Scommesse

di MangakA_BakA
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** chapter 1 ***
Capitolo 2: *** Chapter 2 ***
Capitolo 3: *** chapter 3 ***
Capitolo 4: *** chapter 4 ***



Capitolo 1
*** chapter 1 ***


 

CHAPTER 1 p.o.v. Shane

 

Sentii un ennesimo fuoco accendersi sotto la mia pelle, all’altezza dell’occhio destro, e mi piegai in due, portandomi le mani al volto, imprecando.  Altri due colpi riuscirono a raggiungere il mio fianco e la mia coscia.

« Non farti vedere in questa casa almeno fino a domani, capito? »

Riuscii a rimettermi in piedi a fatica, nonostante non fossi esattamente stabile, e lo guardai dritto in faccia. Come sempre quando mi guardava, da ormai 5 anni, tutto quello che vidi nei suoi occhi fu una rabbia fredda, raggelante.

« Sei davvero una delusione.. Da ogni punto di vista. »

Mi morsi un labbro e mi portai una mano all’addome, che pulsava in un modo dolorosamente preoccupante. « Vaffanculo papà. » sibilai, prima di barcollare fuori di casa nella fredda aria di ottobre.

 

Vaffanculo davvero, non bastava fare a botte con quei quattro idioti, dovevo pure prenderle da mio padre una volta tornato a casa…

Non riuscii a trattenere un gemito di dolore, mentre mi accasciavo contro un muro, senza forza. Mi faceva un male fottuto ovunque e non non riuscivo a vedere bene da un occhio. Sputai per terra, per liberarmi la bocca dal sangue.

« Merda. Merda… Vaffanculo! » ringhiai, sedendomi a terra, incurante della sporcizia sul marciapiede.

« Ehm.. Scusa, stai… stai bene? »

Alzai lo sguardo al suono di quella voce titubante, e mi trovai a fissare una faccia conosciuta. Capelli biondo scuro scompigliati, un viso ovale piuttosto infantile e grandi occhioni del colore del miele. Era quello sfigato di 4° B… Adam Thomas. Un piccolo finocchio so-tutto-io, fissato con la letteratura di fine ‘800 e la musica metal. Pigliarlo per il culo era sempre stato uno dei miei passatempi preferiti.

Appena mi riuscì a vedere in faccia mi riconobbe, nonostante l’occhio pesto ed il labbro spaccato e sanguinante. Spalancò gli occhi, stupito.

« Che cazzo di domanda è? Ti sembra che stia bene? » ribattei, in un rantolo dolorante.

« Webber. » esalò lui, senza aggiungere altro.

« Complimenti, hai indovinato il mio nome.. »

Questo idiota mi stava irritando. Cosa diavolo pensava di fare, rimanendo lì a fissarmi sconvolto? Merda, ma proprio lui dovevo incontrare? Chiunque altro sarebbe andato bene, ma non lui.

Dopo una manciata di secondi sembrò finalmente risvegliarsi da quello stato di catalessi, e si inginocchiò accanto a me, con aria alquanto preoccupata.

« Aspetta ti do una mano a rialzarti, ma che diavolo.. Cosa ti è successo?? »

Mi prese sotto braccio per aiutarmi, ma allontanai le sue mani con un gesto nervoso.

« Vaffanculo, non ho bisogno dell‘aiuto di un frocetto come te. »

Thomas spalancò gli occhi alle mie parole, ma non diede segno di volersi allontanare. « Sei conciato malissimo, dovrei chiamare un‘ambulanza.. »

« NO! » lo interruppi. « Non chiamare nessuna ambulanza del cazzo, e neanche i miei genitori, se stavi per dirlo.. »

« Ma non posso lasciarti qui così… »

Nonostante il dolore all’occhio, allo zigomo, alla bocca e a tutto il corpo in generale, riuscii ugualmente a dedicargli un ghigno cattivo.

« E perché no? È il tuo dovere civico che te lo impone? O un qualche fottuto istinto da crocerossina? » Lui mi guardò ancora con quegli occhioni dorati aperti all’inverosimile. Era proprio quella sua aria da gattino maltrattato che faceva venire a tutti la voglia di essere cattivi con lui. « ..O magari ti sei preso una cotta per me, eh, frocetto? »  Sputai, sprezzante.

Trasalì a quelle parole e sbatté un paio di volte le palpebre, poi si alzò, scuotendo la testa. Sperai che avesse finalmente deciso di andarsene e lasciarmi la possibilità di collassare su quel marciapiede, senza che nessuno mi infastidisse, ma ovviamente le mie erano le vane speranze di un ingenuo: si fermò davanti a me e tirò fuori il cellulare.

« Che cazzo stai facendo? Ma ci senti quando ti si parla? Se chiami l‘ambulanza, giuro che ti ammazzo di botte. »

Lui mi ignorò, ben consapevole che, per come stavo messo, non avrei potuto impedirgli di fare proprio niente, visto che non riuscivo neanche a reggermi in piedi.

« Pronto? Si, vorrei un taxi all‘angolo tra la quinta e la quarantacinquesima.. »

Lo guardai perplesso un paio di minuti, poi chiuse la chiamata e mise via il cellulare.

« Si può sapere perché cazzo hai chiamato un taxi? Guarda che io non ce li ho i soldi per pagar… »

« Oh cristo, non ti sembra di parlare un po‘ troppo per essere uno che sembra appena finito sotto un trattore? » mi interruppe, con aria esasperata. «  Il taxi te lo pago io, e per il momento limitati a collassare su quel cazzo di marciapiede e chiudi il becco. »

Lo guardai sconvolto. A scuola non aveva mai ribattuto ai nostri maltrattamenti, ma a quanto pareva quando voleva sapeva tirare fuori le palle anche lui.. A turbarmi più di tutto, però, era che in quel modo sarei stato in debito con lui. Fanculo, non volevo avere debiti con uno come lui. 

Rimanemmo in silenzio senza neanche guardarci per qualche minuto, finchè non arrivò il taxi, poi lui mi prese per un braccio, aiutandomi ad entrare in macchina, ed io non protestai più, troppo impegnato ad impedirmi di imprecare per il dolore.

« Dove vi porto? » chiese la voce annoiata del tassista dai sedili davanti.

Gli diedi l’indirizzo di un mio amico, poi mi accasciai sul sedile, chiudendo finalmente gli occhi. Dio, se faceva male. Faceva davvero tanto male. E il bello era che erano venuti a pestarmi in 4 per una tipa che neanche mi ricordavo di essermi fatto, cazzo. Ero ancora assorto in pensieri di questo genere, quando sentii qualcosa toccarmi la guancia. Spalancai gli occhi, trasalendo, e mi accorsi che quel qualcosa erano le dita di Thomas.

« Ma si può sapere che cazzo stai facendo? »

Lui spalancò di nuovo quei suoi occhioni da cucciolo abbandonato che mi facevano venire tanta voglia di picchiarlo, e arrossì. Si, quel frocetto di merda era veramente diventato rosso come un pomodoro. Ma dove diavolo ero finito? Non potei fare a meno di pensare che quella fosse la tanto millantata gioventù che avrebbe portato in rovina il nostro povero paese.

« Scusami. Scusa, è che… avevi.. Hai… c‘è del sangue sulla tua faccia. » esclamò alla fine, per poi voltarsi verso il finestrino ed iniziare ad… osservare il panorama, immaginai. Scossi la testa, con uno sbuffo. Non avevo la forza, né la voglia di incazzarmi in quel momento. Rimanemmo così, in silenzio, fino a quando il taxi non fermò davanti a casa di Mike. Thomas pagò con una banconota da 10 $, poi fece il giro della macchina e mi aiutò a scendere, mettendosi un mio braccio intorno al collo.

Sospirai, arrendendomi all’idea di farmi aiutare da quel ragazzino.

Lui suonò il campanello, e dopo un paio di minuti Mike venne ad aprirci, in boxer e maglietta, con una birra in mano.

Appena vide me conciato così, e Adam Thomas che mi sosteneva, nonostante la sua corporatura fosse circa un quarto della mia, scoppiò a ridere.

« Come cazzo ti sei conciato amico? È stato lui? » mi chiese, continuando a ridere a crepapelle, indicando Adam con un cenno.

« ‘Affanculo Mike, mi fai rimanere qui fino a domani? » gli chiesi, cercando di ignorare i miei istinti omicidi nei suoi confronti.

Lui scosse la testa, ancora ridendo, e si scostò, aprendo la porta del tutto per farmi entrare. « Entra coglione.. »

Mi staccai finalmente da quello stupido ragazzino ed entrai in casa di Mike, chiudendomi la porta alle spalle, ignorando il saluto incerto mormorato da Adam dietro di me. Seguii il mio amico in cucina e mi lasciai cadere su una sedia, mentre lui apriva il frigorifero e ne tirava fuori una birra anche per me.

La afferrai al volo e ne presi subito una lunga sorsata. Era gelata. Dio, mi ci voleva proprio. Sospirai.

« Allora, chi cazzo è che ti ha fatto sta roba? E, soprattutto, perché eri con Thomas? » mi chiese alla fine Mike, sedendosi davanti a me. I capelli castani gli ricadevano in una massa insensata sugli occhi azzurri, arrossati dal fumo e stanchi.

Scrollai le spalle, bevendo un altro sorso di birra. « Sono stati quegli sfigati della Union e quello stronzo di mio padre.. »

« Che cos..? Quelli della Union? E perché?? »

« A quanto pare mi son fatto “una delle loro tipe“ qualche sera fa… boh, io manco me la ricordo questa.. Comunque mio padre si è incazzato e mi ha menato pure lui, poi m‘ha detto di non presentarmi a casa fino a domani. E questo è quanto. » cercai di abbozzare un sorriso, ma era troppo doloroso, e ciò che spuntò sul mio viso, più che un sorriso, fu una cazzo di inquietante smorfia.

« E Thomas? Da dove è sbucato? »

« Da un tombino? »

Mike inarcò un sopracciglio. « Ah Ah. Quanto sei simpatico. Dovrei ridere? »

Alzai gli occhi al cielo con uno sbuffo. Quel ragazzo non aveva mai apprezzato il mio senso dello humor.

« Non lo so stronzo. Quando sono uscito di casa me lo sono trovato davanti in modalità WWF-salviamo-uno-Shane-Webber-in-via-d‘estinzione. Ha voluto aiutarmi a tutti i costi, mi ha persino pagato il taxi.. Quello ha dei problemi seri. »

Mike ridacchiò, sorseggiando la sua birra. « Già, evidentemente tutti quei soldi gli hanno dato alla testa.. »

« Mh, più che ai soldi, mi sa che la colpa della sua mentalità perversa andrebbe attribuita a quella roba che ascolta e che legge.. »

« Cazzate, anche tu ascolti musica rock e metal. »

« Si, ma io non leggo Baudelaire e Rimbaud dalla mattina alla sera.. È l‘accoppiata che è fatale.. »

« Non so, quella roba non l‘ho mai letta. » mi rispose Mike, con un’alzata di spalle.

Non era un idiota, intendiamoci, anzi, per essere l’ex quarterback della squadra di football era quasi un genio, quasi. Però la poesia proprio non la sopportava. In realtà neanche a me piaceva un granchè.. Trovavo che tutta la poesia lirica non fosse altro che una enorme sega mentale di sfigati che non vedevano la vagina di una donna da quando erano usciti da quella della propria madre. Per quanto riguardava invece la poesia di quei francesi fattoni, semplicemente, la trovavo inquietante. La poesia epica era decisamente la mia preferita, ma in ogni caso preferivo la prosa.

« Secondo me ha una cotta per te. » esordì Mike, dopo qualche secondo di silenzio.

Lo guardai sconcertato. « Cosa? » esalai, con aria stolida.

« Thomas. Secondo me gli piaci. »

« Ma ti sei rincretinito? » okay, o mi stava pigliando per il culo, oppure aveva tremendamente ragione.

« No, sono serissimo. Lo sanno tutti che è gay, no? »

« Si, ma ciò non implica che abbia necessariamente una cotta per me, razza di idiota. »

« Okay, ma ti assicuro che a volte ti guarda in un modo… » fece un piccolo ghigno divertito. « E poi, dai, sono 3 anni che non fai altro che maltrattarlo e pigliarlo per il culo e, appena ti vede in queste condizioni pietose, invece che goderci immensamente come farebbe qualsiasi essere umano normale, lui cosa fa? Ti aiuta a rialzarti e ti paga un taxi? Cos‘è, il cazzo di buon samaritano che porge l‘altra guancia ed aiuta i bisognosi? »

Scrollai le spalle e finii con un lungo sorso la mia birra, poi mi tirai fuori una sigaretta dalla tasca dei pantaloni.

« Oh, no, hai capito malissimo. » mi interruppe Mike, mentre con le mani frugavo i jeans alla ricerca di un accendino.

Mi fermai per un secondo e lo guardai sconcertato. Cosa voleva adesso? Non potevo più fumare in casa? E da quando? Per caso era diventato improvvisamente un salutista?

« Che vuoi? » biascicai, tenendo la sigaretta tra le labbra.

« Shane, stai gocciolando sangue ovunque. Prima vai a lavarti, poi potrai fumare. »

Mi alzai con uno sbuffo sonoro, appoggiando la sigaretta sul tavolo, perché attendesse il mio ritorno.

« E magari disinfettati un po‘ la bocca e il sopracciglio, già che ci sei! » mi urlò dietro il mio amico, mentre mi dirigevo verso il bagno traballando leggermente.

Mi posizionai davanti al lavandino e finalmente potei osservare la mia faccia allo specchio. Non era una bella visione, affatto. I miei occhi scuri erano quanto mai inquietanti, in quanto uno era mezzo chiuso e gonfio come una palla da tennis, mentre l’altro, apparentemente in condizioni migliori, era di dimensioni normali, ma in compenso era completamente arrossato. Avevo il labbro inferiore gonfio e spaccato, e non potei fare a meno di ringraziare il cielo e tutti i santi per non essermi fatto il labret, perché se l’avessi fatto credo proprio che sarebbe rimasto ben poco della mia bocca. In compenso il septum l’avevo fatto eccome, e adesso il buco perdeva sangue, anche se stava lentamente smettendo.

« Merda.. » imprecai, sfiorandomi appena il piercing con la punta delle dita.

Mi morsi un labbro e lo tolsi con un gesto secco. E fece male, FECE MALE. Vaffanculo, se fece male!

Mi sciacquai la faccia con l’acqua fredda, pulendo anche i ciuffi di capelli neri inzuppati di sangue, poi finii di controllare la situazione del resto del corpo -pietosa, naturalmente-, prima di andare a farmi la doccia.

« Che giornata del cazzo. »

 

 

 

Salve a tutti! Dopo anni e anni di assenza l’illustre sottoscritta torna a tediarvi con i suoi deliri mentali! Yèè! Innanzitutto mi scuso per aver postato questo aborto. XD questo primo capitolo è scritto piuttosto maluccio, perché inizialmente l’avevo scritto al presente, poi ho deciso di metterlo al passato, ma non avevo voglia di riscriverlo tutto in modo decente, quindi mi sono limitata a cambiare il tempo dei verbi. XD sono pessima, mi faccio schifo da sola. La storia è un gioioso clichè, ma spero che almeno qualche spunto originale ci sia… o almeno che vi faccia divertire un pochino, se no mi sentirò un fallimento su tutta la linea. XD il problema è che ultimamente io e il teen drama andiamo a braccetto come due fidanzatini. Ed è una cosa che non augurerei a NESSUNO. E poi questi mezzi bulli con seri problemi mentali mi ispirano un sacco. E dovrei smetterla di sproloquiare e sparare minchiate. .-.

Chiedo umilmente perdono .

Lasciatemi qualche commentino se vi va J

Tanto ammmmore a tutti <3

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Capitolo 2
*** Chapter 2 ***


P.o.v. Adam

 

« Adam… Adam! »

Spalancai gli occhi con un sussulto e mi voltai verso Catherine, la mia migliore amica, che al momento mi stava fissando con un espressione accigliata.

« Che c‘è? » le chiesi in un bisbiglio, lanciando un’occhiata alla prof di storia per assicurarmi che non mi stesse guardando.

« Cosa diavolo ti è successo? È tutto il giorno che hai la testa tra le nuvole e scarabocchi il nome di Shane Webber ovunque.. » mi sussurrò lei, accennando al mio libro.

Abbassai lo sguardo e mi resi conto che aveva schifosamente ragione. Dio santo, c’era quel nome ovunque!

Arrossii leggermente e tornai a guardare la mia amica.

« Non è successo niente Cat, te lo assicuro.. » le risposi alla fine, con aria più triste di quella che avrei voluto.

Lei scosse la testa con aria esasperata. « Dovresti veramente smetterla Adam.. »

« Ma di fare cosa? »

« Di sbavare dietro a quel coglione immenso. »

La guardai profondamente indignato. « Che cos..? IO NON GLI SBAVO DIETRO! »

« Si si… figurati.. »

« Mi piace un pochino. Forse. Ecco tutto. »

Lei mi guardò con un sopracciglio inarcato e la sua migliore espressione scettica. « Un pochino? »

« Un pochino. » confermai.

Lei scosse la testa di nuovo. Non la sopportavo quando faceva così, cavolo. Lo sapevo benissimo che Shane era uno stronzo con la “s” maiuscola, lo sapevo anche meglio di lei.. Però non ci potevo fare niente, se mi piaceva.. E il problema era proprio che non mi piaceva un pochino, mi piaceva fottutamente tanto.

Tirai un lungo sospiro e appoggiai la testa sul banco, nella paziente attesa che finisse la lezione.

 

Mi guardai intorno, cercando una via di fuga, ma non ce n’erano. Mi avevano circondato, non potevo fare niente.

« Ehy frocio, allora è vero che muori dietro a Shane? »

Li guardai spaventato, con gli occhi sbarrati. Ero confuso, non riuscivo a capire quello che stavano dicendo. Come avevano fatto a scoprirlo? Un tizio che non avevo mai visto prima mi si avvicinò, dandomi uno spintone.

« Vorresti che te lo sbattesse dentro, eh? » mi ringhiò contro, per poi scoppiare a ridere.

Scossi la testa con fare frenetico, indietreggiando, fino a quando non andai a sbattere contro il muro. Loro mi si avvicinarono ancora.

« Avanti Shane, perché non lo fai felice? » disse ancora, ridendo, e finalmente lo vidi.

Era tra di loro e anche lui mi stava guardando con uno sguardo schifato e sprezzante. Mi si avvicinò.

« No.. » riuscii a mormorare.

 

« NO! »

Mi alzai a sedere, spalancando gli occhi, e mi accorsi di essere ancora in classe. Avevo il viso imperlato di sudore e tutta la classe mi stava fissando, ridacchiando. Arrossii di nuovo, e incontrai lo sguardo della prof, che mi fissava allibita.

Merda. Non solo mi ero addormento in classe, ma mi ero messo pure a fare gli incubi??

« Signor Thomas.. Se è tanto stanco, la prossima volta le consiglierei di rimanere a casa a dormire, invece che disturbare la mia lezione.. Nel frattempo perché non esce dalla classe? Magari un giretto le schiarirà le idee.. »

Tirai un lungo sospiro e mi alzai, senza ribattere nulla. Quel ragazzo non poteva assillarmi anche nei sogni, dannazione.

Raggiunsi il bagno a passo svelto e mi sciacquai la faccia, che oltre ad essere sudata, adesso era anche accaldata e bordeaux. Ringraziai il cielo che almeno il bagno fosse vuoto, visto che le lezioni non erano ancora finite. Non avevo proprio voglia di incontrare nessuno in quel momento.

Naturalmente, appena finii di pensarlo, sentii dei passi avvicinarsi alla porta.

« Ma guarda chi si vede.. »

Mi irrigidii al suono di quella voce. Mi voltai verso di lui.

« C-ciao.. » fu l’unica cosa che riuscii a mormorare, vedendo Shane in piedi davanti ad uno dei lavandini che mi guardava divertito. La sua faccia era un po’ migliorata rispetto al giorno prima. L’occhio si era un po’ sgonfiato, e adesso riusciva a tenerlo aperto decentemente, i suoi capelli neri non erano più impastati di sangue, e in generale non sembrava più un ammasso di carne trita.

« È davvero un colpo di fortuna trovarti qui da solo.. » esordì, dopo qualche secondo di silenzio.

Io però non ero affatto della stessa idea. Al momento avrei solo voluto tornarmene in classe, e comunque stargli il più lontano possibile, dopo quel sogno del cazzo.

« Già, beh, però io ora devo tornare in classe.. »

Feci per superarlo, per poter raggiungere la porta, ma lui mi bloccò, prendendomi per un polso. Mi spinse con la faccia contro la parete, torcendomi il braccio dietro la schiena e stringendo tanto forte da farmi male. Non riuscii a bloccare un gemito di dolore.

« Che cosa.. Vuoi da me? » riuscii a mormorare. « Fanculo, mi fai male.. »

Sentii il suo corpo aderire al mio, e la sua bocca avvicinarsi al mio orecchio.

« Sai, io odio avere debiti con le persone.. In particolare se queste sono come te.. »

Mi morsi un labbro per il dolore. Non riuscivo a capire dove diavolo volesse andare a parare con quel discorso del cazzo.

« Mi sono chiesto “in che modo potrei ripagarlo per essere stato tanto gentile con me?” » proseguì, con tono leggermente ironico. « Ci ho pensato tutto il pomeriggio, poi mi è venuta in mente una cosa.. »

Mi strinse ancora più forte il braccio, e io sentii le lacrime iniziare a pungermi gli occhi.

« Io ti piaccio, non è vero? » sussurrò alla fine al mio orecchio.

Spalancai gli occhi. Non poteva averlo detto. Dovevo aver capito male.

« Forse potremmo trovare un accordo.. »

Sentii l’altra mano scivolarmi lentamente sul fianco, e le sue dita insinuarsi sotto la mia maglietta, mentre con la bocca mi mordicchiava il lobo.

Io stavo per avere un attacco isterico. E probabilmente quella era una strana cosa a metà tra un sogno e un incubo, perché tutto questo non poteva star accadendo veramente.

« Cosa ne dici, può funzionare? » sussurrò ancora, facendo scivolare la mano fino al bottone dei miei jeans.

E Dio, in quel momento non sapevo proprio cosa avrei dovuto fare. Shane mi piaceva, si, ma era sempre lo stronzo menefreghista che era il giorno prima, dubitavo che si fosse improvvisamente scoperto gay e follemente innamorato del sottoscritto.. Quando sentii le sue dita superare l’elastico dei miei boxer, finalmente mi decisi a reagire.

« Lasciami! Mi fai schifo.. »

Gli tirai una gomitata nello stomaco e lo allontanai da me. Lui non oppose molta resistenza, e non sapevo se lo facesse di proposito o fosse semplicemente ancora troppo debole per farlo.

Mi voltai verso di lui, e vidi che mi sta guardando con un ghigno divertito.

« Ti faccio schifo..? » sussurrò, avvicinandomisi di nuovo. « Eppure non si direbbe affatto.. »

Appoggiò una mano contro il muro, al lato della mia testa, mentre con l’altra scese nuovamente al cavallo dei miei pantaloni. Io sussultai, rendendomi conto del leggero rigonfiamento che quello stronzo stava andando a stuzzicare.

Gli tirai uno spintone e corsi fuori dal bagno, cercando di risistemarmi i jeans e di non avere un aneurisma nel bel mezzo del corridoio.

« Vaffanculo.. »

 

P.o.v. Shane

 

Rimasi qualche secondo a fissare la porta da cui Thomas era appena uscito, poi entrai in uno dei piccoli cubicoli, chiudendomi la porta alle spalle. Scivolai a terra, soffocando l’ennesima imprecazione, e scoppiai a ridere. Mi ero eccitato! Mi ero eccitato a toccare quel ragazzino! Dio, dovevo essere messo proprio male.. E per fortuna non se ne era accorto, altrimenti mi sa che tutta la mia credibilità sarebbe andata a puttane. Lasciai passare qualche minuto, poi mi alzai ed andai a sciacquarmi il viso, per calmare i bollenti spiriti. Non avevo alcuna intenzione di farmi una sega nei bagni della scuola per colpa di un ragazzino sfigato con ancora l’apparecchio ai denti.

Dopo un paio di minuti ero nuovamente in condizione di uscire da quel bagno senza sembrare un coglione con gli ormoni a palla, quindi me ne tornai in classe. Mi stravaccai al mio posto, accanto a Mike, e mi voltai a guardarlo sorridente.

Lui fece una smorfia seccata. Quella notte non aveva dormito un cazzo, e adesso era di pessimo umore ed intrattabile.

« Che cazzo è quel sorriso da deficiente? » grugnì nella mia direzione.

« Ultimamente ci si annoia parecchio, non trovi? »

Lui mi guardò perplesso e stizzito. Odiava quando non parlavo chiaro e tondo da subito.

« Mi sono trovato un passatempo. » annunciai alla fine.

« Cioè? Ti sei dato alla danza classica? »

« No, ho deciso di scoparmi Adam Thomas. »

« Sei diventato frocio? »

« Non direi.. Sono solo annoiato, e ho trovato un nuovo e divertente modo di torturarlo.. »

Lui mi guardò sconcertato, poi scosse la testa. « Tu sei da manicomio peggio di lui, amico.. Quello non te lo dà.. »

Inarcai un sopracciglio. « Ma se hai detto ieri che ha una cotta per me. »

« Si, ma non è idiota, sa benissimo che una scopata con te equivarrebbe alla totale distruzione della sua vita scolastica e sociale. »

Lo guardai assorto per un attimo, poi sorrisi di nuovo. « Okay, scommettiamo che entro il mio compleanno me lo porto a letto? »

Gli porsi la mano.

Mike si voltò a guardarmi con un sorrisetto divertito. « Okay. »

La strinse.

Un mese e mezzo.

 

 

P.o.v. Adam

 

« Cosa cazzo ha fatto quello stronzo? » urlò Catherine, guardandomi con gli occhi sgranati ed un’aria quanto mai sconvolta. « Io lo ammazzo, quel pezzo di merda! »

Guardai la mia amica con aria stanca. « Lascia stare Cat, tanto ci sono abituato alle sue prese per il culo.. »

« Ma come diavolo sarebbe a dire?! Questo va oltre le normali prese per in giro! Io gli spezzo le gambe a quello sfigato omofobo di merda! »

Quasi mi venne da ridere a sentirla parlare così. Naturalmente a lei non avevo raccontato dei vari “pestaggi”. Dopotutto non mi avevano mai fatto nulla di serio, a parte qualche livido qua e là, e sicuramente se gliene avessi parlato lei si sarebbe incazzata tanto da andare a cacciarsi nei guai. Ci mancava solo che si mettessero a maltrattare pure lei, Dio santo!

« Non importa, dai.. » mormorai, abbozzando un mezzo sorriso.

Lei sbuffò, scuotendo la testa. « Io proprio non capisco come tu faccia a sopportare tutto questo.. E anche a farti piacere quel.. »

« Cat! » la interruppi.

« COSA? »

« Basta così, okay? »

Lei sospirò, rassegnata. « Non ti capisco proprio.. »

Io scrollai le spalle e le sorrisi. « Non importa, non devi capire per forza. Comunque ora devo andare.. Magari dopo ti chiamo.. »

Lei annuì controvoglia e mi salutò, tornando poi a sedersi sul gradino davanti all’ingresso della scuola. Stava aspettando che iniziassero i corsi di teatro pomeridiani. Avevano chiesto anche a me di parteciparvi, ma io mi ero rifiutato con gran decisione.

Già ero abbastanza gay, senza che mi mettessi anche a fare l’attore fallito.

Mi avviai con uno sbuffo verso casa, ed imboccai il solito vicoletto che mi accorciava la strada di un bel po’. Era tutto il giorno che ci pensavo, ma ancora non ero riuscito a capire perché diavolo Shane si fosse comportato così quella mattina. Era solo un nuovo modo per pigliarmi per il culo? Affondai la faccia ancora di più nella sciarpa e tirai giù il cappellino nero. Faceva fottutamente freddo quel giorno.

Mi stavo pregustando il momento in cui mi sarei infilato in casa, sotto una coperta con una cioccolata calda in mano, quanto iniziai a sentire le risate. Rimbombavano per tutto il vicolo, ma non ci feci caso.

Era troppo tardi, quando mi resi conto che erano voci conosciute.

« Ehy, guardate chi c‘è! »

Alzai lo sguardo, spaventato. Davanti a me si stagliavano i soliti 4 brutti figuri. O almeno, 3 di questi erano brutti. Tom Curtis, Jim Hampton, Mike Dalton e Shane Webber.

« Ma guarda, il piccolo Thomas.. » Jim mi si avvicinò, invadendo il mio spazio vitale. « Sai, dovresti proprio evitare di andartene in giro da solo.. »

Tom ridacchiò, due passi indietro. « Già, dove hai lasciato la tua amichetta.. Bennet, no? Catherine Bennet. Una gran figa, magari la prossima volta ce la presenti.. »

« Vaffanculo, non vi azzardate a tirare in mezzo pure lei. »

Tom e Jim scoppiarono a ridere, mentre Mike e Shane si scambiarono un’occhiata d’intesa piuttosto divertita.

Jim mi diede una spinta che mi fece barcollare all’indietro. « Perché se no che fai, eh, frocetto? »

Aprii bocca per ribattere, ma non feci in tempo a dire nulla, perché in quel momento accadde una cosa veramente inquietante. Shane Webber intervenne.

Si mise in mezzo, tirando una spintarella a Jim, con un sorriso conciliante stampato in faccia.

« Dai Jimmy, lascia stare questo sfigato e andiamocene che ho fame.. »

Deglutii a vuoto, vedendo Jim voltarsi verso di lui con aria chiaramente incazzata.

« Che cazzo fai, Webber, ti metti a difendere questa mezza checca? »

« Ehy, amico, rilassati… Dico solo che preferisco andare a mangiare, che stare qui ad insultare Dorothy.. » si voltò a guardarmi leggermente divertito. « Dai, non c‘è neanche più gusto.. Non gli hai ancora fatto nulla e se la sta già facendo addosso.. »

Okay, mi aveva chiamato Dorothy, e aveva osato insinuare che me la stessi facendo addosso -cosa assolutamente falsa-, ma, per quanto lo potesse negare anche all’infinito, Shane Webber mi stava decisamente difendendo.

« E va bene.. » grugnì Jim, ancora accigliato, dopo averci pensato su qualche secondo.

Mi tirò una pacca in mezzo alla schiena, superandomi. « Ci vediamo domani a scuola, frocetto! » e si allontanò per il vicolo.

Gli altri lo seguirono, tranne Shane, che rimase davanti a me decisamente più del dovuto.

Mi guardò per un secondo con un’espressione indecifrabile, poi sorrise divertito. « Scusa per stamattina, ho esagerato. »

Disse solo questo, prima di andarsene. Disse solo questo, ma bastò a farmi diventare rosso come un fottuto Babbo Natale ubriaco.

 

 

 

Buonsalve gente!!

Innanzitutto devo chiedere umilmente perdono per avervi fatto aspettare così tanto, e anche perché è scritta maluccio… spero però che vi diverta almeno un pochino! :D

Fatemi sapere!

 

P.s. grazie tante per le recensioni e a chi ha aggiunto tra i preferiti/seguite eccetera!

Vi amo! <3

 

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Capitolo 3
*** chapter 3 ***


P.o.v. Adam

 

 

Erano passati tre giorni, e Shane non si era fatto vedere, grazie a Dio. Neanche i suoi amici erano venuti a disturbarmi, ed io iniziavo a sentirmi fin troppo rilassato, anche se avevo un brutto presentimento che mi assillava. Ero piuttosto certo che stessero tramando qualcosa. Cristo, si era comportato in modo troppo strano, ultimamente.

Stavo pensando proprio a questo, quella sera, come una previsione, o una qualche oscura premonizione. I miei erano via per lavoro, e non sarebbero tornati prima di un paio di giorni, ed io non aspettavo proprio nessuno, quindi quando suonò il campanello saltai in aria per lo spavento. Mi avviai verso la porta alquanto preoccupato: chi poteva essere alle -lanciai uno sguardo all’orologio- 11 di una piovosissima sera di novembre?? Cat mi avrebbe certamente telefonato, prima di piombarmi in casa, e quanto agli altri miei amici… beh, onestamente non è che ne avessi molti, e comunque non tanto stretti da venire a casa mia senza essere invitati. Aprii la porta, senza prima chiedere chi fosse, e rimasi paralizzato.

Shane Webber.

Shane Webber fradicio di pioggia e pesto come non mai era accasciato contro uno stipite e mi guardava, tenendosi lo stomaco con una mano. Era sporca di sangue.

« Mi fai entrare? » mi chiese, dopo qualche secondo, senza grandi giri di parole.

Mi scostai dall’entrata per lasciarlo passare, senza dire nulla. Lui barcollò nell’ingresso, e solo quando mi accorsi che stava per stramazzare sul mio parquet, mi decisi finalmente a chiudere la porta da cui entrava un vento gelido e carico di pioggia, e ad andare ad aiutarlo. Lo portai fino in cucina -dove il pavimento era piastrellato, e molto più semplice da pulire dal sangue- e lo feci sedere al tavolo.

« Che.. Che cosa diavolo ti è successo? E perché sei qui? Come sai.. Come fai a sapere dove abito?? » esclamai alla fine, quando finalmente riuscii a parlare.

Lui mi guardò per un secondo, fissandomi con quegli strani e penetranti occhi neri, poi abbassò lo sguardo.

« Posso rimanere a dormire qui? » mi chiese, invece di rispondere alle mie domande.

« Si, i miei non ci sono, ma.. » mi bloccai, rendendomi conto di ciò che avevo detto. Ero forse impazzito? Avevo appena detto a Shane Webber che poteva rimanere a dormire a casa mia? « Ma prima vorresti rispondere alle mie domande? » aggiunsi alla fine, titubante.

Lui mi guardò con un piccolo sorriso sghembo.

« I tizi dell‘altra volta.. » incominciò. « Il problema è che questa volta avevano un coltello.. »

Spalancai gli occhi.

« Ma l‘ho schivato! » si affrettò ad aggiungere. Abbassò lo sguardo sulla sua mano insanguinata. « O quasi, almeno. »

Scossi la testa, allontanando tutte quelle inutili domande che continuavano ad affollarmisi in testa e, cercando di recuperare un po’ di lucidità, mi avvicinai a lui.

« Dovresti andare in ospedale. »

Scosse la testa. « Ospedali no, lo sai. »

« Okay, ma almeno lascia che te la disinfetti e che la bendi.. » probabilmente avevo davvero la sindrome della crocerossina. Oppure ero semplicemente impazzito. Comunque ero troppo buono, per negare il mio aiuto ad una persona in quelle condizioni. Anche se la persona in questione era Shane Webber.

« Togliti la maglietta. »

Lui mi guardò con un sopracciglio inarcato.

« Come faccio a medicarti una ferita all‘addome con la maglietta addosso? Toglila. »

Lui annuì, con un sospiro, e la tolse, scoprendo il torace. Allontanando immediatamente dalla mia testa ogni qualsivoglia pensiero romantico o erotico quella vista potesse suscitare, mi concentrai sulla ferita. In effetti era molto più superficiale di quello che avevo temuto, e non perdeva neanche più tanto sangue. Dopo tutti quegli anni passati a subire i maltrattamenti di Shane & co. ormai ero praticamente diventato un infermiere professionista. Quando mi picchiavano mi medicavo sempre da solo, non potevo certo andare a piangere dalla mamma o, ancora peggio, andare in ospedale.

Esaminai le varie ferite per qualche minuto, poi finalmente mi alzai e tornai a guardare Shane.

« Non c‘è niente di particolarmente grave. Ora vai a farti una doccia calda, che sei bagnato fradicio e in pessime condizioni, poi ti medicherò quella.. » dissi, accennando alla ferita.

Lui mi guardò per un secondo, poi annuì. Era silenzioso ai limiti dell’inquietante quella sera.

Lo accompagnai al bagno degli ospiti, gli lasciai degli asciugamani puliti ed un paio di pantaloni della tuta da indossare, poi tornai in cucina, a ripulire il pavimento che aveva infangato completamente.

A quel punto, finalmente solo, mi lasciai andare all’isteria. Lanciai un muto urlo di frustrazione, abbrancando con forza lo straccio, e mi buttai a terra con fare nervoso.

Cosa diavolo stava succedendo quella sera? Shane Webber era nel mio bagno degli ospiti a farsi la doccia! Perché diavolo Shane Webber era nel mio bagno degli ospiti a farsi la doccia??

E perché la cosa mi eccitava da morire? Perché ero un dannato pervertito, ecco!

Strofinai con foga il pavimento, scaricando lo stress e la frustrazione, e quando non ebbi proprio più niente da fare, rimisi tutto a posto e mi abbandonai mollemente su una sedia. Perché la mia tranquilla vita di adolescente si stava incasinando a quei livelli? Che avevo fatto di male per meritare ciò?

« Ehy Thomas.. Io ho finito.. »

Alzai lo sguardo: sulla porta c’era Shane, con indosso solo i pantaloni dell’adidas che gli avevo dato e i capelli ancora fradici, che mi guardava in attesa.

Era di una bellezza mozzafiato. Rimasi a fissarlo inebetito qualche secondo, poi mi riscossi e mi alzai, scuotendo la testa nel tentativo di riprendermi. Forza Adam, ce la puoi fare.

Lo portai in camera mia e lo feci sedere sul letto, poi mi allontanai per andare a prendere disinfettante e garze varie. Quando entrai nel bagno, lontano dal suo sguardo indagatore, tirai un enorme sospiro, come se fossi rimasto in apnea fino a quel momento. Presi la cassetta del pronto soccorso con gesti meccanici. Non dovevo fare altro che andare di là, mettergli due bende, spedirlo nella camera degli ospiti e poi andarmene a dormire. Niente di più facile, dannazione.

Tirai un altro lungo sospiro, poi tornai in camera. Lui mi aspettava proprio dove l’avevo lasciato. Bello come l’avevo lasciato. Pericoloso come l’avevo lasciato.

Mi inginocchiai davanti a lui, appoggiando la cassetta al mio fianco, poi ne tirai fuori un batuffolo di cotone ed il disinfettante e mi misi all’opera. Feci tutto piuttosto alla svelta, cercando, senza troppo successo, di non fissare il suo petto muscoloso e tatuato, o i suoi addominali, mentre lavoravo.

« Okay, sei a posto! » esclamai alla fine, con un sospiro leggero.

Lui mi guardò, fissando i suoi occhi scuri nei miei. Li sentivo addosso, i suoi occhi, mi facevano venire i brividi. Sorrise leggermente.

« Puoi toccare, se vuoi. »

Spalancai gli occhi. « C-come..? »

Il sorriso si allargò ancora, diventando parecchio sinistro. Mi prese una mano, senza lasciarmi opporre alcuna resistenza -non che avessi intenzione di farlo, comunque- e se la portò al petto.

Arrossii leggermente.

« È da quando ho tolto la maglietta che mi fissi… » sussurrò, guidando le mie dita lungo i bordi neri dei suoi tatuaggi.

Ne seguivo il percorso affascinato, senza riuscire a distogliere lo sguardo. Percepivo il calore che la sua mano trasmetteva alla mia. Un calore solido e piacevole.

Vidi la mia mano scendere lungo l’addome, sfiorando leggera le bende appena messe, e poi scendere ancora, tastando la sua pelle liscia e calda con i polpastrelli. Non sapevo neanche più chi dei due fosse a muoverla, se io, o lui, che ancora la teneva stretta. Sentii i primi peli sotto l’ombelico farsi lentamente più folti, fino a quando le mie dita raggiunsero l’elastico dei pantaloni. Mi fermai per un secondo, ed alzai lo sguardo sul viso di Shane, che mi stava fissando. Non sorrideva più. Sentii la sua mano stringere leggermente la mia e trascinarla più in basso, oltre l’elastico.

A quel punto, una qualche scintilla scoccò nella mia testa, rimise in moto gli ingranaggi, ed io mi risvegliai da quello stato di catalessi, ritirando bruscamente la mano e saltando in piedi.

« Che cavolo.. » mormorai, arrossendo a dismisura.

Cosa diavolo stava facendo quell’idiota? era forse impazzito??

Feci per allontanarmi, ma lui mi fermò, afferrandomi per un polso, con un sorrisetto malizioso dipinto in volto. Mi attirò nuovamente verso di sé.

« Ehy, così non vale.. » sussurrò, squadrandomi ancora con quegli occhi tremendamente profondi. « Io ti ho lasciato toccare, ma ora è il mio turno… Do ut des, no? »

Lo guardai con gli occhi spalancati. Non mi piaceva quella nuova versione di Shane, e neanche la sua personalissima interpretazione di Do ut des. O meglio, mi piaceva da un certo punto di vista, ma mi preoccupava anche un sacco, da tutti gli altri punti di vista.

Mi passò lentamente una mano su un fianco, sollevando leggermente la maglietta, premette le dita nella carne e mi avvicinò a sé ancora di più.

« Dimmi una cosa, Thomas… sei ancora vergine? »

Sgranai gli occhi ancora di più. Era impazzito. Era chiaramente diventato pazzo. Non c’era altra ragione, per cui si dovesse comportare così, oltre alla follia.

« Sarebbe un vero peccato.. »

Mi staccai da lui di scatto. È vero che mi piaceva, ma non avevo alcuna intenzione di fare nulla con lui. Mi morsi un labbro. Ero assolutamente in grado di dominare i miei istinti. E i miei impulsi. E quelle cose lì.. Tipo gli impulsi.

« OKAY! » esclamai, con voce leggermente isterica e stridula. « Okay.. » ripetei, normalizzando la respirazione e il tono. « Facciamo che tu.. Ora dormi. Dormi. E io- vado di là. Nella camera degli ospiti. » E mi ci chiudo dentro. A chiave.

Non aggiunsi altro, e fuggii dalla stanza, sbattendo la porta alle mie spalle.

 

 

Non ho tempo di scrivere, ma grazie a tutte per le recensioni!! Vi amo tanto! Mi rendete tanto felice! :D

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Capitolo 4
*** chapter 4 ***


***4***

s- La mattina dopo mi svegliai con un mal di testa indecente e il fianco che bruciava in modo insopportabile. E il fatto che ultimamente accadesse spesso, che mi svegliassi in condizioni simili, non rendeva la cosa più sopportabile. Mi misi a sedere sul letto, guardandomi attorno ancora intontito dal sonno. Ero in una camera che decisamente non era la mia, né quella di Mike, e anche questo mi succedeva spesso, solo che di solito non ero da solo e dolorante. Era una camera piena di libri e dischi e fogli sparsi in giro in un disordine sconvolgente. Libri. Io non conoscevo persone che leggessero. Non ero neanche poi tanto sicuro che la maggior parte dei miei amici sapesse leggere.

Feci mente locale, nonostante la cosa richiedesse uno sforzo notevole, e ripercorsi la giornata precedente. Alla fine ricordai tutto.

« Ah, cazzo.. » imprecai. « Union. Coltello. Pioggia, tanta pioggia. Adam Thomas. » conclusi, scivolando fuori dal letto in un movimento molto poco fluido che mi procurò tante dolorose fitte al fianco.

Uscii nel corridoio, indeciso su cosa fare, dal momento che quella casa era davvero fottutamente grande e io non c’ero mai stato prima. Mi sarei perso, senza dubbio. Pensavo questo, quando una melodia leggera raggiunse le mie orecchie. Era piuttosto attutita da -probabilmente- diverse pareti, ma era senza dubbio il suono di un pianoforte. Seguii il suono fino ad una porta bianca. La aprii e mi ritrovai sulla soglia di un piccolo salottino poco arredato, occupato solo da qualche scaffale pieno di libri, un divanetto, un tavolino ed un pianoforte a coda, nero lucente, a cui era seduto Adam.

Non si era ancora accorto della mia presenza, quindi mi presi il tempo per osservarlo. Solitamente non sembrava altro che un ragazzino impacciato e un po’ imbranato, ma mentre suonava tutta la sua figura esile esprimeva un che di elegante, nobile. Ed era anche piuttosto bravo.

« Non sapevo che suonassi il pianoforte. »

Adam si fermò, sentendo la mia voce, e la musica si interruppe. Si voltò a guardarmi.

« Mi pare ovvio. Tu non sai nulla di me, a parte che sono gay e che quando mi picchi sanguino come ogni altro comune essere umano. » rispose, con una nota fredda nella voce.

Le mie labbra si piegarono in un sorrisetto involontario e soddisfatto. Mi piaceva questa cosa, che non fosse troppo remissivo. Rendeva tutto molto più divertente.

« Già, non so niente.. Però sei piuttosto bravo, è una tua composizione? »

Lui scrollò le spalle. « Si, ma non è niente di che, e non è ancora finita.. »

« Beh, continua pure, non voglio essere d‘intralcio. » dissi, andando a sedermi sul divanetto.

Lui scosse la testa. « Non ti preoccupare, ormai avevo più o meno finito.. Son qui da due ore.. »

Calò un silenzio leggermente imbarazzante. Ovviamente nessuno dei due aveva qualcosa da dire. E come avremmo potuto? Non eravamo esattamente due amici che chiacchierano amabilmente.

Mi guardai intorno, e lo sguardo mi cadde su un libro appoggiato poco più in là sul divanetto. Lo presi, guardandolo con un sopracciglio inarcato.

« Stai leggendo Lords of Chaos? »

Lui mi guardò incuriosito. « Si, perché? »

Lo guardai divertito, con un sopracciglio inarcato. « È un libro che parla di Black metallari satanisti, assassinii ed incendi di chiese, no? »

Lui scrollò le spalle. « Tecnicamente, se ti riferisci a Varg Vikernes, lui non era esattamente satanista. Più che altro era fissato con il culto di Odino ed il nazismo.. »

« Si, beh, cambia qualcosa? Era comunque uno psicopatico assassino. Non credevo ti piacessero quel genere di cose.. »

Un sorrisetto timido si dipinse sulle sue labbra. « Non è che mi piacciano… le trovo interessanti. Mi piacerebbe capire come sono andate veramente le cose.. Se è andata veramente come dice lui oppure no... E tutti quei roghi.. »

« Sei inquietante. »

Lui arrossì leggermente. « Ma mi interessano solo da un punto di vista puramente psicologico! Che cosa ha spinto questi uomini a compiere certe azioni? E la musica ha avuto una qualche influenza in tutta questa faccenda? Certi.. » si interruppe e mi guardò, come indeciso se continuare a parlare oppure no. « Mi affascina, che esistano uomini che.. Che si lasciano andare ai propri istinti, ai propri impulsi al punto di diventare come degli animali.. »

« Colui che fa di sé una bestia si libera della pena di essere un uomo.. » mormorai, sovrappensiero.

Lui sorrise leggermente. « Già, come dicono gli Avenged.. »

Lo guardai, e in quel momento non potei fare a meno di pensare che quel ragazzino- quel ragazzo fosse decisamente bello. Non era quel genere di bellezza da giornale, da passerella, né quella che fa voltare la gente al suo passaggio. Era più una bellezza particolare, non vistosa, ma dolce. Proprio il genere di bellezza che ti vien voglia di maltrattare.

Mi alzai e lo raggiunsi, intrappolandolo tra il mio corpo ed il pianoforte. Lui mi guardò perplesso, arrossendo leggermente.

« Dimmi, se io fossi un animale, che cosa sarei, secondo te? Un cane forse? » dissi, con un ghigno leggero.

Lui scosse la testa. « No, tu saresti qualcosa di più… complesso di un cane.. » mi osservò per un secondo con aria pensierosa. « Una pantera. Forse.. Un giaguaro, qualcosa del genere. »

Inarcai un sopracciglio. « Una pantera, eh? E tu? Cosa saresti, un gattino? »

Lui scosse di nuovo la testa, sorridendo divertito. « No, i gatti sono animali troppo misteriosi ed eleganti. Potrei essere io un cane. »

Lo fissai per un secondo, irritato: iniziava ad essere troppo carino, per i miei gusti. Me lo dovevo portare a letto, non certo farmelo piacere. Mi tornò la voglia di fargli qualcosa di cattivo, di farlo sentire a disagio.

Gli afferrai il viso per la mascella, stringendo più del dovuto.

« Gli istinti… » mormorai. « Non sono qualcosa che si può studiare sui libri… » avvicinai il mio viso al suo, e lo vidi spalancare gli occhi. « Credo che tu non sappia niente di cosa voglia dire cedere ai propri istinti. » conclusi, passandogli lentamente la lingua su una guancia.

Lui arrossì di botto, tremando leggermente, ed io lo lasciai andare, allontanandomi di nuovo da lui.

« Quando tornano i tuoi? »

Lui mi guardò perplesso ed ancora leggermente sconvolto. « Do- domani sera, credo… »

Sorrisi, e fui sicuro che il mio sorriso avesse un che di terribilmente preoccupante in quel momento. « …Quindi stanotte sei ancora a casa da solo.. »

Lui mi guardò inquietatissimo ed annuì.

« Bene, allora stasera ti porto fuori a fare un po‘ di pratica.. »

« Prati.. Cosa? Pratica di cosa?? »

Sorrisi di nuovo. « Di lasciarsi andare agli istinti. La teoria non è tutto, no? » mi infilai le mani nelle tasche con nonchalance. « È.. Diciamo, un ringraziamento. »

« Okay.. » disse Adam. Poi spalancò gli occhi, di nuovo, come se la parola gli fosse sfuggita dalle labbra senza il suo consenso.

« Bene, passeremo a prenderti verso le 11/11 e mezza. Vedi di essere pronto, perché non avremo voglia di aspettare. » detto questo mi avviai nuovamente verso la porta.

« Aspetta.. Ma- dove andiamo? Cosa mi devo mettere? Che cavolo? »

Alzai gli occhi al cielo, senza neanche voltarmi, e lo liquidai scuotendo la mano seccato. « Metti quello che ti pare. » Continuai a camminare, scuotendo la testa. « Checca.. »

 

 

 

 

Visto che siamo in vena di aggiornamenti lampo…

Grazie a tutte coloro che leggono/recensiscono questa storia! :D

Fatemi sapere cosa pensate di questo capitolo <3

Tanto ammore <3

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