grazie a lei, per lei

Le farfalle, nel suo stomaco, si esibirono in un'altra giravolta.

<< Come mai? >>

<< Come mai, cosa? >>

<< Credevo che il corpo dei vampiri fosse... freddo >>. Elena non riusciva davvero a capire perché, in un momento come quello, si soffermasse a parlare della temperatura corporea dei Non-Morti.

Damon sghignazzò.

<< Beh, questo è solo merito tuo >>, le sussurrò nuovamente fra i capelli.

Poi prese a giocherellare col suo braccio, tracciandovi linee immaginarie con le dita. Cercando di trattenere i fremiti e approfittando del fatto che Damon era alle sue spalle, Elena chiuse gli occhi.

<< La nostra temperatura corporea è di qualche grado inferiore rispetto a quella umana >>, spiegò Damon. << Ma quando siamo in contatto con qualcuno di voi ne assorbiamo il calore. Non credo sia poi così diverso da ciò che accade tra due umani. E più chimica c'è tra quelle due persone... più il calore è forte >>.  

Elena riaprì gli occhi e abbandonò la stretta di Damon solo per poter incrociare il suo sguardo.

<< Chimica? >>, ripeté, alzando un sopracciglio, divertita.

Damon sorrise malizioso. << Già, chimica. Attrazione... >>

<< Amore? >>, chiese Elena, sfidandolo con lo sguardo.

Damon ridivenne serio. <molto di più di semplice chimica>>.

Quegli occhi, talmente chiari alla luce del mattino, da sembrare trasparenti come ghiaccio, la incatenarono completamente a lui.

Elena non riuscì più a proferire parola.

Ma non fu necessario, perché fu Damon a continuare, dopo pochi istanti. La sua voce era ritornata dolce e sensuale.

<< Però, ti basta sapere che, ogni volta che ti sfioro, mi sembra di andare a fuoco >>.

Elena si aprì in un sorriso che le illuminò sia il viso che lo sguardo color cioccolato.

Sapeva benissimo che si stava comportando esattamente come una ragazzina alla sua prima cotta, e stentava a riconoscersi per questo. Le farfalle allo stomaco, il rossore alle guance, i giochi di parole e i sorrisi ogni volta che lui le diceva qualcosa di dolce, ne erano la prova. Ma non riusciva a farne a meno, era come più forte di lei. Come se la matura e razionale Elena Gilbert si fosse presa una vacanza o fosse rimasta a dormire tra quelle lenzuola, tanto perché sentiva di meritarsi del riposo, e al suo posto avesse mandato questa Elena ancora un po' bambina.

Era da prima che i suoi genitori rimanessero uccisi nell'incidente d'auto, che Elena non sorrideva in quel modo. E le sembrava incredibile che proprio Damon potesse farle quell'effetto.

Il vampiro sollevò una mano per posarne il palmo sulla guancia della ragazza, sfiorandola dolcemente.

<< Non sai quanto mi rende felice vederti finalmente sorridere. Non lo facevi da tanto... >>. La sua voce era miele puro e sembrava accarezzarla molto di più con essa che con il palmo della mano.

Ancora si meravigliava delle miriadi di personalità che erano presenti in Damon. Dentro di lei, sapeva che quel Damon - quello che le accarezzava la guancia, le sussurrava parole dolci o che la abbracciava trasmettendole calore - era il Damon innamorato. E si ritrovò a sperare ardentemente che lui non dovesse sentirsi più costretto ad indossare la sua maschera.

Si sdraiarono nuovamente sul letto, Elena tra le braccia di lui. Affondò il viso nel collo del vampiro e gli sussurrò: << Grazie >>.

<< Di cosa? >>

<< Di tutto. Di avermi abbracciata. Di avermi consolata. Di aver dormito insieme a me stanotte... >>

<< Senza nemmeno provare a sedurti >>, sottolineò Damon, sarcastico, e Elena gli diede una gomitata sullo stomaco, ridendo.

<< Cosa stavo dicendo prima che tu, molto sgarbatamente, mi interrompessi? >>, domandò divertita.

<< Mmh... Credo che tu mi stessi ringraziando >>, sogghignò soddisfatto.

<< Ma davvero? >>, fece Elena con finto stupore. << Naaa, ci deve essere stato un errore di comprensione! >>

<< Tu dici? >>, fece Damon, aprendosi in un ghigno terrificante.

Per un momento Elena ne fu davvero terrorizzata. Poi lui si avventò su di lei e iniziò a farle il solletico a velocità sovraumana. Elena riprese a ridere, questa volta fino alle lacrime, cercando di ritrovare il fiato per urlare a Damon di smetterla.

<< Da... Damon! Bastaaaaaa! >> Ma lui non era minimamente intenzionato a smettere.

<< E no, Mia Cara! Prima devi dirmi quello che stavi per dirmi! Su, avanti dillo. "Grazie" >>, disse Damon, rimettendo giù Elena che cercava di alzarsi dal letto, e scandendo bene l'ultima parola, sillaba per sillaba.

<< Mai! >>, urlò lei, tra una risata e una lacrima.

Damon sorrise. Era così tenace, così testarda, così orgogliosa... così simile a lui, in quei momenti.

Ma Elena era anche altruista e d'animo buono. Lui no.

Rattristato da quei pensieri, lasciò andare Elena che riprese fiato, cercando di mettere a freno le risate. 

Rimase dapprima incuriosito, poi letteralmente incantato, da una piccola lacrima che scorreva lenta sul viso di Elena, scendendo giù per lo zigomo e fermandosi per pochi istanti sulla sua guancia. D'impulso, Damon le si fece vicino e catturò quella minuscola goccia con le labbra, bramoso di sentirne il sapore salato, così simile al sangue.

Si rese conto del suo gesto solo dopo, quando vide gli occhi marroni di Elena spalancati, le guance purpuree e si accorse che aveva smesso di respirare.

L'allegria e la spensieratezza di pochi attimi prima, sembrò svanire nel nulla.

Ancora una volta c'era tensione.

A Elena sembrò che la se stessa razionale si fosse finalmente risvegliata, pronta a riprendere il suo posto.

<< Damon, io... >>, iniziò, non sapendo bene cosa dire.

Fece un respiro profondo e riprese, fissandolo negli occhi e ritrovando la sua forza. << Non voglio che tu pensi che io ho già fatto una scelta. E' vero, ho lasciato Stefan e non credo di provare per lui ciò che provavo prima. E anche se lui continua a ripetere di amarmi, a volte ne dubito. Ma è vero anche che sento ancora qualcosa per lui e che ciò che ho provato per tuo fratello non può essere cancellato così, da un giorno all'altro.

Così com'è vero che... io sento di provare qualcosa per te, Damon. Ma non posso stare con nessuno di voi due, finché non avrò fatto chiarezza dentro di me e capito cosa provo per entrambi. Mi dispiace. E scusami se mi sono comportata come una scema, stamattina e anche ieri sera, quando ti ho chiesto di restare con me... Non avrei dovuto, ma non so che mi è preso... E' stato da sciocca e da egoista, non volevo. Ti chiedo sc... >>

<< No, non scusarti di questo, Elena. Non scusarti di niente. Non devi farlo, hai capito? >>

Damon la fissava negli occhi, puntando su di lei tutta la potenza del suo sguardo. Il tono della sua voce era dolce e... comprensivo.

<< Non mi aspettavo assolutamente che tu avessi già preso una decisione. Lo sapevo, sta tranquilla. Sono stato io a volerti comunque rimanere accanto, non è colpa tua. E ti rimarrò accanto finché mi vorrai con te, va bene? >>

Damon era sincero.

Sapeva che Elena non avrebbe mai potuto prendere una decisione del genere così in fretta, se quello che provava per suo fratello era sincero. E Damon non aveva alcun dubbio sulla sincerità di quella ragazza.

E per quanto il pensiero che lei avrebbe potuto comunque scegliere di ritornare da Stefan, scatenava in lui una rabbia e una gelosia capace di uccidere qualunque comune essere umano avesse provato anche solo una piccola parte di ciò che provava lui, aveva deciso di mettere da parte il suo egoismo.

Almeno con lei, si era detto.

Elena accennò un sorriso, ma era ancora tesa. Nonostante le parole di Damon, manteneva le distanza, credendo che se avesse cercato ancora un contatto con lui, si sarebbe comportata da pura egoista.

Così fu Damon a cercare un contatto con lei, sfiorandole nuovamente la guancia con la mano.

<< E sono io a doverti ringraziare, Elena >>, disse. << Per aver ammesso di provare qualcosa per me, pur sapendo ciò che questo avrebbe comportato. Quindi grazie >>.

L'intensità con cui Damon fissava Elena negli occhi e le sue parole la stordirono completamente. Si immerse in quelle due pozze d'acqua senza più riuscire ad uscirne, senza più volerne uscire, come se stesse annegando e pregasse perché nessuno venisse a salvarla.

Annegava e non riusciva a desiderare niente di meglio.

O forse qualcosa sì.

Senza rendersene conto aveva preso ad alternare lo sguardo, spostandolo dagli occhi di Damon alle sue labbra e poi di nuovo ai suoi occhi, a intermittenza. Anche lui stava facendo lo stesso, mentre i visi di entrambi si avvicinavano pericolosamente.

Elena sentì il soffio del respiro di Damon una sola volta, prima che anche lui smettesse di respirare. Percepiva quel tamburo impazzito, che era il suo cuore, ed ebbe paura che da un momento all'altro potesse uscirle dal petto.

Le loro labbra si sfioravano già e Elena si ritrovò a fremere d'impazienza, senza aver ancora realizzato bene cosa stesse accadendo.

Poi la magia fu interrotta dallo squillo del cellulare di Elena, proveniente dal comodino.

Nell'udire quel suono, Elena si ridestò e sembrò ritornare lucida. Si avvicinò al telefono, cercando di ricordare come si usassero le corde vocali, giusto per rispondere.

Ai piedi del letto, Damon sghignazzò affranto.

<< Pronto? >>

<< Elena? >>

Che domanda stupida. Chi diamine doveva essere, visto che aveva chiamato al suo cellulare?

<< Sì, Bonnie, sono io >>. Si sforzò, per quanto possibile, di non usare un tono scocciato. La sua migliore amica non poteva certo immaginare ciò che aveva appena interrotto. Nonostante ciò, ogni sforzo fu vano.

<< Elena... devo dirti una cosa importante >>.

La voce di Bonnie era titubante, preoccupata. La fece ritornare a pochi giorni prima, quando le aveva spiegato, con fare più che nervoso, l'errore che aveva riscontrato nel suo incantesimo.

<< Che succede, Bonnie? >>

<< Preferirei dirtelo a voce... >>

<< Cosa, Bonnie? Cosa devi dirmi a voce? >> Elena si stava visibilmente spazientendo. Sentì la presenza di Damon, alle sue spalle.

<< Elena, credo che tra te e Katherine non via sia alcun legame >>, disse.

Elena diventò una statua, immobile e dall'espressione immutata, con il telefono in mano. Ricordava tanto Damon persino in quel momento.

Non sentendo neanche fiatare, dall'altra parte del telefono, Bonnie continuò. << Stefan... Stefan ti ha tradita, Elena. Ti ha tradita davvero >>.

 

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L'Angolo dell'Autrice

So bene di essere in ritardo di due giorni. Il capitolo è sempre stato la, nella cartella "Legame" del mio computer, ma vedendo a stento due recensioni su ben 253 visite... Ecco, diciamo che questo non mi ha esattamente SPRONATA a pubblicare il seguito. Mi chiedo perché, tra queste 14 persone che la preferiscono, 21 che la seguono e 2 che la ricordano, solamente due persone si sono degnate di farmi sapere che impressione avevano avuto del capitolo. E mi sta bene pure che mi diciate che vi ha fatto schifo e che è meglio se mi ritiro, purché mi mostriate un segno di vita (o, meglio, di interessamento).

Anyway, ringrazio Elen91 e Sophia850 per le recensioni (:

Che sia chiaro che questo non vuol dire che non ho pubblicato il capitolo prima per qualcosa di simile ad una "vendetta". Non ho avuto tempo a disposizione per collegarmi e, quando ne ho avuto, vedendo così poche recensioni, ho pensato di darvi più tempo per leggere. 

Well, è tutto. Sono perfettamente consapevole che questo capitolo è stato mooooolto sdolcinato. XD Spero vi sia ugualmente piaciuto.

Prossimo aggiornamento (umore & tempo a disposizione permettendo): dopodomani.

Lisa


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Capitolo 9
*** Capitolo 8 - Verità ***


Capitolo 8 - VERITÀ

 

Elena non riusciva a credere alle sue orecchie. Le parole di Bonnie non avevano alcun senso, per lei.

<< Bonnie, che... Che stai dicendo? Non capisco! >>, farfugliò con il telefono ancora in mano. Poi avvertì una presenza alle sue spalle e qualche farfalla, rimasta ancora sveglia dai precedenti momenti passati, si fece risentire nel suo stomaco, esibendosi in una danza che le fece venire la pelle d'oca, ma in senso buono.

Si voltò, alla ricerca di quel bel volto.

Damon la fissava incuriosito. Elena sapeva che aveva sentito perfettamente ciò che l'amica le aveva detto. Super udito, pensò sarcastica. Roba da vampiri.

Non riuscì comunque a non incantarsi nell'osservare quell'assurda bellezza diafana che era il suo viso, incorniciato da scompigliati capelli corvini, la mascella quadrata, gli zigomi con un leggero rossore che lei adorava, e due perfetti zaffiri, incastonati appena al di sotto delle sopracciglia arcuate. Le sfuggì un sospiro mentale.

<< Elena, sto venendo a casa tua. Ti spiegherò tutto con più calma, va bene? >>

Bonnie chiuse la conversazione senza aspettare che l'amica le rispondesse. Elena non si mosse, continuando a fissare Damon, con aria visibilmente sconvolta, il telefono ancora all'orecchio ad ascoltare dei Biip ripetitivi e infiniti.

Spazientito e preoccupato, Damon le tolse il telefono di mano. << Che succede? >>, chiese.

Ma era la domanda più sbagliata che potesse farle. Lei ne sapeva tanto quanto lui.

<< Non ne ho la più pallida idea >>, fece Elena, scandendo per bene la frase, come a volerne sottolineare ogni singola parola.

Poi notò qualcosa che, per un attimo, la allontanò dalla realtà, facendola sorridere mentalmente: quando era confuso o non capiva, Damon socchiudeva di poco gli occhi e gli si formavano delle minuscole rughe d'espressione, agli angoli di quelle due pozze turchesi. Adorabile, pensò.

Subito dopo si ritrovò a scuotere la testa, rimproverandosi. Bonnie ti ha appena detto che, quello che fino a ieri era ancora il tuo ragazzo, ti ha tradita veramente e tu commenti le rughe d'espressione di suo fratello maggiore?!

Però la notizia di Bonnie non aveva il minimo senso. Elena sapeva già che Stefan l'aveva tradita. Il succo di tutto stava nelle parole che Bonnie le aveva detto prima: "Credo che tra te e Katherine non vi sia alcun legame". Ma era impossibile che non ci fosse! Perché in quel caso Elena non sarebbe diventata Katherine, quella sera, e non avrebbe sedotto Damon.

Era questo che l'amica cercava di dirle? Che Elena aveva sedotto Damon di sua spontanea volontà, forse? Che lei lo desiderava a tal punto ma era, al tempo stesso, così in colpa per Stefan da costringersi a dimenticare quella notte? Aveva fatto tutto da sola, quindi?

Considerando ciò che provava in quei momenti, con Damon che la guardava, Damon che la sfiorava, Damon che le sorrideva o la abbracciava... Quella possibilità le parve molto più che probabile.

Scosse di nuovo la testa, realizzando che era impossibile. Che senso avrebbero avuto, altrimenti, le parole che Bonnie aveva detto dopo, e cioè "Stefan ti ha tradita, Elena. Ti ha tradita davvero"? Inoltre, Elena ricordava perfettamente la sensazione di quella potente scossa interna che l'aveva travolta quella sera, in cucina. Non aveva inventato nulla.

Era nuovamente confusa e scosse la testa per la terza volta. Si accorse che Damon guardava questo suo modo di fare con un sorrisetto di scherno, ad accompagnare lo sguardo curioso. Elena si costrinse a sorridere, dimenticandosi per un minuto del resto. << Cosa c'è? >>, sussurrò.

<< Niente. Starei ad osservarti, mentre pensi, per sempre, se potessi. Sei comica e... in un certo senso adorabile >>, rifletté.

Adorabile. Proprio come lei aveva definito lui appena un minuto prima. Questa volta il sorriso di Elena fu spontaneo e diede una leggera spinta a Damon, che ricadde sul letto, mentre entrambi ridevano.

Il sorriso di Elena si tramutò in rossore alle guance, mentre osservava Damon, sdraiato sul letto, con uno splendido sorriso sul volto e gli occhi azzurri accesi d'entusiasmo e eccitazione. Senza volerlo - o forse più che consapevole - Damon stava invitando il cervello di Elena a produrre pensieri su di lui che di casto avevano ben poco.

Cercò di ritrovare il lume della ragione e concentrarsi su ciò che era accaduto. Ma perché sembrava importarle così poco, in confronto a Damon? Anche a questo, si sarebbe risposta solo dopo.

Si fece seria. << Devi andare, Damon. Bonnie sta arrivando e deve parlarmi.. .>>

<< Lo so. Però voglio sapere anch'io cosa sta succedendo, quindi rimango. >>

Elena scosse la testa. << No, Damon, per favore. Riguarda me. Bonnie vuole parlare con me >>.

<< In questa storia ci sono dentro anch'io, quindi voglio sapere >>, ribattè, socchiudendo lo sguardo come quando stava perdendo la pazienza.

<< Damon, non voglio che tu rimanga qui, okay? >>

<< Perché? >>, chiese semplicemente lui.

<< Beh, perché... Perché, te l'ho detto. Riguarda principalmente me. Ti dirò tutto, dopo, se la cosa ti riguarderà, va bene? >>

Damon ignorò la sua proposta. << Quindi è per questo. Non centra niente il fatto che non hai il coraggio di dire alla tua amica di me e di te, vero? >>, la sfidò.

Elena si ritrovò senza parole.

<< Non importa >>, ribadì lui. << Me ne vado, visto che insisti >>.

Poi Elena lo osservò uscire dalla finestra così come, la sera prima, era entrato.

Avvertì il gonfiarsi delle lacrime agli occhi, ma le respinse con tutta la forza che aveva. Non aveva tempo, adesso, di occuparsi di Damon. Elena sapeva che era fatto così, ma che presto gli sarebbe passata. Si consolò con questo pensiero, mentre aspettava il suono del campanello ch annunciava la visita di Bonnie.

Non dovette aspettare molto e, quando lo udì, si precipitò giù per le scale. Ma, arrivata a metà rampa, si accorse che qualcuno l'aveva preceduta, aprendo la porta.

Jeremy stava baciando teneramente Bonnie sulle labbra e entrambi sorridevano. Elena spalancò gli occhi e si schiarì la voce, per far notare la sua presenza.

<< Oh Dio >>, esclamò Bonnie imbarazzata.

Elena guardò il volto paonazzo di Bonnie, poi quello appena imbarazzato - ma felice - di suo fratello, e fece un profondo respiro.

<< Okay, questo me lo spiegherai dopo >>, disse rivolgendosi all'amica. << Adesso sali in camera e spiegami ciò che mi hai detto per telefono, per favore >>.

Bonnie annuì e si affrettò a raggiungere l'amica. Si sedettero sul letto di Elena, a gambe incrociate, una di fronte all'altra, come facevano da sempre e come avevano fatto quando Bonnie le aveva confessato - e dimostrato - di essere una strega, mesi prima. Si fissarono negli occhi, poi Bonnie tirò un lungo respiro e iniziò.

<< Ricordi cosa ti avevo detto giorni fa? Che l'incantesimo è andato storto perché credevo ci fosse un qualche tipo di legame tra doppelgangers >>, si rispose da sola, continuando a fissare Elena negli occhi.

<< Beh, non ero affatto sicura della cosa, anche se non riuscivo a trovare un'altra spiegazione a ciò che era accaduto. Il cambiamento di Katherine... Il tuo... Mi sembrava la spiegazione più plausibile, ecco. Ma nonostante questo, volevo esserne certa, così in questi giorni ho fatto continue ricerche su doppelgangers e presunti legami tra essi, ma non ho trovato niente che potesse confermare la mia ipotesi. Così, affranta, ho cominciato a rileggere la formula magica sul grimorio, per cercare di capire e solo allora ho capito >>.

Bonnie, che aveva parlato tutto d'un fiato, prese respiro, cercando anche di temporeggiare in modo da trovare il coraggio che le serviva. Tirò fuori dal suo zainetto rosso un grimorio che Elena non riconobbe. Non era quello della nonna di Bonnie, ma prima che potesse chiederle spiegazioni, Bonnie parlò.

<< Elena, ho fatto un errore ridicolo! Eppure così orribile nelle sue conseguenze... >>, riflettè.

Aprì il libro delle ombre, cominciando a sfogliarlo rapidamente, fregandosene della carta che le avrebbe certamente sfregiato le dita affusolate. Si fermò ad una pagina e si avvicinò al fianco di Elena, per permetterle di guardare.

<< Questa è la formula. Lo vedi qui... E qui? >>, chiese indicando due diverse file di quelli che avevano l'aria di essere più stelline che normali asterischi.

Elena annuì. << Sai che tradurre la formula non è facile e io ero convinta di esserci riuscita, ma mi sbagliavo. Credevo che il nome di Katherine, la persona a cui cambiare personalità, andasse pronunciato per prima, al posto della prima fila di asterischi, mentre il nome della persona di cui Katherine doveva assumere il carattere, per secondo. Ma non è così! Avrei dovuto pronunciare prima il tuo e poi il suo, ma ho fatto il contrario! >>

Elena era ancora confusa. Cosa cercava di dirle, Bonnie? Una parte di lei, però, lo aveva già capito.

<< Elena, l'incantesimo l'ho indirizzato a te, non a Katherine, capisci? Tu sei diventata realmente Katherine - o almeno hai assunto la sua personalità. Ma lei non è mai diventata come te, perché non esiste alcun legame tra doppelgangers! Katherine ha solo sfruttato la sua innata abilità nel fare la sgualdrina, seducendo Stefan. Ma né a lei né a lui è successo niente di... magico. >>

Le parole di Bonnie erano ormai chiare a Elena. Eppure continuava e sentirle così lontane... Come se qualcosa disturbasse il suo udito. La voce dell'amica era solo un'eco distante e appena udibile ma che fece nascere in Elena una dolorosa consapevolezza.

<< Mi dispiace tanto, Elena >>, concluse Bonnie, stringendo l'amica in un abbraccio. Elena si lasciò abbracciare, con lo sguardo ancora perso nel vuoto e la mente sconvolta da quelle ultime rivelazioni.

Stefan l'aveva tradita. Niente ormai poteva giustificarlo. Lui era se stesso e Katherine anche. Nessun incantesimo. Stefan l'aveva tradita davvero.

 

 

Quel pomeriggio, Elena viaggiava per raggiungere la pensione dei Salvatore. Aveva preso la sua decisione. Ormai tutto era chiaro, ogni cosa che era successa aveva trovato una spiegazione; ogni tassello di quell'ingarbugliato puzzle di magia, tradimenti, sentimenti e orrore che era stata la sua vita in quegli ultimi giorni, adesso si incastrava perfettamente, e Elena riusciva a vedere chiaramente ciò che aveva preso forma sotto i suoi occhi.

Nel suo inconscio, l'aveva sempre saputo, si rese conto. Ma aveva cercato di respingere quei pensieri, considerandoli sciocche paranoie di una fidanzatina gelosa. Adesso invece sapeva, e il fatto che la cosa non le faceva male, come invece avrebbe dovuto, le confermò che un'altra scelta era presa.

Ma a quella avrebbe pensato più tardi.

Scendendo dall'auto e dirigendosi verso l'ingresso della pensione, Elena ritrovò la sua sicurezza, la sua forza e la sua determinazione. In fondo, come si divertiva a ripeterle sempre Katherine, era una Petrova.

Bussò alla porta in legno. Pochi istanti e questa si aprì.

Elena si trovò di fronte un volto triste, scuro. Gli occhi verdi di Stefan erano rabbuiati, il vampiro puzzava di alcool. Difficile dire se fosse Stefan a reggere in mano un bicchiere di Whisky o se fosse il bicchiere a reggere lui, talmente sembrava debole. Non doveva essere andato a caccia da un po'.

<< Ciao >>, lo salutò Elena, seria.

<< Damon non c'è... Se stai cercando lui >>, gracchiò Stefan.

<< Veramente cercavo te >>, disse Elena, dura.

Lo sguardo di Stefan sembrò accendersi di speranza, ma nel vedere il volto di Elena, ancora così duro e composto, si rispense. Si fece da parte, lasciandola entrare in casa.

Elena si diresse in salotto e aspettò che Stefan la raggiungesse.

<< Cosa vuoi? >>, le chiese a distanza, senza guardarla negli occhi.

<< Parlare di ciò che è successo >>.

<< Sai già cosa è successo >>.

<< Sì, questo è vero >>, confermò Elena. << Ma tu no >>.

Stefan la guardò, confuso. << Che stai dicendo? >>

<< Dico che tu non sai realmente quello che è successo. Io stessa l'ho scoperto poco fa. E penso sia giusto, per te, saperlo >>.

Stefan ancora non capiva e guardava Elena come fosse pazza. Elena ignorò quello sguardo e continuò.

<< Stefan, Bonnie è venuta da me, questa mattina, dicendomi che si era sbagliata, che non è possibile che esista alcun legame tra doppelgangers, che nessun libro e nemmeno internet accennano a qualcosa di simile. Perché non esiste nessun legame, ecco perchè >>.

<< Cosa?! >>, esclamò Stefan incredulo, ma Elena non lo lasciò continuare.

<< Bonnie ha fatto un errore durante il suo incantesimo. Lo ha indirizzato a me, anziché Katherine. Quindi l'incantesimo ha avuto effetto su di me, mentre Katherine era semplicemente se stessa >>.

Stefan era sconvolto, ma non osava scuotere la testa per negare. Era confuso, guardava Elena con occhi e bocca spalancati, ma sembrava che una parte di lui avesse compreso quale fosse la verità.

<< Stefan, sei... andato a letto con Katherine di tua spontanea volontà. Lei non era me, non lo è stata neanche per un attimo, e tu eri te stesso >>.

<< Ma non è possibile >>, balbettò Stefan. << Katherine... Lei è svenuta... >>

Elena fece un sorriso triste. << E' Katherine! Lo sai quanto è brava come attrice. Anche se non credo nemmeno che sia stato solo merito suo >>.

Gli occhi di Stefan si socchiusero, mentre cercava di dare un significato a quell'ultima frase.

Elena andò in suo soccorso. << Tu la ami, Stefan. Non hai mai smesso di amarla >>. Stefan aveva preso a scuotere la testa, con sguardo addolorato, così Elena eliminò la distanza tra loro e gli prese il volto tra le mani, guardandolo negli occhi. 

<< E' così, Stefan. Non devi negarlo, è così >>. Stefan smise di scuotere la testa e lasciò scorrere le sue lacrime.

<< Io amo te... >>, disse insicuro.

Elena sospirò. << Forse. Ma niente ci vieta di amare più di una persona contemporaneamente >>.

Poi gli accarezzò il viso. Vederlo così debole, così insicuro, così vulnerabile, gli scioglieva il cuore. << Stefan sta tranquillo. Va bene così. Tu la ami e lei ama te. Va tutto bene. E anch'io ho capito chi amo, Stefan >>, aggiunse.

Era vero. Elena non aveva più dubbi. Lo aveva capito quella mattina, dai suoi pensieri, dal modo poco razionale - e molto poco "da Elena" - con cui si era comportata, dalle reazioni che aveva quando lo vedeva, quando gli parlava, quando lo fissava negli occhi, quando respirava il suo odore, quando percepiva il calore del suo corpo...

<< Addio, Stefan >>, sussurrò al vampiro in lacrime, prima di uscire da quella casa e soprattutto dalla sua vita, per sempre.

Si rimise in macchina, prendendo una nuova decisione. Voleva partire, allontanarsi per un po'... e al tempo stesso voleva trovare lui.

Ma prima di mettere in moto, afferrò qualcosa dalla borsa, un quaderno dalla copertina scura, che conteneva tutta se stessa.

Il suo diario.

Lo aprì e scrisse poche parole, giusto una frase in effetti.

 

Caro diario,

mi sono innamorata di Damon.

 

Poi mise in moto, diretta ad Atlanta.

 

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L'Angolo dell'Autrice

Vedo con piacere che lo scorso capitolo ha avuto più recensioni. Vi ringrazio di cuore :)

Spero che anche questo sia di vostro gradimento. Il prossimo (tra 2 giorni) sarà l'ultimo, cui seguirà un epilogo.

Baci,

Lisa

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 - Gelosia ***


Premessa: dedico questo capitolo ad un'amica, Valentina. Hai visto? Alla fine ti ho davvero inserito nella storia! :D

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Capitolo 9 - GELOSIA

 

Elena guidava senza sosta e ad una velocità alquanto esagerata, per qualcuno che stava semplicemente facendo un viaggio per staccare la spina, per estraniarsi un po' dalla vita normale - per quanto la sua vita potesse essere considerata tale.

Da quando era uscita dalla pensione dei Salvatore - lasciandovi uno Stefan sconvolto e in lacrime - non si era fermata un attimo. Inoltre, mentre guidava sembrava spenta, come se non si concentrasse o osservasse realmente la strada che aveva di fronte, come se avesse inserito il pilota automatico. Ma non all'automobile. Era lei quella che guidava in automatico, mentre il suo cervello era impegnato in tutt'altro.

In quelle due ore circa, non era riuscita a soffocare i pensieri e i ricordi di tutto ciò che le era successo in nemmeno una settimana. Da troppo tempo essi attendevano, quasi in agguato, pronti ad assalirla nel momento esatto in cui si fosse trovata sola e triste.

Perché Elena Gilbert, doveva ammettere nonostante tutto, di essere triste. Aveva amato Stefan con tutta se stessa e oltre ogni limite e immaginazione - almeno così aveva creduto. E parte di quel sentimento era rimasto in lei, e forse sarebbe rimasto lì per sempre, e lei avrebbe provato spesso quella sensazione di triste malinconia...

Scacciò via quel pensiero.

No. Elena sapeva che era impossibile e che, comunque, esisteva una medicina alla tristezza, alla malinconia e all'eccesso di pensieri. La sua medicina, quella di cui si era scoperta innamorata giusto poche ore prima.

Quella medicina chiamata Damon Salvatore.

Solo lui era capace di farle dimenticare tutto; solo lui era capace di farla estraniare davvero dal mondo; solo lui sarebbe riuscito a farla sorridere, anche in un momento come quello... Solo con lui, Elena aveva scoperto il reale significato di "amare oltre ogni limite e immaginazione".

Damon era la sua medicina e la sua felicità. Lei aveva bisogno di lui, come dell'aria nei polmoni. Ed era egoismo puro, eppure era proprio ciò che Damon le aveva insegnato. Ad essere egoista. A pensare a se stessa, per una volta, in quella sua vita iper-organizzata e stressante, da brava ragazza buona e sempre pronta a donare agli altri.

Le aveva fatto capire che se lo meritava e che non doveva sentirsi in colpa se desiderava tanto essere felice, anche in momenti come questi, in cui il suo clone-vampiro di nome Katherine era tornato in città, in tutta la sua malvagità, e aveva sedotto il suo ex ragazzo-vampiro; in cui le sue due migliori amiche, Bonnie e Caroline, erano diventate rispettivamente una strega e una vampira; in cui un semplice liceale, da giocatore di football nella squadra della scuola, era diventato un licantropo in grado di sterminare un vampiro ad ogni morso; in cui l'ennesimo succhiasangue di nome Klaus, appartenente a una stirpe di vampiri antidiluviana, le stava alle calcagna.

Elena aveva il diritto di stare bene e di sentirsi felice. E Damon le aveva insegnato come fare, attraverso i suoi giochi, il suo affetto e i suoi sorrisi. Era stato capace di far resuscitare la Elena di un tempo, quella allegra, spiritosa e spensierata.

Al tempo stesso, Elena aveva insegnato a Damon molto sull'essere altruisti, buoni. Sul non vergognarsi dei propri sentimenti e non dover sempre indossare una maschera per celarli. Sul poter essere puro e provare emozioni umane, anche quando non lo si è più.

Avevano imparato molto, l'uno dall'altra, e questo - insieme alla comprensione, alla travolgente attrazione fisica, e all'amore più puro - era ciò che li univa.

Nonostante sapesse di aver ormai fatto chiarezza dentro di sé e aver capito che non desiderava altro che lui, Elena aveva comunque un'aria abbattuta quando fece il suo ingresso in quel Bar conosciuto mesi prima. E le tornarono in mente tanti ricordi, uniti alle parole di Damon: "Senti, prenditi una pausa di cinque minuti dalla tua vita. Cinque minuti!", le aveva detto.

Elena sorrise. Dai primi momenti aveva cercato di insegnarle a stare bene e a pensare alla sua felicità, e lei a malapena glielo aveva permesso. Ma adesso era tutto diverso. Adesso era pronta a stare con lui.

L'interno del locale era abbastanza affollato e Elena sentì gli occhi di almeno una ventina di uomini posarsi su di lei, nello stesso istante in cui la porta alle sue spalle si chiuse. Era irritante e imbarazzante al tempo stesso.

Avanzò - più con lo sguardo che con i piedi - alla ricerca di quel viso seducente e quegli occhi ipnotizzanti, trovandoli poco dopo, ad una notevole distanza da lei.

Elena esultò mentalmente. Era certa che l’avrebbe trovato lì. Ma, il tempo di avanzare di qualche passo nella sua direzione, bastò a far spegnere completamente il suo entusiasmo.

Damon sedeva ad un tavolo in compagnia di una ragazza a lei sconosciuta.

A Elena sembrò di ricevere un pugno in pieno stomaco; o meglio, si sentì come se qualcuno le avesse appena ficcato una mano nel petto e avesse estratto il suo cuore, gettandolo lontano.

E quello fu solo l’impatto.

In seguito, sentì le lacrime salirle agli occhi e l’apparente assenza di aria nei polmoni.

Ma soprattutto si sentì una stupida, perché gli aveva creduto davvero.

Aveva detto di amarla, di non desiderare altro che lei. Aveva detto che per lei ci sarebbe stato sempre e che l’avrebbe aspettata. E adesso, mentre rivolgeva i suoi sorrisi e le sue battute ad un’altra donna, aveva infranto tutte quelle promesse.

Cosa ti aspettavi?, disse una voce sarcastica nella testa di Elena. E’ Damon!

Pensò di uscire da quel locale a andare via di lì al più presto; almeno prima di scoppiare in singhiozzi davanti a decine di persone. Ma poi si ritrovò a pensare a ciò che Damon avrebbe fatto al suo posto, in un caso come quello.

Così, cerco di ricomporsi almeno un po’, si sedette su di uno sgabello di fronte al bancone e ordinò un bicchiere di whiskey.

Poi un altro e un altro ancora.

Ogni tanto gettava occhiate fulminanti in direzione del tavolo di Damon e della sgualdrina. Lui non aveva nemmeno notato la sua presenza e lei si soffermò a memorizzare e commentare i particolari della ragazza che gli stava di fronte.

Non le ci volle molto per ammettere che era indubbiamente bella, di un fascino decisamente diverso da quello di Elena. La pelle era chiara a pareva vellutata come una pesca, senza neanche l’ombra di un’imperfezione sul viso a forma di cuore. Un nasino leggermente all’insù, stava tra due zigomi perfettamente rosei. Persino da quella distanza riuscì a notare l’ammaliante sguardo da felino che aveva, con le ciglia arcuate e la forma dell’occhio leggermente allungata. I folti capelli biondo cenere le ricadevano in onde, leggere e un po’ spettinate, sulle spalle. Il suo sorriso era tanto bello quanto insopportabile.

Dopo non molti drink – visto che reggeva veramente poco l’alcool - , Elena cominciò a vedere le figure di Damon e della ragazza sdoppiate e non riuscì più a scorgerne i particolari.

Nonostante ciò, riuscì a distinguere chiaramente il movimento della mano della ragazza, che si alzò dal tavolo e si allungò per andarsi a posare su quella di lui.

Tutto il dolore provato fino a quel momento, unito all’alcool, si tramutò in vera e propria rabbia, mentre Elena, a grandi passi, toglieva la distanza che c’era tra lei e quel dannato tavolo.

Quando Damon la vide arrivare sgranò gli occhi e sussurrò il suo nome, ma Elena questo non lo notò. I suoi ardenti occhi scuri puntavano la sua preda.

<< Togligli le mani di dosso >>, ringhiò.

Occhi-da-gatta si accorse finalmente della presenza di Elena squadrandola dalla testa ai piedi, stupita.

<< Eh? >>

<< Ti ho detto di togliergli le tue luride zampe di dosso >>, ripeté Elena con più enfasi.

La bionda si accigliò. << Ma chi è quest’ubriacona? >>, chiese a Damon, che sembrava avere gli occhi spiritati, continuando a fissare Elena.

<< Ubriacona a chi? Stronza! >> e Elena si scagliò contro di lei, afferrandola per le braccia, graffiandola e tirandole i capelli. Non aveva mai provato un odio tale per nessuno, e la cosa sorprendente era che nemmeno la conosceva.

Finalmente Damon ritornò in sé e intervenne. Afferrò Elena per la vita e la allontanò, mentre lei scalciava con furia e gli urlava ripetutamente di lasciarla andare.

<< Scusala tanto, Valentina, è ubriaca! Non sa quello che fa >>, disse Damon alla bionda.

Valentina. Che razza di nome è?”, pensò Elena senza smettere di dimenarsi, tanto che Damon fu costretto a caricarsela sulle spalle, tra i continui urli di lei.

<< A me invece sembra che lo sappia, eccome >>, constatò Valentina. << E’ lei, non è vero? >>

Damon sorrise, illuminando gli occhi. << Sì, è lei >>.

Elena non capiva più nulla, ma la voglia di strangolare quella Valentina era ancora in lei.

<< Mettimi giù! >> urlò.

Un uomo basso, grasso e calvo, dall’aria sudaticcia, si avvicinò ai tre.

 << Ehi, amico, vedi di portarla via che mi sta spaventando i clienti >>, fece infastidito. Persino da dietro le spalle di Damon, la puzza che quell’uomo emanava riusciva a colpirla in pieno, dandole la nausea.

<< Io non credo >>, biascicò Elena, ripensando agli inquietanti omoni che l’avevano squadrata quando aveva messo piede nel locale.

Damon sghignazzò. << Subito >>, disse a ‘Monsieur Eau De Fogne’. << Arrivederci, Valentina. Mi ha fatto piacere rincontrarti >>.

<< Anche a me >>, sorrise lei. << Alla prossima! >>

Contaci”, pensò Elena sarcastica.

Usciti dal locale, Elena ancora si dimenava sulle spalle di Damon. Quest’ultimo le prese le chiavi dell’auto, dalla tasca dei jeans, e la caricò sui sedili posteriori dell’auto, mettendosi al volante.

Dopo non molto, non la sentì lamentarsi e biascicare più e ruotò lo specchietto retrovisore, scoprendola addormentata, come pensava.

Guidò fino a Mystic Falls e all’ultimo momento decise dove l’avrebbe portata. Sperando che Stefan non fosse in casa, Damon varcò la porta della pensione con Elena tra le braccia, che mugolava semicosciente.

A velocità disumana, furono al piano di sopra, dove Damon cominciò a riflettere sul da farsi.

La posò dapprima sul suo letto, ma lei si rialzò quasi subito e corse in bagno facendo in tempo a raggiungere il water e vomitarci dentro. Le corse dietro, le scostò i capelli dalla fronte e le sostenne la testa, posandole il palmo sulla fronte sudata.

Dopo aver rimesso tre volte, Elena si accovacciò sul pavimento freddo della stanza, premendovi la guancia destra contro, con gli occhi chiusi.

Damon si affrettò a riempire la vasca da bagno, immergendo nell’acqua alcuni sali, dopodiché sollevò la ragazza da terra - mentre lei lo implorava di lasciarla lì - la spogliò e la immerse nell’acqua.

Cominciò a lavarla, strofinando la spugna intrisa di bagnoschiuma in tutto il corpo, con gesti lenti.

L’aveva già vista nuda una volta, perciò non provò alcun imbarazzo, anche se ancora non si era abituato alla perfezione del suo corpo e a quanto fosse bella. Ogni tanto Elena, con gli occhi perennemente chiusi, sospirava.

Le lavò anche i capelli, glieli tamponò con un asciugamano, poi la aiutò ad uscire dalla vasca, facendole rindossare le mutandine e una camicia delle sue che la copriva fino alle cosce.

Poi, sollevandola nuovamente, la mise a letto sotto le coperte, sdraiandosi accanto a lei, deciso a non perderla di vista finché non si fosse addormentata completamente.

Lei cominciò a tastare il letto con le mani, come alla ricerca di qualcosa.

<< Da…on? >>, biascicò, provando ad aprire gli occhi, senza alcun risultato.

Il vampiro si sorprese. << Sì? >>, chiese avvicinando la sua mano a quella di lei. Lei gliela afferrò portandosela al viso e qui ad accarezzarle la guancia.

<< Fai l’a…ore co… me? >>

Damon strabuzzò gli occhi, incredulo. Diventò una statua di pietra mentre, sdraiato sul letto, osservava la ragazza più bella che avesse mai conosciuto dirgli, apertamente, di desiderarlo.

<< Ti pre…o! >>, insistette lei.

Quanto avrebbe voluto dirle di sì. Quando avrebbe voluto, anche senza risponderle, prenderla, attirarla a lui e farla sua, come quella volta. Risentire le sue mani sul corpo di lui, il suo respiro affannato, gli urli mal trattenuti… La bellissima sensazione di completezza che provava quando era unito a lei.

Ma non avrebbe ripetuto i suoi errori, non con lei. La amava troppo per potersi permettere di perderla ancora. Non l’avrebbe toccata finché lei non l’avesse voluto davvero, e questo comprendeva l’esserne realmente cosciente.

<< Ti voglio anch’io, Elena >>, si ritrovò a sussurrarle all’orecchio. << Ma non così >>.

Lei annuì, con la testa. << Ri…ani con me, però, ve…o? >>

Lui sorrise. << Sì, rimango >>, e lasciò che la ragazza posasse la testa sul suo petto, stringendola a lui.

<< Ti amo >>, le sussurrò quando credette che si fosse addormentata.

Poi sentì che il suo respiro non era poi così regolare.

<< Ti amo anch’io, Damon >>.

Per tutta la notte, Damon non riuscì a chiudere occhio.

 

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L'Angolo dell'Autrice

L'identità di Valentina non verrà approfondita, dopo, per cui, per i più curiosi, vi informo che non era altro che una vecchia amica/vampira italiana di Damon. La reale Valentina (come accennato precedentemente) è una mia amica cui avevo promesso un ruolo nella fan fiction. (:

E siamo QUASI giunti alla fine. Manca solamente l'epilogo (che pubblicherò Lunedì).

Lo scorso capitolo ha avuto molte più recensioni degli altri, vi ringrazio davvero! Il vostro entusiasmo nella storia gioca un ruolo importante, per me, nella scrittura. Mi sprona a dare il meglio di me per non deludervi.

Spero di non averlo fatto neanche questa volta.

Detto questo, ne approfitto per pubblicizzare la mia ultima One-Shot delena: "It was always him. It's always gonna be him." Spero davvero che la leggerete. (:

Un bacio,

Lisa

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Capitolo 11
*** Epilogo ***


Epilogo

 

L’accecante luce del sole del mattino la colpì in pieno viso mentre ancora dormiva, portandola inevitabilmente via dal mondo dei sogni. Elena mugugnò e prese a stiracchiarsi, senza preoccuparsi di trattenersi dallo sbadigliare sonoramente, come suo solito.

Fu solo dopo, mentre ancora ad occhi chiusi cercava di fare mente locale, che si rese conto che era decisamente impossibile che il sole potesse colpirla in pieno viso, dato che nella sua camera da letto la luce filtrava dalla finestra e arrivava a mala pena a illuminarle le gambe.

Spalancò gli occhi, mettendosi a sedere di scatto.

Il gesto fulmineo le fece girare vorticosamente la testa, costringendola a sdraiarsi nuovamente su quel materasso sconosciuto.

Ancora con gli occhi aperti, osservò l’alto soffitto della stanza, decisamente in stile antico, e poi ancora l’enorme finestra dal vetro lavorato e tendaggio rosso porpora dal quale provenivano gli accecanti raggi solari.

Pian piano, nonostante avesse l’impressione di non aver mai messo piede lì, diversi ricordi si fecero strada nella sua mente, finché riuscì a ricostruire gli avvenimenti della notte precedente e a trovare una spiegazione alla sua forte emicrania.

Si era già ubriacata in passato, seppur pochissime volte, anche se mai per un motivo ben preciso. Nessuna situazione, nessun problema, nessuno ragazzo l’aveva mai portata a trovare consolazione nell’alcool prima di ieri e, nonostante non fosse certo una cosa di cui andar fieri, Elena si ritrovò a sorridere pensando che forse era perché non aveva mai amato nessuno nel modo e con l’intensità con cui amava Damon.

Ma lui, adesso, dov’era? 

Elena si rimise a sedere, cercando la sua figura nella stanza, con gli occhi ancora semichiusi, senza alcun risultato. Si voltò ad osservare il lato sinistro dell’enorme letto matrimoniale sul quale aveva dormito, trovandolo vuoto, perfettamente in ordine – come se nessuno ci avesse riposato – e freddo al tatto.

Forse per via della temperatura del lenzuolo o forse per l’aria leggermente gelida che filtrava dalla finestra aperta, Elena si ritrovò a rabbrividire e in seguito a domandarsi cosa poteva essere successo di così terribile da portare Damon a lasciarla lì da sola.

Riusciva a ricordare tutto della notte precedente, sia la scenata fatta ad Atlanta alla biondina dal nome strano, sia il modo in cui Damon si era preso cura di lei – e non resistette alla tentazione di soffermarsi a ripensare alle mani di lui che strofinavano il bagnoschiuma sul suo corpo nudo – sia quando lui, dopo averle rimboccato le coperte come una madre premurosa, le aveva sussurrato di amarla e lei gli aveva detto di amarlo a sua volta.

Che fosse quello il motivo per cui se n’era andato? Il panico cominciò a farsi strada in lei.

<< Sei sveglia >>.

Elena si voltò di scatto alla sua sinistra, nell’udire quell’inconfondibile voce profonda e seducente.

Vederlo lì, sulla soglia della porta della sua enorme camera da letto, con in mano un vassoio contenente – probabilmente – la sua colazione, la rincuorò dal profondo.

Lui le stava sorridendo, il sole gli illuminava il viso diafano e gli occhi cristallini. Aveva i capelli un po’ più spettinati del solito e indossava solamente un paio di pantaloni bianchi di lino, lasciando scoperta buona parte del suo meraviglioso corpo.

Elena dovette trattenersi dal mettersi a sbavare. Sembrava una visione, un dio disceso dall’Olimpo solo per poter stare con lei, e iniziò a chiedersi cosa potesse mai aver fatto per meritarsi tanto.

<< Già >>, riuscì a sussurrare, arrossendo imbarazzata.

<< Ti ho portato la colazione >>, e in un attimo le fu di fronte, appoggiando il vassoio sul grande comodino accanto al letto.

<< Grazie >>.

<< Come va la testa? >>

<< Pulsa un po’ ma… va bene. Credo >>.

Ma perché la situazione doveva essere così imbarazzante ora che entrambi si erano dichiarati? 

Rimasero per minuti interi a fissarsi negli occhi, nel silenzio più assoluto, leggendosi le anime a vicenda. Con uno sguardo di lui, lei aveva capito che era preoccupato non solo per la sua salute, ma anche perché aveva paura che non ricordasse ciò che si erano detti quella notte. Lo sguardo di lei, che venne in risposta, rassicurò lui del fatto che la gioia che provava in quel momento rasentava il suo mal di testa, e che ricordava la precedente notte nei particolari più minimi.

Fu lui a rompere per primo il silenzio.

<< Te la sentiresti di vestirti e scendere di sotto? C’è Stefan e vorrebbe parlare con noi di una questione importante >>.

Elena deglutì.

<< Sta tranquilla >>, continuò lui. << So tutto di ciò che vi siete detti ieri e di ciò che è successo realmente tra lui e Katherine. Non so di cosa voglia parlarci di preciso, ma credo che dovremmo ascoltarlo >>.

Elena annuì con la testa, scendendo giù dal letto. Si ritrovò a fissare i suoi indumenti, imbarazzata.

Vide Damon sorridere malizioso. << Ti dona molto >>, fece.

<< Se vuoi puoi anche scendere così, non creerai alcun problema a nessuno dei due. In fondo, ti abbiamo vista entrambi come mamma ti ha fatta >>, e prese a sghignazzare.

Elena afferrò il cuscino dal letto e glielo tirò contro, mancandolo a causa dei suoi riflessi di vampiro dannatamente pronti.

<< Piantala! >>, gli urlò scoppiando a ridere.

Poi improvvisamente lui interruppe le risate e le fu di fronte in un attimo, lasciandola senza fiato in gola.

E prima che il suo cuore riprendesse regolarmente a battere, le sue mani le afferrarono la nuca e le sue labbra furono sulle sue, in un bacio forte, passionale, con un ché di prepotente e possessivo.

Le ci volle poco per prendere consapevolezza di ciò che stava accadendo e anche la sua mano andò ad afferrargli i capelli sulla nuca, passandoci le dite in mezzo, poi solleticandogli l’orecchio col pollice. Dischiuse le labbra permettendogli di lasciar entrare la lingua, ansiosa almeno quanto la sua, di sentirne il sapore. La testa smise di farle male, ma in compenso le girò ancor di più. Damon, come se lo avesse capito, allungò l’altra mano a stringerle la vita, sorreggendola.

Finché, senza più aria nei polmoni e col battito cardiaco a mille, si costrinsero ad allontanarsi. Lui sorrise e le allungò i vestiti che aveva indosso il giorno precedente.

<< Vestiti. Ti aspetto giù >>.

 

Quando Elena scese di sotto, dieci minuti dopo, l’intera casa sembrava deserta e troppo silenziosa. Cercò i due fratelli in salone, poi in cucina e per tutto il lungo corridoio.

Stranita, si decise ad aprire il portone d’ingresso per dare un’occhiata fuori e in lontananza, al limitare del bosco che si apriva di fronte la pensione Salvatore, c’erano tre figure intente a guardare nella sua direzione.

Man mano che si avvicinava li riconobbe: a destra c’era il suo Damon, che prese a venirle incontro, afferrandole la mano e intrecciandone le dita con le sue; a sinistra, altre due figure stavano mano nella mano: Stefan e Katherine.

I loro sguardi erano sereni, completi, innamorati. Elena, seppur con una leggera nota di fastidio, dovette ammettere che sembravano fatti l’uno per l’altra anche solo a vederli.

Ma vedere Stefan con gli occhi così pieni di luce, fu sufficiente ad annullare ogni forma di fastidio provata e a rincuorare Elena. Lo amava ancora, anche se in modo diverso – forse più come si ama un fratello, e vederlo star bene faceva star bene anche lei.

Fu Stefan a parlare per primo.

<< Siamo venuti solo per informarvi che… Beh, noi andiamo via. >>

Si interruppe un attimo, giusto per osservare le reazioni del fratello e della sua ex fidanzata.

<< Abbiamo deciso di partire, lasciare Mystic Falls per un po’… Cambiare aria >>.

<< Che tradotto vuol dire che, approfittando del fatto che sono pazza di lui, vuol provare a convertirmi alla sua dieta a base di Bianconigli e piccoli Bambi >>, fece Katherine ironicamente, sfidando Stefan con lo sguardo.

Entrambi i fratelli sghignazzarono.

<< Ma volevo anche esser certo che sapeste che non ci allontaneremo troppo e che resteremo sempre e comunque nei confini della Virginia, ben attenti ad un possibile arrivo di Klaus. E quando questo avverrà, sappiate che saremo pronti a combattere insieme a voi. Non vi lasceremmo mai da soli >>, continuò Stefan.

Vi furono diversi sguardi d’intesa tra i quattro; poi arrivò il momento dei saluti.

Stefan e Damon si strinsero in un abbraccio fraterno – con grande stupore delle doppelgangers - augurandosi un “A presto”.

In seguito, furono Elena e Stefan ad abbracciarsi, un abbraccio breve ma profondo, sorridendosi quando si staccarono.

Damon e Katherine si limitarono ad una stretta di mano, entrambi troppo orgogliosi.

E lo stesso fu per Elena e Katherine.

I due fratelli vampiri si ritrovarono ad osservare due donne praticamente identiche ma al tempo stesso molto diverse, una di fronte all’altra, che si stringevano la mano e si sfidavano con lo sguardo.

<< In fondo non sei così male >>, ammise Katherine quasi con svogliatezza. << Hai la stoffa, il coraggio e la cocciutaggine dei Petrova >>, sorrise.

<< Grazie >>, fece Elena imitando perfettamente il sorriso malizioso di Katherine. << Mi dispiace solo di non poter dire lo stesso di te >>, concluse come veramente solo una Petrova avrebbe potuto fare.

Katherine alzò gli occhi al cielo, fingendo sarcasmo. Ma per un attimo, gli sguardi delle doppelgangers si intercettarono, in una sorta d'intesa, in cui Katherine si mostrava più che soddisfatta della risposta avuta.

Poi tornò a stringere la mano di Stefan.

<< Muoviamoci prima che la stagione di caccia si chiuda >>, fece sarcastica. Lui scosse la testa e le sorrise.

Poi, con la stessa rapidità con cui molto probabilmente erano comparsi, sparirono.

Elena e Damon rimasero per un po’ a fissare la direzione in cui erano scomparsi, ora completamente deserta. Finché lui non le offrì la mano e lei, senza pensarci neanche un attimo, la afferrò, stringendola con la sua.

E così presero a camminare, nell’atto di raggiungere nuovamente casa e continuare a vivere il loro sogno che era appena all’inizio, cercando, finché fosse stato loro possibile, di non preoccuparsi di nient’altro.

Adesso esistevano solo loro due, ma ben presto qualcos’altro sarebbe arrivato a sconvolgere Mystic Falls e le loro vite, Elena lo sapeva bene. Eppure, mentre camminava a fianco al suo destino, si rendeva conto che tutto ciò di cui aveva bisogno per sopravvivere le stava stringendo la mano.

 

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L'Angolo dell'Autrice

Proprio così. Siamo proprio arrivati alla fine. (Avaaaaaanti, cosa sono quelle facce lunghe? Fatemi un bel sorriso!)

Spero tanto che il finale della storia sia stato di vostro gradimento. So che molti avrebbero preferito leggere anche di una "effettiva" prima volta tra Damon e Elena (visto e considerato che, di quella precedente, Elena non ricorda nulla), ma io ho preferito terminarla così, lasciando a voi il compito d'immaginare come sarà il resto della loro vita insieme. :)

Ci tengo a ringraziare chi ha seguito la mia storia e chi l'ha inserita tra le preferite. Ma soprattutto coloro che le hanno dedicato qualche minuto in più del loro tempo per commentarla in una recensione e fornirmi preziosi consigli. Grazie.

Beh, la faccio breve, altrimenti sembra un vero addio e non lo è! E' solo un "arrivederci e alla prossima fan fiction" (beh, ovviamente per chi non segue "Fathers" la Delena con personaggi tutti umani che ho in corso o le mie One-Shot) ;)

Vi abbraccio forte,

Lisa

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