La pulce nell'orecchio di PattyOnTheRollercoaster (/viewuser.php?uid=63689)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Venerdì 21 Marzo, nel tardo pomeriggio - Qualcosa vi sfugge? ***
Capitolo 2: *** Venerdì 21 Marzo, alla sera - Un buon partito ***
Capitolo 3: *** Sabato 22 Marzo, nel pomeriggio - Un momento d'intimità ***
Capitolo 4: *** Domenica 23 Marzo, nel mattino - Fino all'altro ieri ***
Capitolo 5: *** Domenica 23 Marzo, nel pomeriggio - Infido di natura ***
Capitolo 1 *** Venerdì 21 Marzo, nel tardo pomeriggio - Qualcosa vi sfugge? ***
prova
La pulce
nell’orecchio
Venerdì 21 Marzo,
nel tardo pomeriggio
Qualcosa vi sfugge?
In fin
dei conti, si diceva sempre Elizabeth, lei e Ciel si conoscevano da
tanto tempo. Erano cresciuti assieme, le loro famiglie erano vicine, e
lei era sempre stata destinata a diventare sua moglie. Vedeva la cosa
con particolare positività: lei voleva molto bene a Ciel e
l’idea di diventare un giorno la signora Phantomhive poteva
solo
riempirla di gioia. Immaginava che sarebbero andati a vivere nella
magione di campagna di Ciel, e che tutti i loro servitori sarebbero
rimasti lì con loro e non si sarebbero separati mai. Si
sarebbe
trasferita assieme a Paula, e avrebbero formato una nuova famiglia.
Elizabeth Middleford non aveva mai sentito il bisogno di cercare
l’affetto di un altro uomo altrove, perché a lei
bastava avere
Ciel, e anche se lui non le dimostrava certo l’affetto che a
volte si
aspettava e desiderava, a lei andava bene così. Aveva sempre
pensato che la morte dei genitori di Ciel lo avessero reso distante,
molto freddo e calcolatore, ma non era un ragazzo malvagio, era solo
chiuso. E le forti responsabilità alle quali era stato
sottoposto fin da bambino – essere il cane da guardia della
regina,
tanto per fare un esempio banale – lo avevano reso un adulto
serio che
non esternava le sue emozioni. Però, anche se Ciel non era
mai carino
con lei, Elizabeth sapeva bene che entrambi provavano un grande affetto
l’uno per l’altra. Non esistevano problemi, per
Lizzy, in questo
frangente della sua vita. Aveva diciotto anni ormai, e fra pochi mesi,
a Dicembre, quando anche Ciel avrebbe avuto la sua stessa
età,
si sarebbero sposati. La data delle nozze era già fissata:
undici Gennaio dell’anno dopo. Non sussistevano proprio
problemi di
alcun tipo, almeno fino a che Elizabeth non conobbe quel ragazzo
misterioso, bello e terribile come un demonio, che le fece considerare
un nuovo modo di vedere le cose.
Da diversi anni
Elizabeth aveva accettato i consigli di sua madre e tentava di vestirsi
in maniera più adeguata e a comportarsi più
compostamente, ma non aveva mai abbandonato il colore rosa
né
aveva smesso di farsi chiamare dalle persone a lei care Lizzy. Era il
21 di Marzo, anno 1893, e la famiglia Middleford, in particolare Lizzy,
aveva deciso di dare un party per festeggiare l’inizio della
primavera.
In realtà era un modo come un altro per fare una bella
festa, e
riempire la sala da ballo di cose carine, invitati con bei vestiti e
ovviamente per ballare con Ciel.
«Zia Frances, zio Alex.»
Lizzy udì la
voce di Ciel fin dalla sala di ricevimento, e lasciò a Paula
l’incombenza di appendere le ultime decorazioni, sollevandosi
il
vestito e correndo fino all’ingresso.
«Ciel!» La ragazza si
ricompose appena in tempo per salutarlo con un sorriso e dargli un
bacio leggero sulla guancia. Purtroppo a sua madre Frances anche questo
atteggiamento pareva un po’ troppo espansivo per una
signorina come
lei, ma aveva da tempo rinunciato a riprendere la figlia quando si
trattava di Ciel Phantomhive: era inutile, ciò che le diceva
le
entrava da un orecchio e le usciva dall’altro, passando
svolazzante
dentro la sua testolina momentaneamente vuota. Al fianco di Ciel stava
l’immancabile Sebastian Michaelis, il maggiordomo perfetto,
con i
capelli elegantemente tiranti all’indietro come piaceva a zia
Frances.
L’uomo si inchinò ad Elizabeth e la
salutò cortesemente.
«Vieni Ciel, voglio
farti vedere come ho decorato la sala da ballo! Ho pensato a tutto io,
ho scelto i colori e la disposizione delle decorazioni.» Il
ragazzo si lasciò trascinare docile, anche se non era
neanche
lontanamente emozionato come lei.
Ciel aveva diciassette
anni, e ne avrebbe compiuti diciotto a Dicembre. In appena due anni,
dai quindici in poi, si era letteralmente trasformato. Se prima
lamentava continuamente di essere basso, adesso era divenuto alto e
sottile, e quello rallegrava Elizabeth perché poteva
finalmente
indossare i suoi tacchi e, alle feste, farsi portare sottobraccio dal
suo futuro sposo in quello che sembrava il ritratto della coppia
felice. Il volto di Ciel si era affilato, non era più pieno
come
quando era ragazzino, ma si era fatto meno paffuto sulle guance e la
mascella gli si era pronunciata. Somigliava molto a suo padre nel viso,
ma la corporatura esile e slanciata era quella di sua madre. Elizabeth
aveva anche notato che Ciel, con un pizzico di compiacimento, aveva
iniziato a radersi ogni tanto, la qual cosa lo faceva sentire molto
adulto.
«Ci sono moltissimi
invitati. I parenti, ma anche degli amici di famiglia. Ho mandato un
invito anche al Visconte di Druitt, verrà con la sua nuova
moglie.» Ciel storse leggermente il naso a quella notizia.
«Lui non ti sta molto simpatico, vero?»
Il ragazzo parve
disgustato e per un attimo si perse nei ricordi, ma poi si riscosse.
«Certo che no», sbottò «con
tutte le mogli che
ha avuto mi chiedo che razza di perver- di persona possa
essere.»
E detto questo, il naso rivolto altrove, Ciel dichiarò che
l’argomento era chiuso.
«Mamma e
papà hanno invitato anche un vecchio conoscente, un conte
che
hanno conosciuto l’anno scorso. Si fermerà da noi
per un po’, ma
non ricordo chi sia. Oh! E verranno anche Edward assieme ad Angelina e
il piccolo Yvan.»
Ciel corrucciò
gli occhi. «Ah sì?» Non poteva certo
dire di essere
allegro, il fratello della sua futura sposa lo aveva sempre odiato.
Lizzy
sorrise allegra e
riprese a ciarlare. «Non vedo l’ora di poter
prendere in braccio
di nuovo il mio nipotino, dovresti farti conoscere anche tu da lui,
dopotutto diventerai suo zio prima o poi, no?» Nel dire
quelle
parole la ragazza arrossì violentemente. «Non
l’hai mai
visto, vero? E’ un bambino davvero bello.
Spero…», Elizabeth
prese un grosso respiro prima di dire, «spero che anche il
nostro
bambino possa essere tanto bello.»
Nel sentire
quelle parole Ciel raggelò. La parola bambino
associata a lui e Lizzy era qualcosa a cui non aveva mai pensato, e
siccome la realtà gli era stata messa di fronte
così
violentemente non poté fare altro che ragionare a proposito
di
un certo grado di intimità che avrebbe dovuto raggiungere
con
lei, se volevano proprio avere un figlio. Il ragazzo arrossì
vistosamente ma tentò di celare il tutto abbassando la testa
e
assumendo un cipiglio che voleva essere severo. «Non dire
sciocchezze», disse infine schiarendosi la gola e tentando di
nascondersi sotto il cappello.
Elizabeth
sgranò gli occhi e aprì la bocca, come a voler
dire
qualcosa, ma poi ci ripensò e abbassò lo sguardo.
«Scusami», mormorò piano.
All’improvviso l’aria fra
loro due si era fatta pesante, e Ciel sentì che era
interamente,
unicamente, colpa sua. Si diede dell’imbecille, e avrebbe
voluto poter
tornare indietro nel tempo per non dire mai quelle stupide parole.
Peccato che Sebastian non possedesse anche quel potere fra le sue tante
capacità.
Non dire sciocchezze.
Ecco cos’aveva detto. Ciel solitamente era molto misurato
nelle parole,
dopotutto era un uomo d’affari e la diplomazia era la sua
arma migliore
per mandare avanti la Funtom Company. Con un po’ di
diplomazia
metà del lavoro era fatto. Ma con Elizabeth erano un altro
paio
di maniche, con lei non riusciva mai a misurare le parole che diceva, e
al contrario quelle uscivano a valanghe come a punirlo per essere
trattenute così tanto in gola. E di parole in gola ne aveva
molte, ne aveva a bizzeffe! Era una vera sfortuna che da quel forno che
era la sua bocca uscissero solo le frasi sbagliate in presenza di
Lizzy. Come al solito si rese conto che non c’era limite alla
sua
deficienza, e le parole che aveva detto non potevano che essere
interpretate male: lui non voleva dire che il loro futuro fosse una
sciocchezza, che un loro eventuale figlio fosse una sciocchezza, che lei
fosse una sciocchezza. Ciel voleva solo tirarsi fuori da una situazione
che lo metteva a disagio, e l’unico modo in cui sapeva farlo
era
tagliando corto con l’argomento il più ferocemente
possibile. E
in quel momento non c’erano dubbi sul fatto che, di ferocia,
ne aveva
usata parecchia.
Elizabeth
teneva lo
sguardo puntato altrove, e si diresse verso la sala pranzo in silenzio.
«Dove vai?», le chiese Ciel con slancio seguendola.
«A vedere
com’è venuta la tavola. Avevo detto alle cameriere
di disporre
tutto in un certo modo.»
Ciel la seguì
in fretta e accordò il suo passo a quello della ragazza. Non
gli
sembrava proprio il caso di litigare in un momento come quello. La
festa sarebbe iniziata fra un ora al massimo e gli invitati dovevano
arrivare da un momento all’altro. Per come Lizzy era fatta
avrebbe
passato tutta la festa a intristirsi se non avesse sistemato la cosa.
«Lizzy?», il ragazzo la fermò sulla
soglia
dell’enorme porta che dava alla sala da pranzo, riccamente
decorata e
con un tavolo magnifico e perfetto. «Sei
arrabbiata?»,
domandò per sicurezza.
Lei fece un sorriso
tirato, ma nonostante questo Ciel poté vedere che i suoi
occhi
esprimevano ancora una certa tristezza. «No, non sono
arrabbiata.»
Ma certo che non è
arrabbiata, tonto. E’ triste. Che razza di stupido!
È colpa tua!
«Ascolta, io non volevo dire che è una
sciocchezza… quella
cosa lì.» Il ragazzo si umettò le
labbra.
«Cioè, lo so che lo dico spesso a tutti, e anche a
te. Ma
non perché tu dica sciocchezze, cioè, a volte.
Insomma
sì, dici delle sciocchezze ma dici anche cose normali a
volte.» Nel momento esatto in cui stava pronunciando quelle
parole Ciel seppe che la conversazione stava prendendo una piega
pericolosa. Pericolosa per lui, ovviamente. «…e
quindi io dico
così, ma non voglio dire così capito? Quello che
dici
certe volte ha senso, altre volte no ma capita a tutti. In fondo tu sei
una ragazza esattamente come le altre, e può capitare di
sbagliare.» Dopo una tiritera lunga almeno due minuti Ciel
pensò che poteva ancora salvare il salvabile.
«Comunque,
stai molto bene con questo vestito.»
Il volto di Lizzy
aveva subito parecchie trasformazioni in quel breve lasso di tempo.
Prima era stupefatto, e poi quasi raddolcito. Alla fine si era fatto
confuso, ma poi aveva iniziato ad assumere un atteggiamento veramente,
veramente arrabbiato. Atteggiamento che non accennava a sparire.
Elizabeth parve voler dire qualcosa, aprì la bocca adirata
ma
poi, come al solito, la richiuse e seppellì dentro di
sé
i suoi pensieri. Con voce fredda disse solamente: «Ci vediamo
a
cena Ciel. Ora scusami ma devo andare un attimo in camera
mia.»
Ciel la guardò allontanarsi con un leggero senso di colpa.
Si
chiese se poteva considerare la faccenda sistemata una volta per tutte.
Quando Elizabeth fu in
camera si abbandonò sulla sedia della scrivania, come
spossata,
e si lasciò andare ad uno sbuffo rabbioso. Era incredibile
come
Ciel fosse riuscito a dire tutte le cose sbagliate in una sola frase!
Aveva detto che lei era una ragazza esattamente come le altre, non che
per lui era speciale, aveva detto che diceva sciocchezze, e aveva detto
che lui non desiderava trattarla in maniera diversa da come trattava
tutti gli altri. Se doveva pensare di stare per sposare un ragazzo
tanto distratto, che le dimostrava il suo amore in quel
modo… Elizabeth
venne sopraffatta da un senso di forte nausea e si sentì
costretta in una gabbia. Ciel non dimostrava mai il suo amore per lei,
e questo per un semplice, banalissimo motivo, talmente banale che
Elizabeth non lo aveva mai neanche preso in considerazione, e si
sentì una stupida per non averci pensato prima. Ciel non era innamorato di lei.
Come aveva fatto ad
essere tanto cieca? Lei era sempre stata tranquilla perché
lo
amava dal profondo del cuore, sentiva di voler stare con lui per
sempre, e immaginava radiosamente la loro vita coniugale assieme:
feste, serate davanti al camino, marmocchi in giro per la casa, pic-nic
la domenica pomeriggio. Un’infinità di cose che a
lei piaceva
fare ma, in questo frangente, c’era una cosa che non aveva
considerato:
Ciel. Sembrava assurdo, ma come lei lo voleva Lizzy aveva sempre dato
per scontato che anche lui volesse stare assieme a lei. Evidentemente
non era così, altrimenti il conte sarebbe stato molto
più
felice nell’averla come promessa sposa, o per lo meno
allegro.
Elizabeth sapeva che Ciel non sorrideva mai, che il suo sguardo
sembrava severo, e che anche che le uniche parole che pronunciava erano
spesso molto dure, ma quando voleva sapeva essere gentile, nei
comportamenti e non nell’atteggiamento. Era stato gentile con
Snake,
con Tanaka, con molte delle persone che aveva incontrato, faceva sempre
ridere Undertaker e chissà con quanti altri era stato
gentile.
Ma, si rese conto Elizabeth, per lei non aveva mai avuto altro che
parole dure e sguardi di biasimo. Anche se molte volte
l’aveva aiutata,
persino salvata in alcune situazioni, era chiaro che non lo facesse per
un particolare affatto nei suoi confronti. Se ci fosse stato
lì
qualcun altro, chiunque altro, Ciel si sarebbe fatto in quattro per
salvarlo esattamente come aveva fatto con lei, né
più
né meno. Dopotutto era il suo mestiere.
A
quella
consapevolezza Elizabeth emise un singhiozzo che tentò di
soffocare dietro ad una mano, come se qualcuno potesse udirla. Si
impose di non farsi sfuggire una lacrima, perché altrimenti
avrebbe rovinato il trucco e non poteva permetterselo dato che la festa
stava per iniziare. Lei era la padrona di casa e doveva essere allegra,
gentile e attenta ad ogni invitato. A nessuno sarebbe piaciuto avere un
anfitrione con gli occhi rossi e gonfi.
Nel momento in cui
lasciò la sua stanza Lizzy indossò la sua
maschera di
allegria, ma dentro la testa continuavano a vorticare mille pensieri.
Era ovvio che lei e Ciel si sarebbero sposati, e fino a quel momento le
era andato benissimo, ma era perché pensava che lui
ricambiasse.
Alla luce di quella nuova, orribile scoperta, come poteva vivere
assieme ad uomo amandolo, sapendo che lui non provava nulla di
particolare per lei? Si sentiva così sciocca! Non si rese
conto
di stare vagando a vuoto lungo i corridoi finché non si
ritrovò nell’ala est del secondo piano, in
direzione totalmente
opposta dalla sala da pranzo. Si bloccò all’inizio
del
corridoio, decisa a togliersi quei pensieri dalla testa e risolvere la
questione dopo, quando una delle porte che dava al corridoio si
aprì. Ne uscì un uomo alto nerovestito, con i
capelli
corti e degli occhiali che lo facevano più serio.
S’inchinò al passaggio di un’altra
persona che Elizabeth non
poté vedere, ma quando questi sorpassò
l’uomo in nero lui
apparve.
Era un ragazzo molto
alto, aveva occhi azzurrissimi e un viso pallido e sottile, delicato.
Indossava una camicia bianca e un gilet nero e verde smeraldo, abbinato
ai pantaloni della stessa tonalità che ricadevano eleganti e
alle scarpe nere con un accenno di tacco. Quando la vide il ragazzo
sorrise, pareva allegro e solare, proprio come Lizzy.
«Buonasera
milady», disse facendo dei lunghi passi per raggiungere la
ragazza. Senza che lei se ne accorgesse le afferrò la mano e
baciò leggero la stoffa del guanto. La osservò e
poi fece
una smorfia. «Non dovrebbe privare agli uomini un tale
piacere
qual è baciare la sua pelle.» Così
dicendo le tolse
fulmineo il guanto e la ribaciò sulla pelle nuda del dorso
della
mano. «Piacere di conoscerla, il mio nome è Alois
Trancy.»
Elizabeth,
arrossendo
per quell’uscita, ritirò la mano in fretta, ma si
mostrò
cortese e sorrise. «Lei è il conte Trancy dunque,
l’ospite
dei miei genitori.»
Alois
si rizzò
sulla schiena e la osservò mentre il sorriso gli si faceva
più largo. «Quindi lei dev’essere
Elizabeth Middleford.
Incantato. Ma…», il ragazzo si fece serio per un
istante,
«non verrà a cena assieme a noi?»
Lizzy annuì con vigore. «Ma certo che
sì, andiamo.»
Mentre
s’incamminavano il
ragazzo si volse e le indicò l’uomo che camminava
loro affianco.
«Lui è il mio maggiordomo, Claude
Faustus.» L’uomo
chinò leggermente il capo e seguitò a camminare
in
silenzio.
A Lizzy era
stato insegnato
fin da bambina che la prima regola in una festa era conversare, per non
far annoiare gli ospiti. «Lei dove vive signor
Trancy?»
«Ho una casa in
campagna, vicino a Oxford. Per il momento è
l’unica dimora che
possiedo, anche se pensavo di acquistare una casa a Wight, o qui a
Londra. Lei cosa mi consiglia?»
«Be’ Londra
è magnifica, ma non ho mai visitato l’isola di
Wight, quindi non
potrei dirle quale sia la migliore. Dovrebbe andare in villeggiatura e
vedere quale l’aggrada di più.»
Il conte sorrise e,
mentre scendevano le scale, disse: «So che non è
buona
educazione, signorina Middleford, ma posso chiederle quanti anni
ha?». La ragazza parve prese in contropiede da quella
domanda,
così il ragazzo si affrettò a spiegare.
«Voglio
dire che stiamo usando modi molto formali, ma io sono ancora giovane, e
anche lei mi pare, oltretutto è ancora nubile, mi dicevano i
suoi genitori, e anche se non ci conosciamo a fondo ora spero che
potremmo farlo nel tempo in cui rimarrò qui,
perciò che
ne dice se la chiamo per nome?»
In effetti Elizabeth
trovava sempre molto noioso dover essere così formale con
tutti,
e fu contenta di trovare qualcuno a cui poteva parlare più
normalmente. «Oh ma certo! Mi chiami pure Lizzy. Tutte le
persone
più care mi chiamano così.»
«Oh sono già
entrato a far parte delle persone care, mi fa molto onore signorina
Lizzy», scherzò Alois. «Attenta, a dare
troppa
fede.» Sull’ultimo gradino della scala tese la mano
alla ragazza
e la aiutò a scendere gli ultimi gradini.
«Grazie.»
Molti degli
invitati erano
già arrivati, e quando Elizabeth individuò suo
fratello e
sua moglie, assieme con il piccolo Yvan, si congedò
cortesemente
da Alois dicendo che si sarebbero rivisti presto.
Ciel si aggirava lungo
la magione Middleford salutando chi lo salutava e tentando di evitare
conversazioni noiose il più possibile. Aveva lasciato
Sebastian
in un angolo a osservarlo, non gli andava di essere seguito ovunque da
lui. Ciel cercava Elizabeth con gli occhi, ma trovarla pareva
un’impresa impossibile con tutti gli invitati dei Middleford.
Stava per
perdere le speranze quando la sua attenzione venne catturata da un
suono fastidioso: il vagito di un neonato. Ciel si volse distrattamente
per guardare chi fosse il marmocchio che emetteva simili animaleschi
lamenti, e vide un piccolo bimbo paffuto piagnucolare fra le braccia di
Elizabeth. Ciel raggelò vedendo Lizzy tanto felice, e non
poteva
fare a meno di pensare a quanti figli si aspettasse di sfornare una
volta sposati, il che rimandava all’imbarazzo di poco fa.
Mentre si
avvicinava al gruppetto, tuttavia, lo sguardo del ragazzo non
poté che addolcirsi vedendo come Elizabeth sorrideva
cullando il
bimbo e sussurrandogli parole dolci e scherzose assieme. «No,
no,
quel brutto cattivone di Sebastian non ti farà nulla, ti
proteggerò io.» Poco distante stava il
maggiordomo, con in
viso una smorfia di rassegnazione. In effetti Sebastian non era mai
particolarmente piaciuto ai bambini molto piccoli, Ciel immaginava che
fosse per la sua aurea demoniaca, dicevano che i bimbi piccolo
potessero captare questo genere di cose.
«Lizzy», chiamò Ciel
raggiungendoli.
La ragazza
sorrise
leggermente incerta e andò verso di lui mostrandole il bimbo
che
si era ormai calmato. «Questo è Yvan. Yvan, lui
è
tuo zio Ciel. Vuoi prenderlo in braccio?» Così
dicendo gli
porse il fagottino morbido, che non sembrava per nulla colpito dalla
nuova scoperta di aver incontrato suo zio. Il ragazzo stava per
rifiutare, ma per fortuna arrivò Edward a impedirgli di
negare.
Si avvicinò con fare altezzoso e prese il bimbo dalle
braccia
della sorella.
«Ciel»,
salutò l’uomo con fredda cortesia. Poi si
allontanò il
più velocemente possibile.
Lizzy guardava il fratello e la famiglia e si strinse a Ciel.
«Non è bellissimo?»
«Sì»,
cominciò a dire il ragazzo per farle piacere, anche se
personalmente credeva che quel piccolo essere urlante fosse leggermente
stupido (forse aveva preso dal padre), ma si bloccò quando
vide
che la mano sinistra di Elizabeth era rimasta senza guanto.
«Lizzy, hai perso un guanto?» Le afferrò
le dita ed
Elizabeth sentì che le sue mani erano fredde e secche.
«Dove l’hai lasciato? Ti aiuto a
cercarlo?»
«Dev’essere…»
Ciel stava
per volgersi a
chiamare Sebastian, quando un braccio si frappose fra lui e Lizzy,
cacciando in modo poco gentile la sua stretta sulla mano della ragazza.
Quando alzò lo sguardo vide un uomo alle spalle di
Elizabeth,
che le reggeva il polso sinistro e le infilava il guanto con
scioltezza, approfittando della loro vicinanza per soffiarle
nell’orecchio: «Mi perdoni. Non le ho restituito il
suo guanto,
Lizzy.»
Elizabeth sentì
sulla pelle il tocco della sue dita calde e rassicuranti, e non
poté fare a meno di pensare che erano così
diverse da
quelle fredde, insensibili di Ciel. La ragazza si voltò in
quello che poteva essere un abbraccio molto indiscreto – ma a
lei non
pareva dare fastidio, constatò con leggera irritazione Ciel
– e guardò l’uomo con un
sorriso sulle labbra,
ringraziandolo. La verità era che Elizabeth non aveva
pensato
nemmeno per un secondo a quel contatto come se fosse qualcosa di
particolare, lo vedeva come un semplice atto di gentilezza.
L’uomo si
sollevò in tutta la sua altezza e rivolse lo sguardo a Ciel,
sorridendo serafico. «Oh ma qui è pieno di gente
simpatica!» Allungò una mano e la tese.
«Piacere di
rivederti Ciel Phantomhive.»
Il ragazzo, con un
brutto cipiglio in viso e le sopracciglia corrugate, la strinse un
po’
più forte del normale. «Alois», disse a
mo’ di
saluto.
Elizabeth si volse da
uno all’altro senza percepire l’ironia proveniente
da Alois e la rabbia
di Ciel. «Voi due vi conoscete? Ah, che bello! Ciel, Alois
è l’ospite di mamma e papà,
rimarrà qui alla
magione per…», si rivolse
all’interessato, «per
quanto?»
Alois sorrise.
«Ancora non saprei dire con precisione, ma spero di restare
abbastanza a lungo per conoscerla meglio Lizzy. Che ne dice di farmi
fare un giro per il castello prima di cena? Potremmo andare in
giardino, ho visto che i fiori hanno già iniziato a
sbocciare.» Così dicendo mise una mano sulla
spalla di
Lizzy e la condusse via, riempiendole la testa di rose e balli, e tutte
le meraviglie che riusciva a decantare.
Ciel rimase
impietrito,
fermo in mezzo alla sala. Con attorno decine di ospiti di cui non gli
interessava un bel niente, con la sensazione sullo stomaco che fosse
appena successo qualcosa di sgradevole.
«Vi sentite poco bene padroncino? Cosa
c’è? Qualcosa
vi sfugge di mano, per caso?» La voce melliflua e
canzonatoria di
Sebastian all’orecchio poté solo irritarlo di
più.
Tornata
nel fandom di Kuroshitsuji! Per l'allegria di ognuno u_u Seh! xD
Allora, diciamo un paio di cose sulla fanfiction!
Prima di tutto, il titolo, La
pulce nell'orecchio,
si riferisce a Sebastian, che per tutti e cinque i capitoli della
storia non farà altro che mettere la cosìdetta
pulce
nell'orecchio (ossia il dubbio) a Ciel, riguardo Lizzy e Alois.
So che a molti la coppia Ciel/Lizzy non piace, ma il fatto è
che
dopo aver scoperto alcune capacità di Lizzy (capitolo 57 del
manga) mi sta molto più simpatica! Inoltre in quei capitoli
quei
due erano proprio dolci! Il mio lato romantico è scattato!
Qui,
si noterà soprattutto nel prossimo capitolo, ho cercato di
rendere Lizzy un po' meno rompi e un po' più umana. Spero
solo
di non essere andata OOC. Dopo le scottanti rivelazioni delle
insospettabili capacità di Lizzy, credo che il personaggio
sia
qualcosa di più che un bel faccino, per cui ho cercato di
tirare
fuori il suo lato meno frivolo (meno stressante xD).
Ah, piccolo appunto: odio l'anime di Kuroshitsuji, preferisco di gran
lunga il manga, ma ho inserito Alois come personaggio perché
era
già conosciuto e non avevo voglia di inventarne un altro
nuovo.
Ci sono quindi cose che sono successe solo nel manga, ma i due
personaggi dell'anime; spero di non aver confuso troppo le cose! :S
Be', spero che la storia vi interessi! Posterò ogni
Domenica, e
se volete uno spoiler del prossimo capitolo potete cliccare qui
e
andare a leggerlo sul mio blog!
Buona Domanica a tutti,
Patrizia
|
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Capitolo 2 *** Venerdì 21 Marzo, alla sera - Un buon partito ***
Venerdì
21 Marzo, alla sera
Un buon partito
Ciel non sapeva
definire con esattezza che
cosa fosse quella strana sensazione che gli opprimeva il petto, e che
lo portava a rivolgere spesso lo sguardo a Lizzy, quella sera a cena,
ma più che altro ai suoi occhi e alle sue labbra, dato che
entrambi parevano sinceramente interessati ad Alois Trancy. La
discussione fra quei due era animata, e Lizzy sorrideva con gli occhi
brillanti e vispi. Ciel non capiva come mai quello sguardo, solitamente
riservato a lui, si fosse così bruscamente spostato su Alois.
Si poteva dire che lui odiasse Alois, con tutte le
sue
forze. Lo aveva già incontrato, conosceva anche Claude, e
non
riusciva a sopportare che quei due si intromettessero nel contratto suo
e di Sebastian. Era qualcosa fra lui e il maggiordomo dopotutto
– fra
lui e il demone –, era un sacrifico che lui aveva scelto di
fare per
rendere la sua vita, e la sua morte, migliori. Quando aveva incontrato
per la prima volta Alois, un paio di anni prima, credeva che fosse una
coincidenza, invece aveva poi scoperto che in realtà lui lo
stava cercando per vendicarsi di Sebastian. La cosa gli era parsa
realmente folle in un primo istante, e anche Sebastian aveva negato di
aver mai visto quel giovane e meno che mai il suo presunto fratello.
Purtroppo le difficoltà si erano come moltiplicate quando
Claude
aveva deciso che l’anima di Ciel era molto più
interessante di
quella Alois, e quel ragazzo lo aveva stupidamente preso come un
affronto personale. Se fosse successo a lui Ciel avrebbe solo potuto
esserne sollevato, dato che sapeva che il suo futuro inevitabilmente
comprendeva la morte, ma Alois era uno di quegli esseri umani
estremamente sciocchi e bisognosi d’attenzione in maniera
malata, e
sapere che due demoni si contendevano l’anima di Ciel lo
aveva fatto
diventare geloso.
Alla fine del loro primo incontro nessuno aveva
divorato
l’anima di nessuno, ma Alois si era ripromesso di vendicarsi
di Ciel
per il suo essere così odiosamente interessante e sempre al
centro dell’attenzione. Dopotutto, secondo il ragionamento
del ragazzo,
non era certo colpa dei due maggiordomi, era solo colpa di Ciel se le
attenzioni venivano riservate tutte a lui. Ciel aveva qualcosa che ad
Alois mancava. Il ragazzo vi aveva pensato a lungo, ed era giunto alla
conclusione che la ragione prima per cui Ciel era di gran lunga
più appetitoso
era
quel che si sarebbe lasciato alle spalle una volta morto: affetti.
Affetti reali, non vuote relazioni come quelle di Alois. I suoi
servitori erano fra quegli affetti, e c’erano anche i
parenti, ma in
prima pagina al posto d’onore c’era di sicuro lei:
Elizabeth
Middleford. Quale soluzione migliore che privarlo di
quell’affetto
così forte? Privarlo, in effetti, del sentimento
più
importante e più potente che possedeva? L’amore. E
prenderselo
per sé. In quel modo di sicuro Claude e Sebastian avrebbero
lasciato perdere quello sciocco ragazzino nano, molto più
basso
di Alois, e anche per quello più insignificante! Si
sarebbero
battuti per lui, solo e unicamente per Alois Trancy.
«Come dice scusi?»
«Non è carino?!»,
esclamò Lizzy saltellando allegra sulla sedia.
L’unico vero problema era forse proprio
Elizabeth
Middleford: Alois non aveva mai incontrato una ragazza più
sciocca e noiosa di lei. Nonostante questo a Ciel sembravano andare a
fuoco gli occhi dalla rabbia quando loro due parlavano, e fu questo a
convincerlo a chiacchierare sempre di più con la ragazza, e
ad
avvicinare la sedia alla sua.
«Davvero molto grazioso», disse
sorridendo Alois
osservando il centrotavola che, la ragazza gli aveva assicurato, aveva
scelto lei personalmente.
Stufo di tutte quelle smancerie Ciel
sbuffò e si
rivolse al conte suo coetaneo. «Alois, come hai conosciuto i
genitori di Elizabeth?»
«E’ stato un giorno in cui
erano a Oxford per il
lavoro del padre di Lizzy, Claude li ha aiutati riguardo ad una
faccenda e poi li ho ospitati per qualche giorno a casa mia,
così qualche settimana fa mi hanno invitato una lettera
dicendo
che desideravano contraccambiare. E’ stata una vera sorpresa
e, se devo
essere sincero, non vedevo l’ora di venire qui a conoscerla,
mia cara
Lizzy.» Alois sorrise serafico e la ragazza sbatté
le
palpebre, confusa e leggermente imbarazzata da certe affermazioni di
lui. «I suoi genitori mi hanno parlato così tanto
di lei,
che mi sono ricordato subito delle loro parole quando mi hanno
invitato. Sinceramente, le loro descrizioni non vi hanno reso
giustizia.»
Elizabeth ridacchiò lusingata, e decise
che Alois
era solo un tipo troppo espansivo. «Invece loro non mi hanno
mai
parlato di voi signor Trancy, stia sicuro che per questo verranno
rimproverati.»
In quel momento uno degli ospiti propose di
spostarsi
dalla sala da pranzo dato che la cena era già terminata da
un
po’ e loro si trattenevano lì solo per conversare.
«E’
un’ottima idea, andiamo Lizzy», ne
approfittò Ciel
facendola alzare e trascinandola via sotto lo sguardo soddisfatto di
Alois.
Ciel salì le scale velocemente tenendo
Lizzy per il
polso e la ragazza faticava per stargli dietro. Nonostante questo
corsero fino alla prima stanza che Ciel trovò e si
rinchiusero
dentro a quella che scoprirono essere una grande sala al piano di sopra
in fase di ristrutturazione. Le luci erano spente ma delle grandi
finestre facevano entrare la fredda luce lunare.
Il padre di Elizabeth aveva deciso di situare una
sala
svago in quella stanza che non era mai stata troppo utilizzata,
così aveva chiamato un architetto e diversi pittori per
farla
diventare più bella. Ovunque, per terra, c’erano
attrezzi,
colori freschi, sedie, e una grossa impalcatura correva lungo tutta la
parete destra ad un’altezza di almeno tre metri da terra.
Ciel non
perse tempo a osservare gli arazzi mezzo srotolati e gli affreschi
ancora non terminati, e si rivolse a Lizzy con cipiglio severo.
«Che cosa stai facendo?!» La ragazza lo
guardò senza
capire, sinceramente, che cosa intendesse dire Ciel. «Da
quanto
conosci Alois Trancy?»
Elizabeth boccheggiò, gli occhi
spalancati e la
gola secca. «D-da quando l’ho incontrato in
corridoio, questa
sera.»
«Eppure sembrate conoscervi da molto
più tempo.
Siete intimi.» Ciel si avvicinò al viso della
ragazza,
strattonandole il polso e portandola vicino al sui viso. «Non
voglio che parli più con lui, sono stato chiaro?»
Senza
accorgersene stringeva la ragazza troppo forte e quelle mani che erano
diventate le mani di un uomo stavano facendo male ad Elizabeth nella
carne come nell’animo. «Fai come ti
dico.» Così
dicendo Ciel lasciò andare il polso della ragazza, che si
portò automaticamente il braccio al busto per massaggiarsi,
mentre guardava Ciel con le sopracciglia sottili corrugate e gli occhi
che esprimevano qualcosa a metà fra la paura e lo sdegno.
Elizabeth non aveva mai risposto a nessuno
all’infuori di
Paula, ma lei era una serva e un’amica e poteva farlo di
tanto in
tanto, perché sapeva che avrebbero chiarito. Portava
rispetto ai
suoi genitori e a suo fratello, perché era più
grande di
lei, e in genere tentava di essere gentile con tutti, anche con i
domestici di Ciel; nonostante il loro basso rango non vedeva
perché disprezzarli, come facevano molti nobili e borghesi
che
conosceva. Mai avrebbe immaginato che le prime parole intrise di
amarezza le avrebbe pronunciate verso Ciel, semplicemente
perché
non si sarebbe mai sognata di rispondere al suo futuro marito. Ma il
pensiero ancora vorticante nella sua testa che Ciel non la volesse, e
il suo comportamento irragionevole, egoista, le fecero montare la
collera. Ciel era ancora girato e non la guardava quando Elizabeth,
rossa in viso per la rabbia, gli disse con tono basso e collerico:
«Non siamo ancora sposati, non puoi dirmi che cosa
fare.»
Il ragazzo spalancò gli occhi incredulo
e si volse
a guardare Lizzy. O meglio, qualcosa che somigliava alla sua Lizzy, ma
che in quel momento era diversa dal solito. «Come?»
«Hai sentito bene: io e te non siamo
sposati, non puoi darmi ordini. Io parlo con chi mi pare.»
Ciel non poteva credere a quel che sentiva. Da
quando
Elizabeth gli parlava in quel modo? Da quando lo trattava in quel modo?
La risposta era così semplice, così ovvia: da
quando era
arrivato Alois Trancy. Non gli bastava intromettersi fra lui e
Sebastian, doveva anche ficcare il naso nel suo fidanzamento! Cosa
poteva avere mai detto a Lizzy quel mostro per farla diventare
così? Il ragazzo affilò lo sguardo.
«Che cosa vi
siete detti tu e lui?»
Elizabeth alzò il naso all’aria.
«Non sono cose che
ti riguardano, e non credo nemmeno che t’interessi veramente
dato che
riguarda me.» Con quelle parole la ragazza si
affrettò a
imboccare l’uscita e, aperta la porta, si trovava proprio
sulla soglia
quando una mano di Ciel la bloccò nuovamente. Lizzy si
volse,
piena di incredulità e rabbia per come Ciel la stava
trattando.
Lei era una lady, era la figlia dei Middleford, non uno qualsiasi dei
giocattoli di Ciel – Sebastian, Bard, e tutti gli altri
– e le avevano
insegnato che tutti la dovevano trattare con rispetto. Scoprire
così all’improvviso che il suo futuro marito il
rispetto per lei
l’aveva sotto alle suole la fece infuriare. Raramente lei era
infuriata, e forse proprio per questo quando lo era il cuore le batteva
forte e le sue frasi erano taglienti come lame. «Non mi
toccare», sputò fra i denti. Guardò
Ciel con quello
che il ragazzo credeva essere odio puro. Elizabeth si liberò
della sua stretta con un gesto secco e si allontanò da lui
come
se volesse tutelarsi, come se ne avesse paura. «Non ti
avvicinare.» A malincuore gli occhi cominciarono a farsi
appannati, ma la ragazza tentò di trattener le lacrime.
«Non trattarmi mai più in questo modo Ciel, non ho
mai
fatto nulla per meritarmelo.» E svanì oltre
l’angolo del
corridoio.
Ciel rimase immobile, a metà fra il
corridoio e la
stanza buia, gli occhi puntati sulla parete dove Lizzy era scomparsa. O
meglio, fuggita. Rivedendo la scena nella mente Ciel dovette ammettere
che non era stato molto rassicurante il suo comportamento.
All’età di dodici anni aveva quasi colpito Lizzy,
e solo
Sebastian glielo aveva potuto impedire. Certo non si era dimenticato di
quell’episodio, e neanche lei. Poteva pensare che lui fosse
il tipo di
uomo che faceva queste cose? Che gettava via così la sua
umanità? L’umanità di Ciel valeva molto
di più, e
gli era già stata strappata via a forza da bambino. Poi lui
aveva terminato l’opera, promettendo di farsi strappare via
anche
l’anima quando fosse giunto il momento.
Però una cosa era certa: lui voleva
bene a Lizzy.
Non le avrebbe mai fatto del male, al contrario desiderava solo
proteggerla da ogni minaccia che si fosse stagliata
all’orizzonte. E la
minaccia di quel giorno era Alois Trancy.
Un rumore di passi lo riscosse da quello stupore e
Ciel
chiuse la porta in fretta per non far credere di stare ficcando il naso
in casa. Quando alzò gli occhi vide dall’altra
parte del
corridoio la figura alta di Alois, che superava di parecchi centimetri
un’Elizabeth arricciata su se stessa, con gli occhi tanto
bassi da non
vederlo. Il biondo invece gli lanciò uno sguardo divertito,
mise
un braccio attorno alla spalla di Lizzy e le sussurrò
qualcosa
all’orecchio, così vicino al viso che Ciel non
poté
udire, e non poté impedirsi di pensare che
quell’essere non
aveva il diritto di rimanere così vicino a lei, di toccarla,
di
respirarle sopra. I due fecero dietro front e imboccarono un corridoio
diverso, di modo che Lizzy non vedesse Ciel.
Il ragazzo, scosso, senza sapere cosa pensare,
senza
capire perché fosse tanto turbato, scese veloce le scale e
sedette lontano da tutti su una poltrona. Le sue sopracciglia corrugate
scoraggiarono chiunque dall’avvicinarsi a lui. Solo una
persona ebbe il
coraggio di affiancarlo.
«Desidera qualcosa padrone?»
Sebastian stava ritto al suo fianco, elegante nel suo frac nero.
«Voglio andare via.»
«La festa non vi piace? Eppure a tavola
mi sembravate molto preso da certi discorsi.»
«Non m’interessa, prendi il
mio soprabito e
andiamocene via.» Così detto Ciel si
alzò e
andò incontro al marchese Middleford per salutarlo e
inventare
qualche scusa per andarsene.
Un quarto dopo era nella carrozza da solo e
guardava fuori
le strade quasi vuote, buie e tristi. Un bussare sordo lo fece alzare e
aprire la finestrella che veniva usata per parlare con il conducente,
girato a mezzobusto per farsi sentire. «Che cosa
vuoi?»,
domandò infastidito a Sebastian.
Il maggiordomo, senza smettere di guardare la
strada, fece
un mezzo giro per avvicinare la voce alla carrozza. «Ha
parlato
con Alois Trancy?»
«No.» Esitò.
«E tu?»
«Ho avuto una curiosa chiacchierata con
Claude. Dice
che la loro visita è inutile e non servirà mai
agli scopi
del suo padrone, ma potrebbe essere comunque interessante, per
voi.»
«Che cosa vuole fare?»
«Non lo so. Ma non credo che sia prudente che
Elizabeth si
intrattenga troppo con lui. Sa molte cose su di voi, potrebbe dirle a
Claude, o ad Alois stesso. Perché non le suggerite di
stargli
lontano?»
Ciel guardò furioso la schiena del
maggiordomo e
chiuse con rabbia la sportelletto, tornando a sedersi nella carrozza
con le braccia incrociate. All’improvviso, i cavalli si
fermarono. Ciel
si guardò attorno accigliato, credendo che fosse successo
qualcosa, invece una delle porte della carrozza si aprì e
Sebastian sedette di fronte a lui, l’espressione seria.
«Che cosa
fai?!», gli urlò contro Ciel, «Ti ho
detto che
voglio andare a casa.»
Senza fare caso alle parole del conte Sebastian
disse con
tono di biasimo: «E’ così che vi
rivolgete a lady
Elizabeth? Con questo tono maleducato?». Ciel
accusò il
colpo, spalancò gli occhi e rimase zitto, colpevole.
«Dopo
questa notte non ho dubbi sul piano di Alois, anche se non so a cosa
porta o che idee abbia in testa. Secondo Claude è qualcosa
di
irrealizzabile, ma appunto per questo le sue azioni sono più
pericolose: quando si renderà conto che non succede nulla,
cosa
potrebbe fare?»
«Il piano di Alois?»,
domandò piano Ciel.
«Oggi si è comportato molto bene con
Elizabeth, ha
parlato con lei tutta la sera ma non perché avesse voglia di
chiacchierare. Quando voi l’avete portata via non ha detto
una sola
parola a nessuno ma, quando Lizzy è tornata di sotto
è
corso da lei e poco dopo si sono appartati.» Sebastian fece
una
pausa e avvicinò il viso a quello di Ciel. «Che
cosa ha
detto a lady Elizabeth? L’ha fatta arrabbiare.»
«Co-?!» Ciel si scostò, una
brutta smorfia in
viso che confermava la sua colpevolezza. «No! Io le ho detto
semplicemente di non parlare con lui, basta.»
«E in che modo gliel’ha detto?
Se posso sapere?
Nello stesso modo con cui parla con me?» Gli occhi di
Sebastian
si affilarono.
«In nessun modo!»,
strillò Ciel.
«Le ho detto solo di non parlare con lui e lei si
è
arrabbiata. Ha detto che io non posso dirle cosa fare perché
ancora non siamo sposati.» Lo sguardo di Ciel si
adombrò.
«Sì… è vero, non sono stato
gentile, ma è
per la sua sicurezza.»
«Elizabeth non sa che è per
la sua sicurezza,
a meno che non le venga spiegata tutta la storia. Ma siccome non
possiamo dirgliela lei deve fare in modo di tenerla lontana da Alois,
perché se il suo piano implica Elizabeth potreste essere in
pericolo, sia lei che voi padrone.»
«Ma come posso tenerli lontani? Alois
è stato
invitato a casa Middleford.» Ci pensò su qualche
istante.
«E comunque non credo sia in grave pericolo, Elizabeth sa
difendersi, lo ha già dimostrato in passato.» A
quel
ricordo Ciel stirò leggermente le labbra.
Sebastian sorrise serafico. «Gli umani
sono molto
particolari: quelli più indifesi sono forti dentro, e quelli
che
paiono imbattibili si corrodono facilmente dall’interno. Da
quel che ho
visto questa sera Alois cerca di creare una frattura fra lei e Lizzy,
ed è aiutato dal fatto che la frattura, fra voi due,
c’è
sempre stata.»
«Non è
così», disse duramente
Ciel corrugando le sopracciglia. «Io e Lizzy siamo promessi
fin
da bambini, lei vuole
sposarsi con me…»
«Fino a quando, padrone?»
Sebastian lo
guardò con occhi scaltri. «Se Elizabeth trovasse
un
partito buono quanto voi, e in lui una persona piacevole, credete che
non preferirà abbandonarvi, voi, che l’avete
sempre trattata con
freddezza?» Ciel era in difficoltà,
così Sebastian
uscì dalla carrozza e chiuse la porta, sporgendosi dalla
finestra per dargli l’ultima stoccata: «Alois
Trancy è un
buon partito, e ora come ora pare anche essere vostro rivale in
amore.»
Elizabeth singhiozzava da parecchi minuti, abbandonata sulla
spalla di Alois. Lui non le aveva domandato il perché della
sua
tristezza e lei non gliel’aveva rivelato, ma Alois poteva
facilmente
immaginarlo: conosceva Ciel, e sapeva che i suoi comportamenti spesso
erano molto duri, specialmente per una signorina. Riprese a
picchiettare dolcemente sulla schiena di Lizzy, affondando una mano nei
suoi capelli biondi lasciati sciolti e portandola più vicina
al
suo petto. Quando la ragazza si fu calmata ed ebbe alzato gli occhi su
di lui Alois la guardò come se fosse preoccupato.
«Va
meglio Lizzy?»
«Perdonatemi, perdonatemi davvero io non
so cosa mi
è preso», cominciò Elizabeth con voce
tremante,
tirando fuori dalla manica un fazzolettino e passandolo sul viso.
«Lei non è tenuto ad ascoltare le mie lamentele, e
io non
avrei dovuto coinvolgerla. Dopotutto non ci conosciamo che da poche
ore. Sono molto dispiaciuta per il mio comportamento inopportuno. Le
faccio le mie scuse.»
«Non è colpa vostra
Elizabeth. Quando
è tornata alla festa era chiaro che fosse sconvolta, credevo
che
vi sentiste male e volevo solo riportarla nella sua stanza.
E’ normale
ogni tanto lasciarsi andare, anche le ragazze speciali come voi hanno
il diritto di farlo quando ne sentono il bisogno.»
Così
dicendo Alois sorrise, e a Lizzy parve un vero segno del destino che,
poche ore prima, Ciel le stesse dicendo che lei era una ragazza come
tutte le altre, mentre Alois, che la conosceva da poco, le dicesse che
era speciale.
«Oh», Elizabeth
abbassò il capo,
confusa. «Grazie per essermi rimasto accanto, signor Alois, e
mi
scusi per la brutta serata che le ho fatto passare.» La
ragazza
si sciolse dal tiepido abbraccio di lui e si diresse alla porta,
aprendola e invitandolo ad uscire. «Ci vediamo domani a
colazione.»
Alois, avvicinatosi all’uscita, sorrise ammaliante
e prese una
mano della ragazza. «Lo spero proprio Lizzy. Mi raccomando,
una
signorina non deve avere cattivi pensieri altrimenti la sua bellezza
sfiorirà.» Si chinò, diretto al dorso
della sua
mano per baciarlo, ma a metà strada cambiò
direzione e si
accostò alla sua guancia. La sfiorò con le labbra
e
sussurrò all’orecchio di Lizzy: «Sogni
d’oro.»
Poco dopo nella camera di Elizabeth arrivò Paula,
e
trovò la sua signorina seduta sul bordo del letto a
rigirarsi
fra le mani il suo guanto della mano destra. «Signorina
Elizabeth?», chiamò la domestica per attirare
l’attenzione, siccome pareva che nemmeno il rumore della
porta l’avesse
distratta dai suoi pensieri.
La ragazza si volse. «Paula. Hai avuto
molto da fare alla festa?»
La donna fece segno di no e si chiuse la pesante porta alle
spalle. «Vostro fratello Edward mi ha chiesto dove eravate e
io
gli ho detto che vi sentivate poco bene, che eravate qui nella vostra
stanza perché non ve la sentivate di rimanere
giù.»
«Hai fatto bene, è meglio che Ed non
sappia di quel
che è successo», disse Lizzy alzandosi e
posizionandosi
dietro il paravento. Paula si affrettò a raggiungerla, e con
mani abili prese a slacciarle i vari fiocchi e nodi
dell’abito che
indossava.
«Se posso essere indiscreta…
Cos’è successo? E’
tutta la sera che siete molto strana. Non avete degnato il povero Ciel
di uno sguardo, sembrava seccato.»
La ragazza sbuffò di fastidio. Non
aveva più
voglia di essere triste a causa di Ciel, già per quello
aveva
disturbato il loro ospite e non desiderava combinare altri guai per
colpa di quel ragazzo. «Ciel, Ciel»,
sbottò irritata
Lizzy, «non voglio parlare di lui.» Rimase per un
po’ in
silenzio, mentre sentiva che il vestito pian piano si allentava. Poi
riprese. «Non mi considera altro che una seccatura, non mi ha
mai
considerata più di questo. E oggi, solo perché
conversavo
con il conte Trancy al posto di stargli attorno, vuole che non parli
più con lui. Be’ non lo farò di certo,
inoltre mi
è impossibile farlo senza ignorare tutte le norme della
buona
educazione, siccome il conte sarà nostro ospite fino a tempo
indefinito. Tu sai fino a quanto Paula?»
«No signorina… In effetti
Ciel se non parla con voi
è molto raro che prenda parte a delle
conversazioni.»
«Si comporta come un bimbo capriccioso:
solo
perché oggi non tutte le mie attenzioni erano riservate a
lui!» La veste cadde a terra ed Elizabet alzò i
piedi per
uscire da quel groviglio di stoffe. «Io l’ho sempre
trattato con
rispetto, ho sempre cercato di essere come voleva lui, di comportarmi
come voleva lui, invece Ciel non ha mai fatto nulla per me.»
Paula ascoltava quel monologo annuendo coscienziosamente.
Dopotutto era uno dei suoi compiti. Sbottonò la sottoveste
alla
ragazza e le passò la vestaglia da notte e la veste da
camera.
«Non posso credere che Ciel sia
così… così… egoista.
Da quando è tornato non è mai più
stato lo
stesso.» Elizabeth terminò di vestirsi con gesti
secchi,
poi sospirò e sedette sullo sgabello, mentre Paula ripiegava
con
cura il suo abito e lo metteva nella cabina armadio assieme agli altri.
Lizzy si passava le dita sulla fronte, sconfortata. Quel lato del suo
carattere non esisteva per nessuno, a eccezione dei familiari e dei
domestici, e men che mai per Ciel. Da bambina, quando lui era
ricomparso all’improvviso accompagnato da quel nero
maggiordomo, Ciel
aveva smesso di sorridere, così lei si era ripromessa di
sorridere per entrambi. Ma ahimè doveva ammettere che
quell’occupazione era più difficile del previsto.
Aveva sempre
tentato di essere carina e allegra quando Ciel era nei paraggi, e
mancava tanto così a che pensasse che quello era il suo modo
naturale di comportarsi. Invece, come tutti gli esseri umani, anche la
gioiosa Lizzy aveva dei cedimenti, che però tentava di
celare
all’interno della sua camera e lasciava intravedere solo a
Paula e la
sua famiglia. E, ora che ci pensava, al nuovo arrivato, il conte Alois
Trancy. Al pensiero che quel ragazzo l’avesse vista tanto
debole e
sciocca Elizabeth veniva invasa da un profondo senso di vergogna.
«Paula, tu sapevi di quel conte Trancy?
Sapevi che mamma e papà lo conoscevano?»
La domestica si strinse nelle spalle.
«Non ho mai
sentito parlare il signore o la signora di lui, ma suppongo che se lo
hanno invitato debbano per forza conoscerlo.»
«Proprio non sai per quanto
rimarrà?»
Paula fece segno di no con la testa. «Forse ha
intenzione
di trattenersi per la primavera. Ha accennato qualcosa a proposito del
fatto che vorrebbe visitare Londra e invitare lei e i suoi genitori
all’isola di Wight per un paio di settimane.»
Lizzy si lasciò sfuggire un sorriso.
«L’isola di
Wight? Mi piacerebbe tanto andarci, non siamo mai state
lì.» La ragazza vi rifletté qualche
attimo.
«Potrei chiederlo al conte, forse potremmo organizzare il
viaggio
assieme e decidere quando andare. E’ una persona molto
affettuosa, non
è vero?»
Paula piegò le labbra
all’ingiù. «Veramente
non mi è parso molto amichevole. A parte che con voi non ha
parlato con nessun’altro.» La donna fece un sorriso
furbo.
«Che abbia un debole per voi? Eh, signorina?»
«Oh non essere sciocca Paula, lo conosco
da poche
ore. E comunque io sposerò Ciel, siamo promessi.»
La
ragazza s’infilò sotto le coperte e diede la
buonanotte a Paula.
Si sentiva tanto stanca che prese sonno dopo pochi minuti.
Buona Pasqua a tutti! =)
Allora, vedo che c'è qualche lettore, mi fa piacere!
Immaginavo che la storia non sarebbe stata un successone,
perché in questo fandom spopolano più che altro
le yaoi Ciel/Sebastian. Be', non importa, questa fanfiction
è per gli appassionati di Lizzy/Ciel, anche se sono pochi xD
Non c'è molto da dire questo capitolo, per cui vi lascio
lo spoiler
del capitolo tre sul mio blog, e vi ripeto di nuovo Auguri!
A Domenica prossima,
Patrizia
|
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Capitolo 3 *** Sabato 22 Marzo, nel pomeriggio - Un momento d'intimità ***
Sabato 22 Marzo, nel pomeriggio
Un momento
d’intimità
Il mattino seguente, dopo una buona dormita e una colazione
poderosa, Ciel vedeva la faccenda sotto tutta un’altra luce.
Sì, era vero, lui non era stato molto carino con Lizzy. Ma
lei aveva mai avuto modo di dubitare di Ciel? Perché non
aveva potuto semplicemente dirgli “Ma certo Ciel”,
o “Se lo vuoi, mio caro Ciel”, o meglio ancora
“Esaudirò ogni tuo desiderio tesoro, dopotutto
oggi sei così carino vestito così! Ti intoni con
il mio vestito”. Sì, decisamente quello sarebbe
stato proprio da Lizzy. Ciel sospirò e ascoltò
distrattamente Sebastian che lo informava degli impegni della
mattinata. «Padrone, mi state ascoltando?»
Perché mentire? «No.»
«Allora glielo ripeto da capo, e veda di fare
attenzione. Alle-»
«Sebastian, credi che dovrei andare da Lizzy a
scusarmi con lei?» La domanda gli uscì spontanea,
mentre si rigirava distrattamente una penna fra le dita con la guancia
poggiata alla mano. Due secondi dopo il ragazzo
s’irrigidì. Non poteva credere che quella domanda
gli fosse sfuggita proprio con Sebastian! Poteva chiederlo a Tanaka, o
a Meirin, e anche se dubitava fortemente dei consigli che questi
avrebbero potuto dargli sarebbe sempre stato meglio che chiederlo a
lui. Il suo viso si adombrò mentre il maggiordomo
ridacchiava.
«Considerando che Alois risiederà alla sua magione
per qualche tempo credo sia il minimo, per tutelarci. Consideri il
fatto che Elizabeth passerà molto più tempo con
lui in questi giorni di quanti ne passerà con voi.»
A
Ciel si rizzarono i sottili peli sulla nuca.
«Cosa?!»
«Facendo un breve calcolo…»,
cominciò a Sebastian pensieroso senza abbandonare la sua
postura ritta. «Sì, molto più tempo,
per lo meno da quel che ho visto da quando io sono qui, non so in che
rapporti foste da bambini ma ora non vi vedete spesso», e
così dicendo sorrise beffardo.
Il ragazzo
incrociò le braccia al petto, scocciato, e
accavallò una gamba ruotando la poltrona e sottraendosi
così alla vista di Sebastian. Fece un verso di fastidio, poi
decretò a malincuore: «Dopo i miei impegni andiamo
a casa di Lizzy, dì a Finny di avvisare la zia
Frances.»
«Sì, mio signore.»
Quel giorno in particolare parve lunghissimo, tanto che Ciel
stava per pentirsi di aver inviato la lettera a zia Frances, ma non
c’era più nulla da fare, ormai aveva preso
l’ennesimo impegno per quel giorno, e tirarsi indietro
sarebbe stato scortese. Anche se ormai aveva quasi diciotto anni, la
zia non gli avrebbe risparmiato una tirata d’orecchi per non
aver adempiuto ai suoi doveri. Prima che potesse liberarsi di tutti i
suoi impegni si fecero due del pomeriggio, e per cena lo aspettava un
aristocratico che desiderava comprare molti dei prodotti per la Funtom
Company per il suo primogenito in arrivo. Era un nobile,
così Ciel si era ritrovato costretto a invitarlo a cena per
onorare quella grande spesa a beneficio della sua compagnia. Erano
già le tre del pomeriggio quando Ciel fu sulla sua carrozza,
accompagnato da Sebastian, che andava a tutta velocità verso
la magione Middleford.
Dlin dlon.
La porta si aprì senza gracchiare.
«Buongiorno signor Phantomhive. Gradisce darmi il
soprabito?» Un cameriere prese le vesti del conte e fece
entrare lui e Sebastian nell’ormai conosciuta villa.
«Abbiamo ricevuto la sua missiva, ma purtroppo il signore e
la signora Middleford sono partiti questa mattina per impegni
improrogabili. Hanno comunque pensato che la signorina Elizabeth
sarebbe stata felice di incontrarvi.»
Ciel non si premurò di dire che probabilmente
Elizabeth sarebbe stata felice solo se avesse potuto infilzarlo con il
fioretto, cosa nemmeno troppo improbabile considerando la sua bravura
in quello sport. Il servitore li scortò fino ad
un’ampia sala sul retro della casa dove era stato allestito
da zia Frances un campo d’allenamento per poter tirare di
scherma ogni volta che voleva. «Elizabeth sa che sono
qui?», domandò Ciel riconoscendo la porta verso la
quale il cameriere li stava conducendo. Gli sembrava strano che Lizzy,
che non amava farsi vedere da lui in atteggiamenti tanto
“maschili”, stesse tirando di scherma al suo arrivo.
«L’abbiamo avvisata, ma probabilmente ha
perso la nozione del tempo. E’ da dopo pranzo che si allena
senza interruzioni.» Con un sorrisetto enigmatico
l’uomo aprì la porta e si scostò per
farli passare.
Ciel non amava la scherma. In realtà non amava
nulla che implicasse troppo l’utilizzo di braccia e gambe, e
anche se spesso gli dicevano che la scherma era un’ottima
tecnica di difesa, pensava sempre che fosse stroppo faticosa, e che era
per quel motivo che avevano inventato le pistole e i fucili e che le
persone come Lau importavano polvere da sparo dalla Cina. Tuttavia
vedere Elizabeth mentre tirava di scherma (senza nessun mostro mezzo
morto a minacciarla) fu una piacevole sorpresa. Il suo corpo si muoveva
con scatti improvvisi ma non perdeva la sua eleganza, le movenze
accuratamente studiate parvero a Ciel una danza sensuale se praticate
dal corpo della sua Lizzy. La tuta le fasciava le gambe di modo che
Ciel potesse vedere come fossero le belle cosce della sua fidanzata, e
doveva ammettere che erano ancor più belle che nei suoi
sogni più sfrenati. Nel complesso, si pentì
amaramente di non aver mai assistito a nessuno degli incontri a cui
aveva partecipato.
Lizzy non
portava nessuna protezione al capo, e questo fece un po’
innervosire Ciel nel momento in cui il suo avversario, chiaramente un
uomo anche se aveva il volto coperto del tutto, la mise
all’angolo con abili mosse mirate alla testa. Dopo qualche
attimo di esitazione, tuttavia, Elizabeth, lo sguardo deciso e la mano
abile, si lanciò in avanti e cominciò ad avanzare
con veloci movimenti controllati e secchi della gambe, brandendo il
fioretto con la stessa furia con cui Bard brandiva un candelotto di
dinamite. In pochi minuti la situazione fu ribaltata, e la vincitrice
risultò Lizzy.
Ciel
batté le mani forte, appoggiato allo stipite della porta in
una maniera che sperava fosse per lo meno intrigante, e sorrideva
leggermente guardando Elizabeth voltarsi stupefatta verso di lui. Il
suo sorriso si sciolse quando l’avversario della ragazza
tolse il casco e si rivelò essere Alois Trancy. Le sue mani
si bloccarono a mezz’aria e gli occhi indugiarono sulla
figura di Alois, che lo guadava con ironia.
«Ciel…»
Il ragazzo
si riscosse. «Lizzy, hai perso la nozione del tempo? Ho
mandato una lettera per avvisare del mio arrivo oggi
pomeriggio.» La ragazza, presa alla sprovvista, stava per
rispondere con un sorriso, ma la rabbia del giorno prima non era ancora
scemata del tutto e invece di stirare le labbra le strinse e rivolse
un’occhiata di scuse ad Alois, per poi incamminarsi verso
Ciel. Infastidito da quella nuova intimità, il ragazzo
corrugò le sopracciglia.
«Ciel, sai bene che non mi piace quando mi guardi
combattere», disse subito Lizzy senza perdere tempo.
«Ma… ma sei tu… io ho
avvisato!», protestò il ragazzo.
«Se sapevi che ero qui, potevi mandare qualcuno a
chiamarmi, mi sarei vestita in maniera più consona in un
minuto.»
«Ma a me non dispiace vedere quando ti
batti.»
«Ma dispiace a me», sibilò
rabbiosa Lizzy.
Ciel si
rabbuiò. «Però lui può
guardarti benissimo, a quanto pare. Non sono passate nemmeno
ventiquattr’ore e siete già grandi amici, non
è così?», domandò amaramente.
Elizabeth lo osservava con occhi allucinati, ma poi, contro
ogni sua volontà di tenere il broncio ancora per qualche
tempo, le sfuggì un flebile sorriso. «Ciel! Per
caso sei geloso?»
Il ragazzo spalancò gli occhi. «Che
cosa? Be’…», parve in
difficoltà, «be’ sì, se
proprio ci tieni a saperlo. Ma è solo perché tu
me ne dai motivo!» Se Elizabeth aveva pensato che forse
quello era l’inizio di un divertente discorso che avrebbe
portato alla pace, si ricredette in quell’istante.
«Il fatto che ancora non siamo sposati non conta nulla, tu
sei la mia fidanzata», cominciò Ciel rabbioso,
nella mente la figura di Alois Trancy che aleggiava attorno alla sua
fidanzata con la sua figura alta e parole ammaliatrici sulle labbra.
«Parlare con altri uomini ti rende solo una…
solo…»
Lizzy era stanca di piangere, di piangere per colpa di Ciel.
Così l’unica cosa che fece fu arrabbiarsi di
nuovo. «Solo? Solo che cosa?» Ciel capì
di aver parlato ancora una volta senza pensare. «Dillo, Ciel.
Finisci la tua frase.»
Prima che
nessuno dei due potesse parlare ancora una mano bianca si frappose tra
di loro per porgere un asciugamano a Lizzy. «Succede qualcosa
qui?» Alois Trancy, in tutto l’eroico splendore che
poteva avere un uomo che aveva appena combattuto, aveva
l’espressione più beata del mondo. Lizzy gli
sorrise e prese l’asciugamano mormorando un grazie.
«Vi confesso, conte Phantomhive, che non mi spettavo che la
mia piccola Lizzy fosse tanto abile a maneggiare una spada. Invece
questa damigella ha più carattere di quanto possa sembrare
ad un’occhiata sfuggente.»
Eh già,
pensò Ciel. Poi si riscosse. “La mia piccola Lizzy?”
Come osava quel fastidiosissimo microbo chiamare la sua Lizzy in quel
modo tanto intimo? Lui la conosceva fin da bambini, lui era stato il
suo compagno di giochi, e lui era stato anche il suo primo amore. O no?
Ciel irrigidì la mascella, ma non disse nulla.
«Comunque, siete sparito ieri sera conte. Non sono
nemmeno riuscito a chiedervi come mai tu e Lizzy vi
conoscete.»
Fu la
ragazza a rispondere, con la voce più fredda che Ciel le
avesse mai sentito sulle labbra. «Il conte Phantomhive
è un mio conoscente.»
Un conoscente?
Un conoscente.
Ciel Phantomhive era stato declassato a un conoscente!
Il ragazzo ascoltò quelle parole con la sensazione
che un freddo gelido gli salisse lungo le gambe per appropriarsi delle
sue viscere, che congelate in quel modo dolevano in maniera
irrazionale. Non ebbe tempo di capacitarsi delle parole di Elizabeth,
perché Alois decise di rigirare il coltello nella piaga:
«Oh, un semplice conoscente. Da come vi parlate ieri ero
certo che foste grandi amici, ma devo ammettere di essere sollevato
conte».
«E come mai?», chiese rigidamente Ciel.
«In questo modo, potrei rivendicare Lizzy tutta per
me un giorno, senza nessun’altro rivale, non trova?»
Elizabeth
alzò gli occhi su Alois, poi li spostò
terrorizzata su Ciel, il quale però, incredibilmente rideva.
«Se fossi in voi non sarei tanto soddisfatto, conte Trancy.
Senza rivali non c’è gusto, e inoltre alle
fanciulle piace essere contese, non è così
Lizzy?» Uscì dalla sala e scambiò due
parole con Paula, che era comparsa in quel momento
sull’uscio, dopodiché scomparve dalla vista.
«Complimenti padrone, non credevo che avreste mostrato tanto
sangue freddo di fronte ad Elizabeth, e soprattutto di fronte ad
Alois.»
Ciel fece un verso di stizza. «Non prendermi in
giro! E’ la prima cosa che mi è venuta in mente da
dire.» Il ragazzo sbuffò e si portò una
mano alla fronte. «Dio, che situazione ridicola.»
Ciel e Sebastian si trovavano seduti ad un tavolo in attesa che
Elizabeth e Alois scendessero per prendere il tè con il
ragazzo.
«Infatti», soffiò il maggiordomo.
«Credevo che fosse venuto qui per porgere a Lizzy le sue
scuse. Devo dire che ha fallito miseramente.»
Il ragazzo lo guardò annoiato.
«Sebastian, è un ordine: sta’
zitto.»
Per prenderlo in giro, il maggiordomo
s’inchinò e mimò con le labbra
“Sì, mio padrone”, senza tuttavia
emettere un suono.
In quel
momento una figura aprì la porta ed entrò. Ciel
si sporse dalla sedia in un gesto automatico, per far sedere Lizzy al
suo fianco, ma quando fu in piedi si ritrovò a pochi
centimetri da Claude Faustus. L’uomo alto e longilineo lo
fissava dall’alto e il suo sguardo gelava le ossa. Almeno
Sebastian si sforzava di sorridere, e anche se molte volte lo faceva a
sproposito e solo per irritare Ciel, in quel modo sembrava un
po’ più… umano.
«Claude», salutò con la stessa
tagliente freddezza Ciel tornando a sedersi.
Il maggiordomo gettò un’occhiata ilare a
Sebastian, poi disse: «Che piacere rivederla, mio
padrone». Sebastian fremette di rabbia – come
poteva, Claude, insinuare che Ciel fosse suo? – ma non
potendo dire una parola si limitò a lanciargli una terribile
occhiata di disgusto.
«Come mai il tuo padrone è qui,
Claude?»
L’attenzione del demone si rivolse di nuovo a Ciel.
«Motivi alquanto sciocchi, a mio parere. E’ sua
ferrea convinzione che venendo qui riuscirà ad attirare
l’attenzione mia, e forse anche di Sebastian.»
Ciel ghignò. «E come crede di
fare?»
«Mi è severamente proibito dirvelo
conte, ma potreste sempre scoprirlo con i vostri mezzi.»
Il ragazzo non riusciva a capire, e stava per chiedere altro
quando un delicato tocco sulla spalla lo fece voltare. Sebastian,
serio, si trovava dietro di lui. «Ah! Puoi parlare,
maledizione», sbottò Ciel.
«Grazie padrone.» Sebastian
guardò Claude, malevolo, poi si rivolse al ragazzo.
«Desidera che indaghi?»
«No… Ci devo pensare un attimo. Tu
piuttosto, non dovresti essere con Alois in questo momento?»
Claude piegò la testa di lato. «Credo
che il padrone volesse un poco di intimità, data la
situazione delicata con lady Elizabeth. Mi ha chiesto di lasciarli
soli.»
Gli occhi di Ciel mandarono fiamme. «Situazione
delicata?»
«Nemmeno su questo posso dirle molto signore, a
meno che non lo ordinate sotto contratto… con me.»
«Mi credi così sciocco,
maggiordomo?»
«Certo che no signore, ma credevo che
per tutelare lady Elizabeth, per tenerla con sé, avreste
fatto di tutto. I demoni approfittano di questa debolezza
umana.»
«Io ho stipulato il mio contratto con Sebastian, e
posso chiedergli ciò che voglio.» Ciel
ghignò. «Non mi serve un’altra
seccatura.»
Sebastian
rivolse al padrone uno sguardo tagliente.
«Seccatura?» Ciel agitò la mano come a
dirgli di non dare fastidio. Il maggiordomo si avvicinò al
suo orecchio. «Se permette, questa seccatura vorrebbe
concentrare l’attenzione del padroncino su un particolare:
perché mai Alois Trancy e lady Elizabeth avrebbero bisogno
di un momento di intimità?»
Ciel spalancò gli occhi, si alzò dalla
sedia e corse via dalla stanza, diretto da Elizabeth, con gli occhi di
Sebastian e il suo sorriso divertito puntati sulla schiena. Ciel
correva a perdifiato per arrivare nella camera di Lizzy, a interrompere
qualsiasi cosa ci fosse da interrompere fra lei e Alois. A
metà corridoio incontrò Paula, che vedendolo
cominciò a dire: «Signorino Ciel, miss Elizabeth
è con il conte Trancy, credo che sia una faccenda
privata!», non fece in tempo a terminare la frase che Ciel
l’aveva già sorpassata. Si fermò di
colpo nel ritrovarsi di fronte alla stanza di Lizzy, che aveva la porta
socchiusa. Le voci di Alois e della ragazza si sentivano bene dal
corridoio, e Ciel rimase piacevolmente stupito dal sentire la loro
conversazione:
«C’è qualcosa su cui non sono
stata sincera, conte Alois.» La voce di Lizzy parve appena
più incrinata nel dire: «Non è vero che
Ciel Phantomhive è mio conoscente, lui è un mio
amico di infanzia, ci conosciamo fin da bambini, e… ed
è il mio promesso sposo. Con molte probabilità la
cerimonia avrà luogo all’inizio
dell’anno prossimo.» Ciel sorrise soddisfatto.
Sapeva che Elizabeth gli sarebbe stata fedele fino alla fine.
«Capisco.» La voce di Alois Trancy era
bassa e vibrante, tuttavia non pareva essere turbato.
«Be’, mia lady, capisco il vostro tormento, ma
lasciate che vi dica una cosa. Se si trattasse di decidere chi, fra me
e il conte Phantomhive, è il più facoltoso,
saremmo alla pari. Se si trattasse di convincere i vostri genitori,
saremmo alla pari anche in quello, perché entrambi li
conosciamo. Quindi in questo caso la scelta spetta a voi miss
Elizabeth.» Da dietro la porta Ciel corrugò le
sopracciglia: era chiaro che si era perso una parte fondamentale di
quella conversazione.
«La scelta?»
Ciel
udì Alois ridacchiare. «Avete ragione, non vi ho
neanche fatto la domanda.» Dopo qualche attimo Alois si
schiarì la voce: «Lady Elizabeth Middleford,
chiedo umilmente la vostra mano.»
«Che cosa?!» Ciel non poté
trattenersi nell’udire quelle parole, e si disse che era
stato uno sciocco a non interromperli prima. Sembrava che andasse tutto
bene, che Lizzy stesse gridando ancora una volta ai quattro venti
quanto lo amasse, e invece Alois le aveva fatto quell’assurda
proposta.
«Ciel!» Lizzy fece per allontanarsi da
Alois, inginocchiato a terra, ma il ragazzo fece leva su di lei per
alzarsi, la trasse al suo petto e le poggiò una mano su un
fianco, sorridendo malevolo.
«Conte Phantomhive, non posso credere che lei stesse
origliando, è scortese. Io e miss Middleford stavamo
parlando di cose importanti, che non la riguardano.»
«Mi spiace Alois, ma credo che tutto ciò
che riguardi la mia sposa riguardi anche me»,
sibilò Ciel con le sopracciglia aggrottate.
«Se lei fosse la tua sposa. Tuttavia, alla luce
della… come dire?, discrepanza, delle vostre opinioni, credo
che Lizzy potrebbe considerare l’opportunità di
scegliere un marito diverso. Qualcuno che la consideri speciale e non
una qualunque, qualcuno che la consideri una donna e non una ragazzina
capricciosa.» Alois ghignò. «Non ti
soffermi mai a pensare alle conseguenze delle tue azioni sugli altri,
vero Ciel?» Così dicendo si chinò su
Lizzy, le accarezzò una guancia con il dorso della mano, poi
le lasciò un piccolo bacio sulla tempia.
Ciel arrossì di rabbia, ma c’era un modo
per sistemare tutto una volta per tutte. «Lizzy, rispondigli.
Digli che cosa ne pensi.»
Elizabeth ragionava furiosamente, e la confusione che
c’era nella sua testa non l’aiutava di certo.
Conosceva Ciel da sempre, ed era ancora innamorata di lui, ma che senso
poteva avere stare con un uomo che non la ricambiava? In quel momento
Ciel stava dimostrando di volerla, ma solo in funzione del fatto di
vedersela portare via. Se la voleva davvero avrebbe dovuto volerla
sempre, non solamente quando qualcun altro dimostrava interesse per
lei. Dall’altro lato c’era Alois Trancy, che non
conosceva affatto ma che si era dimostrato subito gentile, premuroso
nei suoi confronti, e anche interessato a lei tanto da chiederle di
sposarlo. Non poteva essere una questione economica, lui possedeva
molti soldi e c’erano ragazze che avevano una dote ancor
più alta della sua, ragionò Lizzy. Quindi doveva
supporre che quello del conte Trancy fosse un sentimento reale? Come
poteva essere, dopo così poco tempo? Ma, in fondo, doveva
già considerarsi fortunata, conosceva alcune ragazze il cui
matrimonio era stato combinato solo per maritarle il più
presto possibile, o per scopi economici.
La voce di Ciel s’incrinò quando la
richiamò alla realtà.
«Lizzy?» Perché
ci metti così tanto?
La ragazza
alzò gli occhi e si scostò da Alois, sistemandosi
delle pieghe sul vestito. «Non potete certo chiedermi una
cosa del genere conte Trancy», cominciò con voce
sicura. Ciel fece un sorrisino, mentre Alois sembrava sbigottito; non
si aspettava quella risposta. «Non posso decidere senza
pensarci. Vi darò la risposta prima della vostra
partenza.»
Alois sorrise e imbastì uno sguardo adorante per
Lizzy. «Dovrete affrettarvi allora, ho in programma di
partire domani sera dopo cena. Mi piacerebbe molto tornare alla mia
magione e annunciare di aver trovato una meravigliosa sposa.»
Il ragazzo uscì dalla stanza, non senza fare un cenno di
saluto a un immobile Ciel che lo ignorò.
L’occhio del ragazzo libero dalla benda fissava
Elizabeth, in viso un’espressione ferita e allarmata. Non
appena si rese conto che Alois era uscito si chiuse con violenza la
porta alle spalle, raggiunse Lizzy a grandi falcate e le strinse le
braccia, il naso a pochi centimetri da quello della ragazza, mentre il
suo viso si era trasformato da ferito ad una maschera di rabbia.
«Che cosa ti prende, si può sapere?!
Perché hai detto quelle cose?»
La ragazza cercò di divincolarsi, ma la presa di
Ciel era troppo forte.
«E’ questo che sono per te? Solo uno stupido buon
partito?! Che va bene prendere in considerazione fino a che non arriva
qualcuno di meglio?! Credevo che io e te fossimo amici, che ci fosse
qualcosa di vero fra noi. Sei una stupida!»
Le urla del ragazzo fendevano l’aria come coltelli
taglienti, coltelli che si conficcavano nella carne e nel cuore di
Lizzy, fino a che la ragazza non poté più
trattenere le lacrime. Con uno strattone deciso Elizabeth si
liberò dalla stretta di Ciel e, altrettanto fulminea, la sua
mano si mosse contro la guancia del ragazzo. Lo schiaffo
risuonò forte nell’aria, e fece battere i cuori
furiosamente.
«Non ti rendi nemmeno conto di quello che dici»,
sibilò Elizabeth con tono rabbioso, le parole che defluivano
una dopo l’altra come se una diga in fondo alla gola le si
fosse rotta, rivelando quel fiume di parole e pensieri rivolti a Ciel
che tratteneva da molto. «Tu
credi che io voglia un amico?» La sua voce
risuonò talmente gelida che Ciel si fermò a
guardarla orripilato, una mano premuta sulla guancia. Quella non era la
sua Lizzy. «Quale donna vorrebbe un amico come compagno per
la vita? So bene che mi dovrò sposare presto, ho
già diciotto anni ed è l’età
giusta. Ho sempre pensato che avrei sposato te, e mi stava bene, anche
se vedevo che tu non provavi i miei stessi sentimenti.
«Tu credi che io sia solo una ragazzina viziata,
superficiale, e non proverai mai nulla per me oltre
l’amicizia.» Gli occhi di Elizabeth, già
umidi, cominciarono a lacrimare senza ritegno. «Anche la sola
idea di avere un figlio con me ti disgusta!»
Ciel spalancò gli occhi. «Non
è vero, io…!»
«Invece…
Alois… durante le poche ore in cui l’ho conosciuto
è stato capace di interessarsi alle cose che mi piacciono,
di considerarmi come una donna. Persino di consolarmi! E’
vero, lo conosco troppo poco per essere legata a lui, ma è
il primo, per quel che mi riguarda, ad avermi fatta sentire speciale,
ad avermi fatto un favore per vedermi felice e non solo per rimediare
ad un errore. E’ il primo che mi desidera. Tu non hai mai
fatto nulla di tutto questo in una vita intera.» Le ultime
parole furono sputate con amarezza, e in quel momento, per la prima
volta, Ciel vide gli occhi di Elizabeth Middleford come quelli di una
giovane donna, e non più come quelli della ragazzina che era
stata.
Ciel, ancora stupefatto, riordinò in fretta le
idee e stava per rispondere per le rime, quando qualcuno
bussò. Paula entrò chiedendo permesso e
osservò preoccupata i due giovani. «Scusate, il
tè è pronto, sarebbe meglio che
scendeste.»
Elizabeth
si asciugò le lacrime con un fazzoletto e fece un respiro
profondo, avviandosi. Ciel la seguì a ruota fuori dalla
stanza, dove anche Sebastian li attendeva con espressione vagamente
curiosa, e faceva scattare gli occhi dall’uno
all’altro.
«Il tavolo è apparecchiato per tre
persone», cominciò Paula avviandosi in fretta.
«Non ce n’è bisogno.» Lizzy
camminava a lunghi passi dietro di lei, davanti a Ciel e Sebastian.
«Il conte Phantomhive stava per andare via.» Paula
guardò la sua padrona, incerta, ma non poté fare
altro che annuire e correre giù.
Ciel, nell’udire quella frase, si piantò
di fronte a Elizabeth e le prese le mani con sguardo supplicante.
«Non fare così Lizzy, tu non sai
che…», la ragazza tolse bruscamente le mani dalle
sue e scomparve nel corridoio, con Ciel che la guardava andare via,
impotente, «… io ti desidero.»
Una mano si posò leggera sulla spalla di Ciel.
Sebastian si abbassò un poco fino a raggiungere il suo viso
e disse sorridendo: «Se la può far stare meglio,
io lo so bene. Le sue reazioni di fronte alla signorina Elizabeth sono
davvero curiose.»
Ciel arrossì violentemente e scacciò la
mano di Sebastian dalla sua spalla. «Ti piace così
tanto mettermi in imbarazzo?!»
«In effetti sì, molto.»
Buonsalve a tutti!
Allora, ecco il terzo capitolo! Hm, non so bene che dire, non
c'è molto da dire, tranne che dovrete aspettare ancora un
po' prima di scoprire che cosa ha scelto Lizzy. Il prossimo capitolo
è abbastanza divertente... o almeno, spero che sia tale! xD
Io ci ho provato, vedrete la prossima settima. Intanto per avere
un'anticipazione del prossimo capitolo cliccate qui.
Be', non c'è altro da dire. Buona Domenica a tutti =)
Patrizia
|
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Capitolo 4 *** Domenica 23 Marzo, nel mattino - Fino all'altro ieri ***
Domenica 23 Marzo, nel mattino
Fino all’altro ieri
Ciel era stato invitato alla magione del marchese Middleford
con innaturale formalità. Lizzy lo informava che si
sarebbero visti quel giorno e lei avrebbe detto a Ciel e Alois quale
scelta aveva fatto. Non c’era scritto niente altro nella
lettera, solo parole controllate e cortesi, ma la carta e
l’inchiostro stesso traboccavano di freddezza e biasimo. Nel
leggerla, a Ciel tornò in mente il volto di Lizzy del giorno
prima. Il ragazzo mise la lettera da parte e ficcò le mani
nei capelli, frustrato. Non sapeva cosa fare, non poteva rimediare ad
anni di affetto ben celato dietro una maschera di freddezza in una sola
giornata. Lizzy non gli avrebbe mai creduto, avrebbe pensato che lo
faceva solo perché lei non si sposasse con Alois. Le donne ragionano come
– no, le donne non ragionano, si disse il
ragazzo amaramente. Lungi da fargli comprendere meglio
l’universo femminile, quel pensiero lo gettò
ancora di più nel panico. Cosa faccio?
Ciel si alzò di scatto e cominciò a
vagare lungo i corridoi, sperando di trovare presto chi stava cercando.
Per fortuna lei era
lì, a sua completa disposizione.
«Meirin!» Il ragazzo scese le scale che la
domestica stava lucidando e si fermò qualche gradino sopra
di lei.
«Padron Ciel, ha bisogno di qualcosa?» La
donna sistemò gli occhiali sul viso e attese.
«Ho bisogno di un consiglio. Tu… tu sei una
ragazza…», cominciò Ciel con evidente
imbarazzo, «se per caso volessi una… dimostrazione
d’affetto, come dovrebbe essere?»
Meirin s’illuminò e giunse le mani.
«E’ per la signorina Elizabeth? Oh, Sebastian ci ha
raccontato tutto del vostro litigio di ieri. E’
così romantico che lei ora la voglia
riconquistare!» Ciel desiderava uccidere Sebastian in quel
momento, ma non poteva perdere altro tempo. «Be’,
credo che lei debba interessarsi veramente a quel che fa la signorina
Lizzy, la sua routine e ciò che le piace. Dovete farle
capire che in tutti questi anni lei è sempre stata molto
importante per voi, e il primo modo per riuscirci è
dimostrandole interesse, facendole capire che voi la
conoscete.»
«Sì, fin qui ci ero arrivato. Ma
come?», sbottò Ciel esasperato.
Meirin
abbassò gli occhi, corrucciata. «Non lo
so…» Poi s’illuminò.
«Ho trovato! Dovreste portarla a vedere uno spettacolo di
paura!»
Ciel, interdetto, sospirò rassegnato.
«Va bene, grazie per il consiglio Meirin.»
Così dicendo scese la scale e fece un segno di saluto.
«Buona fortuna!», esclamò la domestica
allegra. Non appena il padroncino ebbe voltato l’angolo
riprese il lucido e ricominciò a strofinare con rinnovata
energia.
Ciel decise che Meirin non era la persona più
adatta a cui chiedere consiglio. In fondo aveva un debole per le storie
horror, e per di più era un cecchino esperto, come aveva
potuto pensare che fosse una donna romantica? No, sarebbe stato meglio
chiedere a qualcuno con più esperienza, qualcuno che se ne
intendeva di queste cose, qualcuno di equilibrato. «Tanaka,
potrei farti una domanda?»
Il maggiordomo, che si stava rilassando bevendo una tazza di
tè in ginocchio sul retro della magione, lo
guardò sorridendo. Ciel lo prese come un invito a parlare.
«Se dovessi riconquistare Lizzy – non che
io abbia bisogno di farlo, intendiamoci – come potrei
fare?»
Tanaka
rimase a fissare Ciel con lo stesso sguardo allegro. Poggiò
la tazza di tè a terra e si alzò. Il ragazzo,
pensando che promettesse bene, si preparò ad una rivelazione
cardine della sua esistenza. Magari Tanaka, con tutti gli anni che
aveva, era riuscito a decifrare l’universo femminile meglio
di lui. Il maggiordomo alzò lo sguardo su Ciel…
«Oh! Oh! Oh!»
Ciel in
cuor suo non si aspettava molto altro, per questo interpretò
quel suggerimento nell’unico modo in cui poteva fare.
«Capisco: devo essere allegro con lei e… e farla
ridere. Grazie mille Tanaka, mi sei stato di grande aiuto.»
Il ragazzo si dileguò, assimilando le informazioni che fino
ad ora aveva appreso. Ragionò sul fatto che comunque non
bastava quello per riconquistare Lizzy in un solo pomeriggio, per cui
forse poteva chiedere aiuto anche a qualcun altro. Non che Tanaka fosse
tanto male, ma ci voleva qualcuno più al passo con i tempi,
qualcuno di moderno! Così Ciel decise di andare in cucina a
cercare Bard.
«Bard, posso chiederti un consiglio?»,
cominciò il ragazzo titubante, di fronte al cuoco e a Finny,
che stavano nelle cucine a giocare a carte.
L’uomo ghignò e la sua sigaretta si
storse in una strana angolazione. «Riguarda la signorina
Lizzy?»
«Sì», disse Ciel rassegnato
prendendo una sedia e accomodandosi al tavolo degli altri due.
Bard sghignazzò. «Be’,
è molto semplice. Le dica che lei è la
più bella ragazza del mondo, le porti delle rose, dei
cioccolatini, magari un gioiello costoso e poi è
fatta.»
Finnian lo
guardava con tanto d’occhi, mentre Ciel si chiese se quella
tattica, che pareva tanto semplice quanto scontata, fosse davvero la
soluzione a tutti i suoi problemi. «Non dire
sciocchezze!», lo apostrofò Finn, negli occhi
un’aria combattiva.
«Oh già, hai ragione!» Bard
assunse un’aria solenne. «Devi essere anche
distaccato ogni tanto: quando le donne si sentono un po’
ignorate ti desiderano di più.»
«Davvero?», domandò Ciel. Ma non è possibile,
è praticamente quel che ho fatto io fino ad ora, e non mi
pare che abbia funzionato.
«Non dire sciocchezze!»,
ripeté Finny. «Le ragazze vogliono che il loro
uomo sia romantico, che si dimostri forte per proteggerle e che non le
facciano mai soffrire», decretò il ragazzo.
«Che parole da damerino sono queste? Parli come
quell’orribile conte biondo!»
«E’ la verità, nessuna ragazza
si farebbe mai trattare come hai detto tu!»
«La mia tecnica è scientificamente
provata, da me ovviamente, e per quanto mi riguarda ha sempre
funzionato alla grande.»
Ciel, pensando che si prospettava un discussione lunga, si
alzò e uscì senza che i due nemmeno se ne
rendessero conto. Appena fuori dalle cucine si diresse verso il
giardino, ripassando ciò che aveva appreso. Bene, abbiamo detto: farla
ridere, proteggerla, farle dei regali costosi, uno spettacolo di paura
– no, no, quello no. Com’era? Ah sì,
interessarsi a ciò che fa. Poi, vediamo…
Ciel, immerso nelle sue elucubrazioni, si spaventò a morte
quando un serpente lungo almeno novanta centimetri gli
soffiò addosso il suo verso sibilante perché
l’aveva quasi calpestato con il tacco della scarpa. Il
ragazzo alzò gli occhi e vide Snake, inginocchiato a terra,
allungare un braccio e ritirarlo una volta che il serpente vi si fu
arrotolato addosso. Senza espressione l’addestratore
guardò Ciel. «Scusa, dice Oscar.»
«Non importa.» Ciel fece per avviarsi, ma
il ragazzo lo fermò.
«Ho saputo del vostro problema con la signorina Lizzy, dice
Wordsworth.» Il ragazzo si volse, stupefatto. In quella casa
tutti si facevano gli affari suoi! Anche i serpenti di Snake, il che
dava da pensare sulla sua vita privata. «Io credo che lei
dovrebbe essere sincero e dirle ciò che prova, senza
nascondersi dietro a nulla… dice Wilde.»
Ciel, gli occhi spalancati di stupore, guardò il
ragazzo dalla pelle scarna e secca stupefatto.
«G-grazie», balbettò soltanto.
«Si figuri, dice Wilde.»
Ciel
sbatté le palpebre e fuggì fuori dalla magione,
il più lontano possibile da tutte quelle persone che lo
confondevano e gli dicevano come era meglio che si comportasse. Dire a
Lizzy ciò che provava senza nascondersi dietro a nulla?
Chissà cosa non sarebbe uscito da quella sua boccaccia!
Forse era meglio non rischiare tanto, avrebbe lasciato quel consiglio
come ultima possibilità.
«Sebastian!»
«Mio signore?»
Ciel
sobbalzò, trovandosi il maggiordomo affianco in meno di un
secondo. Diavolo di maggiordomo! Il ragazzo si schiarì la
gola e ordinò: «Voglio che tu vada in
città a comprare un mazzo di rose fresche, una scatola dei
cioccolatini più pregiati e un anello dello stesso colore
del mio, ma più… femminile. Il più in
fretta possibile.»
«Sì, mio signore.»
L’uomo si avviò lungo le scale che portavano al
giardino e poi al cancello, ma ad un tratto si fermò.
«C’è qualcosa che non ti
è chiaro?», domandò freddo Ciel.
«Per caso questi doni sono per la signorina
Lizzy?» Il ragazzo non profferì parola, e questo
fu una chiara risposta alla domanda di Sebastian. «Me lo
chiedevo solo per curiosità. Dev’essere di umore
molto generoso, altrimenti non mi spiego perché mai abbia
deciso di fare tutti questi regali a Miss Elizabeth. Di sicuro non
sarà perché ha timore che lei scelga un altro, o
sbaglio? Dopotutto lei la ama, mio signore,
incondizionatamente.» Il demone sorrise sadico. «O
almeno, così era fino all’altro ieri. Se
perdesse… ma non succederà, non è
vero?» L’uomo partì alla volta della
città, di corsa, e Ciel digrignò i denti.
«Elizabeth oggi ti trovo splendida.»
Alois Trancy fece un sorrisino di circostanza, si chinò e
baciò la mano a Lizzy.
La ragazza
si ritrasse, imbarazzata. Chissà se Alois si sarebbe
comportato allo stesso modo anche da sposati? «Neanche voi
sfigurate.» Tuttavia non poteva vedere in lui la stessa
bellezza degli occhi di Ciel, del suo volto, del suo fisico, del suo
modo di comportarsi intrigante. Ai suoi occhi Alois era una persona dal
carattere molto semplice. «Desiderate fare
colazione?»
«Ma certo, basta che la facciamo
insieme.» Alois sorrise e seguì Elizabeth nella
sala da pranzo. Quando furono seduti e il tè venne servito
in graziose tazze decorate a mano, Alois, con mossa premeditata e occhi
dolci, posò una mano su quella della ragazza.
«Lizzy, ho pensato molto a questa situazione»,
cominciò il ragazzo con voce greve, «E non posso
fare a meno di notare la tua tristezza in questi giorni. So bene che il
conte Phantomhive ha molte più possibilità di me
di avervi per moglie, voi due vi conoscete da molto, avete avuto modo
di apprezzarvi reciprocamente. Io sono nuovo qui, invece, ma desidero
che voi sappiate che, qualunque sarà la vostra scelta, in me
potrete sempre trovare qualcuno che vi conforti. Dimmi Elizabeth,
cos’è che ti turba tanto?»
La ragazza, stupita, fece scivolare via la mano da quella del
conte Trancy e sorseggiò il suo tè prima di
rispondere. «E’ lodevole da parte vostra, che vi
siate accorto che ero di pessimo umore. In realtà non ho
ancora scelto nessuno dei due, perché è come ha
detto lei, conte: Ciel è mio amico sin
dall’infanzia, ma non si è mai interessato al
nostro matrimonio più di tanto, invece lei signor conte
è molto preso, ma la conosco da poco.»
«So di non averle dato molte ore per riflettere, e
mi dispiace. Forse sono stato troppo impulsivo. Allora mi dia lei del
tempo. Mi permetta di farle conoscere ogni aspetto del mio carattere,
così che possiate scegliere l’uomo che
più vi aggrada, ma vi prego di non farvi accecare dalla
quotidianità.» Elizabeth lo guardò
interrogativa. «Voi siete abituata a ricevere pallide
attenzioni, ma non è così che va trattata una
dama come voi. Se Ciel non riesce a capirlo allora non è
degno del vostro amore né del vostro rispetto. Nel
matrimonio un uomo e una donna non dovrebbero essere uniti solo
dall’amicizia, ma da qualcosa di più. E io provo
qualcosa di più per lei, miss Elizabeth.»
Lizzy sorrise, imbarazzata e rincuorata al tempo stesso. Ad
ogni parola quel conte Trancy guadagnava qualche battito di cuore in
più da parte sua. «La ringrazio, lei
dev’essere una persona molto saggia. Prima di pranzo le
andrebbe di andare a fare una cavalcata? Abbiamo i purosangue migliori
qui alla magione. Ha delle vesti per andare a cavallo?»
«E’ possibile che Claude le abbia
portate.»
«Allora la aspetto alle scuderia fra
un’ora.» Così dicendo Elizabeth si
alzò e Paula la seguì a distanza di qualche metro.
«Claude.» Dopo qualche attimo il nero maggiordomo
aprì la porta d’ingresso ed entrò.
Alois pareva arrabbiato. «Perché ci metti sempre
così tanto?»
«Mi perdoni, stavo tirando fuori
dall’armadio la vostra divisa per fare equitazione. Anche se
voi non siete mai andato a cavallo.»
Alois fece
un verso di disapprovazione. «La principessina è
molto lenta a prepararsi, mi ha dato un’ora di tempo.
Accidenti, che noia. Preparami un bagno caldo, subito.»
«Sì, vostra altezza.»
Ciao
a tutti! =)
Allora, proprio perché non è una Seb/Ciel, che
sono quelle più apprezzate nel fandom, sono contenta che la
storia abbia qualche seguace. Lizzy Power! Mwahahah!
Okay, a parte questo: mi piace questo capitolo perché ci
sono tutti i servitori di Ciel e ognuno gli dà un consiglio
diverso! Siccome comunque adoro Snake ho fatto sì che il
più saggio fosse lui ^^ E ovviamente non sia mai che
Sebastian si dimostra carino con Ciel, per cui lui si è
ancora impegnato tantissimo per fargli venire dubbi su Lizzy xD
Se volete leggere lo spoiler dell'ultimo capitolo cliccate qui,
a Domenica prossima per vedere chi sceglierà Elizabeth: Ciel
che la ama davvero ma non l'ha mai dato a vedere o Alois, che la vuole
solo per un capriccio ma è molto convincente? Hmmm....
Patrizia
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Capitolo 5 *** Domenica 23 Marzo, nel pomeriggio - Infido di natura ***
Domenica 23 Marzo, nel
pomeriggio
Infido di natura
Ciel si sistemò la giacca un ultima volta,
controllò se i pantaloni cadevano bene, si diede una
rassettata generale, infine fece segno a Sebastian di procedere. Il
maggiordomo si sporse oltre a lui e bussò tre volte alla
porta della magione Middleford. Un cameriere li fece accomodare e li
condusse fino al giardino dove, seduta dando loro le spalle, immersa
nella contemplazione dei fiori, c’era Elizabeth, sola. Ciel
stava per schiarirsi la voce, poi ci ripensò.
Strappò di mano a Sebastian il mazzo di rose e la scatola di
cioccolatini che il maggiordomo portava e infine segnalò la
sua presenza. Elizabeth si volse con uno scatto. «Oh,
Ciel.» I suoi occhi si fecero come guardinghi.
«Vieni a sederti qui con me.» Sorrise leggermente,
ma non era uno dei suoi soliti sorrisi radiosi e spontanei.
«Va’ via Sebastian»,
mormorò il ragazzo a mezza voce prima di dirigersi verso il
tavolino immerso nel verde. Prima di sedersi il ragazzo porse a Lizzy
il mazzo di rose e la scatola di cioccolatini. «Per
te.»
Consiglio numero uno –
farle dei regali.
Elizabeth osservò i fiori meravigliata.
«Oh, grazie Ciel.» Sorrise di nuovo, ma questa
volta con tenerezza sincera. «E questo
cos’è?» Aprì la scatola e vi
trovò dentro i cioccolatini a forma di cuore. Il suo sorriso
si allargò. Prese un dolce e lo mangiò,
sorridendo all’indirizzo di Ciel.
Il ragazzo sorrise compiaciuto. «Cos’hai
fatto oggi?»
«Be’, io e Alois siamo andati a fare un
giro a cavallo, ma lui non era affatto abituato ad andarci.»
La ragazza ridacchiò. «Credo che non avesse mai
visto un cavallo in vita sua, è stato davvero divertente
vederlo provare a cavalcare.»
«E che altro mi racconti?»,
domandò Ciel incoraggiante. «Posso?»,
chiese poi allungando la mano verso i cioccolatini.
«Ma certo tieni.» Lizzy glieli porse e lo
guardò mangiare sorridendo. «Be’,
pensavo che in futuro potrei dedicarmi a creare abiti. Mi piacciono
tanto, ma penso che anche io potrei farne di meravigliosi. Mi hanno
insegnato a cucire, quindi non dovrebbe essere difficile.»
«Sembra proprio adatto a te, sono sicuro che farai degli
abiti bellissimi.» Ciel accompagnò le ultime
parole passando un indice sulla guancia della ragazza, e la sua pelle
gli parve della consistenza della seta. Era meglio di qualunque altro
vestito che avrebbe mai potuto indossare, e certe volte Ciel fremeva
anche solo per toccarla e baciarla. Il ragazzo arrossì
violentemente a quel pensiero e ritrasse la mano veloce, distogliendo
lo sguardo. Il suo comportamento non sfuggì a Lizzy, che si
rabbuiò un poco. «Quindi… Avvisami
quando la tua prima creazione sarà terminata. Hai
già delle idee al riguardo?»
Elizabeth,
senza farselo ripetere due volte, si lanciò in una
spiegazione dettagliata di un abito che le sarebbe piaciuto molto
realizzare, al quale pensava da settimane. Ciel sorrise soddisfatto e
spuntò dalla lista un altro punto.
Consiglio numero due –
interessarsi a lei.
Dopo qualche minuto, una volta che ebbero esaurito il tema
moda, Alois arrivò, splendente nel suo completo bianco.
Pareva un angelo, accidenti a lui! «Alois, vedo con piacere
che si è ripreso. Quella cavalcata deve averla scombussolata
parecchio, non è così?»,
domandò Lizzy con un risolino.
Per un attimo il ragazzo parve arrabbiato, ma alla fine rise
di una risata finta. «Ha proprio ragione Lizzy, sono un vero
disastro con queste cose. Nemmeno da ragazzino ho mai apprezzato i
cavalli, l’equitazione o qualsiasi altra cosa che vi si
avvicinasse. In compenso, credo di cavarmela nella scherma, e non
sarebbe meraviglioso poter tirare di scherma assieme ogni volta che
vogliamo?», così dicendo si sedette affianco a
Elizabeth e le posò una mano sulla spalla.
«Certo che sì. Dovreste venire a
trovarmi più spesso.»
«O potreste farmi visita voi. Le lascerò
il mio indirizzo, immagino che le vostre lettere debbano essere
entusiasmanti. Ci vuole una certa abilità per scrivere
lettere gradevoli, e lei Lizzy, ha mille e una capacità, non
è così?»
Ciel
borbottava giocherellando con un cioccolatino, che alla fine
mangiò cercando di trasferirgli tutta la violenza che voleva
riversare su Alois e le sue rivoltanti avances. Infine prese parola.
«Alois, raccontami della tua clamorosa caduta da cavallo, mi
spiace molto di non avervi potuto assistere.»
Il biondo fece una brutta smorfia. «Qualcuno ha
bisogno di rimanere al suo posto, Ciel. Chiediamo alla signorina che
cosa ha deciso in merito alla questione per cui oggi siamo
qui.» Si risvolse a Elizabeth e le strinse la spalla
più forte. Lizzy tentò di liberarsi dalla sua
presa, che le stava dando fastidio alla spalla, ma Alois non voleva
lasciarla. Continuarono quel silenzioso teatrino per qualche secondo,
mentre Ciel si domandava come mai Lizzy si agitasse tanto sulla sedia.
Probabilmente per l’annuncio da fare. A quel pensiero il
cuore del ragazzo cominciò a battere impercettibilmente
più forte.
«A-Alois», mormorò Elizabeth
con l’espressione tirata.
«Mi perdoni.» Il conte Trancy si
ricompose, lasciò la presa e osservò Ciel
malevolo.
Lizzy, ancora un po’ sconvolta, si
schiarì la voce e ricominciò a parlare.
«Ho riflettuto molto sulle vostre proposte, e ho preso una
decisione. Conte Trancy, la sua proposta mi lusinga moltissimo, ma
credo che potrei trascorrere con lei tutte le giornate senza trovarvi
la scintilla che caratterizza il mio rapporto con Ciel. Certo, lui non
è il più romantico degli uomini, quello che io
sogno fin da bambina, ma è quello adatto a me, ne sono
certa. Mi dispiace di doverla lasciare andare così, spero
che in futuro potremmo ancora…»
Elizabeth si chinò verso Alois, ma non si accorse
che il ragazzo, dopo un iniziale momento di stupore, tremava di rabbia.
Con un gesto di stizza scacciò la mano di Elizabeth e si
alzò dalla sedia, facendola cadere a terra. Inizialmente
parve volersi trattenere, ma poi ci ripensò.
Afferrò Lizzy per entrambi i polsi e prese a scuoterla con
rabbia. «Tu! Insulsa bambina viziata! Non sai nemmeno cosa
significhi avere un rapporto con una persona. Amore è solo
una parola come un’altra nel tuo
vocabolario…!»
Senza pensare Ciel si alzò fulmineo, e con il
volto deformato dalla rabbia si avventò su Alois, con il
tavolino che si frapponeva in mezzo a loro, e lo spinse puntandogli le
mani addosso. Alois lasciò andare Lizzy, che si
allontanò fino a raggiungere l’uscita del
giardino, ma non perse di vista i due ragazzi.
Alois sorrise amaramente. «Che cosa vuoi fare,
conte Phantomhive? Adesso che vieni minacciato hai deciso di
reagire?»
«Non sono stato io ad essere minacciato. Tu hai
minacciato Elizabeth! Non permetterti più di toccarla in
quel modo irrispettoso!»
«Oh, perché? Perché solo tu
lo puoi fare?»
«No», Ciel sputava odio da tutti i pori,
«Nessuno può farlo, per nessuna
ragione.» Il ragazzo fece due ampi passi per girare attorno
al tavolo e raggiungere Alois. Del tutto inaspettatamente,
caricò il braccio e gli sferrò un pugno che
andò a finire nello stomaco. Dal suo angolo Elizabeth
squittì di paura. Ciel, il volto cinereo e
l’espressione tanto folle da far paura, si chinò
su Alois, che stava piegato in due, e gli sussurrò:
«Se ti avvicini di nuovo a lei dirò a Sebastian di
ucciderti.»
Alois alzò gli occhi su Ciel, e comprese che si
era sbagliato di grosso. Ciel Phantomhive non era più
desiderabile per gli affetti che aveva intrecciato a suo vantaggio, per
il dolore che si sarebbe lasciato dopo alle spalle, ma per quello che
provava. Alois sentiva nel cuore solamente rabbia cieca, impazzita e
indirizzata ovunque, senza controllo. Quella di Ciel invece era
incanalata, e frenata dagli affetti – dall’amore
– che lui provava verso gli altri. Era il suo cuore a
renderlo così appetitoso, a renderlo effimero e forte come
solo un uomo può essere.
«C-Claude…», chiamò
flebilmente Alois appoggiandosi al tavolino per alzarsi.
Ciel alzò lo sguardo, ma Elizabeth era scomparsa.
«Lizzy?» Il ragazzo si guardò intorno,
per essere sicuro che non si fosse rifugiata altrove, magari per paura
che combinassero qualcosa. Quando non la vide corse via.
«Lizzy!», chiamò una volta dentro casa.
Corse verso le scale, fino al piano superiore, diretto al corridoio
dove c’era la stanza di Elizabeth. Corse così
veloce per così tanta strada che quando arrivò e
spalancò la porta era letteralmente senza fiato. Ciel
ansimava di fatica e la corsa gli aveva fatto venire caldo.
«Elizabeth?», mormorò quando vide la
ragazza seduta su una sedia accanto alla finestra, che lo guardava con
un velo di tristezza.
Bene, a
questo punto anche il consiglio di Finnian, di proteggere Lizzy, era
stato portato a compimento. Tuttavia gli occhi tristi, che non le si
addicevano affatto, erano ancora lì che troneggiavano sul
suo volto e la facevano apparire più stanca. Ciel decise
che, data la situazione, per una volta – solo per quella
volta – avrebbe anche potuto fare come gli aveva suggerito
Snake, e rivelare i suoi sentimenti alla ragazza con parole
più chiare dei gesti.
«Lizzy…»
«Ciel, com’è possibile?» La
ragazza volse gli occhi alla finestra. «Questa è
l’ennesima riprova del fatto che solo quando succede qualcosa
tu reagisci e mi rivendichi come tua fidanzata. Ma quando mi hai
toccata, giù in cortile, quando Alois non c’era,
ti sei ritratto subito, come se la mia pelle bruciasse, come se non ti
piacesse affatto neanche sfiorarla con un dito.» Gli occhi di
Lizzy si velarono di lacrime, ma la ragazza si impose di non piangere.
Aveva promesso a sé stessa di non farlo più, a
causa di Ciel. «E’ vero che non ha alcun senso
avere un marito che non ti desidera, ma io non ce la faccio a pensare a
un futuro con qualcuno che non sei tu.»
Ciel
ascoltava a bocca aperta e occhi spalancati. Si passò i
palmi sul viso, più volte, sospirando forte.
«Lizzy», disse infine, «sei proprio una
sciocchina, lo sai?» Ciel si avvicinò alla ragazza
e s’inginocchiò accanto a lei, prendendole il
mento con una mano e sollevandoglielo, perché lo guardasse.
«Tu credi che io sia un grande oratore, non è
così?» Pur senza capire dove volesse andare a
parare, la ragazza annuì. «Be’, non
è affatto vero. Io, con te, non riesco mai a parlare,
perché tutto ciò che vorrei dire mi si confonde
in testa. E finisco per dire cose stupide, o cose non vere. Per questo
preferisco starmene in silenzio la maggior parte delle
volte.» Ciel sorrise, e si stupì che
quell’effluvio di parole fosse così facile da
pronunciare, forse perché erano parole vere. «Tu
credi che io non ti desideri? Questo…», il ragazzo
abbassò la testa per un secondo, scuotendola,
«questo è davvero imbarazzante da dire.»
Quando tornò a guardarla Elizabeth si stupì nel
vedere Ciel di un vago colorito roseo. «Ma io ti desidero
così tanto che solo toccarti mi provoca dei brividi, e
vederti muoverti mi procura una scossa. L’altro giorno, alla
festa, ti sei arrabbiata perché credevi che avere dei figli
con te mi disgustasse, ma non è affatto così.
E’ che l’idea di una simile intimità con
te mi… mi imbarazza molto, e ho preferito che tu non lo
notassi.» Ciel fece un sorrisino e prese un respiro profondo.
Ma dopotutto, lui era Ciel, e non era abituato a dire cose del genere.
E infatti: «E’ vero a volte sono sgarbato,
però tu sei insopporta-».
Lizzy mosse
velocemente la mano e la portò sulle labbra del ragazzo,
chinandosi su di lui. «Farò finta che non abbia
mai detto quest’ultima frase.» Lizzy sorrise e
lasciò cadere la mano, così Ciel
mormorò delle scuse imbarazzate.
Il ragazzo si alzò, e fece alzare con lui
Elizabeth. «Voglio che mi sposi.»
«Lo voglio anch’io.»
«Tu credi… che anche se non sei ancora mia moglie,
ho il permesso di fare una cosa?» Ciel scostò uno
dei boccoli della ragazza dietro l’orecchio e
osservò le sue labbra. Deglutì a vuoto, senza
riuscire a placare quel groviglio che sentiva nello stomaco.
«Perché no?»
Lizzy
chiuse gli occhi e Ciel si abbassò fino a sfiorare le sue
labbra. Nessuno dei due aveva mai dato un bacio, né aveva
visto qualcuno baciarsi. Ciel sperò di stare facendo la cosa
giusta quando mise una mano sulla mascella di Elizabeth e
l’attirò a sé. Le labbra di lei erano
morbide, migliori di come aveva mai sognato, fresche e saporite, si
distesero sulle sue con naturalezza. E Ciel fu certo in quel momento
che era giusto che Lizzy fosse solo, interamente sua, perché
le loro labbra si toccavano tanto armoniosamente da completare un
puzzle: erano fatti per stare assieme.
Quando si separarono Ciel aveva un’aria sconvolta.
Lizzy gli sorrise, con quel sorriso naturale che aveva sempre avuto,
con quegli occhi luminosi che Ciel aveva imparato ad amare.
«Signorino?» Nessuna risposta.
«Signorino?»
Ciel, conscio che da qualche parte qualcuno richiamava la sua
attenzione, si volse. La sua mente era occupata da
un’immagine, un fatto avvenuto solo poche ore fa nella
magione Middleford: labbra piccole e rosa, morbide e saporite.
«Eh?»
Sebastian sorrise serafico, un’ombra furba sugli
occhi. «La cena è pronta. Crema di verdure come
primo piatto, carne di maiale per secondo con contorno di insalata e
salsa di gamberi. Per dolce abbiamo una torta alle fragole. Vino
alsaziano frizzante per accompagnare il tutto.»
«Grazie Sebastian, sto arrivando.» Ciel
fece finta di scarabocchiare qualcosa di importante su un foglio, che
in realtà era pieno solo di piccoli disegnini e inutili
scritte a inchiostro nero. Poi si alzò, fece il giro della
scrivania, e uscì nel corridoio accompagnato da Sebastian.
«Posso permettermi due parole, signore?»
«Fa’ pure.»
«Oggi è stato molto audace, mi hanno raccontato
del vostro litigio con Alois Trancy per difendere l’onore
della signorina Elizabeth.»
«Hm.»
«E da quel che ho visto, lei ha accettato di
diventare vostra moglie. Con un suggello come quello di oggi credo che
non guarderà più altri uomini in tutta la sua
vita.»
Ciel si
bloccò in mezzo al corridoio. «Che
cos’hai visto tu?», domandò furioso a
Sebastian. «C’era la porta chiusa, maniaco
spione!»
«In futuro le consiglio di controllare meglio le porte,
signore. Sono infide di natura, come solo certe sue conoscenze possono
essere.»
Fine
Questa storia non è
stata scritta a fini di lucro. I personaggi appartengono a Yana Toboso,
autrice di “Kuroshituji” e detentrice di tutti i
diritti.
Et
voilà!
Allora, ho solo una cosa da dire sul capitolo: Lizzy ha scelto Ciel
comunque, alla fine, perché secondo me lei è
perdutamente innamorata! Awww... A parte questo fatto, che volevo
sottolineare, abbasso Alois Trancy. Scusate, non ci posso fare niente,
lo detesto davvero u_u
Mi è piaciuto far parlare Ciel apertamente,
perché nel manga lui dimostra il suo affetto più
con i gesti che con le parole, però è un po'...
criptico delle volte. Cioè sembra che non sopporti Lizzy,
così ho deciso di farlo parlare un po' con onestà.
Comunque, ringrazio tantissimo le persone che hanno recensito, mi ha
fatto molto piacere leggere le vostre opinioni ^^ Fan delle Ciel/Lizzy,
non arrendiamoci! Un giorno conquisteremo il nostro posto in questo
fandom! xD
Alla prossima fanfiction, saluti a tutti =)
Patrizia
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