Persefone

di Unbreakable_Vow
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Primo capitolo ***
Capitolo 3: *** Secondo capitolo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Se la sto pubblicando davvero, vuol dire che sono diventata matta.
Immagino non sia un grande inizio, ma volevo sottolinearlo. E' una trama pazzoide che mi frulla in testa da mesi e mesi e che non vuole andarsene, perciò non ho avuto altra scelta se non buttarla giù.
La coppia è... è spoiler, ecco. Troverete tutto quanto scritto nella tabella qui sotto, ma voglio rafforzare il concetto: se ci tenete alla sorpresa, siate forti e non sbirciate ;) Vi posso soltanto dire che è la prima storia italiana scritta su questa coppia. Una bella responsabilità, insomma.
Ed è la mia prima long. Si gente, la prima. AAAAAHHHH, sono emozionata!
La storia, tenicamente, avrebbe dovuto partecipare al contest "la ruota della fortuna" indetto da TheGhostOfYOu sul forum di EFP, ma sfortunatamente non sono riuscita a concluderla in tempo :(
Per ora questo è solo un prologo, ma conto di pubblicare il primo capitolo entro massimo due settimane. Spero di trovarvi lì, allora ;)
Buona lettura!



Titolo: Persefone
Autore: Unbreakable_Vow
Personaggi: Vari OC + Famiglia Potter, Famiglia Weasley in toto, Famiglia Malfoy, Famiglia Ollivander (eh si) + tanti e tanti altri. Ecco, l'avvertimento un po' tutti credo faccia al caso nostro.
Pairing: Il principale è spoilerissimissimo! E dato che verrà rivelato fra un po' di tempo e che non si capirà subito, se non volete guastarvi la sorpresa non guardatelo per ora ;) io lo metto qui, in bianco, per chi volesse comunque leggerlo. *Albus Severus Potter/Cho Chang*. Altre coppie, fra accennate (anche a livello scherzoso) e secondarie, sono tutte quelle canon (anche quelle finite male o mai vissute) + Severus/Lily Luna, James/OC, Scorpius/Lily Luna. E basta, credo.
Ambientazione: Post DH
Frase-chiave: Albus Severus Potter ha 19 anni e un sogno chiuso dentro il terzo cassetto del mobile alto. Per realizzarlo dovrà arrivare fino in Grecia, luogo dove vive ormai da decenni Gareth Ollivander. Ed è lì che si ritroverà immischiato nella vita della soprannominata-Persefone, imprigionata negli Inferi del suo passato.
Genere: Introspettivo, Romantico, a tratti Comico e a tratti Malinconico.
Rating: per ora Verde, ma non escludo il Rosso in futuro.
Avvertimenti: Long-fic, What if?, AU (perché è ambientata in Grecia), Het, Slash, Femslash, Forte differenza d'età, OOC.
 

 

Prologo
ovvero, dove si presenta chi ha una storia da raccontare

 

 
"Fa la sua entrata in scena la voce narrante."
A quelle parole, tutte le conversazioni in atto cessarono e l'intera sala piombò nel silenzio. Nel mentre, una ragazza dai capelli rossicci sbucava da dietro una grossa tenda color vinaccia e si dirigeva al centro del piccolo palco improvvisato, una marcia lenta e visibilmente agitata.
Giunta accanto al microfono - apparecchio inutile, a voler essere onesti, date le dimensioni del luogo - la giovane volse lo sguardo verso il variegato pubblico che si stagliava di fronte a lei, la prima fila seduta a poco meno di un metro dal palco. Erano tutte persone che conosceva da sempre, che l'avevano vista crescere e lo avrebbero fatto ancora per tanto tempo. Ciononostante, non si poteva dire che non fosse nervosa.
"Gentile pubblico, dame e signori che siete venuti qui quest'oggi," cominciò con voce forte, indicando con la mano entrambi i lati della platea. "E' per me un grande onore e un immenso piacere introdurvi a quella che può essere considerata in tutto e per tutto una favola moderna, una storia piena d'amore e di magia, una sognante vicenda che tanto attira le gentili signore quanto incuriosisce i loro accompagnatori. Io, che son soltanto il mezzo attraverso il quale questo racconto si presenterà a voi, posso altresì assicurarvi che ciò che udirete non resteranno parole fini a se stesse, e che il tempo impiegato ad ascoltarmi non andrà sprecato."
Fece una pausa, raccogliendo mentalmente i concetti per proseguire il discorso. Ce n'era uno in particolare su cui doveva soffermarsi, e decise di analizzarlo per primo.
Fra sguardi incoraggianti e curiosi, proseguì. "Prima che gli intrecci e i personaggi vi portino via, lontano da qui, è necessario che io ponga alla vostra attenzione un fatto assai importante, e cioè che dovete predisporre il vostro cuore ad essere generoso e libero dal vincolo del pregiudizio. Fin troppo spesso in questo nostro nefasto mondo le cose belle vengon soffocate dalla vergogna e dall'accusa: disdicevole, oltraggioso, ecco ciò che si dice di loro! Ma qui, in questo nostro piccolo ritaglio di spazio, permettiamo alle nostre menti e alla nostra anima di accogliere ogni cosa che verrà come benvenuta. Pubblico, siate ricettivi nel cuore, e il vostro cuore vi ripagherà donandovi una gioia immensa."
Più di qualcuno sorrise apertamente, altri si limitatono a lanciare una risatina. Dal fondo della sala due paia d'occhi la guardarono attenti, ed era quelli che doveva maggiormente convincere.
Si schiarì la gola e si apprestò a terminare quella premessa. "Senza dilungarci oltre, adesso, lasciate che vi esponga per filo e per segno come andarono i fatti di questra strana e romantica unione. Lasciate che vi mostri terre lontane, abili artigiani, argute magie e la straordinaria bellezza della casualità del Destino. Lasciate che  porti con me i due protagonisti e ve li mostri in tutte le loro sfaccettature, e lasciate che gli altri personaggi vi seducano con le loro parole e la loro personalità. All'occorrenza, se non capirete, chiedere pure al vostro vicino qualche chiarimento: il caos di voci del palcoscenico difficilmente si fermerà un istante, così il vostro brusio non sarà per nulla udito. Perché questa storia è un coro di voci, dove nessuno penserà mai che dir la propria possa considerarsi un peccato."
Prese dal polso un piccolo laccio viola che usava come bracciale e legò i capelli in una coda alta. Qualche riccio sfuggì dalla sua presa e andò a sistemarsi sulla fronte, ma lei lo lasciò lì, sbuffando un piccolo sorriso.
Riportò lo sguardo sulla sala e il suo sorriso si fece ancora più ampio. E' il vostro momento, pensò.
E cominciò a raccontare.
"Tutto ebbe inizio un giorno di Settembre, in una terra ben lontana da quella che aveva dato i natali al mito di Persefone..."

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Capitolo 2
*** Primo capitolo ***


Fare ritardo sin dal primo capitolo è un ottimo biglietto da visita, vero? Perdonate la mia lentezza, gente, la puntualità non è mai stata il mio forte :(
Cooomunque, vi lascio a questo primo capitolo di per sé già bello corposo! Diamo solo un po' le basi della storia inquadrando la situazione, ancora niente che coinvolga la trama vera e propria. Giusto per orientarvi, ecco ;)
Grazie a chiunque segua ed apprezzi, silenziosamente e non! Rendete il mio ego un po' più grande e fate di me una persona felice <3
Buona lettura!
 


Primo capitolo
ovvero, sviluppo di un sogno

 

 
Ah, signor Potter, che bella sorpresa. Non pensavo che avrei smistato un altro Potter a così breve distanza dal precedente. Albus Severus, giusto? Bene, diamoci da fare.

...d'accordo.

Uhm, difficile. Non sei come tuo fratello James, lui è stato piuttosto semplice da smistare. Vediamo, in te c'è del coraggio, molto, ma fai più affidamento sulla logica che sul tuo istinto. Anche lealtà verso i tuoi principi, vedo, e di certo il lavoro duro non ti spaventa... potresti essere un Tassorosso? D'altra parte, però, l'intelligenza non ti manca, e vedo in te anche molta curiosità, due doti necessarie per un Corvonero.

Signor Cappello?

Si?

Perché non posso andare a Grifondoro?

Ah, Albus, vorresti andare nella stessa Casa di tuo padre, non è vero? Sei diverso da lui, però. Non posso accontentare la tua richiesta, mi dispiace.

Ma perché no? Papà ha detto che avrebbe tenuto conto della mia scelta!

Tuo padre non può stabilire su cosa io basi la mia decisione. Se anni fa gli permisi di scegliere questo non significa che tutti abbiano propensioni tali da poter finire in due o più Case come lui. Lo capisci, vero?

...si, lo capisco.

Bene, allora -

 Ma non voglio finire a Serpeverde!

Serpeverde? Non ho nemmeno nominato quella Casa per te, signor -

E' che ho tanta paura di finire lì signor Cappello, capisce? Serpeverde è una Casa malvagia, e io non sono malvagio. Io sono una brava persona. E' vero che sono furbo, ma non faccio mai del male a nessuno!

Si...

Ed è vero che sono ambizioso, ma non cattivo. Insomma, che c'è di male ad essere bravi? Mi piace quando qualcuno mi fa i complimenti se faccio bene una cosa, ecco.

Vedo...

E sono pure bravo a capire le persone perché mi piace osservarle. Mi piace... interpretarle. Ma questo non fa di me una persona brutta, vero? Insomma, è vero che ogni tanto cerco di capire di che umore è la mamma per vedere se chiederle o meno di poter fare qualcosa, però -

Signor Potter?

Si?

Hai sciolto ogni mio dubbio con queste parole.

Davvero?

Certo. E lascia che ti ribadisca un concetto: sei diverso da tuo padre. Lo vedo che cerchi in tutti i modi di assomigliargli, ma avete due caratteri ben distinti, e sono sicuro che la vita te ne darà prova.

Io... scusi, ma in quale Casa vuole mandarmi?

In quella giusta.

"SERPEVERDE!"

***

Il primo cassetto del mobile alto era stato il primo a venir svuotato. Conteneva foto, disegni, scarabocchi, dediche, pezzi di pergamena, tappi, piume, appunti, riflessioni, petali essiccati. Ricordi dei sette anni che aveva trascorso a Hogwarts, di avvenimenti che avevano costellato il più bel periodo della sua vita.
Il secondo aveva seguito poco tempo dopo la stessa trafila del primo. Questo conteneva calzini, sciarpette, piccoli asciugamani, guanti e baschi ai ferri: tutto cucito a mano, regali di nonna Molly. Le coperte erano ancora riposte dentro l'armadio, perché quelle avrebbero avuto bisogno di un bel po' di tempo per essere rimpicciolite.
Il terzo cassetto lo stava svuotando in quell'istante, e all'appello ne mancavano ancora altri due. Da un certo punto di vista, era quello il cassetto a cui era più legato. Conteneva i suoi tentativi di lavorazione del legno, i primi progetti di bacchette - aveva cominciato a disegnarli al secondo anno, la notte, nel chiuso delle sue coperte - e le formule che aveva collezionato nel tempo. Fascicoli su fascicoli di pergamene a proposito della lama migliore per intagliare, dei metodi ottimali per staccare i rami dalla pianta originaria senza comprometterne la crescita, appunti del professor Longbottom su come far germogliare al meglio un seme e dettati del ritratto del professor Snape sulle tecniche di preparazione delle tre Pozioni Forgianti. Per ultime, e non per importanza, le preziose parole che gli aveva riservato Ollivander nei due anni di apprendistato che aveva compiuto presso il suo negozio.
Sopra quel cassetto, due anni prima, Albus aveva inciso la parola Sogno. In realtà lo era diventato fin dal primo momento in cui, appena undicenne, aveva messo piede nel negozio di Ollivander e aveva visto gli infiniti scaffali pieni di confezioni rettangolari. La magia palpabile che c'era nell'aria gli aveva fatto desiderare di poter vivere lì dentro per sempre, di poter fabbricare bacchette fino a diventare vecchio e non avere più forza nelle mani. Ma l'Albus diciassettenne che aveva appena saputo di essere diventato il nuovo assistente di Ollivander e che si metteva inginocchiato sul pavimento intagliando con cura quella parola era diventato, prima che se ne accorgesse, un diciannovenne attorniato da valigie aperte sparse per tutta camera. Un diciannovenne pronto a lasciare i confini dell'Inghilterra per dirigersi verso uno dei paesi più affascinanti e incantevoli del Mediterraneo - così gli aveva detto zia Hermione, quando aveva raccontato a tutta la sua famiglia di quel progetto, in una delle loro famose "riunioni straordinarie".
Era avvenuta la sera stessa in cui lui e suo padre avevano discusso dell'idea di quel viaggio con Ollivander, circa un paio di mesi prima. Quel giorno - che per Albus era iniziato come uno dei tanti, perché, davvero, non si sarebbe mai aspettato niente di simile - Ollivander aveva chiesto ad Albus di invitare suo padre al negozio, perché avrebbe voluto discutere con lui riguardo una questione molto urgente. Così Albus, un po' allarmato, aveva usato il camino del negozio per contattare l'ufficio Auror del Ministero e chiedere a suo padre di presentarsi lì subito dopo pranzo, e questi era accorso con una smorfia perplessa sul volto. Ollivander, non girando troppo attorno alla questione, aveva detto a suo padre che lui era uno degli apprendisti più talentuosi che gli fosse mai capitato di avere, che avrebbe voluto lasciargli il negozio da lì a qualche anno ma che riteneva opportuno fargli compiere, prima, una specie di apprendistato da suo fratello minore, Gareth Ollivander, che viveva in una piccola isola della Grecia.
Albus era rimasto senza parole, non solo per il fatto che Ollivander si fosse espresso nei suoi confronti usando parole davvero lusinghiere - non che pensasse di non meritarsele, ma i complimenti con Ollivander non erano proprio all'ordine del giorno - ma anche per aver detto a suo padre di avere l'intenzione di lasciargli la gestione del negozio. Sapeva che Ollivander aveva una buona considerazione di lui, negli ultimi due anni aveva avuto modo di rendersene conto, solo... era stato inaspettato.
Allo stesso modo di Albus, anche suo padre era rimasto piuttosto sorpreso da quella proposta. Aveva cominciato a porre una serie di domande che suonavano fin troppo simili ad un interrogatorio - deformazione professionale, aveva pensato Albus un po' stizzito - informandosi sopratutto su questo presunto fratello minore. Non ne aveva mai sentito parlare, diceva, e d'altronde, però, quando ne avrebbe avuto l'occasione? Non aveva mai avuto modo di conoscere così intimamente Garrick Ollivander, e fino ad allora non si era mai posto nemmeno un interrogativo sulla sua vita privata. Ma domandando era venuto a sapere che non solo Ollivander aveva avuto una moglie e un figlio - purtroppo deceduti entrambi - ma che il fratello era partito per la Grecia pochi anni dopo aver concluso i suoi studi a Hogwarts con l'intenzione di ritrovare le loro origini ("Ollivander è un cognome di quelle regioni, signor Potter") e poter studiare meglio lo stile di vita Babbano, così da migliorare i suoi studi sulla produzione delle bacchette. Entrambi i fratelli, infatti, avevano assistito loro padre durante il lavoro in bottega, ed entrambi avevano acquisito la sua passione nel forgiare bacchette, ma avevano scelto due modi completamente differenti di approcciarvisi. Mentre il primo aveva studiato empiricamente la potenza delle varie combinazioni di legno e materiali e aveva operato una scelta estremamente precisa su quale piante e nuclei interni fosse meglio utilizzare, il secondo aveva approfittato di quel viaggio verso la scoperta delle loro origini per conoscere quante più combinazioni possibili e soffermarsi sul perché una scelta fosse meglio di un'altra a livello più strettamente teorico. Si erano scritti e visti spesso, e avevano confrontato continuamente i loro studi, cosicché Ollivander asseriva di essere perfettamente sicuro che un periodo come allievo di suo fratello avrebbe giovato alla competenza di Albus e lo avrebbe fatto diventare un perfetto "erede" del negozio di bacchette più famoso di tutto il Regno Unito.
Mentre Harry si era limitato ad annuire durante la spiegazione dei due diversi modi di approcciarsi allo studio, cogliendo poco di quel discorso, Albus aveva visto nitidamente la meraviglia che celavano quelle poche frasi. Gli studi di questo Gareth sembravano molto interessanti ed approfonditi, qualcosa che la sua voglia di sapere non avrebbe potuto ignorare. Così aveva convinto il padre, seppur ancora dubbioso, ad acconsentire all'idea che lui, due mesi dopo quell'incontro, partisse alla volta di quello strano apprendistato a molte miglia di distanza da casa.
Ed era proprio mentre ripensava a quell'incontro e alle conoscenze che avrebbe potuto acquisire da Gareth Ollivander, mentre sistemata la quarta valigia stando ben attento ad impacchettare gli oggetti più fragili in strati e strati di Incantesimi di Protezione, che il rumore di un paio di colpi sulla porta lo distrasse. Si voltò verso l'uscio della sua camera e, neanche troppo sorpreso, vide che si trattava di sua madre.
Madre che, in realtà, non era stata troppo contenta di quel viaggio. Albus lo sapeva, aveva ascoltato tutte le sue paure ed i suoi dubbi manifestati durante la "riunione", ma sapeva anche che non avrebbe mai tentato di fermarlo. Era una lottatrice, lei, che capiva quanto fossero importanti le ambizioni, e anche se non glielo diceva molto spesso, Albus era estremamente orgoglioso di lei. E si sentì anche un po' più sollevato quando lei gli chiese "Hai bisogno di una mano, tesoro?"
Albus si limitò ad annuire, sorridendole, prima di aggiungere "Non mi manca molto, comunque. Devo solo svuotare gli ultimi due cassetti e occuparmi delle coperte. Mi sa che devo rimpicciolirle, quelle."
"Vuoi che ci pensi io?"
"Non serve, tranquilla."
Ma la madre, come non l'avesse sentito, superò zig-zagando le tre valigie sparse per il pavimento e si mise a sedere vicino a lui, aprendo le ante dell'armadio e tirando fuori tutte le coperte e le lenzuola, la bacchetta alla mano e un sorriso sul volto.
Rimasero così un po' di tempo, in silenzio, ognuno affaccendato nel sistemare la roba. Ogni tanto i loro sguardi si incrociavano e i due si sorridevano complici, e Albus sentiva che quello era il modo in cui la madre voleva comunicargli che aveva approvato del tutto la sua scelta. In casa non c'erano altri rumori se non quelli che producevano loro spostando gli oggetti - Lily era da Scorpius, James da Elijah e suo padre al Ministero - il che rendeva il tutto ancora più intimo e cameratesco.
Poi sua madre parlò. "Ero abituata ad averti in casa, ormai," ed il tono era piuttosto sommesso. "Non averti più qui... mi mancherai."
Non era tipico della madre fare ammissioni simili. Non aveva preso per nulla da sua madre: la nonna era affettuosa ed espansiva, a volte fino ad essere soffocante, mentre lei non manifestava così apertamente i suoi sentimenti, almeno non a parole. Era la donna che quando lo aveva scoperto a piangere sul letto - sedici anni sulle spalle, litigata furiosa con Scorpius e una sorella fin troppo impicciona - lo aveva abbracciato e consolato ma senza dire una parola, e da quel che ricordava Albus era sempre stata così: poche parole e molti gesti. Per questo quella frase, così candidamente sincera, lo stupì un poco.
"Mi... mi mancherai anche tu, mamma. Mi mancherete tutti." E mentre la madre poggiava la mano sulla sua spalla, Albus sentiva di dover continuare. "Ma alla fine sto seguendo il mio sogno, lo vedi?" ed indicò l'incisione sul terzo cassetto. "E comunque non me ne sto andando per sempre."
"Lo so," disse lei con un bel sorriso pieno, prima di arruffargli affettuosamente i capelli.
Proprio il quel momento, uno scoppio al piano di sotto annunciò l'arrivo di qualcuno via Smaterializzazione, mentre i successivi passi frettolosi su per le scale e lungo il corridoio chiarirono chi ne fosse il proprietario.
"Al, ma ancora così stai? Muoviti! Dobbiamo - ah, ciao mamma - dobbiamo andare da Scorpius! Fai veloce, che io nel frattempo faccio una doccia. Capito? Veloce, mi raccomando, non come tuo solito!"
Prima ancora di avergli dato la possibilità di rispondere, Lily - che era sbucata davanti l'uscio della porta solo col viso - corse via da lì dirigendosi verso la fine del corridoio, dove si trovava il bagno.
Albus emise un piccolo sbuffo seccato, ma prima che lui e sua madre potessero guardarsi in faccia sconsolati e ricominciare il lavoro, una voce giunse da lontano: "SBRIGATI!"
Fu il turno della madre di sbuffare.

***

Mezz'ora dopo, lui e Lily si stavano dirigendo via camino verso il Malfoy Manor. Lily aveva continuato a gridargli dalla sua camera (rischiando seriamente di venire  schiantata un paio di volte da loro madre) che doveva fare in fretta, ed era finita con un Albus costretto a lasciare ancora mezza valigia da preparare perché Lily aveva usato tutto il suo talento di Grifondoro petulante ed ossessiva.
Ad Albus, mentre si dirigevano verso il camino, venne in mente una cosa. "Ma James?" chiese, mentre Lily prendeva dal vaso di terracotta un po' di Polvere Volante.
"E' ancora da Elijah, ha detto che non ci raggiunge," gli rispose la sorella lanciando la Polvere dentro il camino e pronunciando il nome di casa di Scorpius.
Quando arrivarono nel salotto del Manor trovarono la signora Malfoy seduta sul divano, intenta a leggere un libro. Salutò Albus con affetto e un bacio su entrambe le guance e rivolse a Lily un "Bentornata!" che sembrava ironico ma piuttosto divertito.
Lily si limitò a ridere di gusto ed annunciò ai due che sarebbe andata a chiamare Scorpius in camera sua, salendo poi le ampie scale che portavano dal pianterreno, dove si trovava il salotto, al primo piano dove c'erano le camere da letto. Fai come se fossi a casa tua, eh, pensò Albus divertito.
"Severus," sentì una profonda voce maschile chiamarlo dal fondo del corridoio, prima che l'uomo che aveva pronunciato il suo secondo nome sopraggiungesse nella sala; quando questi arrivò, gli rivolse un piccolo sorriso orgoglioso.
"Signor Malfoy," rispose Albus, rivolgendogli a sua volta un sorriso mentre si stringevano la mano.
Albus sapeva che, fino a qualche anno prima, il padre di Scorpius non sarebbe mai venuto a salutarlo di sua spontanea volontà. Durante i primi periodi in cui era nata la sua amicizia con Scorpius - a conti fatti da subito dopo lo Smistamento, quando si erano consolati a vicenda per la Casa in cui erano finiti contro la loro volontà - il signor Malfoy lo aveva guardato a malapena, salutandolo in modo sgarbato ogniqualvolta lui e suo padre erano andati al Manor per portare qualche giorno via Scorpius. Albus, a causa di quegli episodi, aveva chiesto al padre se conoscesse il motivo di tanta ostilità, e così aveva saputo che questa derivava da vecchi dissapori che i due avevano avuto durante il periodo scolastico e che la guerra aveva soltanto aggravato le cose. Ma Albus sapeva - lo capiva, dato che era anche lui un Serpeverde - che dietro quei modi bruschi il padre di Scorpius nascondeva un orgoglio ferito. Probabilmente, aveva riflettuto spesse volte, il signor Malfoy non era riuscito a farsi andare giù l'idea che suo padre lo avesse salvato diverse volte, e si chiudeva così tanto a riccio come a proteggere la sua dignità. Era una ragionamento piuttosto infantile, ma all'epoca in cui ci era arrivato Albus aveva dovuto ammettere che non fosse poi così incomprensibile.
Ma poi era arrivata Lily a stravolgere completamente la situazione. Lily che si era fidanzata con Scorpius e imposta con la forza a suo padre, da Grifondoro tenace, aiutata dalla moglie e dal figlio. Cosa esattamente lei e il padre di Scorpius si fossero detti quel fatidico giorno di fine Maggio non lo sapeva neanche Scorpius stesso: stava di fatto che, la volta successiva in cui lui e Lily si erano diretti al Manor, il signor Malfoy aveva cominciato a trattarlo in maniera più educata. Col tempo, poi, i modi erano passati da "educati" ad "affabili", fino a quando il signor Malfoy non aveva sancito una sorta di affetto nei suoi confronti chiamandolo col suo secondo nome, Severus. Nome che rappresentava molto per lui, gli aveva detto Scorpius, e che stava a simboleggiare quanto ormai lo avesse accettato e lo ritenesse uno di famiglia.
"Dunque," iniziò l'uomo, "ho saputo da Lily che parti domani."
"Si," rispose lui annuendo, "il volo è fissato per le nove. Dovrei arrivare a Santorini nel giro di qualche ora, e da lì dirigermi verso Therasia con un traghetto."
"Povero caro, costretto a muoverti con tutti quegli scomodi mezzi Babbani," aveva commentato la signora Malfoy, con in viso un'espressione davvero triste. "Alla fine l'ha avuta vinta lui, allora?"
Era stata di Gareth Ollivander la condizione: nessun supporto magico né per arrivare sull'isola né una volta arrivato - ad eccezione di un piccolo camino magico che gli permettesse di comunicare coi suoi parenti. L'uomo viveva da diversi anni in mezzo ai Babbani e sosteneva che anche Albus, se avesse voluto diventare un bravo fabbricante, avrebbe dovuto imparare a vivere e ad arrangiarsi come uno di loro. Così aveva sperimentato per la prima volta cosa volesse dire organizzare un viaggio internazionale - verificare che la carta d'identità fosse valida per l'espatrio, convertire i galeoni in sterline e le sterline in euro (che era la valuta greca), e prenotare un volo d'aereo (mezzo che non aveva mai usato) usando uno strumento chiamato computer (che aveva utilizzato solo pochissime volte e di cui conosceva a malapena le basi). L'unica magia che gli era stato concesso compiere - "perché i Babbani hanno qualcosa di simile, solo per questo" - era il Transfertor, l'incantesimo utilizzato per parlare altre lingue diverse dalla propria. Gareth, nella lunga lettera in cui aveva comunicato ad Albus tutte queste condizioni, aveva però stabilito che avrebbe potuto usarlo solo fino a quando non fosse riuscito a parlare bene la loro lingua, e che avrebbe verificato personalmente i suoi miglioramenti.
Se all'inizio tutte quelle condizioni gli avevano provocato un po' di stizza, programmando il viaggio aveva provato una forte empatia nei confronti dei poveri Babbani e compreso dove forse il fratello minore di Ollivander volesse andare a parare. Probabilmente voleva farglieli sentire più vicini, renderlo un po' più simile a loro, affinché potesse interagirci senza troppi problemi una volta arrivato sull'isola. Forse farlo anche un po' abituare così da evitare rischi di rivelarsi involontariamente, chi poteva saperlo? Ma compresa l'idea che forse fosse quella l'ottica del suo ragionamento, aveva accettato più di buon grado tutti quei sacrifici.
E con quell'idea rispose alla madre di Scorpius. "Credo lo faccia per me, per farmi capire cosa provano i Babbani," affermò deciso. "E' un convinto sostenitore del loro modo di vivere."
"Già," sbuffò il padre di Scorpius. "Altrimenti non vivrebbe su quell'isolotto dove ci saranno a malapena un centinaio di persone."
Albus rise di quel commento e proprio in quell'istante Scorpius entrò nel salone seguito a ruota da Lily. "Di cosa si ride?" chiese divertito.
"Delle abitudini del nuovo maestro di Albus," rispose la signor Malfoy, congedandosi poi con il marito per dare l'opportunità ai tre di rimanere da soli. Albus salutò entrambi i genitori di Scorpius promettendo loro di scrivere il più spesso possibile, e infine la signora Malfoy lo abbracciò stretta, esattamente come avrebbe fatto una zia che vedeva il nipote partire. Albus non poté non sentirsi felice a quel pensiero.
Rimasti soli, fu il turno di Scorpius di abbracciarlo forte e sorridere in modo bonario, invitando poi lui e Lily a dirigersi verso il giardino e stare un po' all'aria aperta. Albus sbuffò sconsolato quando vide sua sorella avanzare per i corridoi della villa con un cipiglio fiero, come una perfetta padrona di casa che guida tranquillamente i suoi ospiti.
Albus sapeva che la persona che gli sarebbe mancata più di tutte, una volta partito, sarebbe stata proprio Scorpius. Mentre camminavano verso il giardino, si ritrovò a pensare agli anni che avevano vissuto a Hogwarts, praticamente in simbiosi, e ai due anni successivi, di apprendista per lui e di Studio di Pozioni Avanzato* per Scorpius. In quell'ultimo periodo avevano cercato di vedersi ad ogni buona occasione - il che significava quando Albus veniva liberato dalla bottega di Ollivander e Scorpius dallo studio e dalle grinfie di Lily - e l'iniziale ed immotivata paura che aveva avuto di perderlo una volta finita la scuola si era dissolta subito. Non era raro, poi, che a quegli incontri si unissero anche James e Lily, cosa che anche a Hogwarts era accaduta piuttosto spesso, nonostante i quattro fossero stati smistati in due Case diverse.
"Quanto potete restare?" gli chiese Scorpius spezzando il filo dei suoi ricordi, una volta che i tre furono arrivati in giardino, sotto un sole che ancora brillava alto nel cielo.
"Fino a cena," rispose Albus lanciando un'occhiata alla sorella. "Questa qui ha ben pensato di mettermi fretta per venire, così non ho ancora completato le valigie."
"A parte che questa qui è tua sorella," rispose Lily stizzita da quell'appellativo. "Comunque se tu sei lento io non posso farci nulla!"
"Calma, Lily!" si intromise Scorpius, facendo una piccola risata. "Albus se ne parte domani, non ti va di essere un po' più gentile con lui?"
"Con questo qui?" rispose Lily a tono, facendo uno sbuffo altezzoso. Poi si rivolse direttamente ad Albus, e il viso non poteva essere più beffardo. "Dimmi, fratellino, non ti aspetterai che ti dichiari il mio imperituro amore ora che stai partendo, vero?"
Imperituro amore? No, a quella provocazione non poteva resistere, doveva farlo. Tanto il giorno dopo se ne sarebbe andato, quindi cosa gli importava?
"No, sorellina, non preoccuparti," cominciò lui con lo stesso tono, gettando un'occhiata maliziosa a Scorpius, che lo guardò interrogativo. "La dichiarazione di imperituro amore che hai fatto al secondo anno al ritratto di Severus Snape mi è bastata per tutta la vita."
Lily spalancò gli occhi di colpo, imbarazzandosi vistosamente. Scorpius, guardandolo scioccato, si portò una mano alla bocca per non scoppiare a ridere.
"ALBUS!" strillò, con il viso completamente arrossato. "Come Merlino hai -"
"Ero proprio lì quando ti sei confessata, sorellina. Che bella scena! Scorpius, ti ricordi che te l'ho raccontato? Com'è che aveva detto?"
Scorpius stava facendo di tutto per non lasciarsi andare alle risate, mentre Lily guardava alternativamente lui ed il suo ragazzo con la bocca spalancata. Ma Albus stava godendo troppo della situazione per non continuare ad affondare il coltello nella piaga, così continuò a prendersi gioco di lei.
"Ah si, adesso ricordo. Caro preside Snape, sappia che per me lei sarà sempre -" iniziò a recitare in falsetto.
"SMETTILA!"
"- e io lo so che amava mia nonna -"
"BASTA!"
"- ma se potessi tirarla fuori da quel dipinto -"
Ma prima che Albus riuscisse a continuare Lily lo buttò sull'erba e si scaraventò su di lui, imprecando contro tutta la loro stirpe e cercando di soffocarlo con le mani. Lui, dal canto suo, non riusciva a smettere di ridere.
Scorpius, che tanto dal ridere stava quasi perdendo l'equilibrio, riuscì a tirar via da sopra il suo corpo Lily, che stava continuando a gettare schiaffi alla rinfusa, visibilmente imbarazzata e sicuramente furiosa.
"Che ti possa fondere un calderone sulle palle, Albus!" stava continuando Lily a denti stretti, mentre Albus e Scorpius sghignazzavano impunemente. "In tutti questi anni non mi hai mai detto niente!"
"Aspettavo l'occasione migliore, e quale meglio di questa?"
"Serpe!"
"Io al posto di Al lo prenderei come un complimento," le rispose da dietro le spalle Scorpius, per poi abbracciarla e posarle un bacio sul collo. "Dai, Lily, ormai è passato così tanto tempo."
Ancora una volta Albus si stupì di vedere come Scorpius sembrasse avere un effetto fin troppo calmante su sua sorella. Era sempre stato così fin da quando si erano messi insieme, ma per quante volte avesse visto questa scena ripetersi, non poteva fare a meno di rimanerne sorpreso. Vide sua sorella lanciargli un'occhiataccia e poi avvolgere le sue braccia intorno a quelle di Scorpius, limitandosi ad un borbottato "Tanto per uno come lui non ne vale la pena."
Albus si limitò a fargli il verso, ma prima che la situazione potesse degenerare un'altra volta - davvero, quanto gli sarebbero mancate quelle scene? - Scorpius fermò entrambi. "Al, vi rimane il tempo di fare un'ultima presa al boccino prima che te ne vai, ti va? Ora? Arbitro io."
Albus sbatté le palpebre per quell'improvviso cambio di argomento, ma capì immediatamente perché Scorpius avesse scelto proprio la partita al boccino. Certo, per Lily: niente la divertiva di più, da Cercatrice, di una partita a presa al boccino. E dire che in campo fosse sanguinaria era dire poco.
Le sta dando la possibilità di vendicarsi. Che razza di traditore.Chi è che mia sorella chiama "Serpe"?
Albus guardò Scorpius con malcelata perfidia mentre Lily sussurrava all'orecchio di Scorpius "Non credere di rabbonirmi così!" e questi vedeva i suoi sogni svanire in un vortice di fumo.
"E guarda che il discorso vale anche per te!" continuò lei prima di andare a prendere scope e boccino in camera di Scorpius - Mia sorella è proprio senza ritegno. Albus approfittò dell'assenza della sorella per tirare un pugno sulla spalla di Scorpius e borbottare che quella gliel'avrebbe pagata, prima che questi gli sorridesse dicendo "Lo sai che tanto ti faccio vincere!"
Rimasero zitti per qualche secondo, prima che Albus decidesse di dirglielo. "Ho un po' di timore," confessò sottovoce. Gliene aveva già parlato nei giorni precedenti - quando fortunatamente Lily aveva deciso di lasciarli un po' in pace - ma adesso quella sensazione era tornata a farsi più vivida che mai.
"Sei un talento con le bacchette, quindi non farti paranoie," fu tutto ciò che Scorpius rispose, prima di poggiargli un braccio sulle spalle e sorridergli incoraggiante. Albus gli sorrise a sua volta e ricambiò la stretta, pensando che in fondo l'amico aveva ragione. Questa sua ambivalenza - sapere di essere molto bravo e nel frattempo avere una fottuta paura di fallire - a volte gli risultava inspiegabile.
Quando Lily tornò, gli porse con evidente voglia di vendetta una scopa - Scorpius ne aveva avute sempre un bel po' in casa - e, al fischio di Scorpius, lanciò il boccino in aria, Albus non riuscì a non farne un paragone con se stesso. Anche lui, come quel boccino, stava salendo finalmente in alto, cercando di raggiungere la cima. Ci sarebbe riuscito, si disse fra sé, avrebbe preso in mano le redini di quel sogno e lo avrebbe tramutato in realtà. Lo voleva e, in barba a tutte le sue insicurezze, lo avrebbe ottenuto.
Con rinnovata sicurezza, si gettò all'inseguimento di quel bagliore dorato.






*una sorta di università per pozionisti inventata di sana pianta dalla sottoscritta. Se ne parlerà meglio dopo

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Capitolo 3
*** Secondo capitolo ***


...no, lo so, se mi scuso non sarò credibile.
Non odiatemi troppo per il ritardo, ecco. E' che gestire una long si sta rivelando più complicato del previsto!
Se mi seguite ancora, vuol dire che siete dei tesori e che meritate tutto il mio amore!
Ah, e se alla fine di questo capitolo sarete pieni di "wtf?" non preoccupatevi, è normale. Cercherò di spiegare tutto a tempo debito XD (sperando che non sia troppo lontano questo "tempo debito"...
E dimenticavo: la descrizione di Santorini non è precisamente identica alla realtà, ma piuttosto simile.
Buona lettura!





Secondo capitolo
ovvero, definizione dei contorni


 

"Dove sei? - James e Lily."
"Due teste e non ne fate una intera, voi due. Dove volete che sia a quest'ora? Sull'aereo, no?"
"E che ci fai col telefonino acceso sull'aereo, stupido? - Lily."
"Perché non dovrei tenerlo acceso? Cosa me lo avete regalato a fare, per tenerlo spento?"
"Albus, tenere il cellulare acceso sull'aereo può essere pericoloso! Non ti ricordi che ieri Elijah ha detto che rischia di farlo cadere? Spegnilo subito! - James. Se muori mi prendo la tua camera - Lily".
Albus spense il cellulare l'istante successivo, guardando impaurito l'affare rettangolare che Lily, James e il suo fidanzato gli avevano regalato la sera precedente. D'improvviso quell'aggeggio, che gli era sembrato tanto innocuo e comodo all'inizio, divenne un'invenzione creata da Voldemort in persona.
Davvero quell'insieme di funzioni di cui aveva compreso a malapena qualcosa poteva far crollare unaereo?
Cercò di non pensare, per tutto il resto del viaggio, all'avere un oggetto così potenzialmente devastante nella tasca dei pantaloni.

***

 La trafila per ritirare le valigie una volta arrivato all'aeroporto di Santorini si rivelò più complicata del previsto. Ne aveva avuto già un assaggio all'aeroporto di Londra - seriamente, chi diavolo aveva costruito quel labirinto? Perché i Babbani si complicavano la vita in quel modo? - ma l'esperienza a Santorini fu decisamente peggiore della precedente. Ne avevano smarrito uno, per Merlino! Come si faceva a smarrire un bagaglio? Attivato di fretta e furia il Transfertor, cercò di capire cosa la signorina addetta al box informazioni stesse cercando di spiegargli - qualcosa che aveva a che fare con un disguido di compagnie, di cui Albus non capì francamente nulla - e alla fine si arrese a lasciare l'indirizzo di casa del signor Ollivander, venendo rassicurato dalla donna che la compagnia aerea avrebbe provveduto a farglielo arrivare a casa senza alcun costo aggiuntivo nel più breve tempo possibile.
Dopo aver comprato un panino e speso una buona mezz'ora al telefono con i suoi genitori - "Sono partito quattro ore fa papà, come vuoi che stia?" - e con soltanto due delle tre valigie - hanno perso proprio quella dove c'erano tutte le bacchette che avevo fabbricato, splendido - Albus uscì fuori dall'aeroporto e... si ritrovò all'improvviso incapace di pensare.
Certo, aveva visto già lo scenario dal finestrino dell'aereo, e, quand'era sceso in pista d'atterraggio per raggiungere il Terminal, aveva sentito sulla pelle il clima caldo e piacevole del luogo, ma... avere di fronte agli occhi una vista simile, una meraviglia del genere, era più di quanto avesse mai potuto immaginare. Pochissimi posti potevano essere comparati a questo, che era in tutto e per tutto un paradiso.
L'aeroporto si trovava nel punto più alto di tutta l'isola di Santorini: appena fuori dalle sue porte, una strada asfaltata proseguiva per un tratto pianeggiante prima di scendere e seguire le tortuose conformazioni dell'isola. Isola che da quell'altezza si vedeva per intero, con tutte le sue case bianche illuminate dalla luce del sole e l'acqua del mare che risplendeva di un blu magnifico, così vivo da non poter fare a meno di volercisi tuffare e rimanerci dentro per sempre.
I radi spargimenti di verde, la costa disomogenea che a volte scendeva a strapiombo ed altre arrivava a livellarsi dolcemente a livello del mare, e quell'aria così piacevolmente calda non permisero ad Albus di fare altro che non fosse ammirare quel paesaggio come un primino che, dalla barca, vede per la prima volta Hogwarts in lontananza. Solo che quello che stava vedendo in quell'istante non era stato creato dalla magia - anche se non sapeva neanche dire chi esattamente lo avesse fatto, ma quella era una domanda che si chiedevano sempre un po' tutti, maghi o Babbani che fossero.
Anche i profumi contribuivano a rendere il tutto decisamente incantevole. Albus riusciva a riconoscere chiaramente l'odore forte delle varie vegetazioni mediterranee fin da quel punto dell'isola - e il suo occhio esperto non poteva fare a meno di notare i vari tipi di alberi da "bacchetta" anche da quella distanza. L'ulivo in piena fioritura, anche se forse l'odore era l'ultimo che si riuscisse a percepire; il pino e la quercia spinosa che crescevano selvaggi sulle cosce. E poi le piante dell'edera, seguita dal mirto e dalla ginestra - e cos'erano quelle, piante del fico? - e l'albero di Giuda che ricopriva gran parte dei bordi delle strade... profumi e forme che aggiungevano vivacità ad un quadro già variopinto.
Albus non si rese conto quanto tempo fosse rimasto fermo, a cercare di riavviare la mente - era tutto troppo nuovo, troppo diverso dai paesaggi inglesi che aveva sempre avuto modo di vedere, troppo meraviglioso; ciò che gli fu chiaro è che, a farlo uscire da quello stato, fu il suono di quel maledetto aggeggio che aveva riacceso una volta arrivato a terra - dopo mille rassicurazioni da parte della hostess di volo che non sarebbe successo nulla.
Ed esattamente come durante il volo, il suono era quello di un messaggio.
"Albus, siamo Rose e Hugo. Stiamo usando il cellulare di James. Come procede il viaggio? Sei arrivato?"
Ma quanto siete cari, parenti miei... magari un po' troppo...
 Si ripromise stavolta di rispondere ai cugini solo una volta essersi sistemato, esattamente come avrebbe voluto fare poco prima anche coi suoi genitori. Così, guardandosi intorno, notò un taxi appena all'inizio della strada e lo prese per farsi accompagnare fino al porto, a prendere il traghetto che lo avrebbe portato a Therasia. Solo dopo aver posato le valigie e aver dato tutte le indicazioni, prese il cellulare e rispose.
"Scusate il ritardo, avevo un po' da fare prima. Sono appena uscito dall'aeroporto e ho preso il taxi - che non costa nemmeno tanto, in confronto a Londra sono dei ladri. Voi come state?"
"Tutto bene, Al. Siamo alla Tana e abbiamo finito da poco di pranzare. E' strano non averti a tavola, sai?"
"E' strano anche per me... salutatemi tanto tutti, specialmente i nonni."
Sentì il beeep che segnalava un altro messaggio ma decise di lasciar perdere: onestamente, in quel momento, tutto ciò che voleva fare era continuare a guardarsi attorno e lasciare che si riempisse gli occhi con la vista di quel posto incantevole. Sembrava assurdo che fosse solo inizio giugno e che già si respirasse un'aria del tutto estiva... chissà se la gente del luogo ci era abituata. Ovviamente, ragionò, osservando il vestiario decisamente leggero delle persone che incrociavano con la macchina. Chi l'avrebbe mai detto che facesse già così caldo? Contò mentalmente le maglie a maniche corte che aveva portato con sé, e dedusse che avrebbe dovuto comprarne delle altre al più presto - oltre che una manciata di pantaloncini. E forse era anche il caso di tagliarsi i capelli.
Già, ma dove avrebbe potuto fare tutto questo? Quel posto sembrava non avere neanche l'ombra di un negozio che si potesse definire tale. In mezzo a tutte quelle abitazioni bianche - non riusciva a smettere di pensare a quanto meraviglioso fosse la luce che il sole donava a quel materiale - aveva adocchiato solo qualche ristorante e l'insegna di un albergo, nient'altro. Dov'è che la gente comprava i beni di prima necessità? E si tagliava i capelli?
"Mi scusi," si rivolse quindi curioso al tassista, "ma qui non ci sono negozi?"
"Certo che ci sono," rispose questi con un sorriso, e Albus ragionò che probabilmente molti turisti dovevano avergli fatto una domanda simile. "Ma qui siamo nel lato più...pittoresco dell'isola, per così dire. Qui è dove vive la gente del luogo. L'altro versante è quello più moderno, dove sono collocati anche tutti gli alberghi."
Dalle informazioni che si era ricavato su Santorini - con l'indispensabile aiuto di zia Hermione, che si era dimostrata ben più che felice di dargli una mano - Albus aveva scoperto che Santorini era una rinomata meta turistica. Vedendola, adesso, non faticava a capire il motivo: chi non avrebbe voluto trovarsi in un luogo così caldo e con il mare - il mare, Merlino! Il mare! - a distanza così ravvicinata? Suppose, quindi, che quella divisione avesse in qualche modo senso. Così poteva coesistere la sana vita dell'isola e il turismo che ogni estate popolava Santorini.
"E il porto si trova quindi nella parte più antica dell'isola?"
"E' più corretto dire che si trova al centro, ma dall'aeroporto la via più breve per arrivarci è passando di qui. In ogni caso sono presenti attracchi per piccole navi un po' in tutta l'isola, così è più facile per chi abita qui spostarsi nel resto delle Cicladi. E' in una di queste che si sta dirigendo?"
"Non proprio... sto andando a Therasia. La conosce?"
"Oh, Thire? Certo che la conosco! Una bella isoletta, anche se non molto abitata. Ha qualche parente? Lo chiedo perché di solito i turisti non si avventurano lì..."
"Sì, ci abita mio nonno" -  anche se probabilmente avrà il doppio degli anni del mio vero nonno... - "sto andando a trascorrere da lui le vacanze. E mi dica, come sono le altre isole delle Cicladi?"
Un po' conversando e un po' continuando ad ammirare il paesaggio circostante, passò mezz'ora prima che il taxi raggiungesse il piccolo porto di Santorini. Albus non riuscì a mantenere un fremito alla vista del mare a così breve distanza da lui, e ragionò che, appena possibile, avrebbe dovuto approfittarne e tuffarsi in quella distesa d'acqua. Non è che avesse mai avuto la possibilità di farlo prima...
Ma prima occorreva almeno che arrivasse a casa del signor Ollivander.
"Per caso sa dove posso trovare un qualche rivenditore di biglietti?"
"Uhm, mi faccia controllare l'ora..." Si scostò la camicia dal polso per controllare l'orologio. "C'è un traghetto che parte alle tre e percorre tutte le isole di Santorini, il biglietto può farlo direttamente a bordo. Parte da lì, lo vede? E' quella nave bianca."
Albus seguì lo sguardo del tassista e notò il traghetto a cui si stava riferendo: era un'imbarcazione di modeste dimensioni attraccata ad uno dei moli attraverso una rete di ferro. Una scala scura collegava il pontile al ponte della nave, e un uomo era seduto sul primo degli scalini intento a mangiare un panino. Albus ringraziò il tassista per la sua disponibilità, pagò la tratta e, bagagli alla mano, si diresse verso la barca per aspettare di poter partire alla volta di Therasia.
Scoprì che l'uomo seduto sullo scalino era, come aveva immaginato, anche colui che gli avrebbe rivenduto i biglietti, nonché - "chiamami capitano, ragazzo!". Solo una volta comprato il biglietto e salito a bordo si ricordò del messaggio sul cellulare, così, prendendo posto su uno dei sedili all'interno del traghetto e poggiando le valigie su entrambi i lati, riprese il telefonino dalla tasca.
Stavolta a scrivergli era soltanto Rose.
"Ti risalutano. Ora sono da sola perché Hugo è andato con tuo fratello, tuo padre e Louis a prendere il dolce da Fortebraccio, mentre tua sorella è giù con Dominique. Io... sono in camera dei nonni a cercare un'ispirazione che tanto so già non arriverà mai!"
Secondo il parere di Albus - e in realtà anche di tutta la sua famiglia - il pessimismo di Rose era qualcosa di cosmico, uno di quei dogmi indiscutibili che nessuno potrebbe mai sognarsi di mettere in discussione. Finirò a Serpeverde e papà mi ucciderà, Al! - ed era finita fra i Tassorosso; Figurarsi se Cate è lesbica! - e ci si era fidanzata nel giro di due settimane (e a onor del vero non era stata che la prima di una nutrita serie di conquiste); Sarò per sempre negata in Trasfigurazione! - e ai GUFO la McGonagall non aveva fatto altro che ripeterle quanto fosse stata brava. Perciò perché avrebbe dovuto stupirsi di quell'ennesima dimostrazione?
Disattivò il Transfertor con un movimento nascosto della mano sinistra e rispose.
"Rose, sappiamo tutti e due che hai talento. Devi solo trovare l'idea giusta. Sii paziente e vedrai che arriverà."
"La fai facile tu che sei già indirizzato per la tua strada. Io non ho ancora tirato fuori nulla di concreto..."
Ma prima che Albus potesse proseguire, avvertì un movimento brusco sotto la suola e si rese conto che la nave era partita; non volendosi perdere nemmeno un istante di quel meraviglioso mare,decise di lasciar perdere Rose e, valigie di nuovo in mano, si trasferì verso il ponte della nave per godersi il resto del viaggio all'aperto.
Di tutti gli altri passeggeri che avevano preso con lui il traghetto - non molti in realtà, una decina in tutto - fuori c'era soltanto una donna che parlava al telefono in modo piuttosto concitato. Teneva quell'oggetto malefico vicino l'orecchio e guardava torva qualunque cosa le capitasse a tiro, come volesse indirizzare quello sguardo alla persona posta dall'altra parte della linea.
Sentir qualcuno litigare era l'ultimo dei suoi desideri in quell'istante. Aveva da poco lasciato una famiglia in cui scene simili erano all'ordine del giorno, e non voleva averci a che fare per un bel pezzo. Così si posizionò dall'altra parte del ponte e volse la testa verso la riva che avevano da poco abbandonato.
Sì, Santorini era davvero incantevole, e da quella distanza la sua forma ad arco poteva essere apprezzata ancora di più. Chissà com'è Therasia... Ragionò che probabilmente, essendo un luogo meno dedito al turismo, avrebbe avuto una bellezza inferiore, ma forse anche più selvaggia? In ogni caso, la vista del mare avrebbe ricompensato qualunque mancanza avesse la terraferma. Abbassando lo sguardo verso la massa d'acqua che la nave spostava con il suo movimento, rimase incantato da quel blu profondo che lo catturava come poche cose erano riuscire a farlo nella sua vita. Era profondamente ammaliante. Scorpius lo avrebbe adorato - lui che l'estate fra il secondo e il terzo anno aveva voluto a tutti i costi fare un corso Babbano di vela, e che era stato il primo a mettergli la pulce nell'orecchio sulla bellezza di stare a contatto col mondo marittimo. Come diamine facevano Lily e James a non provare nessuna attrattiva? Povero Elijah... E poi, aveva sempre sostenuto che Lily non si meritasse il suo migl-
"SEFI, CAZZO!"
Albus volse lo sguardo verso la donna col telefonino che aveva... no, urlato non era una parola sufficiente. Però, chi stava dall'altra parte si stava mettendo proprio d'impegno nel farla arrabbiare.
La donna si accorse di aver alzato troppo la voce e, girandosi a fissare Albus, allontanò il telefono dall'orecchio e gli rivolse un "Mi scusi!" con un'espressione mortificata.
Albus fece un cenno della mano come a liquidare la questione e tornò ad osservare il paesaggio, ma poco dopo avvertì una persona accanto a sé e si girò per vedere chi fosse. Era la donna di prima.
"Mi scusi davvero per prima, non volevo... è che Persefone a volte mi fa molto arrabbiare."
...e che m'importa? si chiede Albus, sentendosi un po' colpevole per quel pensiero maleducato. "Non si preoccupi."
La donna fece una bella risata prima di porgergli la mano. "Sono Anthia, piacere di conoscerti," si presentò.
"Albus, piacere mio".
"Sei inglese, giusto?" chiese con evidente curiosità.
Albus la guardò sorpreso. "Si nota?"
"Hai la pronuncia degli inglesi," rispose ridacchiando. "Eppure il tuo nome sembra latino. Se non sono indiscreta, come mai questa scelta?"
"E' stato mio padre a sceglierlo," rispose Albus senza pensare, per poi chiedersi che razza di spiegazione avrebbe potuto dare. La verità? In realtà di secondo nome vado Severus, ed è così perché sono stati entrambi due eroi di guerra... voglio dire, anche se uno ha ucciso l'altro, erano dalla stessa parte... no, non era decisamente la soluzione adatta. Senza contare che non era sicuro di riuscire a spiegarlo in greco. "Era... un amico di famiglia."
"Capisco. E' un bel nome, comunque."
"Grazie."
La donna lo squadrò come stesse ragionando fra sé, poi chiese "Sei venuto qui in vacanza?"
Il pensiero che quella donna stesse facendo un po' troppe domande attraversò la mente di Albus, ma lo liquidò subito: probabilmente la sua era solo curiosità, e in fondo lui aveva bisogno di fare conoscenza. Sentir parlare greco da un madrelingua lo avrebbe aiutato a migliorare - e aveva decisamente bisogno di farlo, considerando che attivare il Transfertor per troppo tempo lo avrebbe stancato da morire.
"Sì, sto andando a trovare mio nonno a Therasia."
"Therasia?" Sembrava sorpresa. "Io abito lì. E come si chiama tuo nonno?"
"Gareth Ollivander. Lo conosce?"
"A Thire è difficile non conoscere qualcuno. Non sapevo avesse un nipote!"
"E'... sempre stato un tipo molto solitario, lui," rispose Albus imbarazzato, un po' per aver dovuto improvvisare un po' per la paura di non riuscire ad esprimersi correttamente.
"Ah, lo so bene! Ma è anche un'ottima persona!"
"Dato che lo conosce " - perché ovviamente il fratello di Garrick Ollivander non poteva essere meno enigmatico nella sua lettera... - "sa dirmi dove abita di preciso? Me l'ha spiegato, ma non credo di aver capito bene..."
"Quando arriviamo a terra ti mostro la casa, ok? E' proprio sulla parte più alta dell'isola."
Rincuorato, Albus trascorse il resto del viaggio conversando con Anthia ed ammirando la bellezza di quello scorcio della Grecia.

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