Ventiquattr'Ore di Solitudine

di Bittersteel
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Mattino ***
Capitolo 2: *** Meriggio ***
Capitolo 3: *** Sera ***



Capitolo 1
*** Mattino ***


I
 
Mattino

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

«Sapeva che tutta la violenza
È racchiusa nella precisione di un dettaglio»
Paolo Giordano, La Solitudine dei Numeri Primi

 
Come ogni volta, erano seduti sotto quell’albero in riva al lago. Come ogni volta James si toccava i capelli, Sirius rideva arrogante, Remus leggeva un libro.
Quella volta, però, Peter si alzò dal suo solito posto balbettando una scusa, sentendo Sirius ridere sguaiatamente al suo indirizzo, – Ehi, Peter, non avrai per caso una tresca segreta?
La risata lo accompagnò per tutto il tragitto, soffocandolo e instupidendolo. Si fermò poco prima del cortile per ammirare il cielo di un grigio plumbeo, della stessa tonalità del suo umore, – Meglio mettersi al riparo.

Mentre si affrettava a raggiungere il porticato, le prime gocce di pioggia, pesanti e dense per essere ancora a Ottobre, lo colpirono sul viso, schiaffeggiandolo. Coprendosi il capo con le braccia, prese a correre verso il riparo più vicino.

Si fermò di scatto, cercando di nascondere le membra flaccide dietro una colonnina tortile, tremando e desiderando di scomparire inghiottito dal muro. A neanche cinque metri sedeva Amelia Urquhart con la sua migliore amica. Alta, mora e sottile come un giunco, sorrideva facendo tintinnare al polso un braccialetto. Peter era abbastanza lontano da non essere visto, ma abbastanza vicino per origliare la conversazione delle ragazze, sole nel portico, al riparo dalla pioggia come lui.
–  Mi ha regalato questo, –  disse Amelia indicando il monile, –  e un mazzo di Gigli Canterini!
L’amica le sorrise, restituendole un poco della felicità che emanava il volto di lei. Peter invece si sentì spezzato in due, mentre lo stomaco fronteggiava una nausea inaspettata.
Rivide, con una precisione impossibile, il primo viaggio sul treno, lo Smistamento, la prima partita di Quidditch a cui aveva assistito. Amelia era al suo fianco, con quel sorriso timido, che a quindici anni era diventato perfetto e bellissimo. C’era sempre lei a salutarlo nei corridoi mentre era solo, e il resto della scolaresca lo fissava come schernendolo, vedendo l’unico membro dei Malandrini che sembrava far parte di quel gruppetto di scalmanati per caso. C’era lei, a tenergli compagnia durante le difficili ore di Pozioni, mentre James era troppo occupato a guardare la Evans e risultare il primo della classe – per altro senza riuscirci.

La felicità di Amelia aveva il sapore della sconfitta.

Passando il dorso della mano sulla guancia paffuta, si accorse che era bagnata, e non di pioggia. Crollò sul freddo pavimento di pietra, mentre guardava la pioggia scendere con più forza e l’amore della sua vita scappare dentro la scuola, con le braccia sulla testa e il bracciale tintinnante, a fargli presente che lei non era sua e non lo era mai stata. Si lasciò andare al pianto, credendo di non essere visto.
–  C’è chi aspetta la pioggia, per non piangere da solo.
Una ragazza più grande, che non conosceva, si sedette a poca distanza, mentre le brillava il volto al lampeggiare dei fulmini. Finita la pioggia si alzò, lasciandolo solo, con un sorriso enigmatico sul volto.

Peter raggiunse i suoi amici, senza una parola. Il sapore della solitudine gli impastava la bocca.

[492]

Note:
Pacchetto Idra: Peter Minus, sapore, C’è chi aspetta la pioggia per non piangere da solo (Il Bombarolo, di Fabrizio de André );
La storia del Mattino si svolge durante il quinto anno dei Malandrini.
Amelia Urquhart è un personaggio originale.
I Gigli Canterini derivano dal film d’animazione Alice nel Paese delle Meraviglie, W. Disney, 1951. 

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Capitolo 2
*** Meriggio ***


II
 
Meriggio

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

«Alla fine succede,
in qualche modo che prima non sapevi.»
Paolo Giordano, La Solitudine dei Numeri Primi

 
– Ron, Ron!

Troppi capannelli di studenti la separavano da quel testone. Finalmente si fermò e si girò a guardarla, – Cosa vuoi?
Hermione si trovò quasi senza parole, nel vedere quello sguardo che conosceva da troppo tempo, e da cui pretendeva, stranamente, più attenzione. Balbettando, iniziò a prendere aria, sperando che le parole le salissero in gola da sole.
– Sei uno stupido. Non puoi credere davvero che…
 – Che cosa? Che il grande Harry Potter abbia messo il suo nome nel Calice durante la notte?

Ron era arrossito e la guardava come se la stesse vedendo per  la prima volta. La luce del sole che entrava dalle finestre gli incendiava i capelli e gli occhi, –  E’ stato lui a dirmi che l’avrebbe fatto! – Abbassò gli occhi, ferito e umiliato, –  Non voleva una palla al piede.
Si girò per andarsene, ma la ragazza gli afferrò un polso. Per un attimo, un solo istante, fu tentata di baciargli una guancia accesa dal sole e dai sentimenti, poi si bloccò.
–  Sai che non è così. Se solo ti fermassi a riflettere, –  un’ombra di sorriso le velò lo sguardo, tornando subito seria, –  capiresti che dice la verità. E non ti mentirebbe mai. Non ci mentirebbe mai!
Ron la guardò sconsolato, con le guancie che bruciavano ancora. Hermione non sapeva dire, in quel momento, se fosse per l’imbarazzo o per la vergogna. O per il fatto che avesse torto marcio. Mesto, la lasciò in quell’angolo di corridoio, inoltrandosi con la folla verso la Sala Grande.

Sentì con sicurezza che avrebbe passato mesi a fare la spola tra i suoi due amici, quei mocciosi, esortandoli a fare pace. Lo sapeva, come sapeva anche che il loro legame non si sarebbe spezzato per una simile sciocchezza. Era fuori da quel rapporto tutto maschile, fatto di occhiate subdole e risate aperte, eppure era l’unica che avrebbe potuto riparare il danno. Conosceva Harry come le sue tasche. Conosceva Ron, più di quanto volesse ammettere. E non si trattava solo dell’esatta sfumatura di blu degli occhi di lui. Era qualcosa che Hermione sentiva nella pancia: Ron le fermava il respiro.

Ron. Il primo a prenderla in giro al suo ingresso a Hogwarts. Il primo che l’aveva aiutata in quel mondo nuovo e strano. Quello con cui aveva litigato quasi ogni giorno, che l’aveva ferita più volte e poi l’aveva curata e rimessa in piedi. Quello che aveva sputato lumache per ore per averla difesa. Il ragazzo mediocre eppure geniale, arrogante ma semplice, un ossimoro vivente.
Quello che aveva sognato la notte prima, che la invitava al Ballo del Ceppo, con cui danzava fino all’alba, e che poi la baciava.
Ronald, ragazzino petulante e sempre pronto a giudicare. Chissà se l’avrebbe mai invitata al Ballo. Magari non era alla sua altezza, avrebbe cercato una ragazza più bella, con un portamento più elegante.

Scosse la testa, riemergendo da quel senso di solitudine e profonda inadeguatezza.

Ronald. Lui è quello di cui ti innamori e non sai perché.
 
 

[493]


 

Note:
Pacchetto Lira: Ron/Hermione, quarto anno, Lui è quello di cui ti innamori e non sai perché (Onestamente non so a chi appartenga la citazione).

 

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Capitolo 3
*** Sera ***


III
 
Sera





 

«Le scelte si fanno in pochi secondi
E si scontano per il tempo restante»
Paolo Giordano, La Solitudine dei Numeri Primi

 
Era fredda quella notte. Peter Minus vagava da qualche giorno, nascosto tra l’erba gelata: non credeva di poter resistere ancora a lungo. Le luci di una locanda lo attirarono, non rifletté che per qualche istante, il tempo di riprendere il suo vero aspetto, poi entrò, zuppo d’acqua, le lacrime che si confondevano con la pioggia. Il cielo riversava il suo dolore, e così faceva Peter.

Seduto al bancone, credendo di essere tanto lontano da casa da essere un perfetto sconosciuto, ordinò un Whiskey Incendiario. Il sapore dell’alcolico dapprima lo intorpidì, poi gli appiccò il fuoco nelle vene. Una donna attirò la sua attenzione, lo fissava insistentemente. Peter ordinò un secondo bicchiere. Poi un altro ancora. Offrì un bicchiere anche alla sconosciuta. Si chiese che sapore potesse avere il Whiskey bevuto direttamente dalle  labbra di lei, le si fece più vicino. La donna accettò da bere, continuando a fissarlo, –  Non sei di qui. –  Peter rispose con la prima cosa che gli venne in mente, balbettando, –  Sono inglese, sono in vacanza.

Di nuovo, il pensiero delle labbra di lei sulle sue, di nuovo, il sapore del liquido ambrato sulla sua lingua.
Non capiva se quell’improvviso desiderio dipendesse dall’alcol che divampava all’interno del suo corpo o dall’effettivo bisogno di colmare quella sensazione di solitudine.

La baciò. La donna non si tirò indietro. Le afferrò una mano, trascinandola con sé.
Presero una camera. Si spogliarono in fretta. Le mani di Peter vagavano frenetiche sulla pelle calda della sconosciuta, terra vergine, inesplorata, la bocca assaporava quelle labbra tumide e rosse, frutta succosa. Affogò in quel corpo, baciandone gli spigoli, leccandone gli anfratti. Era carne viva, era un cuore che pulsava vita. Ogni spinta, ogni affondo, un passo verso l’umanità. Tornò a respirare nell’esatto momento in cui si riversò in lei.
Si staccò da quel calore, sensazione di benessere, balsamo sulle piaghe aperte della sua solitudine.

–  Tu non ti ricordi di me, ma io ti conosco.
Freddo. Non riuscì a guardarla in faccia. La dolcezza scomparve dagli occhi di lei, facendogli tremare le ossa. Sapore di donna, sapore di sconfitta sulla sua lingua.
–  Sono Bertha Jorkins, –  sembrava soddisfatta, –  E dovresti dirmi cosa fai qui quando tutti ti credono morto.

Gelo. Le fiamme dell’alcol, così come quelle della passione, erano ormai solo un ricordo. Piacevole, ma pericoloso.
Il Padrone perso, solo in quella foresta, senza di lui. Il Padrone, a cui aveva sacrificato tutto, per cui aveva versato lacrime e sangue, per cui aveva tradito, a causa di cui ora era lì, solo.
Prendendole la mano – e Peter nascose una smorfia mentre le baciava la pelle del collo, l’attirò verso di sé, –  Se verrai nella foresta con me, te lo dirò.
Lei, povera illusa, corpo vuoto, annuì continuando a baciarlo.
  

Nel mentre Lord Voldemort torturava l’unica donna che gli avesse mai dato asilo, Peter aveva in bocca il sapore del sangue, il sapore di un urlo muto, il sapore di un’umanità perduta.

[485]

 




Note:
Pacchetto Idra (vedi cap. 1).
La Storia si svolge mentre Minus è in Albania, a cavallo tra il terzo e il quarto anno del Trio.
 La struttura della raccolta, divisa in tre parti - Mattino, Meriggio e Sera, si rifà al poemetto satirico di G. Parini, Il Giorno. Il titolo della raccolta, Ventiquattr’ore di Solitudine, riprende il titolo del romanzo di G. Garcia Marquez, Cent’anni di Solitudine, proprio perché di Solitudine si parla e ogni capitolo è una parte della giornata. Le tre parti del giorno individuano tre tipi di solitudine diversa: il Mattino reca un sentimento agrodolce, un amore silenzioso e non corrisposto, tuttavia luminoso; inoltre Peter si sente fuori posto tra i Malandrini. Il Meriggio già presenta qualche complicazione in più: Hermione si rende conto che Ron non è solo un amico, e per questo motivo si sente frustrata e sola, sia per la sua condizione di donna all’interno del trio, sia per la piega inaspettata che sta prendendo l’amicizia: Ron è ancora acerbo sotto quel punto di vista, e Hermione non sa cosa fare. La Sera volge ovviamente in tinte più cupe: Peter è solo perché ha compiuto scelte sbagliate, e la solitudine è aggravata dall’omicidio. Anche il tipo di sapore che Minus sente è cambiato: prima era delusione, adesso è paura.
Il conteggio delle parole si riferisce al testo, escluse le citazioni.
 
Giudizio:
Primo classificato: Ventiquattr’ore di solitudine di BlackWTF/Isarma 

Grammatica e stile: 9,86/10 
La grammatica è pressoché perfetta, ti segnalo solamente qualche errore di punteggiatura e di un tempo verbale: 

-Quella volta, però, (2 virgole mancate. Qui c’è bisogno delle virgole per individuare la pausa -0,04) Peter si alzò… 

- Crollò sul freddo pavimento di pietra, mentre guardava la pioggia scendere con più forza e l’amore della sua vita scappare dentro la scuola, (virgola mancata. Il periodo è troppo lungo, necessita di una pausa -0,02) con le braccia sulla testa e il bracciale tintinnante, a fargli presente che lei non era sua e non lo era mai stata. 

- Che cosa? Che il grande Harry Potter ha (abbia, qui ci vuole il Congiuntivo -0,04) messo il suo nome nel Calice durante la notte? 

- Ron era arrossito, (virgola superflua, poiché la frase principale non va separata dalla coordinata introdotta dalla congiunzione “e”-0,02) e la guardava come se la stesse vedendo per la prima volta. 

Nulla da rimproverarti sullo stile, scorrevole e pulito, con un lessico ampio ma non troppo complesso. La struttura della raccolta è precisa e significativa ed inoltre trovo molto buona la tua scelta dell’utilizzare il corsivo nel corso del testo, capace di vivacizzare la lettura ed attirare l’attenzione del lettore. 

Originalità: 9/10 
Peter Minus, Ron ed Hermione sono personaggi di cui si parla continuamente e questo avrebbe potuto metterti in difficoltà sull’originalità della storia, ma, invece, hai saputo gestire perfettamente la situazione, presentando personaggi e contesti sicuramente già analizzati come nel caso della flash su Ron ed Hermione, ma viste da un punto di vista nuovo. 
Ho trovato brillanti anche le citazioni ad ogni inizio flash, calzanti con i momenti che hai scelto di raccontare. 

Caratterizzazione del personaggio: 5/5 
I personaggi sono perfettamente caratterizzati: 
-Nella prima flash ho visto, forse per la prima volta in vita mia, un Peter sincero ed amareggiato. Un Peter buono, innamorato, che cerca solo di essere benvoluto e che, vedendo l’amore della sua vita star bene anche senza di lui, capisce di essere solo, inadatto anche fra i suoi amici. 

-Nella seconda flash c’è una Hermione autoritaria, che con il suo atteggiamento testardo e più maturo degli altri vuole far riappacificare i suoi amici, ma allo stesso tempo c’è una Hermione ancora ragazzina, sognatrice, che si trova a fare i conti con la sua prima vera cotta. 
Ho apprezzato molto il personaggio di Ron, il solito testone che non ammette di avere torto e di sentirsi in colpa, anche se glielo si legge chiaro in faccia. 

-Infine, nella terza flash, troviamo un Peter sporco, traditore, che non sembra aver nulla a che fare con il ragazzino paffuto ed impacciato della prima flash. Un’atmosfera macabra fa da contorno a questo momento, il clima di guerra e di paura che attanaglia lo stomaco del “lurido topo di fogna” . E Peter è sempre solo, inadeguato anche fra i “cattivi”. 

I momenti della giornata, Mattino, Meriggio e Sera, rispecchiano esattamente tutti gli stati d’animo dei personaggi. 

Utilizzo del pacchetto: 10/10 
 Le citazioni e gli elementi del pacchetto sono utilizzati tutti adeguatamente. 

Gradimento personale: 9/10 
 Come avrai già capito dai risultati ottenuti, la tua raccolta mi è veramente piaciuta tanto. Ammetto di essere abbastanza sorpresa, dato i personaggi così comuni, ma le tue flash sicuramente meritano di essere lette. 
E così concludo, facendoti i miei più sinceri complimenti. 
Ti ringrazio per aver partecipato :) 

Punti bonus: 3/3 

Totale: 45,88/48 

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