Cortesie per gli ospiti

di wari
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** parte prima ***
Capitolo 2: *** parte seconda ***



Capitolo 1
*** parte prima ***


Benvenuti o bentornati in un UAMP (Utopico Allegro Mondo Perfetto), ovvero un melenso, solitamente idiota, spesso gay futuro post shippuden che ha le stesse probabilità di avverarsi quante ne ha il fu Hiruzen Sarutobi di far strage di cuori col suo bell'aspetto.
Questa roba può essere legata a quest'altra roba, per colpa del gatto: non c'è affatto bisogno di leggere, c'è solo da sapere che il felino in questione si chiama Naruto Due (da non confondersi col tizio biondo e arancione) e non serve a nulla se non a far divertire me, perché mi piace parlare di gatti. Sì, è come sembra: sono una mentecatta.






Cortesie per gli ospiti
(parte prima)






Tornare a casa dopo una missione, ha scoperto Naruto in questi anni, è una delle gioie della vita.
Casa è un po' fuori mano, un po' distrutta ed un po' lugubre, e poi ci sono tutti quei ventagli – ventagli ovunque - ma ha imparato a farsela piacere, e non è che ci sia voluto poi molto.
Perché c'è Sasuke, e quindi è casa: andrebbe bene anche se fosse un pezzo di lamiera tenuto su da un bastone.
Ecco, ha avuto un pensiero molto romantico, si rende conto. E contemporaneamente annota mentalmente di non riferirlo al bastardo, mai e poi mai, a meno di non voler essere schernito vita natural durante.
Se lo annota e però sorride, ché è quasi arrivato ed è contento; e poi è una bella giornata.
La missione è stata abbastanza impegnativa, ma prima di ripartire ha avuto il tempo di dormire quattro dignitosissime ore, quindi non si può proprio lamentare; il cielo è sgombro, l'aria non è particolarmente fredda nonostante la stagione e, dato che è mercoledì, Sasuke non ha neanche avuto il tempo di innervosirsi andando al mercato, che si tiene il giovedì e che ogni volta lo vede tornare a casa con un diavolo per capello – letteralmente: il suo culo di papera sembra stravolto. Quando odi tutti gli abitanti di un villaggio, trovare metà della popolazione in fila davanti a te a comprare le verdure intralciandoti il cammino non è esattamente piacevole, pare.
Naruto si sta frugando le tasche in cerca delle chiavi, quando un curioso fruscio di fogliame lo fa voltare a studiare le siepi con sguardo attento.
«Ehi!» esclama, certo di aver avvistato un guizzo di pelo arancio.
Aggira la siepe e si accovaccia, ficcando una mano tra le foglie; fruga per un poco, ma è costretto a tirarla fuori l'istante successivo, con un grido di dolore e sorpresa.
«Ma che cavolo...» piagnucola, sventolandosela sotto al naso, il polso floscio. Ci sono due squarci obliqui sul dorso. Bruciano.
«Gatto psicopatico! Ecco che succede a lasciarti tutto il giorno in compagnia di quello spostato» lamenta in un brontolio dolorante.
Naruto Due – no, solo quell'imbecille del teme lo chiama Naruto e basta. Non si sbaglia, dice, perché tanto lui è usuratonkachi, quindi Naruto è solo il gatto - se ne sta sotto le foglie e lo scruta con le guance grasse arricciate in disappunto.
«Che c'è, ti ha di nuovo lanciato fuori? Che hai fatto stavolta?» domanda, memore di quando dovette cercare il gatto per mezza giornata, dopo che Sasuke l'aveva praticamente silurato dalla finestra della cucina – fortunatamente al primo piano –, perché l'innocente bestiola aveva preso l'imperdonabile iniziativa di andarsi ad affilare le unghie su quella che Naruto ha poi dedotto essere stata la scrivania di Itachi.
Indeciso sul da farsi, il jinchuuriki caccia una mano nello zaino.
«Guarda qui» sghignazza, con degli avanzi di onigiri spiaccicati sul palmo; se come pensa il riso puzza ancora di salmone, cederà.
Naruto Due lo spia, le vibrisse ondeggianti e lo sguardo assai sospettoso, ma poi cede alla gola come il peggiore degli allocchi e finisce persino a mordicchiargli le dita, dopo avergli lappato saggiamente il palmo con la lingua rasposa.
«Sei una palla di lardo, ha ragione Sasuke» conclude Naruto in uno sbuffo indulgente, tirando su la bestia con entrambe le mani. Pesa come un mobiletto di mogano.
Gatto in spalla, si avvia a passo svelto verso casa, consapevole che dovrà bussare, perché con cinque chili di lardo e pelo semoventi ad impegnargli le mani, trovare le chiavi è ormai divenuta un'impresa impossibile anche per un ninja navigato.
Tenta prima con una spinta del piede, memore del fatto che Sasuke la metà delle volte dimentica di chiudere la porta, perché tanto chi mai verrebbe qui?, ma il battente resta ben fermo al suo posto.
«Teme, apri!» urla quindi, non senza una nota lamentosa.
Attende un paio di secondi. Sembra ci sia vociare confuso, dentro; e non è che sia esattamente una cosa normale, a meno di iniziare a pensare che Sasuke parli da solo.
Sta giusto per cominciare a preoccuparsi, quando passi pigri si avvicinano alla porta e la serratura scatta con un colpo secco.
«Oh, teme. Che fai, chiacchieri con te stesso?» saluta Naruto, nascondendo un po' d'ansia sotto il tono scherzoso.
Cerca gli occhi scuri dell'altro spiando oltre il battente, il collo teso.
E incrocia degli occhi, sì. Solo che non sono neri per nulla.
Sono viola.


Non si è capito chi gli abbia dato il permesso di aprire la porta, a Suigetsu Hozuki, ma del resto a Naruto continua a sfuggire il perché della sua presenza lì, quindi avrebbe potuto anche aprirgliela Karin, tutto sommato. O quell'altro, Juugo.
Ecco, chiunque di loro, e la sua reazione sarebbe stata all'incirca la stessa.
«E allora, mh... per quanto vi tratterrete?»
Domanda, dopo dei ragionevoli minuti durante i quali non ha potuto far a meno di osservare Sasuke – la cosa lo turba enormemente – che prepara del tè con l'espressione neutra di uno che trovi la situazione perfettamente nella norma.
E ce ne sono di cose poco nella norma in quella stanza, a partire dal grosso, piumato rapace che il padrone di casa si sta scarrozzando in giro come fosse appena diventato un'uccelliera.
Naruto non riesce a distogliere lo sguardo dalle penne marroni dell'animale; lo fissa da quando è entrato in cucina, ma la situazione è così surreale - Suigetsu Hozuki e la sua mannaia sono stravaccati davanti al tavolo e Karin nonhaideadicomesichiami l'ha eletto a suo interlocutore privilegiato e si è messa a raccontargli di quanto trovi il Villaggio della Foglia un posto decisamente insulso – che Naruto ha finito quasi per prendere il dettaglio del falco pellegrino arpionato alla spalla di Sasuke come una semplice manifestazione fisica dell'assurdità che è costretto a subire. Insomma, deve essere una specie di allucinazione.
«Fin quando quelli di Kumo non la piantano di starci attaccati al culo» soffia Karin, i gomiti sul tavolo e l'aria estremamente seccata. Non approfondisce la questione perché Sasuke si sta spostando verso i fornelli per spegnere il gas e l'attenzione di lei finisce tutta in quella direzione: i suoi occhi vagano quasi distratti verso la schiena dell'ex nukenin e scendono giù...
«Ehi!» Naruto si alza di scatto e le punta un indice contro, di slancio.
Suigetsu sobbalza e si fa cadere il bicchiere d'acqua dalle mani, rischiando seriamente di seccare il gatto, con cui stava giocando; Juugo spalanca gli occhi e li fa saettare da Karin a Naruto, mentre Sasuke si volta con placidità snervante ed arcua impercettibilmente un sopracciglio, il falco sempre serenamente stanziato su di lui a becchettargli la frangia.
Nel mezzo, Naruto arrossisce sentendosi molto Hinata – il pensiero gli suona assai strano, sì – e si rimette seduto con la maggiore compostezza che riesce a raggranellare.
Schiarisce la voce, senza però potersi impedire di sbirciare malevolmente Karin, e accoglie il gatto sulle ginocchia, contando di evitare che finisca ucciso dalle coccole psicotiche di Suigetsu Hozuki; quello invece lo osserva rapito, con sincero interesse ed un divertimento fin troppo ostentato, almeno fin da quando ha scoperto che il nome l'ha scelto Sasuke, ed ha quindi avuto l'occasione di prendere in giro l'ex nukenin per la sua mancanza di fantasia.
«Dicevo, mh...» ritenta Naruto, mentre Sasuke raccoglie tazze spaiate e bicchieri e ci versa il tè, aiutato da un solerte Juugo. «Voi non... l'Hokage lo sa che siete qui? Lo sa che sono qui?» domanda cambiando interlocutore: si era rivolto a Suigetsu, prima di accorgersi che quello stava ancora cercando d'attirare Naruto Due facendo oscillare un kunai come un pendolo sotto al naso della bestiola; naturale preferire Sasuke a lui, anche se tutto sommato non è che attualmente il compagno emani proprio un'aria affidabile: non l'emana mai perché è uno spostato, ma fasciato nei suoi indumenti casalinghi spiegazzati, con la bestiaccia piumata che guarda male tutti come si trovasse in cima al mondo e non sulla spalla di un normalissimo Sasuke Uchiha mediamente alto, la sensazione di profonda assurdità si fa più marcata; sembra più che altro che Sasuke sia parte integrante di quel puzzle di beata incoerenza che è la cucina quel pomeriggio.
Naruto si impone la calma e attende risposta.
«Questa casa è ancora di mia proprietà» replica Sasuke, perfettamente, sasukescamente alogico, come c'era d'aspettarsi.
Karin si appropria della tazza che le viene offerta e riesce con estrema abilità a strisciare prontamente al fianco dell'ex nukenin non appena questi si siede a sua volta attorno al tavolo, imitato da Juugo. Il falco si indispone e si sposta sull'altra spalla di Sasuke, arruffando le penne ed emettendo versi acuti prontamente ignorati da tutti gli altri.
Naruto resta imbambolato per un lasso di tempo indefinito, prima di accettare il suo tè con uno scatto sorpreso della testa. Chiude la mascella per un istante, poi la riapre.
«D'accordo» decide di dire, immergendosi nel torbido mondo dell'accondiscendenza e chiudendo metaforicamente gli occhi dinanzi al mondo circostante. «Ma Kakashi lo sa che loro sono qui?»
Ché se non lo sa Kakashi Hokage, che almeno lo sappia Kakashi sensei, ecco.
Perché loro, questi tre nukenin potenzialmente pericolosi ricercati da paesi stranieri, non dovrebbero poter entrare nel Villaggio della Foglia come fosse un pubblico postribolo. E non serve certo chiamarsi Shikamaru per arrivarci.
Ma Sasuke non sembra affatto turbato da queste inezie; si volta verso di lui e adotta la sua stessa tattica, guardandolo però con l'espressione che aveva Iruka all'accademia quando doveva spiegargli le cose per la dodicesima volta, dopo che il resto della classe aveva già capito da un pezzo.
«A casa mia decido io chi ci può entrare» enuncia ovvio, sorbendo il suo tè con compostezza.
«Siamo ancora dentro Konoha, però».
«No, siamo nel ghetto di Konoha, quello ai margini dei margini della periferia. Ed è casa mia».
Naruto si ferma, zitto e immobile. Ritorna con gli occhi sul suo tè, concentrandosi sull'ovale scuro del liquido, oltre le volute rade di vapore chiaro.
La cucina è abbastanza grande, tutto sommato, in proporzione alle altre stanze della casa, ma in questo momento ai suoi occhi appare incredibilmente stretta.
C'è Juugo, imponente e timido, seduto un poco in disparte ben avvoltolato in quella che senza dubbio è una tenda, con un falco pellegrino che gli becchetta le ciocche di capelli sporgendosi dalla spalla di Sasuke. C'è Karin, che ha cominciato a discutere con Suigetsu riguardo il gatto e su quanto sarebbe bello se il felino lo sbranasse o lo bevesse, a scelta, e c'è Naruto Due, in procinto di emettere miagolii stressati ed arruffare il pelo, che arretra avvicinandosi pericolosamente ad una mannaia incustodita alta circa come una persona. C'è rumore di liti, miagolii, chiacchiere, stridii, becchi che schioccano e insulti lanciati da un lato all'altro del tavolo. C'è tutto questo, ci sono tutti loro, e c'è Sasuke, che pare affatto turbato da quell'invasione, sebbene di solito sia assolutamente ben disposto a sgozzare chiunque osi produrre un poco di baccano negli ambienti di casa sua; o in un qualsiasi vicolo del quartiere, in effetti.
«Sasuke, posso parlarti un secondo? In privato?»
Karin pare assolutamente contrariata quando Sasuke si alza, estremamente scocciato, per seguire il compagno in corridoio e da lì in salotto.
Il vociare di Suigetsu arriva ben distinto sopra i miagolii del gatto e Naruto e Sasuke non fanno in tempo ad uscire che Karin e lo spadaccino hanno già ricominciato a litigare.
Prima d'ogni altra cosa, Naruto si volta verso il compagno, lo fissa negli occhi e domanda non senza una vena di panico a screziargli la voce: «sai di avere un volatile di tre chili arpionato alla spalla?»
Sasuke restituisce l'occhiata, in apparenza terribilmente seccato dalla domanda stupida.
«Direi di sì, visto che si sta portando via diversi strati di pelle» spiega, in uno sbuffo. «Sopporta» conclude poi, piatto.
Naruto lo guarda ancora, trattenendosi a stento dal cominciare a scuoterlo per le spalle. Assodato che non riceverà delucidazioni più ampie in merito alla presenza di un falcone in casa, si concentra su faccende che ritiene altrettanto impellenti.
«Che problemi hanno con Kumo?» chiede, e spia con la coda dell'occhio in corridoio, inquadrando uno stralcio di cucina; una tazza da tè si schianta sul pavimento e Karin lancia un grido isterico.
«Che vuoi che ne sappia?» replica Sasuke, disinteressato al trambusto. Accarezza distrattamente l'abominevole coso pennuto, distaccato. «Sono venuti, la porta era aperta e si sono stanziati» spiega in tono neutro, come parlasse di acari della polvere.
Ma quelli non lo sono, acari della polvere. Sono tre shinobi, tre persone; e a Naruto non sta bene.
Quasi sussulta nel constatarlo: non è la questione problemi internazionali a metterlo a disagio. E neanche l'invasione della cucina, o la bestiaccia dal becco acuminato che ha preso possesso del corpo di quello che teoricamente sarebbe il suo migliore amico e anche il tizio con cui va a letto, ecco.
No, sono proprio quei tre, Suigetsu, Karin e Juugo, ad infastidirlo. E mentre realizza quell'ovvietà, per la prima volta gli pare di afferrare quasi a pieno il perché Sasuke si dimostri sempre scostante ed odioso - persino più dei suoi standard - nei confronti di Sai.
«Potresti chiederlo, che ne dici?» riprende Naruto, cercando di focalizzare l'attenzione su problemi più pressanti, che di certo non riguardano le sue profonde, radicate insicurezze affettive – la maggior parte delle quali, sorvolando sui traumi infantili, possono essere tutte ricondotte all'individuo che sta impalato di fronte a lui, a guardarlo con sufficienza. «Oppure potresti cominciare a chiudere la porta come tutte le persone normali, anche» conclude, incrociando le braccia.
Sasuke non si premura neppure di cambiare espressione facciale.
«Mi costringi a frequentare idioti ogni santo giorno» ribatte, bloccandolo con un'occhiataccia quando lui fa per interromperlo. «Non sto parlando di Sakura e Kakashi, usuratonkachi. Dico quelli lì, gli idioti. I tuoi amici idioti dell'accademia, quell'Inuzuka...» e detto da lui sembra una specie di insulto. Con tutto che Inuzuka Kiba, poveraccio, l'avrà visto sì e no tre volte in un mese, e solo perché a Naruto capita qualche volta di salutarlo per strada.
Il jinchuuriki vorrebbe tanto sottolinearglielo, ma l'altro pare tutto preso dal suo narcisistico monologo seccato e non esiste modo di interromperlo se non sbattergli forte forte la testa contro la parete. E Naruto, potendo, vorrebbe evitare di recar danno alla parete.
«Per non parlare di quello. Quel Sai» e mentre lo dice pare stia masticando una di quelle gustose capsule al cianuro in dotazione alle ANBU per le missioni che contemplano il suicidio in caso di cattura. Prosegue, incupendosi ulteriormente: «sono ovunque, mi costringi a salutarli persino, ed io dovrei preoccuparmi se in casa mia arriva qualche mio conoscente».
Forse allo scopo di approvare il discorso, i conoscenti fanno un altro po' di baccano in cucina. Nuove stoviglie impattano al suolo ed il gatto emette un miagolio disperato.
«Okay» brontola Naruto, infine. «Okay, come ti pare. Ma bada almeno che non ammazzino il gatto» bofonchia, imbronciato.
Purtroppo, non è sicuro che quel vago alzare gli occhi al cielo e quello sbuffo sprezzante, prima che Sasuke infili le mani in tasca e trascini sé ed il suo inquilino piumato di nuovo in cucina, sia da considerarsi come un sì.


I compagni di Sasuke.
No, peggio, gli amici di Sasuke.
E' un accostamento strano, troppo strano. E' sbagliato, stonato, se non comprende anche il numero sette.
E non lo comprende, per nulla. Ci sono delle parole, Hebi – che dà i brividi perché ricorda Orochimaru; l'acca sibila, è un suono tutt'altro che gradevole – e poi, quasi peggio, Taka - che è proprio una parola brutta e basta, il ta sembra una lama sguainata e il ka si abbatte dritto in testa con un colpo solo, violento - che ricordano qualcosa di ancora troppo vicino per poter essere osservato con il dovuto distacco. Sono parole che le orecchie di Naruto trovano orribili a sentirsi; sono il simbolo di quello che lui non è riuscito ad impedire, sono il suo fallimento: se fosse stato più forte, se fosse riuscito a riportare Sasuke indietro prima, non ci sarebbe stato nessun Hebi, nessun Taka. Sasuke non avrebbe avuto bisogno di appoggiarsi a qualcun altro: loro, i suoi compagni – Kakashi sensei, Sakura, ma anche Shikamaru e quell'Inuzuka che lui neanche considera. E Rock Lee, e Chouji, e Neji, e tutti gli altri – sarebbero bastati. Se ne convince anche se sa che non è vero, che non c'era modo; che le cose sono andate così, ed è un bene tutto sommato, perché finite in maniera non eccessivamente tragica. Perché sono ancora vivi, fondamentalmente. E non è poco.
Però punge.
Prude e formicola da qualche parte sotto ai polpastrelli e pizzica nelle gengive. Gli fa venir voglia di digrignare i denti e, come se non bastasse, lo fa sentire stupido in maniera esponenziale quando si scopre a desiderare di afferrare Karin per le spalle ed urlarle contro di smetterla, per tutti i Kami, smetterla di spogliare Sasuke con gli occhi!
L'ammazzerà prima di sera. Non lui, eh: Kyuubi sì, però. Del tutto accidentalmente e fuori dal suo controllo, ma l'ammazzerà, o comunque le farà molto male.
«Oh, Naruto!»
Un sasso gli finisce dritto in fronte proprio mentre sta cercando di contare innocentemente le monetine rimaste nel suo portamonete: lui urla, la spesa cade dalle mani della negoziante e le monete precipitano tra pavimento e cassette di meloni, tintinnando tra frutta e selciato.
«Ragazzacci...» brontola la donna scuotendo la testa, mentre aiuta l'eroe di Konoha a raccogliere la sua spesa ignorando del tutto il fatto che il ragazzaccio in questione sia il nipote del beneamato nonché defunto Sandaime Hokage.
«Hai i riflessi morti? Perché diavolo non ti sei spostato?» raglia Konohamaru a mo' di saluto, facendosi incontro a passo svelto, la sciarpa che ondeggia sulle spalle.
Naruto, metà visuale coperta dal palmo della mano che sta usando per massaggiarsi il bernoccolo, inquadra per un momento solo un essere acefalo ritto in piedi a braccia incrociate e registra vagamente il tono canzonatorio.
«E a te come diavolo salta in testa di metterti a tirare le pietre?!» ribatte non appena riacquista piena coscienza, assestandogli un pugno sulla testa, anche se ormai Konohamaru l'ha praticamente raggiunto in altezza e la scenetta appare decisamente ridicola.
«Un ninja è sempre all'erta» lo zittisce l'altro, con un ghigno gongolante.
Con un sospiro che non riesce a nascondere una nota divertita, Naruto recupera la sporta con le vivande e riesce finalmente nell'ardua impresa di pagare la spesa senza spargere denaro in strada. La signora saluta con calore, in quel modo tutto strano di comportarsi che molti dei compaesani hanno cominciato a tenere con lui da quasi quattro anni e che, con sommo stupore ed un certo inesplicabile senso di inadeguatezza ed imbarazzo da parte sua, sembrano intenzionati a non mutare.
«Seh, seh... all'erta. Non hai di meglio da fare che controllare se io sono all'erta mentre faccio la spesa?» riprende Naruto, quando lui e Konohamaru si lasciano l'ortofrutticolo alle spalle e proseguono lungo il vicolo affollato.
Il kohai gonfia le guance, imbronciandosi come un mocciosetto. Incassa le testa nelle spalle e ficca le mani in tasca.
«Stai parlando con un jounin, Naruto: io lavoro. Sei tu quello che ci ha messo dieci anni per avanzare di grado, fino a prova contraria».
«Eh, ma io stavo salvando il mondo, se ricordi bene... oh, c'è lo sconto sul ramen istantaneo!»
Konohamaru si concede un breve brontolio seccato mentre Naruto lo supera per intrufolarsi nel conbini incriminato e lo costringe a seguirlo in giro per i corridoi stretti, tra gli scaffali di cibarie ammonticchiate.
«Si può sapere a che ti serve tutto questo cibo?» chiede in fine, quando la sua mente accetta il fatto che il jinchuuriki stia effettivamente acquistando un pacco bifamiliare di sedici pezzi di ramen assortito. «Devi sfamare un reggimento?»
Naruto si ferma a mezz'aria, colto nell'atto di lasciar cadere un paio di banconote nelle mani del cassiere. Quello se ne resta lì con la mano tesa, gli occhi a metà tra il cliente e la rivista che stava sfogliando mentre calcolava il prezzo degli acquisti, tenendo l'espressione non troppo vagamente irritata di chi sia stato sottratto a mansioni di fondamentale importanza.
«Eh, mangio un sacco, lo sai» replica, titubante, lambiccandosi per infilare lo scontrino accartocciato nella busta già strapiena e caricarsela addosso assieme a quella gonfia di verdure ed altre cibarie non meglio identificate.
Konohamaru lo scruta da sotto in su, le labbra arricciate.
«Beh, cos'è? Una specie di segreto... ?» lo punzecchia, ghignando. Quando Naruto invece di rispondere gli rifila un'occhiata rapida, prima di imbracciare la spesa e riprendere a camminare in strada col mento all'insù, lui solleva un sopracciglio, incrocia le mani dietro la schiena e lo segue continuando a fissarlo, la risatina intrappolata tra i denti.
L'eroe di Konoha lo ignora bellamente, tornando a scorrere rapidamente l'elenco vergato da una grafia stretta e nervosa su di un foglietto mezzo accartocciato.
Konohamaru solleva un sopracciglio in reazione, quando il compagno strabuzza gli occhi di colpo e si lascia scappare un'esclamazione indefinibile a metà tra un rantolo di sconcerto ed un insulto rivolto a non si sa chi.
«Top... Che cazzo significa topi?!» prosegue, dimentico della sua presenza e del fatto di trovarsi nel mezzo di una strada mediamente affollata di mercoledì pomeriggio. «A che gli servono i... Dove dovrei trovarli io, questi topi?»
Perplesso, Konohamaru si ferma al fianco dell'amico e corruga la fronte, sinceramente preoccupato. Si sporge con cautela e sbircia a sua volta la lista, curioso.
«Topi» ripete, cauto. «Udon, shoyu, tovaglioli, frutta che ti pare, konbu, riso, topi... non è che sia esattamente normale, eh. A che pensavi mentre la scrivevi?»
Quasi non fa in tempo a finire la frase che Naruto riduce la lista ad uno scarto scricchiolante con una stretta poderosa del pugno.
«Me lo chiedo anche io, a cosa stesse pensando» mastica, dando segno di evidente stress psicofisico. Riprende a camminare quasi trottando, tanto che Konohamaru inizia a far fatica a seguirlo ed è costretto ad afferrargli un lembo della felpa per rallentarlo.
«Ehi, mi dici che cavolo c'entrano i top...»
«Non lo so! Mi manda a comprare topi come fosse sano e normale, e vedrai che quando torno si incazzerà pure perché ho osato non essere nella sua testa per capire cosa diavolo volesse!» raglia Naruto, esasperato.
Una nonnina invoca il nome di suo nipote – o magari è il suo cane, chi può dirlo – nel silenzio che si è venuto a creare tra i passanti all'udire l'urlo dell'eroe di Konoha.
Naruto borbotta qualcos'altro tra i denti, dribbla il cane della signora – era un cane, sì – e allunga il passo alzando polvere coi sandali, preso dalle sue elucubrazioni tanto da dimenticarsi dell'esistenza di Konohamaru.
«Insomma!» lagna quello, rimanendo indietro. Scuote la testa, scocciato. «Chi lo capisce è bravo» borbotta infine con rassegnazione, osservando la schiena di Naruto che si allontana tra i passanti quasi correndo.
Forse è come si dice in giro: il povero eroe di Konoha è succube di quello psicopatico ex traditore di Sasuke Uchiha che lo schiavizza e gli fa fare la spesa al suo posto; per questo è costantemente di fretta quando lo si incrocia per strada che sta rincasando. Normalmente si mostra sempre allegro, eh, ma era così anche da piccino quando tutti lo schifavano, quindi potrebbe essere una montatura.
Konohamaru ci pensa su per qualche secondo, cercando di far coincidere la sua idea dell'amico – Naruto testardo, Naruto deciso e volitivo, Naruto capace di sollevare mari e monti a mani nude in caso di bisogno – con la scena abbastanza bislacca di un Naruto vestito da servetta che lava i pavimenti a casa di Sasuke Uchiha, poi scuote la testa divertito, appena prima di girare i tacchi e riprendere a camminare per i fatti suoi, fischiettando un motivetto idiota.
La fruttivendola gli rifila un'occhiataccia.
«Ragazzacci...» sbuffa ancora tra i denti, prima di ritornare a servire la clientela.


Tra le buste buttate sul tavolo c'è anche una testa gialla.
Sasuke aggira il mobile, le mani in tasca.
«Beh?» domanda basso, con vaga perplessità.
La testa gialla mugugna e rotola un poco, portandosi in equilibrio sul mento ed emettendo un bofonchio inintelligibile atto solo a comunicare che effettivamente è viva.
Sasuke aggrotta le sopracciglia, incrocia le braccia e inclina il capo quasi impercettibilmente, come stesse cercando d'osservare da una diversa angolazione qualcosa di sconosciuto ma moderatamente interessante capitato per caso nella sua cucina.
«Che cazzo stai facendo?» conclude al termine dell'accurata analisi.
«Ho fatto la spesa» replica Naruto, senza alzare la testa. Di fronte alla faccia dell'altro, che lo guarda con distaccata perplessità, aggiunge: «tu mi hai detto di farla.»
«Vedo» replica Sasuke in uno sbuffo. «Ramen. Altro ramen e, fammi indovinare, ramen.»
Naruto si imbroncia, palesemente scocciato ma già un poco più rilassato ora che Sasuke non ha uccellacci sospetti che gli ronzano attorno. Niente falchi pellegrini, niente poiane e niente passerotti: tutto regolare.
«Guarda nell'altra busta, teme!» bercia, querulo.
Sasuke gli rifila un'occhiataccia bieca, indisposto più per il tono ostile del compagno che per il ramen in sé – il ramen è in fondo qualcosa di poco dannoso, anche se continua a pensare che mangiarlo persino a colazione o pranzarci in piena estate sia sintomo di un profondo disagio mentale – e prende a smanettare nell'altra busta, corrucciandosi sempre più man mano che sposta cibarie.
«E i pomodori?»
Naruto tituba un istante, riacquistando una postura più dignitosa a gambe incrociate davanti al tavolo.
«Ahn... ho incontrato Konohamaru» borbotta, mentre si gratta una porzione di polpaccio con vaga colpevolezza. Quando Sasuke rotea gli occhi contrariato, l'apparente tranquillità del jinchuuriki va a farsi benedire.
«Mi ha distratto, okay? Non è mica così grave!»
«Non ho detto che lo fosse» puntualizza compunto Sasuke, e però subito dopo trova il tempo di fissare l'ennesimo pacco di ramen come se desiderasse bruciarglielo davanti agli occhi solo per vedere la disperazione dipinta sul suo volto e poterne ridere sadicamente. Fortunatamente non mette in atto alcun proposito da pazzo psicolabile quale è e si volta per cominciare a sistemare verdure in frigo.
«E i topi?»
Naruto quasi crolla in avanti, scomposto.
«Ah, non...»
«Okay, lasciamo perdere» offre Sasuke, come fosse una sua magnanima concessione. «Suppongo che i falchi possano mangiare anche normalissima carne cruda».
Naruto si sente quasi in diritto di sbattere la testa contro il tavolo, ma non lo fa: ci tiene al tavolo.
«Non darmi una mano, eh» lo apostrofa Sasuke, quando lui si alza con un bofonchio scocciato e fa per uscire dalla stanza.
«Io ho fatto la spesa, pensaci tu, no?» risponde, andando poi a spalmarsi dritto contro l'armadio che sta occupando lo spazio sotto la porta.
«Scusa» fa l'armadio, cortese.
Naruto si massaggia di nuovo il bernoccolo che ha sulla fronte e solleva il mento. Inquadra la faccia di Juugo e la sensazione d'essere estraneo nel suo territorio si acuisce fino a fargli seriamente desiderare di uscire in strada, trovare Iruka e correre farsi offrire un ramen.
Aggrotta le sopracciglia e cerca di darsi un contegno: per colpa di altri, non è che sia mai stato una persona particolarmente socievole, lui. Alle volte finisce col dare quell'impressione perché adesso tutti lo salutano per strada ed è amico quasi intimo di mezza Konoha, ma un tempo essere socievole veniva dopo. Prima c'era la sua fissazione di far baccano e farsi scoprire, saltando sul posto e moltiplicandosi a vanvera solo per dire ehi, guardami, ci sono anche io.
Ora però è Naruto Uzumaki, eroe di Konoha.
Sta in casa con Sasuke Uchiha da quasi tre anni perché la sua di casa è stata rasa al suolo e ricostruita troppo diversa perché possa ancora considerarla tale. Invece quella casa malandata in quel quartiere malandato, tappezzato di crepe e ventagli, è diventata un po' il suo territorio: quel che riesce, insomma. Lui si allarga, sparge arancione in giro - per usare le parole di quello stronzo di Sasuke - e cerca di entrare fin dove può, più che può.
Ed è faticoso: ha sempre lottato per trovarsi un posto dove stare, un posto che fosse suo di diritto. Adesso quel posto è Konoha, ma preferirebbe comprendesse anche il suo migliore amico; e visto che ostinatamente non è così, e non lo sarà mai, Naruto si dà da fare ogni minuto per diventare lui un buon abitante di quella cosa insopportabile, spocchiosa e difficile chiamata Sasuke Uchiha.
Però un bel giorno torni dalla tua brava missione di livello A e, aprendo la porta, scopri che il tuo Sasuke Uchiha è assediato da tre tizi ed un falco pellegrino che sono entrati e si sono stanziati.
«Scusa tu» soffia truce, superando Juugo a passo deciso.
Si sente in colpa due secondi dopo, perché quello gli rivolge distintamente un'occhiata perplessa e al contempo colpevole. Dura solo un istante, ma Naruto ci legge il disagio di chi si ritiene sgradito e fuori posto.
Il jinchuuriki fa quasi per fermarsi, voltarsi e borbottare almeno delle scuse – oltretutto, quel Juugo pare il più calmo ed educato della combriccola -, solo che le sue pupille finiscono a specchiarsi dritte in quelle del rapace bruno che lo shinobi tiene arpionato alla spalla, sopra la tenda pesante di stoffa blu che gli fa da veste.
La bestiaccia fa schioccare il becco nella sua direzione, ostile, e Naruto quasi salta sul posto.
«Maledetta cornacchia! Che accidenti vuoi?» si ritrae, memore della beccata che si è immeritatamente guadagnato quando Sasuke gli ha consegnato la lista della spesa e l'ha spedito fuori con distratta solerzia, come si stesse rivolgendo al fattorino di turno.
Rimangia tutte le nobili scuse che aveva intenzione di sciorinare e si trascina via con un'ultima sbirciata al becco aguzzo della mostruosità pennuta. Deambula svogliato in direzione del soggiorno, contando di sistemarsi in un angolo e mettersi sotto col lavoro: ha delle carte stanziate tra casa e quartier generale che vegetano da mesi.
Da quando Kakashi è Hokage e per la maggior parte del tempo l'assistente lo fa Naruto stesso, al posto di Shizune, sembra che l'apparato burocratico di Konoha sia prossimo al collasso.
Invece di passare i giorni liberi con Sasuke come fa di solito, ne approfitterà per mettersi in pari col lavoro.
Soddisfatto per la responsabile e matura risoluzione, accumula il fogliame, ormai divenuto di spessore considerevole, e si appropinqua al tavolino basso con tutto l'intento di arraffare una penna qualsiasi e stravaccarsi sul tatami.
Solo che il tatami – tutta la stanza, quindi – è già occupato.
Suigetsu e Karin stanno spalmati davanti alla televisione - quella stupida scatola per la quale Sasuke rifiuta di pagare il canone ogni due per tre e che quindi funziona una volta su dieci – ad ingozzarsi impunemente di quelli che, se la vista non l'inganna, sono dorayaki.
Dorayaki che, a giudicare da forma e odore, qualcuno deve avere come minimo cucinato.
E che qualcuno abbia cucinato, quindi preparato, mescolato, cotto, farcito, dorayaki nella cucina di Sasuke Uchiha – no, Naruto rifiuta semplicemente il pensiero di Sasuke associato ad una padella coi dorayaki – è quanto di più strano ed inquietante sia capitato in quella casa, a parte forse lo sterminio del clan.
Naruto si impone la calma, mentre si passa lentamente una mano dietro la nuca, a scompigliare capelli già scompigliati.
«Che guardate?» si costringe ad esordire, amichevole.
«Il quiz a premi sul canale tre!» comincia rapidissimo Suigetsu, rivolto verso Karin; e infatti subito dopo le ha sfilato il telecomando dalle dita lo sta agitando come se potesse incrementarne il funzionamento.
Indignata, Karin lo spintona di lato: Suigetsu ficca un palmo nel piatto e i dorayaki – quegli inquietantissimi dorayaki – schizzano in giro come shuriken. Uno colpisce i piedi nudi di Naruto, che abbassa lo sguardo e lo osserva ancora con perplessità, come facesse fatica ad ammettere l'effettiva esistenza di quella cosa.
Dorayaki fatti in casa: il mondo è andato alla rovescia il tempo esatto a consentirgli di far la spesa.
«Ridammelo subito, stupida pozza!»
Il telecomando scivola via dalle mani di Suigetsu – ormai brutalmente ridotto ad una macchia d'acqua dai pugni di Karin - e colpisce il gatto, intento a linguettarsi innocentemente il pelo acciambellato davanti alla porta finestra.
«Ehi!» tenta Naruto. La pila di fogli che tiene in mano gli impedisce di accorrere in aiuto di Naruto Due e visto che quello è si è già lanciato fuori, saltando giù dall'engawa e filando in giardino, il jinchuuriki decide che può rivolgersi direttamente ai due isterici che si stanno scannando davanti alla tv. Adesso c'è su una soap doppiata male, di quelle in diecimila e rotta puntate che vengono da oltreoceano per volere di nonsisachi. E a quanto pare è esattamente ciò che Karin desiderava vedere; la kunoichi infatti si alza, recupera il telecomando con uno sbuffo seccato e torna altera ad accomodarsi davanti alla tv, in una posa composta che poco si addice agli strepitii isterici cui Naruto ha assistito solo due secondi prima.
Indeciso sul da farsi, il jinchuuriki opta per sistemarsi davanti al tavolo ed ignorare tv ed ospiti. Dopotutto, ha visto Sakura leggere grossi manuali di medicina persino nel caos del pronto soccorso o in altri luoghi ben più affollati e rumorosi del salotto di casa Uchiha, che pur con tutta la buona, rumorosa volontà di Suigetsu e Karin, resta comunque il salotto di una casa isolata nel mezzo di un quartiere isolato.
Non dovrebbe essere troppo difficile concentrarsi, quindi; basterà mettersi a leggere con attenzione i documenti, anche se sono noiosi a morte, compilare quel che c'è da compilare e redigere quel che c'è da redigere: facile come bere un bicchier d'acqua.
Sei secondi dopo, Naruto si ritrova a sospirare in direzione della finestra per la terza volta, indeciso se chiuderla o meno, dato che entra aria abbastanza fresca, e a cambiare posizione, senza riposo; sospira un poco, metà orecchio pieno del chiacchiericcio colmo di pathos forzato che proviene dalla televisione, almeno quando l'audio non fa i capricci e le voci dei protagonisti finiscono risucchiate in egual misura dai fruscianti disturbi di frequenza e le botte secche che Karin assesta al povero vecchio elettrodomestico.
Naruto storce il naso e torna con gli occhi sui fogli, deciso.
Deve compilare una lista di rapporti per ordine cronologico e divisi per gradi ed è già la terza volta che scambia le date e ficca le missioni di livello A nell'elenco delle D; praticamente ha regalato i requisiti per l'esame di selezione chuunin a metà dei genin freschi diplomati.
Emette un mezzo rantolo esasperato mentre la penna impatta sul tavolo e poi rotola già prima che lui, impegnato a tenersi la testa tra le mani, riesca ad afferrarla.
E' tentato dal lasciarla lì e scoprire finalmente se Sanae abbia davvero fatto sesso con il fidanzato di sua figlia scambiandolo per suo marito, ma quando fa per voltarsi in cerca dello schermo, appena nascosto dalla chioma rossa di Karin, si ritrova davanti la faccia di Suigetsu Hozuki.
«Oi.»
Naruto sobbalza e la pila di fogli si inclina di lato.
«Oi» ribatte con notevole perplessità, scostandosi un poco d'istinto, almeno per riuscire a mettere a fuoco il naso dell'interlocutore.
Suigetsu se ne sta accovacciato sulle punte dei piedi, una bottiglia d'acqua saltata fuori da chissà dove tenuta mollemente in mano e tutta l'aria di voler chiacchierare con lui per ingannare il tempo.
«Senti un po', mi stavo chiedendo... tu a che servi?» domanda, come stesse informandosi distrattamente della sua salute o chiedendo informazioni sull'ubicazione del bagno.
Naruto aggrotta le sopracciglia e lo osserva stralunato mentre quello si scola un mezzo litro d'acqua con un sorso senza cambiare posizione. Continua a fissarlo con blando interesse.
«Cosa?» risolve il jinchuuriki, quando ammette che no, non ha capito la domanda. Suigetsu non muta espressione, però si accomoda a gambe incrociate proprio accanto a lui; pare un marmocchio cui sia stata promessa un storiellina per passare il pomeriggio.
«Insomma, sai... a che gli servi?» ripete, ammiccando alla parete, oltre il corridoio, nella cucina da cui provengono rumori soffici di rimestio culinario non meglio identificato.
Naruto, impegnato a rimettere in sesto la sua pila di fogli, riesce abilmente a colpire l'altra con un gomito, provocandone il crollo.
«Merd... non ti seguo. A che gli servo cosa?» domanda, del tutto genuinamente, mentre si affanna a rimettere insieme il mucchio di fascicoli. Alle loro spalle, Karin manda a fare in culo Sanae e Tetsuo, impegnati in un litigio appassionato che dai presupposti ha pari possibilità di concludersi nell'ennesima storia d'amore come in una tragedia domestica con annesso omicidio, e Naruto si convince definitivamente d'essere soggetto a gravi cali d'attenzione.
Suigetsu comunque non si scompone; inclina la testa di lato, manda giù un altro sorso con espressione pensosa – o stupida, dipende dai punti di vista – e poi torna a puntare le pupille in quelle di Naruto.
«Intendo, stai qui a fare che? Perché ti tiene qui?»
Naruto strabuzza gli occhi, mentre il sospetto di essere preso in giro si fa largo con prepotenza.
«Che diavolo... non sono mica un pesce rosso! Sto qui perché... insomma, sto qui» conclude indispettito. Si volta di nuovo tutto verso il suo fogliame burocratico, in un chiaro invito a voler essere lasciato in pace.
Lo spadaccino resta a studiarlo per un po' mentre lui finge con poca abilità di scribacchiare qualcosa, deconcentrato, e poi scoppia a ridere di gusto, tenendosi la pancia e sbatacchiando l'acqua. Karin si volta e intima uno «sssh!» poderoso che soffoca del tutto la dichiarazione romantica di Tetsuo.
«Certo che voi jinchuuriki siete proprio ridicoli!» continua a sghignazzare Suigetsu. «Quello dell'Hachibi è matto come un cavallo, ma pure tu sei strano forte» spiega ilare, reggendosi il mento col palmo e sorridendo sfacciato.
Naruto si indispone abbastanza da provare l'intimo desiderio di spaccargli la faccia; lascia perdere i fogli e si volta del tutto, piantando i palmi sulle ginocchia.
«E con questo che vorresti di-»
«E non mi hai ancora detto perché Sasuke ti tiene qui!» prosegue l'altro, noncurante. Ha qualcosa di infantile negli atteggiamenti, ma un luccichio sinistro negli occhi che, lungi dal farlo somigliare ad un bambino, lo rende largamente inquietante.
Naruto neanche vi presta attenzione, troppo preso ad imbufalirsi per le domande cretine.
«Si dà il caso che io sia...» sta per dire “il suo migliore amico”, ma all'improvviso la definizione gli pare non solo parzialmente imbarazzante e stucchevole da sputare sul naso di quella faccia da schiaffi di Suigetsu Hozuki, ma anche bizzarra, limitativa, ambigua; quindi si blocca a mezz'aria, con la frase in sospeso, il tono già alterato che ha richiamato anche l'attenzione di Karin.
Boccheggia un istante e poi rincara, con un dito teso.
«Che diavolo te ne importa, non è affar tuo! E poi senti ci parla! Te cosa saresti?!» bercia, arrossendo e facendo frusciare un bel po' di fogli per via dello spostamento d'aria causato da suo gesticolare.
Suigetsu pare non fare neppure caso al suo tono di sfida, né si scompone per via di quell'indice puntato in mezzo agli occhi.
Storce giusto un po' il naso e raddrizza il mento, prima di proferire con evidente quanto ingiustificato orgoglio: «beh, si dà il caso che io sia il suo braccio destro. Quello con la spada!»
Karin rotea gli occhi al cielo; inclina il capo nella loro direzione con un dorayaki mordicchiato tra le labbra.
«Certo, certo» li liquida, facendo zapping. «Da come la mettete, sembra quasi che ve lo dobbiate sposare» sfotte, con una chiara punta di fastidio e due di acidume.
«No, racchiona, quella sei te, eh!» ribatte Suigetsu, pronto. «O anche Juugo, volendo» aggiunge, pensoso.
«Ma taci, piscio che non sei altro! Sei davvero idiota».
«Mai quanto te, cretina! E adesso fammi guardare quell'accidenti di quiz» sbuffa forte e si alza di colpo, lasciando Naruto seduto a pugni stretti davanti al tavolo.
Karin ne segue i movimenti con palese ostilità.
«Col cazzo, sanguisuga. Non me ne frega niente del tuo stupido quiz».
«Dammi il telecomando, non ho intenzione di subire ancora le pene d'amore di qualche stupido adultero» mugghia lo spadaccino, appena prima di allungarsi per afferrare l'oggetto.
Karin lo agguanta prima di lui, tendendo il braccio svelta, e gli sferra un calcio in faccia.
Subito dopo, Suigetsu si è ricomposto solo per venir calciato ancora, ed i due sono presi da una durissima lotta per il possesso del telecomando incriminato, a scapito di cose e persone. Il piatto dei dorayaki è il primo a sfracellarsi sotto una pedata di Karin.
«Ehi!» si alza Naruto; i fogli crollano e lui li ignora, così come Suigetsu e Karin ignorano lui e continuano a pestarsi, bagnando pavimento e muri e distruggendo quel che finisce nei pressi di gomiti e pedate.
«Ehi!» ripete, più forte.
Completamente invisibile, inudibile e profondamente scocciato, il jinchuuriki decide di avvicinarsi con tutta l'intenzione di dividere quei due psicopatici con le maniere forti.
Ha già schivato una manata, lanciato un paio di insulti ed afferrato Suigetsu per le spalle unendosi agli ululati vari, quando Sasuke fa a sua maestosa comparsa.
«Piantatela con tutto questo chiasso» ammonisce, in un basso rombo di tuono.
Il pollo è tornato a stanziarsi sulla sua spalla e scruta tutti con fare minaccioso, quasi quanto quello del suo trespolo umano. Solo che a differenza di Sasuke, che sta fermo immobile a braccia conserte, l'animale non la pianta un secondo di agitare le ali e far schioccare il becco.
Karin, i polsi stretti tra le mani di Suigetsu ed un piede sulla sua guancia, assume un'espressione di vago imbarazzo.
«Ha cominciato questo imbecille, Sasuke!» trilla, stampando la suola sulla faccia dell'imbecille e ignorando la trafila di insulti che quello guaisce in risposta.
«Non mi interessa chi ha cominciato» ribatte il padrone di casa, con sottile furia. «E tu smettila di dargli corda e fa' qualcosa di utile, usuratonkachi» aggiunge con maggiore durezza, tutto rivolto a Naruto, ancora saldamente avvinghiato al collo di Suigetsu nel tentativo duplice di strangolarlo e staccarlo da Karin e con un piede su una montagnola di dorayaki orfana di piatto. Alle spalle del gruppo attorcigliato, la tv ronza di righe grigie.
Sasuke piega un poco la testa con aria di pazienza e gira i tacchi per raggiungere la cucina; dalla porta fa capolino Juugo in tenda blu e grembiule, una frusta in mano e una ciotola con litri di pastella nell'altra, il che spiega almeno i dorayaki, anche se Naruto non è sicuro di come considerare la cosa: se consolarsi perché effettivamente non è Sasuke la piccola cuoca o chiedersi perché accidenti lui abbia consentito ad un omone di due metri di mettersi a giocare alla casalinga nella sua cucina.
Il tempo che Sasuke sparisca oltre Juugo e questi faccia per seguirlo, che ricominciano gli schiamazzi; un calcio di Karin trapassa la testa ormai completamente liquefatta di Suigetsu e colpisce Naruto dritto sul naso. Il jinchuuriki si sente volar via senza neanche avere il tempo di realizzare cose gli sia capitato.
A quel punto accadono molte cose contemporaneamente.
Un litro di pastella ed una frusta di metallo vengono sbalzate in aria e piroettano fin quasi al soffitto; il setto nasale di Naruto devia tragicamente dalla sua sede e uno schizzo di sangue traccia la traiettoria dinamica tra il piede di Karin, ancora sospeso nell'aria, fino all'attuale ubicazione della faccia del jinchuuriki, spiaccicato schiena contro una tenda blu; Juugo, con il suddetto jinchuuriki di media statura e normopeso avvinghiatoglisi addosso d'istinto per non crollare al suolo, finisce mezzo soffocato dalla sua stessa tenda, annaspa e tossisce, finché sul suo corpo il marchio non comincia a estendersi a velocità vertiginosa; il tutto mentre Karin emette un urletto isterico, Suigetsu si ricompone e spalanca gli occhi ed il falco pellegrino di tre chili prende a starnazzare come un indemoniato, facendo sfuggire a Sasuke una mezza imprecazione - quasi discreta e pacata, in tutto quel trambusto - quando gli artigli della bestiaccia si sollevano dalla sua spalla senza alcuna delicatezza.
L'istante successivo, non appena il piumaggio terroso del volatile esce dalla sua visuale per sparire in corridoio, l'ex nukenin attiva lo sharingan e fa per voltarsi verso Juugo per cercarne lo sguardo.
E mentre quello ha già dirottato la sua furia contro Naruto e sta per sbatterlo in terra con violenza, Sasuke, i sensi tutti tesi ad evitare un altro sterminio in quella povera casa, avanza di un passo solo per ritrovarsi dritto sulla traiettoria della pastella in caduta libera; il tempo di incatenare lo sguardo di Juugo a sé, appena prima che quello colpisca Naruto, e la sostanza giallastra semifluida gli piove in testa schiantandosi con un unico suono scrosciante e pastoso. Si allarga tutt'intorno e schizza, lasciandogli addosso la sensazione di avere avuto un contatto ravvicinato con la lingua di Orochimaru, presto sostituita dallo schianto sordo della ciotola che gli finisce davanti agli occhi. Neanche a farlo apposta, sotto la sguardo un poco allucinato di Karin e Suigetsu, finalmente ammutoliti, la frusta va a sbattere direttamente sul fondo del contenitore, amplificando il colpo come se la testa di Sasuke fosse stata infilata direttamente in una campana.
Il secondo dopo, persino il falco pellegrino smette di starnazzare.




Nda
Un conbini è una sorta di minimarket che vende un po' di tutto, ad orario continuato.
Per quanto riguarda la lista della spesa scritta da Sasuke: gli udon sono spaghetti di grano, lo shoyu è semplicemente la salsa di soia e il konbu è un'alga che si utilizza sovente in cucina. In pratica è tutta roba piuttosto comune che pensavo fosse probabile trovare in una dispensa.
I dorayaki sono dolci ripieni di anko (la marmellata di fagioli rossi), piuttosto semplici da preparare in casa.
La soap opera seguita da Karin è ricalcata sugli ultimi risvolti di
Beautiful XD
Per quel che riguarda la televisione... a casa di Sasuke ce n'è una (#21), mi sono presa la libertà di supporre che ci siano anche annessi palinsesti e programmi (e spero di cavarmela con l'avvertimento demenziale, che ci sta con tutte le scarpe XD).

Il titolo della boiata viene dall'omonimo romanzo di Ian McEwan, Cortesie per gli ospiti (The Comfort of Strangers), che devo ancora leggere XD quindi non ho idea di cosa parli se non in linea generale, e temo che con questa roba non c'entri un beneamato fischio. Sì, è esattamente come sembra: non avevo uno straccio di titolo e mi sono quindi dovuta attaccare ad una povera, illustre vittima.

Ultima cosa: questa roba ho cominciato a scribacchiarla mesi fa, quando Sasuke non era ancora sbroccato del tutto (#51) ed io non seguo le scan, quindi si regola di conseguenza (cioè Sasuke non è completamente pazzo e Karin non vuole giustamente prendere la sua testa e farci un paralume, cosa che mi parrebbe più che legittima).
Ahn, e poi oggi è il ventitrè luglio *impreca alla sua stessa demenza*



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Capitolo 2
*** parte seconda ***


Che dire... Qualcuno mi dia una botta in testa, grazie.




Cortesie per gli ospiti
(parte seconda)



Deve essergli finito un litro di sangue giù per la gola, che schifo.
Ora, Naruto si ritiene una persona di spirito o comunque qualcuno che abbia la capacità di ridere anche sulle cose peggiori della vita: ci campa a questa maniera, da sempre.
Solo che, al momento, con il naso sepolto sotto un sarcofago di gesso, seduto tra barelle di gente che sta peggio di lui, nel bianco e caotico pronto soccorso dell'ospedale di Konoha, non riesce a sorridere come vorrebbe. Un po' perché il naso gli fa effettivamente male, un po' perché intimorito dallo sguardo inquisitorio di Ino, che ha squadrato lui e Sasuke come fosse dotata di poteri oculari.
Per non parlare di tutte quelle occhiate gravemente perplesse che l'hanno seguito per l'intero tragitto fino all'ospedale; e non ha ancora capito se fossero per il suo naso rotto che colava sangue nel panno da cucina a fiori o per il fatto che fosse accompagnato da Sasuke Uchiha, i capelli grondanti liquido giallino schizzato persino sul ventaglio; quel ventaglio che lui insiste ad indossare e che continua ostinatamente ad occhieggiare il villaggio, appeso come monito sulla sua schiena dritta.
Effettivamente è quello che metà del pronto soccorso sta guardando; qualcuno sussurra anche, probabilmente impegnato a formulare congetture che vedono tutte protagonista il povero Uzumaki Naruto, vittima della crudeltà inaudita e delle sevizie contro natura che hanno luogo ogni giorno nel vecchio ghetto; ma fortunatamente c'è caos e sono tutti troppo impegnati nelle loro faccende per poter prestare troppa attenzione al pericoloso Uchiha, ritto in piedi con espressione truce al fianco dell'eroe di Konoha col naso rotto.
Sasuke osserva Ino maneggiare con sollecitudine un po' casereccia il naso del compagno; stringe tra le mani il panno da cucina macchiato e sbuffa: non emette suono, ma Naruto sa che sta sbuffando, mentalmente, con ogni cellula del suo essere. Per il naso, per essere dovuto uscire di casa – Sasuke odia uscire di casa – e per aver dovuto lasciare soli dei potenziali disastri umani quali effettivamente sono Suigetsu, Karin e Juugo. Per non parlare della pastella che gli si è solidificata in testa, in faccia e sulla nuca. Il tutto esponenzialmente amplificato dall'emicrania oftalmica che gli verrà per aver usato lo sharingan e aver guardato tanta gente in maniera così truce.
«Ecco fatto» conclude Ino, contemplando il naso di Naruto con una certa soddisfazione. «Dato che sei tu, vedrai che tra meno di tre giorni sarà tornato perfettamente a posto».
Naruto non può fare a meno di tranquillizzarsi visibilmente: gli pareva che l'osso fosse rientrato nel cervello, tanto era stato forte il calcio. Al suo fianco anche Sasuke pare meno rigido e, non appena la dottoressa si è sfilata i guanti di gomma con un suono umidiccio e li ha gettati nel cestino con un perfetto lancio parabolico, lui accenna un passo per precedere Naruto fuori da quel posto, palesando in tal modo tutta la fretta trattenuta fino a quel momento; probabilmente era già da svariati minuti sull'orlo di una crisi nervosa, col mal di testa pulsante dietro le orbite ed una voglia cieca ed irrazionale di infierire sui degenti dell'ospedale in maniera randomica.
Naruto fa quasi per richiamarlo, ma poi tace e si gratta la nuca, lasciando che Sasuke esca senza degnare nessuno di uno sguardo e si fermi ad aspettarlo fuori dall'edificio. Ne segue la schiena con espressione corrucciata finché non si ritrova davanti la faccia di Ino, che lo osserva con maliziosa curiosità.
«E allora? Che è successo, si può sapere?» chiede, ma in verità non le importa se si può o no: lei lo vuole sapere e basta.
«Ma niente, Ino chan, te l'ho già detto. Mi stavo allenando».
Lei assume un'espressione scettica
«Tu e un pugno? Perché questo è un pugno. O come minimo una pedata. O un qualche oggetto contundente tirato di slancio, comunque».
Naruto borbotta, vago.
«È una pedata, sì. Ci stavamo allenando, hai presente» spiega, strizzando gli occhi quando la dottoressa gli assesta un colpetto sulla medicazione. «Ahi, Ino!»
Lei sbuffa e infila guanti puliti, senza distogliere lo sguardo.
«Tu e Sasuke kun?»
«Io e Sasuke ku- … io e Sasuke, sì. Chi altri?»
Ino si guarda attorno, con quell'aria da cospiratrice che Naruto le ha visto assumere insieme a Sakura quando le due stanno per scambiarsi un pettegolezzo succoso. Non è una buona cosa, registra il cervello del jinchuuriki, non è una buona cosa per niente.
«Sai, girano strane voci, ultimamente» comincia la kunoichi, la gomma che le aderisce ai polpastrelli con un suono simile ad un risucchio. «Intendo, strane voci sul tuo conto».
Naruto smette di incrociare gli occhi per cercare di guardare quella macchia bianca e sfocata che è adesso il suo naso e porta le pupille su di lei.
«Ah, sì?» emette, vacuo. «Non può essere peggio che “ehi, quello ha un demone in corpo”, credo» ridacchia, leggero. Si cala giù dal lettino e recupera la sua povera felpa arancione schizzata di sangue. «Beh, io andrei...»
«Ma come, non ti interessa?» lo ferma Ino, le mani sui fianchi. Se fosse stata Sakura, l'avrebbe bloccato assestandogli un diretto nello stomaco, quindi Naruto non si scompone più di tanto quando lei gli afferra la manica della felpa e se lo tira vicino, a portata d'orecchio. «Si dice che tu sia prigioniero in casa Uchiha. Parlano di rapimento e sevizie!» spiega, deliziata. Beh, almeno lei si diverte.
«Che cavolo di pettegolezzo sarebbe?» raglia Naruto, perplesso.
Ino si stringe nelle spalle, con una certa teatralità.
«Beh, sai. È risaputo che tu abbia un'ossessione per Sasuke kun» spiega, tranquillamente. «Molti pensano che tu sia sotto il suo controllo. E che lui ti maltratti, anche».
Naruto strabuzza gli occhi, a metà tra lo sconcerto e l'ilarità.
«Sotto il suo... cosa? Non sono sua moglie, eh!» si sente in dovere di rettificare un po' ad alta voce, nel caso da quelle parti ci sia qualcuno di quelli che si è fatto un film luce su ipotetiche violenze messe in atto da ex nukenin psicopatici.
Ino sbuffa, trafficando con dei tamponi.
«Ti presenti qui con un naso rotto e Sasuke kun con... era pastella, quella?» ridacchia, in sollucchero. Da quando Sas'kekun è un po' sceso dal piedistallo, rispetto ai dodici anni suoi e di Sakura, Ino ha cominciato a comportarsi con lui in maniera diversa e quasi inquietante, in un certo senso. Non lo teme e lo considera esattamente per quello che è: un vecchio compagno d'accademia – sempre esteticamente piacevole, questo lo ammette senza ombra di dubbio – che tra le altre cose ha causato un po' troppi guai alla sua migliore amica e al mondo perché gli sia consentito rimanere nelle sue grazie. In pratica, a ben vedere, semplicemente non lo sopporta; sempre cordialmente e in maniera molto più umana del resto del villaggio, ma non lo sopporta. «Capirai che metà della gente che vi ha visto sospetta come minimo la lite domestica» conclude, osservandolo mentre Naruto riesce finalmente a rimettersi la felpa.
Il jinchuuriki tenta di ridacchiare, ma intravede un guizzo di chioma rosa in lontananza e il riso gli muore sulle labbra.
«Oh, sì. Sakura inizia il turno adesso» conferma subito Ino, seguendo attenta i suoi occhi.
Ecco, spiegare approfonditamente a Sakura il perché si sia rotto il setto nasale non è una buona idea, specialmente se contempla l'ammettere la presenza di Karin nell'orbita di Sasuke.
«Fronte Spaziooosa! Guarda chi c'è!» sta cinguettando intanto Ino, curandosi persino di sventolare una mano ed indicare la testa bionda di Naruto, che spicca nel bianco asettico dell'ospedale.
Sakura non fa in tempo a voltarsi che lui è già trasalito e schizzato via, sparato direttamente in corridoio nella speranza di centrare la porta al primo colpo.
Ce la fa: dribbla una vecchina col girello, chiede scusa dodici volte al tipo cui ha calpestato il piede mentre dribblava la vecchina e si fionda fuori dall'edificio, il naso che pulsa ancora un po' sotto la medicazione, anche se è convinto che le ossa si stiano già rimettendo a posto, a giudicare dal formicolio.
Si guarda attorno brevemente, attirando l'attenzione di qualche infermiere impegnato a fumare poco distante dall'ingresso, e individua quasi subito Sasuke che se ne sta in disparte a reggere la parete: le braccia conserte, la faccia diligentemente nascosta sotto la frangia sporca e tutta l'aria d'avere un mal di testa d'importanza capitale.
«Oi» fa Naruto per richiamarne l'attenzione; balzella col suo naso rotto fino a portarglisi davanti e incrocia le braccia dietro la testa. «Naso a posto. Ma sarebbe meglio se quella tipa la piantasse di essere così violenta».
Sasuke solleva lo sguardo e stringe le labbra, a metà tra il seccato e l'acquiescente. Si stacca dalla parete con uno sbuffo soffocato e affonda le mani nelle tasche.
«Insomma... hai idea di quando se ne andranno?» domanda il jinchuuriki, aspettando che il compagno gli si affianchi.
Lui lo fulmina con un'occhiataccia.
«L'hai già chiesto» brontola, prima di precedere la sua replica. «E no, non lo so».
«Almeno hai provato a domandarglielo?» prosegue l'altro, allungando il passo quando nota che Sasuke lo sta superando, quasi fosse infastidito e volesse chiudere lì la conversazione.
Naruto è indeciso se assestargli una pedata o meno, ma tutto sommato reputa d'aver collezionato sufficienti ammaccature per la serata. Tituba e si gratta la nuca, affaticato; sotto la cupola limpida di cielo già tendente al blu cupo, il suo stomaco emette un sonoro brontolio.
«Senti un po'...» ricomincia, passandoci distrattamente una mano su, come per placarlo. «Ma ci tieni davvero così tanto a tenerteli lì?» azzarda.
Sasuke ha della pastella in testa ed è nervoso.
Normalmente con un Sasuke così, con la faccia incazzosa ed in una condizione d'evidente disagio, ci sono solo due modi per rapportarsi; ma in mezzo alla strada né pestarsi a sangue né far sesso sembrano al momento alternative contemplabili: bisogna necessariamente affidarsi ad una terza opzione. E poi, per la miseria, è lui quello col naso rotto.
«Insomma, sono fastidiosi e rumorosi. Tu detesti le persone fastidiose e rumorose, 'tebayo» puntualizza, gonfiando le guance e sbirciando per scrutare la reazione dell'altro, che si è fermato a braccia incrociate.
Sasuke lo esamina da sotto in su per un lungo secondo, infine inclina la testa e si ferma sui suoi occhi, stanco.
«Infatti» conclude con mugugnante sarcasmo ed una sorta di sbuffante rassegnazione, come avesse appena reso noto qualcosa di assolutamente palese e in qualche modo umiliante. «Non li manderò via» aggiunge come chiarimento ad uso e consumo del compagno, prima di riprendere a camminare.
Naruto resta immobile per un momento, la bocca ancora aperta, poi gli si lancia dietro e lo raggiunge con tre falcate nette che risuonano sul selciato.
«Ma sono rumorosi! E fastidiosi! E cucinano dorayaki in cucina. Hai presente? Dorayaki... sono dolci. Tu odi i dolci!» continua, cercando invano un senso. «E portano falchi pellegrini... a proposito, che diavolo sarebbe quel-»
«Juugo» spiega Sasuke, credendosi esaustivo. Sbuffa, quando Naruto fa per chiedere ancora ed è costretto ad ulteriori delucidazioni. «È un souvenir da Iwa, o qualcosa del genere. Gli ho già detto che se lo può tenere e tante grazie» lo rassicura subito dopo, forse notando l'espressione orripilata dell'altro.
«Va bene, okay, lasciamo stare...» bofonchia Naruto, rapido.
Lancia un'occhiata all'ingresso fatiscente del quartiere che si intravede già da lì, esattamente come il silenzio delle cento case rotte ammassate in quel che resta del recinto. Si distrae per un attimo a guardare il drappo con lo stemma del ventaglio che ondeggia all'ingresso e penzola giù, logoro e appesantito dal tempo.
«Sono ospiti. Non si cacciano gli ospiti» riprende Sasuke quando ormai sono le case di Konoha ad essere divenute distanti, i profili ombrosi nella sera appena scesa.
Naruto quasi inciampa; si tasta un po' il naso, infastidito.
«Non ti seguo» ammette con infantile semplicità.
Sasuke rotea distintamente gli occhi, appena prima di strizzarli, pentito e dolorante.
«Ospiti, usuratonkachi. Ci sono delle regole».
«Ah».
Ci sono delle regole. Quindi un manuale? È qualcosa che si studia all'Accademia? No, perché se non è qualcosa che si studia all'Accademia – o anche se lo è: non è che sia mai stato propriamente attento in classe – Naruto sa per certo di non poterla sapere, perché nessuno gliel'ha mai spiegata. Certo che almeno Iruka sensei, Kakashi sensei o l'ero sennin avrebbero potuto: perché se è una roba inerente al senso comune e la sa persino Sasuke – insomma, Sasuke! - non è bene che lui non ne sia al corrente.
«Non delle regole scritte, idiota» mugugna l'ex nukenin, perspicace. «Sono... regole. Ci sono e basta».
«Ma che razza di regole sarebbero?» protesta Naruto, stralunato. Pare tanto una sparata atta a prenderlo per i fondelli, o un dialogo tra due marmocchi di sei anni che stiano speculando sul mistero insito nella misura del letto matrimoniale di mamma e papà.
Ed effettivamente Sasuke sembra nient'altro che un bambino di sei anni quando, mentre già cerca le chiavi di casa in tasca, si limita a proferire con un certo nervosismo venato però da una sicurezza ancestrale: «lo diceva mia madre. Un motivo ci deve essere».
Naruto si acquieta, chiude la bocca e continua a camminargli d'appresso per un po', pensoso.
Sia lui che Sasuke sono ormai adulti e vaccinati, ma una madre resta comunque una fonte autorevole cui attenersi; e può sembrare stupido, o anche malato in un certo senso, ma Naruto sa che Sasuke ha un modo tutto suo di onorare certe piccole cose che alle volte lui neanche capisce, o che gli sembrano irrilevanti finché non afferra quanto effettivamente siano necessarie all'altro: necessarie come mangiare e dormire, come respirare. E anche se l'ostinazione di Sasuke nel conservare gli arnesi per la rasatura di Fugaku senza neppure usarli può apparire decisamente fuori di testa, così come tenere i libri ed i rotoli perfettamente spolverati ma disordinati - secondo un criterio di disposizione frutto del lavoro solerte ma un poco distratto d'una madre -, Naruto capisce e accetta senza colpo ferire di condividere un letto troppo piccolo nella vecchia camera di Sasuke, rinunciando a stanziarsi sull'enorme matrimoniale che sta nella stanza in fondo al corridoio del secondo piano, oltre la porta chiusa.
Ci sono delle ragioni: alcune chiare altre meno, ma ci sono. E finché servirà a far sentire Sasuke un po' meno perso, lui ha deciso che si adeguerà, dovesse pure trovarsi costretto a subire Hozuki Suigetsu.
«E insomma... in che consisterebbero queste regole?» domanda infine il jinchuuriki, tastandosi distrattamente il naso ancora indolenzito, mentre Sasuke cerca di capire da che lato vadano infilate le chiavi: fosse per lui neanche se le porterebbe solo per il fastidio che prova nel doversi ingegnare ad inserirle nella vecchia serratura arrugginita.
«L'ospite è sacro» bofonchia l'ex nukenin, con una certa dubbiosa solennità, come citando un assioma ineludibile di cui però non abbia afferrato del tutto il senso.
Naruto si gratta la testa, perplesso, poi si vede costretto a scrollare le spalle.
Spera vivamente che le regole comprendano la possibilità di defenestrare il sacro ospite, nel caso questi si faccia troppo ingombrante; parrebbe una clausola ragionevole.
Se fosse Shikamaru, si abbandonerebbe ad uno sbuffante, liberatorio “che seccatura!”; non solo ha dovuto sopportare naso rotto e falco pellegrino: se quelli – quei tre, il falco non è un quarto, il falco è un coso inquietante che sta lì - decidono di rimanere, rischia di veder bruciati tutti i suoi poveri, già normalmente esigui giorni liberi.
«Stupide regole» bofonchia, fingendo di non vedere Sasuke che sbaglia ad infilare la chiave nella toppa e impreca ad Hashirama Senju.
Lo osserva obliquo adoperarsi con una certa stizza a tastare la serratura con le dita, svelto e seccato.
«Sasuke».
Lui non risponde: ha appena scoperto di star usando le chiavi sbagliate, quelle del quadro elettrico generale che si porta sempre dietro nel caso al quartiere venga la bella idea di precipitare nel buio, abitudine che ha preso da quando lo shinra tensei di Pain ha devastato metà dei tralicci.
«Sasuke» ripete Naruto, e glielo soffia nell'orecchio.
«Che vuoi» ringhia l'altro, senza neanche girarsi. Una mano di Naruto scivola a sfilargli le chiavi dalle dita, rapida e precisa. Sasuke segue il luccichio del metallo nel buio bluastro, lo sguardo già carico di biasimo, finché le chiavi non si fermano a tintinnare davanti al sorriso scemo di un cretino con la testa bionda ed il naso rotto, la medicazione bianca come una macchia chiara in mezzo alla faccia.
Dato che quello continua a sghignazzare beatamente, il pugno di Sasuke parte quasi in autonoma, seguito da tutto il corpo.
Naruto schiva, zompettando all'indietro; le chiavi tintinnano con lui
«Te le ridò solo se ho qualcosa in cambio!»
Quando Sasuke fa per insinuare la morte del suo presunto ultimo neurone, Naruto ha già afferrato il suo polso - che voleva essere un altro cazzotto alla sua testa quadra – e lo sta trascinando dietro la casa, sull'erba oltre il muro crepato che delimita il cortile.
«Nelle tue regole succede qualcosa se si lasciano gli ospiti a casa da soli troppo a lungo?» domanda, già appiccicato addosso all'altro; le chiavi impattano contro un sasso assieme alla tasca e a tutta la felpa, lasciata cadere in compagnia di altri capi di vestiario generici, non solo suoi.
«Sicuramente» ribatte Sasuke aspro, la testa incastrata nella maglietta. Non appena riesce a liberarsi, avvicina il naso all'orecchio di Naruto, strattonandogli piano una ciocca. «Ma, visto che il danno è fatto, suppongo che un po' in più non possa fare differenza» borbotta regalmente sostenuto, reprimendo invano un brivido quando la schiena tocca l'erba umida.
In risposta, Naruto gli sghignazza tra i capelli.


L'erba punge dappertutto, odora di bagnato e terra smossa, s'infila in ogni anfratto proprio come fanno i capelli di Sasuke, sporchi di pastella dolciastra, e la pelle morbida e accaldata premuta contro la sua.
Il sesso è una gran cosa: Naruto lo ha inserito tra le attività più piacevoli che conosca, assieme al mangiar ramen e poco altro.
La prima volta che l'hanno fatto, lui e Sasuke, è stato oh, imbarazzante. E anche un disastro completo, roba che avrebbe fatto comodo un manuale d'istruzioni, ma visto che - a parte le isterie iniziali - non hanno smesso più, non deve esser stato proprio da buttar via. Magari la prima volta è così per tutti, chissà.
Adesso invece funziona alla grande, si fa spesso e quando non c'è manca.
C'è solo una cosa peggiore dell'astinenza: essere interrotti.
Interrotti proprio nel bel mezzo, da uno scossone seguito da cacofonia di cocci a pioggia che dura quasi cinque secondi interi.
Naruto si perde le prime fasi perché il dolore al naso lo coglie del tutto impreparato: è un dolore vuoto e stordente che gli penetra nell'osso e sale su fino agli occhi; il jinchuuriki strizza le palpebre e annaspa, prima di mugolare e rotolare su un lato, atterrando sull'erba con disagio e la sonora sensazione di stare per svenire.
Nella casa con le luci accese qualcuno sta starnazzando con foga e non è certo che sia proprio il falco pellegrino: somiglia più che altro alla voce di Karin, a dir la verità. Naruto emette un lamento stentato e accanto a lui Sasuke stringe i denti, una mano sulla fronte; lancia un paio di imprecazioni e poi si volta ansimando, per inquadrare lui nel buio bluastro.
Soffia via le ciocche dalle labbra, con espressione sofferente.
«Idiota?»
C'è bisogno che Naruto deglutisca un paio di volte, prima di riuscire a rispondere e, quando lo fa, la sua voce è spezzata e dolorante.
«Mi hai dato una craniata» fa presente, lacrimando e tirando su col naso martoriato. Nella casa allo sbraitare di Karin si aggiunge la voce querula di Suigetsu.
«Sei tu che mi hai dato una nasata» ribatte Sasuke, altrettanto stravolto ma esteticamente più composto, nonostante la fronte arrossata nel punto in cui ha sbattuto contro il setto nasale del compagno. Si puntella sul gomito in un gemito, per guardarsi attorno con sospetto.
Prima che Naruto possa fare alcunché – ad esempio prendersela perché Sasuke riesce sempre a rigirarsi le frittate e dare la colpa agli altri – un'ombra grassa, rapida come un proiettile, schizza nella loro direzione.
Sasuke quasi non ne distingue i contorni, ma scatta comunque per cercare di intercettarlo, mentre il jinchuuriki caccia un «oh!» sconcertato e si mette seduto, sballottando dolorosamente il povero naso.
Arraffato praticamente ad un pelo da terra sotto gli occhi sgranati dei due ninja, il proiettile emette un miagolio di terrore.
«Naruto?» fa Sasuke, retorico. Tiene il gatto per la collottola e se lo fa dondolare a mezzo metro dalla faccia, interdetto.
Naruto sbaglia per l'ennesima volta da quando il gatto è stato battezzato a quel modo indegno e quasi fa «sì?», sentendosi chiamato in causa. Recupera all'ultimo e si mette anche lui a guardare Naruto Due con espressione stralunata.
«Che accidenti...?» inizia.
Ma non finisce, perché l'istante successivo il brusio che veniva dalla casa si alza, gli shouji scorrono al suono di soffi rumorosi e ombre caotiche si riversano in giardino, ciarlando a voce alta.
«Prima gli distruggi la cucina, poi gli ammazzi il gatto! Lo so io cosa succederà!»
«Non gli ho ammazzato niente, racchia. Sarà qui da qualche parte...»
«Sì, morto d'infarto!»
Naruto praticamente sente Sasuke irrigidirsi accanto a lui, quasi tutte le sue ossa si assestassero in uno scricchiolio congiunto per fargli assumere la sua postura più rigida, quella da furia cieca; l'eroe di Konoha, in virtù del suo amore per tutte le creature, decide saggiamente di sottrargli il gatto da sotto le mani prima che il pericoloso ex nukenin sanguinario lo ammazzi usandolo come antistress.
Sentire Suigetsu che chiama «qui, micio micio» farebbe saltare i nervi a chiunque – e infatti Karin si è già concessa uno sbuffo esasperato che ha spaventato uno stormo di pipistrelli, quelli annidati nella casa attigua – e Sasuke non è famoso per il suo autocontrollo: si alza di slancio seguendo l'impeto del momento e si erge fiero oltre i cespugli, con tutta l'aria di voler restaurare l'ordine a furia di occhiate omicide.
È buio, si vedono solo ombre e riflessi brevi dovuti alla luce che filtra dallo shouji aperto. Juugo sta proprio lì davanti, a sporgersi cauto sull'engawa e guardare tutti da lontano; le figure di Karin e Suigetsu, invece, sono sagome nette in controluce. I loro occhi sono disabituati all'oscurità e quando Sasuke ringhia i due si voltano confusi per vedere se ci sia un cane randagio, piuttosto che guardare nella sua direzione. È per questo che Naruto fa in tempo a sgranare gli occhi, farsi graffiare dal gatto e registrare come dovrebbe apparire dall'esterno lo spettacolo di un Sasuke dimentico della sua nudità integrale, coi pugni stretti e il cipiglio rabbioso di uno armato di katana per un duello all'ultimo sangue. E invece ha la pastella in testa, il pisello al vento e l'erba meglio non chiedersi dove.
C'è un sussulto di Juugo, lontano, che emette un verso interrogativo indicando proprio il punto dove un momento prima c'era la testa di Sasuke; l'attimo dopo è sparito tutto e lui aggrotta le sopracciglia, meritandosi una lamentela di Karin, che l'accusa di avere le allucinazioni.


Ecco, si è pure preso una gomitata nello stomaco, bel ringraziamento.
«Eri nudo come un verme e spuntavi come un fungo dal cespuglio, testa di cazzo, che avrei dovuto fare?» mugugna Naruto animoso, quando Sasuke gli rifila l'ennesima occhiataccia, nell'ombra polverosa della vecchia casa.
Sono in un soggiorno, o almeno così sembra. È ampio e coperto da tatami, come ognuno dei pavimenti delle vecchie case del quartiere, ma le analogie con l'abitazione di Sasuke stanno tutte nella struttura, per il resto gli interni sembrano due quadri con lo stesso soggetto dipinto da artisti diversi. E uno dei due doveva essere un amante delle storie dell'orrore.
Il jinchuuriki alza gli occhi al soffitto, e subito dopo si ritrae perché ha intercettato un'altra ragnatela pendere a grumi dalle travi e il proprietario di quell'opera architettonica zampettare enorme e silenzioso proprio nella sua direzione.
Saltella per infilarsi i calzoni e poi impreca contro la cerniera.
«Abbassa la voce, idiota» gli sibila Sasuke, rimettendosi i sandali; fuori Suigetsu e Karin stanno ancora discutendo.
«Merda, dov'è il destro?» borbotta compreso Naruto, zompettando su un piede solo.
«Ehi, ma questa è una scarpa?» fa la voce divertita di Suigetsu oltre le mura sottili, a pochi metri di distanza.
Sasuke si trattiene fortemente dal darsi una manata in fronte e opta per rifilare a Naruto un altro ammonimento silenzioso.
Lui si offende – è merito suo se sono riusciti a squagliarsela così in fretta – e mette il broncio; poi recupera il gatto, che è stato trascinato nella fuga assieme al mucchio scomposto di panni recuperati in un unico carico disordinato.
«Usciamo da davanti» delibera Sasuke, precedendolo a passo marziale lungo i corridoi di quella casa macilenta che fa seriamente accapponare la pelle: e pensare che praticamente ci dormono vicino da anni. Pensare che Sasuke ci ha dormito vicino quando forse c'erano meno ragnatele ma il sangue era più fresco. Meno male che l'ultimo degli Uchiha ha ancora la pastella in testa, tra i fili d'erba verde, e a guardarlo fa comunque ridere, anche se il tatami scricchiola in lamenti.
Naruto ignora con ostinazione degli squarci obliqui sulla porta - sembrano proprio segni di shuriken - e la oltrepassa, camminando sul suo sandalo scompagnato e col gatto sottobraccio.
Fanno un giro largo come due ladri e il jinchuuriki è quasi certo che venti metri in più siano dovuti al fatto che col buio Sasuke non sa bene dove stia andando, invece che ad una qualche brillante tattica di depistaggio; anche perché l'ex nukenin sembra abbastanza ansioso di scoprire cosa significhi di preciso quel «prima gli distruggi la cucina» urlato da Karin, piuttosto che essere anche solo lontanamente turbato dal dover spiegare perché somigli tanto ad una massa di compost ambulante.
Quando arrivano davanti alla porta giusta, a giudicare dal vocio, pare che Karin e Suigetsu si siano spostati di nuovo dentro. Ovviamente senza dimenticare di star litigando.
«Le chiavi?» fa Naruto, dopo un intero minuto di ricerca. Sasuke gli rivolge un'occhiata tagliente e incrocia le braccia.
«Le avevi prese tu» abbaia secco, le mani ancora nelle tasche.
Naruto cerca a sua volta, ma svuotarsi le tasche fa solo cadere in terra un buono pasto di Ichiraku.
«Mi sa che è pure scaduto...» bofonchia, esaminandolo con perizia inutile, dato che col buio non serve neanche chiamarsi Sasuke per non vederci un tubo. «Beh, bussa» risolve infine, distogliendo lo sguardo dal pezzetto di carta e portandolo sul compagno.
C'è una pausa densa di biasimo che dura un secondo abbondante e che significa non ho alcuna intenzione di bussare per entrare a casa mia, poi la porta si apre da sola.
«Bentornato» esordisce Juugo, sintetico, e sembra persino più alto, stretto nel vano dell'ingresso con la sua tenda e il falco appollaiato nervoso sulla spalla
Dietro di lui, Suigetsu viene sgomitato via da Karin, che si sporge per urlare «è stata tutta colpa di questo coso!», in via preventiva.
E Naruto li vede, i segnali: i denti di Sasuke digrignarsi sotto le labbra serrate, lo spasmo lieve del pugno e l'ombra di cupo nulla distruttore che gli attraversa lo sguardo.
Juugo scatta di lato quasi d'istinto, per consentirgli di entrare.
Sasuke avanza senza fretta: toglie le scarpe e le allinea prima di poggiare i piedi sporchi sul tatami con un crepitio lieve, e nessuno, neanche Suigetsu, si azzarda a fargli notare che del compost non ha solo l'aspetto, ma anche l'odore.
Naruto lo segue schiarendosi la voce perché il silenzio lo turba; si stringe Naruto Due sotto il braccio e, superato Juugo, sgattaiola al seguito di Sasuke, trascurando deliberatamente il fatto che Suigetsu tenga il gemello del suo sandalo in mano.
Sasuke ha ignorato tutti e si è diretto senza esitazione in cucina, salvo poi bloccarsi in maniera assai preoccupante sulla soglia.
Suigetsu e Karin restano zitti e immobili in corridoio, lui a guardare per aria con espressione innocente, la scarpa di Naruto in mano, e Karin con le labbra tese e le sopracciglia aggrottate dietro gli occhiali, in cerca di qualcosa da dire che però le consenta di conservare la testa attaccata al collo.
Juugo si avvicina in silenzio a pochi passi da Naruto, come contasse di farne un efficace scudo umano. Il falcone schiocca il becco e Sasuke emette uno sbuffo breve dal naso: Naruto lo prende come un tentativo di calmarsi andato per nulla a buon fine ed è quindi con assoluto sprezzo del pericolo che non demorde e si avventura fino a raggiungere le spalle del compagno, per affacciarsi in cucina.
C'è il tavolo, questo sì.
Il tavolo sta lì, nel mezzo, e le mura sono in piedi, e ci sono anche tutti i mobili. Però c'è una credenza – la credenza – divelta da un'unica, poderosa accettata. Se ne sta rovesciata nel mezzo della stanza, sopra il pavimento coperto di cocci; cocci ridotti a scagliette sottili e grossi tranci di ciotole e piatti una volta ordinatamente, maniacalmente impilati in perfetto ordine nei loro ripiani, ora stesi a formare un tappeto di schegge da cui emerge il tavolo basso.
Ci sono anche dei barattoli di pelata esplosi a chiazze e i biscotti di Naruto sparsi in giro, ma non è quello il problema. Il problema è il servizio di stoviglie di Uchiha Mikoto ridotto a brandelli sul pavimento della cucina di Uchiha Mikoto: ci sono gli estremi per uno sterminio di massa.
Naruto non sa che dire. Aiuterebbe volentieri nello sterminio di massa, in tutta sincerità, ma se non lo ferma lui quello psicopatico di Sasuke, finisce con tre cadaveri che spurgano sangue sul pavimento della cucina di Uchiha Mikoto, e Uchiha Mikoto sarebbe altrettanto contraria, senza dubbio.
«Sasuke...» inizia, con estremo tatto.
Il suo tentativo sblocca anche Karin, che si schiarisce la voce e cerca d'articolare un pensiero che inizia per «questo qui...»
Non termina.
Perché Sasuke si volta con lentezza esasperante e resta così, la luce formicolante della cucina che dona qualcosa di inquietante alla sua figura in ombra.
«Spiegami» ordina, in un tono tutto fuorché conciliante.
Le guance di Karin si colorano di una sfumatura tra il rosso e il verdastro, gli occhi nascosti dal riflesso delle lenti, ma con coraggio la kunoichi deglutisce e si schiarisce rapidamente la gola.
«Lui... lui» comincia, voltandosi agguerrita verso Suigetsu. «È colpa di quello stupido falco» risolve infine, avvampando.
«Volevamo preparare la cena» aggiunge Juugo, illogico.
«E il falco svolazzava» postilla Suigetsu, mimando un nevrotico battere d'ali con il sandalo di Naruto in mano.
Sasuke non si muove, in attesa; non è chiaro se stia ascoltando o meno, così i tre si scambiano sguardi allarmati.
Karin prende nuovamente il ruolo di portavoce e con sprezzo del pericolo azzarda un passo in avanti.
«Suigetsu è stupido» premette, subito secca. Ignora l'occhiataccia del compagno e continua «Juugo si stava innervosendo per via del falco, e lui ha utilizzato il metodo più idiota tra quelli disponibili per risolvere il problema in fretta» conclude, palesando col tono e l'occhiataccia rivolta a Suigetsu quanto lei stessa biasimi la sua abitudine di menar di spada senza valide ragioni e sia quindi completamente dalla parte di Sasuke.
Peccato che Sasuke non sembri pensarla allo stesso modo: Naruto registra con ansia lo sbiancare delle nocche del compagno, il tendersi del ventaglio sulle sue spalle rigide e lo spasmo delle labbra tese. E se ne accorge anche Karin, perché deglutisce pianissimo e non riesce più ad emettere sillaba.
C'è un momento d'attesa in cui sembra che tutti stiano trattenendo il fiato per un'esplosione imminente. L'aria si ferma, Sasuke stringe gli occhi e inspira brevemente, dilatando un poco le narici.
Ci si aspetta una sfuriata, una risata isterica da pazzo, un genjutsu generale che li ucciderà tutti, e invece, prima che chiunque riesca ad emettere un solo accenno di fiato, Sasuke produce solo un lieve sospiro basso.
È una sorta di miracolo, come se una luce si fosse riversata in corridoio, spandendo refoli di sollievo tiepido tra i presenti. Naruto quasi è tentato di mandarlo a quel paese, Sasuke: gli ha fatto credere di dover liberare la volpe per sventare la strage e invece niente; un bel sollievo.
Ma anche no. Karin fa appena in tempo a schiarirsi la voce, Suigetsu a rilassare le spalle e Juugo a decidere che incassarsi nel muro e svanire non è più necessario, che il falco decide di alzarsi in un balzello impacciato: svolazza con un fruscio di piume sotto lo sguardo perplesso di Juugo e si sposta senza fretta, come avesse deciso da tempo che quello era il momento giusto. Non emette alcun verso, né schiocca il becco; solo, si libra per un attimo nell'aria, mentre si dà la spinta, e poi va a posarsi con delicatezza quasi surreale proprio sulla testa di Sasuke.
Lì, davanti alle espressioni perplesse di quattro persone e quella quasi allucinata dell'ex nukenin, lascia un suo indelebile ricordo che va a sommarsi ad erba e pastella.
È in quel momento che scatta il Chidori.


Il manuale, le regole o quel che era, sono andati a farsi allegramente friggere nell'arco di due secondi.
Uno speso per crearsi terra bruciata attorno con un Chidori: il chakra è schizzato come schizza una manata o un pugno, neanche fosse normale reagire a colpi di saette, e ha fatto strepitare il falco fino a fargli dare una capocciata al soffitto. Gli astanti, Naruto compreso, sono balzati tutti due metri più in là, spalmati contro il muro per evitare di essere raggiunti dalle scariche. L'altro secondo è servito a Sasuke per cominciare a sillabare un categorico «fuori».
Il resto è stato un precipitare di eventi che ha visto l'ex nukenin, luminoso di chakra e con lo sguardo così cattivo che Juugo ha persino rinunciato a dare segni di squilibrio - come avesse giudicato l'evidente squilibrio mentale di Sasuke semplicemente troppo: nulla con cui potesse sperare di competere – intimare a tutti di uscire da casa sua in un tempo compreso tra subito e adesso, senza dare ad alcuno la possibilità di replicare qualsiasi cosa, o anche solo di ricominciare a respirare.
Né Naruto né Naruto Due si sono sentiti inclusi nell'invito, anche perché con Sasuke e il suo chakra friggi mosche davanti alla porta della cucina non c'erano molte chance di uscire illesi se non passando dalla finestra; Naruto Due c'ha provato, ma Naruto se l'è tenuto stretto tra le braccia, troppo preso dal piccolo dramma domestico per prestargli attenzione. Non vedeva Sasuke così fuori di testa da quando il gatto aveva avuto la brillante idea di farsi le unghie sul comodino di Itachi.
«Sasuke» si azzarda a sussurrare dopo un po', quando la porta d'ingresso si è chiusa con educata discrezione dietro le spalle di Karin e il jinchuuriki ha deciso che, almeno per lui, il pericolo sembra rientrato.
L'altro non si volta, ma almeno ha smesso di emanare chakra come uno sciroccato: sta solo in piedi così, le spalle alla cucina e la testa impiastricciata di schifezze inenarrabili; e meno male che al mercato non vendono i topi, se no a sapere la fonte sarebbe stato quasi peggio.
«Sasuke?» ritenta l'eroe di Konoha, avvicinandosi. I cocci scricchiolano sotto i suoi piedi e Sasuke si volta di qualche grado, piano.
Rotea gli occhi davanti al suo viso teso, poi incrocia le braccia e azzarda un'altra panoramica della cucina, fingendo che il sopracciglio non stia tremolando.
«Ti fai male, imbecille» ammonisce roco, in direzione dei piedi scalzi di Naruto.
Lui se li guarda e si stringe nelle spalle.
«Ci pensa quella stupida Volpe» aggiunge, pratico. Sasuke gli lancia un'occhiataccia truce, ma non dice niente.
Restano in silenzio per un po', a guardare i cocci rotti. Fuori, Karin e Suigetsu hanno ripreso a cercare di scannarsi, incolpandosi a vicenda di aver fatto incazzare quello psicopatico di Sasuke. Li seda inaspettatamente la voce calma di Juugo, che si impone con un deciso «basta litigare, abbiamo sbagliato tutti» includendosi con notevole spirito di sacrificio. Quel che arriva, poi, sono solo borbottii vaghi troppo bassi per risultare distinguibili.
«Beh, mh...» comincia Naruto, indeciso.
Sasuke ha finalmente preso la situazione e la scopa in mano. Ci scaccia prima il gatto – non con la situazione, beninteso - e quello scivola fuori e va a rifugiarsi nel buio del sottoscala, in cerca di pace.
I cocci grattano sul pavimento, sotto i colpi duri delle setole.
Naruto ha la bruttissima sensazione che stia per partire un Amaterasu. Se Sasuke avesse il Kamui lo userebbe per risucchiare cocci, cucina e probabilmente anche Suigetsu, Karin e Juugo; e magari anche lui e Naruto Due, povere vittime inconsapevoli.
Indeciso sul da farsi, si guarda attorno in cerca di una scopa supplementare o di un altro oggetto che gli consenta di rendersi utile; con un lampo di genio, scavalca saltellando metà pavimento e recupera impacciato le buste della spazzatura formato cadavere che ha comprato la settimana scorsa, guadagnandosi una trafila d'occhiate impensierite da parte dei negozianti – pensano sempre che Sasuke lo voglia rendere complice di efferati omicidi, quei cari nonnetti del conbini –, e quasi si impicca cercando di separarne i lembi.
Mentre concentrato cerca di portare a termine quell'impresa, Sasuke continua a racimolare cocci con metodo, chiuso in un silenzio preoccupante.
Naruto trae un sospiro casuale e inizia a raccogliere i frammenti più grossi a mani nude, lasciando che si sfracellino definitivamente sul fondo di plastica nera.
«Oh, questa è intatta!» esclama d'un tratto, estraendo una tazza giusto un filo sbeccata dalle macerie delle sue compagne distrutte.
Sorride di rimando all'espressione neutra di Sasuke, che ha interrotto giusto per un istante il suo spazzare meccanico, ed esamina la tazza controluce. «Vedi, c'è solo una piccola cre-». Non riesce neanche a finire che la tazza, sporca di sugo freddo esploso dai barattoli schiantati, gli scivola via e va a sfracellarsi in terra.
«Usuratonkachi» scandisce l'ex nukenin, monocorde e cupo; stringe il manico della scopa e lo guarda dritto negli occhi. «Se il tuo scopo è unicamente quello di intralciarmi, resta immobile».
Naruto apre la bocca, guarda per un momento la montagna di cocci, poi la richiude.
«Stavo solo... Non l'ho fatto apposta» cerca di articolare, ottenendo solo di far contrarre il sopracciglio sinistro di Sasuke in una piega per nulla rassicurante. «Non prendertela con me» conclude, imbronciato.
Sasuke non dice niente, lo squadra per un altro lungo secondo con estrema contrarietà e poi ritorna a dedicarsi alla sua cucina, raggruppando le schegge schizzate sotto i mobili assieme a sparuti biscotti sbriciolati.
«Sei tu che te li sei voluti tenere in casa» riprende dopo un poco il jinchuuriki, offeso. «Sono anche ricercati, lo sai. Non è per qualcosa, ma...»
«Non è per qualcosa cosa? Sono ricercati, sì, appunto» sbotta Sasuke, evitando per un soffio di dare una capocciata all'anta che ha aperto quando si è chinato per raggiungere anfratti più nascosti.
«Appunto cosa? Non dovrebbero stare a Konoha, hai presente? Non dovrebbero proprio!» prosegue Naruto, spazientito. A ogni parola un coccio finisce a schiantarsi sul fondo della busta.
«E certo, la tua preziosa Konoha. Infatti non siamo a Konoha, siamo a c-» ripete Sasuke, tra uno sfracellio e l'altro.
«Ah, eccolo che ricomincia!» lo interrompe Naruto, svelto. «Questo posto è nel territorio di Konoha!»
«Vaffanculo» ribatte l'ex nukenin, con eccezionale coerenza e diplomazia.
Naruto si trattiene a stento dal tirargli la mezza ciotola crepata che ha in mano e risolve gettandola nella busta con violenza.
«Vedi che non ha senso? Non ce l'ha! E quelli non dovrebbero essere qui!»
«Tu non hai senso, idiota, e piantala di fare baccano!» aggiunge l'altro, producendo però rumore lui stesso con la montagnola di cocci che continua a spalare con violenza e senza troppa logica, facendo cozzare la ceramica contro un angolo.
Sembra una gara a chi fa più rumore, tra stoviglie già rotte ridotte a polvere ruvida sotto i piedi, tranci di bicchieri gettati da scopa a busta che rimbalzano fa un muro all'altro, Naruto che ringhia e Sasuke che gli sibila contro. Un manicomio, ecco cos'è.
«AAAH! Basta!» sbraita di colpo Naruto, quando Sasuke prende l'iniziativa di lanciargli un'ex tazza neanche fosse uno shuriken.
Il fracasso si blocca di colpo ed entrambi ansimano come avessero corso.
Naruto fissa il compagno con un cipiglio astioso, paonazzo. Getta un'occhiata di sfuggita al coccio che si è fracassato alle sue spalle e poi, senza alcuna logica, si siede sul pavimento.
«Forza, seduto» sbotta, invitando Sasuke ad imitarlo.
Lui lo osserva stralunato per un paio di secondi e il jinchuuriki emette un gemito esasperato.
«Dei, Sasuke dammi retta per una volta nella vita!»
L'ex nukenin mugugna e rumina un bellicoso «e quando mai», con glaciale sarcasmo, ma finisce per obbedire e, senza curarsi di liberare il pavimento dalle schegge, si siede pesantemente con palese ritrosia.
Restano seduti per quasi una mezza dozzina di secondi, Sasuke che fissa in cagnesco un pezzo della credenza martoriata e Naruto pensoso e un po' incupito.
«Mi dispiace per la cucina» comincia infine l'eroe di Konoha, incerto.
Senza neppure voltarsi, Sasuke aggrotta le sopracciglia e sembra tentare un breve movimento brusco del capo, come per scacciare una mosca.
«Non sei tu quello che dovrebbe chiedere scusa» brontola, e non si sta riferendo a se stesso, ma al trio di dementi che ha appena cacciato.
Naruto lo sa, che non riceverà mai delle scuse per quella tazza che l'ha quasi preso in pieno, come per diverse altre cose, e quindi accoglie con piacere almeno l'essere stato escluso dall'elenco dei colpevoli di reati contro il clan Uchiha, che – considerato quanti nomi contiene, almeno secondo l'inquietante, lunghissima lista mentale di Sasuke – è già qualcosa.
«Non mi piacciono» riprede Naruto, più deciso e anche in imbarazzo, ora che ha espresso il pensiero a voce alta. Ignora l'occhiata un poco perplessa di Sasuke e continua a pulirsi lo spazio tra alluce e secondo dito, nonostante la schegge che c'erano incastrate siano precipitate sul pavimento al primo tocco. «Non mi piace che abbiano avuto a che fare con Orochimaru e non mi piace che quella Karin ti stia appiccicata » schiarisce un poco la voce, imbarazzato, e si affetta a proseguire; «o che quel Suigetsu faccia come gli pare e che quello... No, beh, quello alto mi va bene, ma il suo cavolo di falco no. Ecco».
Segue un silenzio abissale in cui si avvertono con chiarezza lo zampettio lievissimo di Naruto Due in soggiorno, il vento fuori e il ronzio monotono del vecchio frigorifero.
«E a me che mi frega?» sbuffa Sasuke, astioso.
La mano di Naruto si solleva a grattare vaga la zazzera bionda. Scrolla qualche scheggia anche da lì.
«Che palle. Sei uno stronzo deficiente» puntualizza, ignorando il sibilo di risposta. «È solo... te lo dico. Perché se tu ci tieni a tenerteli qui, allora okay, ma a me non piacciono, tutto qua».
«Tu non dovresti essere quello che ama tutte le creature?» lo punzecchia Sasuke, con distacco.
Le spalle di Naruto crollano.
«Che... Ma che è 'sta storia? Io amo quello che mi pare e piace e gli scagnozzi di Orochimaru...»
«Su Suigetsu e Juugo Orochimaru ci faceva gli esperimenti».
Naruto si cheta di botto, chiudendo la bocca.
«Oh» borbotta subito dopo; poi corruga le sopracciglia: «e quella Karin...»
Sasuke si stringe nelle spalle.
«Non che sia affar mio» chiarisce subito, prima di aggiungere «ma non credo potesse andare e venire a piacimento».
Naruto lo squadra, indeciso.
«Quindi a te loro piacciono» conclude Naruto, logico.
A giudicare dall'espressione che assume - tra sconcerto e vaga indignazione, neanche fosse stato accusato di chissà quale crimine – per Sasuke la conclusione è assai meno ovvia. Così, perde tempo a lanciare un altro paio di occhiate torve al cimitero di cocci e alla credenza distrutta.
«Ci sono un sacco di cose che non mi piacciono di te» comincia d'un tratto, senza senso. E infatti la reazione che ottiene è di far sgranare gli occhi e pronunciare uno «eh?» sconcertato e un po' indignato al suo povero interlocutore.
«Che c'entra, io sono... Insomma, noi... No?» blatera Naruto, e non sa sentirsi offeso per essere stato tirato in ballo, dato che non ha ben capito dove l'altro voglia andare a parare.
Lui, Sasuke, aggrotta lievemente le sopracciglia, a disagio.
«Allora, ci sono un sacco di cose che non mi piacciono di Sakura» riparte, più convinto.
Non ce la si fa. Davvero, ci vorrebbe un dizionario, un interprete. Uno psichiatra, magari. Uno bravo.
«Che c'entra Sakura?» domanda Naruto, perso. E Sasuke, dall'alto del suo mondo metaforico ultrafiltrato, alza gli occhi al soffitto.
«Dei, che fatica» sibila, devastato. Lui, eh.
L'eroe di Konoha, con eroico sforzo – appunto – trae un profondo respiro.
«D'accordo, diciamo che li sopporti» conclude e ritiene d'aver azzeccato la giusta espressione, dato che Sasuke non si oppone con sibili e altri versi contrariati. «Li sopporti... come sopporti me? O Sakura?» tenta, cercando di ricostruire un filo logico. «Quindi sono come me e Sakura. Sono come me, Sakura e Kakashi sensei!» mette insieme, dando fondo a tutte le sue energie psicofisiche.
«Era un esempio. Non allarghiamoci» replica solo Sasuke, senza guardarlo. «Sono meglio di Orochimaru» concede sostenuto, pronunciando quell'Orochimaru come equivalesse a peste bubbonica.
E detto da Sasuke praticamente è da considerarsi un complimento o quantomeno una dichiarazione di stima non troppo dissimile dall'affetto. Tanto più che, a sentire quel «non allarghiamoci», il cervello di Naruto ha arbitrariamente decretato un Team seven: uno, Team Hebi: zero, cosa che l'ha reso ben più benevolo nei confronti di tutte quelle creature per le quali dovrebbe presumibilmente provare amore.
Rallegrato, il jinchuuriki quasi si lascia sfuggire uno sbuffo divertito.
«Li hai cacciati a colpi di Chidori» fa presente, ridacchiando come una volpe.
Sasuke emette un indecifrabile mugugno.
«Per poco non li ammazzavi» prosegue l'altro, ilare.
«Pare sia la prassi, fossi in loro mi sentirei lusingato» ribatte l'ex nukenin, caustico.
Naruto si lascia sfuggire definitivamente una risata, ammonticchiando cocciame con i piedi, rumoroso.
«Sei una merda, davvero. Una vera merda!» lo insulta allegro. «Prima mi fai due palle te e le leggi sull'ospitalità...»
«Io non ho mai parlato di leggi» bofonchia Sasuke, contrariato al massimo ma decisamente più calmo.
Naruto lo ignora bellamente.
«E poi entri in casa e cerchi di ammazzare tutti. Sei completamente fuori, dattebayo!» conclude, tirandogli una mezza pedata complice cui Sasuke reagisce con l'ennesimo sbuffo poco partecipe.
Naruto resta a ridacchiarsene per un altro po', le mani sulla pancia, e infine sospira, scorrendo lo sguardo sulla devastazione generale che va dal pavimento, alla credenza fino a Sasuke stesso coperto di pastella, erbacce e guano di falco pellegrino.
«Li richiamiamo?» si azzarda a proporre, guadagnandosi una faccia sconcertata.
«Dai, almeno per quella cosa delle regole. Pareva importante» prosegue il jinchuuriki, luminoso e conciliante, irrimediabilmente eroico e buono da far venire il diabete mellito.
«Valgono finché non si fa a pezzi la casa» replica Sasuke, in un sibilo piccato.
«Ma non ti dispiace averli cacciati così?»
L'occhiataccia di sufficienza di Sasuke farebbe desistere chiunque dal proseguire l'avanzare di simili illazioni, ma Naruto sa di essere il migliore dizionario, interprete e anche un po' psichiatra che ci sia sulla piazza, quando si tratta di Uchiha Sasuke. E nel fondo di iridi burrascose d'indignazione e rabbia – la roba di Mikoto, per la miseria. Sarebbe stato meglio se avessero fatto a pezzetti il tatami di tutte le stanze – Naruto rinviene con sicurezza una punta abbastanza intensa di dispiacere per aver spedito fuori a calci - veramente a colpi di Chidori, che è quasi peggio - tre tizi che in fondo sono comunque meglio della peste bubbonica.
Sasuke squadra Naruto a lungo, esamina riottoso il cadavere della credenza spiaggiata e infine si tira in piedi, spolverandosi con sdegno i calzoni dai frammenti di ceramica.
«Prima mi faccio il bagno» delibera infine, come avesse appena emanato un editto regale. «E poi si vede. Se mi gira storto muoiono fuori, sia chiaro».
«Se lo dici tu» conclude Naruto, contento, prima di alzarsi a sua volta e tallonarlo in corridoio e poi al piano di sopra, beccandosi un rimbrotto per l'eccessiva vicinanza che per poco non li fa inciampare entrambi nei gradini.
«Che cazzo, idiota, non starmi incollato» fa il pericoloso ex nukenin con una scintilla seriamente pericolosa nello sguardo.
Naruto la ignora bellamente e schizza in avanti. Si infila in bagno, saltando dentro la vasca ancora vuota, i vestiti buttati in giro nell'arco di tre passi. Armeggia col rubinetto, concentrato, e si lagna quando l'acqua esce caliginosa, tendente al marroncino.
Sasuke si pianta a braccia incrociate lì davanti, a fissarlo con astio, e non solo perché si è di nuovo ficcato nella vasca senza prima lavarsi – non imparerà mai, c'è solo da rassegnarsi.
«No, non hai capito: prima io» mugghia sdegnato, pretendendo chiaramente che lui si alzi, chieda scusa e gli lasci il posto.
Naruto solleva il mento dal getto ora un po' più decente, si gode per un attimo lo spettacolo della faccia incazzosissima di Sasuke, sotto quel cumulo di sozzura che ha in testa, il culo di papera ridotto ad una fratta variopinta e oleosa, e ridacchia sornione.
«Sei tu quello che non ha capito, idiota
» sghignazza, facendogli il verso e ignorando i lampi d'odio emanati dall'intera figura di Sasuke. Ma prima che l'ex nukenin gli rifili un altro Chidori, stavolta con l'intento di uccidere, aggiunge: «adesso tu ti spogli, vieni qui e si riprende da dove ci hanno interrotto!»
Tra il tonfo soffice dei panni buttati a terra e lo sciacquio nella vasca, quando Sasuke lo raggiunge, nel bagno risuona chiaramente un «usuratonkachi» masticato con sobrio stoicismo.





Nda
Sì, continua! Ve ne fregava? *ride*
Comunque: una “nasata” è una botta data col naso, uno “sfracellio” è il rumore che fanno le cose quando si sfracellano e il “cocciame” è un mucchio di cocci ùù
*viene giustamente stordita da uno Zingarelli volante*

Non saprei in che lingua chiedere scusa per questa roba (considerato anche che quella italiana evidentemente mi ha abbandonata già da un po'). Intanto ho alzato il rating, perché questi ninja sono degli sboccati (loro, mica io. Io sono un lord inglese).
Tra l'altro, l'avevo praticamente finita, solo che poi il quadernaccio su cui stava scritta è stato inglobato da qualche oscura entità - forse il mio armadio. Vabbè, il succo è che non lo trovo, ergo non trovo il finale (non me lo ricordo. Era stupido: è scivolato giustamente via dal mio cervello liscio), ergo i tempi d'aggiornamento sono lunghi ere geologiche: lì in fondo c'è la clava per percuotermi come merito.
Per fortuna non c'è suspense, altrimenti potrei persino sentirmi in colpa. Dormiamoci su.



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