Undisclosed Desires

di LadyArtemis
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter 1 - Orgoglio, Vendetta, Caccia ***
Capitolo 2: *** Chapter 2 - Boston ***
Capitolo 3: *** Chapter 3 - Scontri e Sfide ***
Capitolo 4: *** Chapter 4 - Il profilo dell'S.I. ***



Capitolo 1
*** Chapter 1 - Orgoglio, Vendetta, Caccia ***


 Undisclosed Desires
 



Caccia. Prendi uno, perdi un altro. Questo è il debito da saldare.

 

Vendetta. Sottile come la lama di un coltello che trapassa la carne del maledetto. La ricompensa? Il suo sporco sangue.

Orgoglio. Trovare una ragione per vivere ad un’unica condizione: la solitudine.

Questi sono i tre ingredienti per rendere un cuore più duro per non guardare più gli occhi della sofferenza. Illusione. Per quanto tempo ancora riuscivano a resistere alle catene? Un incontro. Destino? Non importa. Era la chiave per liberare i loro desideri nascosti.
Ma cosa succederebbe se in mezzo a questi tre elementi ci fosse l’amore?
Solo la follia può dare delle risposte.
La partita è pronta per essere giocata. Unico giudice sarà la loro volontà. Alla fine il futuro sarà beffato di nuovo.
Le loro vite non saranno altro che le loro scelte. Scelte, scritte sulla loro pelle. Nessuno oserà mai cancellarle. Così come le loro cicatrici.

Infondo la realtà non è così noiosa come sembra….



 

CAPITOLO 1

La stanchezza penetrava avidamente nel suo corpo. Ma lui, Derek Morgan, sapeva come dominarla. Una semplice doccia. Si diresse lentamente verso il bagno del suo appartamento, mentre si toglieva, vittorioso, i suoi indumenti, sporchi del suo sudore. Lo stesso che continuava a scorrere sulla sua fronte e bagnava le sue labbra, assaporando il risultato del suo sacrificio. Era completamente nudo, libero da qualunque resistenza. L’acqua fredda scendeva lentamente, accarezzando i suoi pettorali; quando il getto divenne sempre più violento, avvertiva un piacere lungo la schiena, dimenticando per un attimo gli orrori della sua quotidianità. Si mise l’accappatoio bianco e si sdraiò sul suo divano nero. Si concesse un drink per placare la sua sete, rendendo perfetto il suo momento di evasione. Si avvicinò alla finestra. Ammirava le luci della città, che avevano preso il posto delle stelle. Continuò a bere, tentando di mandare giù le sue angosce e le sue domande. Ma non volevano abbandonare la sua mente. Lui era riuscito a costruirsi finalmente la sua vita, a diventare la persona che voleva essere per riscattarsi dal suo difficile passato; eppure non aveva ritrovato la felicità.
Il suo telefono iniziò a squillare. Era Garcia.
“Ehi Morgan!”
“Ciao bambolina”.
“Come stai? Oggi ti ho visto troppo silenzioso: dove sono le tue battute da seduttore?”
“Se ne vuoi sentire una, mia cara, sto al telefono con te, con un accappatoio bianco che nasconde, gelosamente, i miei…”
“Ok..ok! Basta! Non costringermi a venire da te!” – rispose agitata Garcia e Derek rideva.
“Comunque sto bene, Penelope. E’ stato un periodo molto stressante per tutti noi…”
“Luce dei miei occhi, anche se adesso ho trovato la mia felicità con Kevin, morirei al solo pensiero che tu soffra! Sei sicuro che non c’è qualcos’altro?” – insistette.
“Oh, la divina Penelope Garcia sta tentando di farmi il profilo?” – disse maliziosamente.
“Sai che odio i profiler! Comunque se hai bisogno di qualcosa, io ci sarò sempre. Però attento a non esagerare!”
“Grazie, Penelope. Lo so…”
“Bene io ora stacco. Ci vediamo domani mio bel fusto e…mettiti qualcosa addosso perché la mia pressione sta salendo a mille!”
“Certo, tesoro. A domani!” – e riattaccò. Poi cominciò a riflettere.

Ho una magnifica squadra che per me è come una famiglia. Ho la mia consolazione divina che si chiama Penelope. Ho una madre meravigliosa e due sorelle splendide. Perché mi sento così solo?

Era passato un mese da quando Tamara Barnes era partita per il Messico. Voleva partire per ricominciare un nuovo capitolo della sua vita, allontanando momentaneamente il suo dolore. Gli aveva proposto di seguirla ma lui ha scelto di rimanere qui. Poteva essere felice con lei. Li accomunavano non solo il colore della pelle, ma il dolore di aver perso un punto di riferimento a cui erano molto legati. Ma questo non gli bastava. Poi vide sulla scrivania la croce che lei gli aveva lasciato per ricordarla. La prese in mano ma non avvertì niente. Né nostalgia né rimorso. Voleva qualcosa di più. Non sapeva cosa, ma rimaneva ancora nascosto dentro la sua anima. Ma una cosa ne era certo: una volta svelato, la solitudine potrà essere sconfitta. Ma quanto tempo dovrà aspettare? Prese la decisione di gettarla via, consapevole del fatto che lei non sarebbe tornata mai più e non voleva trascorrere il resto della sua vita ad aspettare cose impossibili. I suoi occhi iniziarono a chiudersi lentamente. Il suo corpo cadde armoniosamente sul divano, in compagnia dei suoi inseparabili pensieri.

Voglio respirare qui dove non c’è aria.
Voglio gridare qui dove non c’è musica.
Voglio amare qui dove non c’è cuore.


“Aaron allora io vado. Puoi dare la buonanotte a Jack da parte mia?” – disse Jessica, sua cognata, mentre si allontanava dalla sua casa.
“Certo. Grazie mille. A domani.” – rispose e chiuse la porta.
Erano passati due anni dalla morte di Haley, eppure quel ricordo era ancora vivo nella mente di Aaron Hotchner. Ma sapeva che lei detestasse vederlo troppo serio o troppo angosciato. La cosa che più amava in lui era il suo sorriso, così delicato e terribilmente contagioso. Lui l’amava perché le aveva fatto il più bel regalo che potesse mai ricevere nella sua vita: suo figlio. Lo avrebbe protetto a costo della sua stessa vita. Si tolse la sua giacca e l’opprimente cravatta. Salì lentamente le scale per andare in camera di Jack. Aprì lentamente la porta per timore di svegliarlo. Ma, a sua insaputa, il suo piccolo era ancora sveglio. Era cresciuto.
“Ehi campione, sei ancora sveglio?” – esclamò scompigliando i capelli di Jack.
“Aspettavo te, papà! Hai sconfitto i cattivi oggi? Quanti ne erano? Hai usato la pistola?”. Jack ammirava molto il suo papà. Era il suo eroe. Meglio di quello dei suoi fumetti. Hotch, tutte le sere, gli raccontava i casi che affrontava come se fossero delle avventure.
“Si, Jack. Oggi abbiamo preso due cattivoni. Abbiamo scoperto il loro covo grazie alla magia di Penelope Garcia e io e l’agente Derek Morgan abbiamo rotto la porta per entrare e li abbiamo beccati con le mani nel sacco. Poi uno di loro cercava di fuggire, ma subito l’ho rincorso e l’ho colpito alla gamba con un colpo di pistola e…”. Mentre raccontava gli occhi del piccolo Jack brillavano per l’emozione che provava a sentire la storia del suo papà.
“Ok, Jack ora è tardi. E’ l’ora della nanna. Ma non ti sei tolto le scarpe?” – notò Hotch.
“Papà posso dormire con queste? Mi piacciono molto! Sai me le ha regalate la signorina Emily!” – appena che Jack pronunciò quel nome, Hotch rimase per un attimo smarrito.
“Davvero? Sono molto belle…” – non riusciva a dire altro.
“Si, papà. Io e zia Jessica l’abbiamo incontrata due giorni fa e mi ha invitato a fare una passeggiata. Mi ha portato sulle giostre. Siamo andati sulle montagne russe; ho mangiato due coppe di gelato. Poi mentre camminavamo, ho visto queste scarpe che mi piacevano tantissimo e la signorina Emily è corsa subito dentro al negozio e me le ha regalate, anche se le avevo promesso di non dirti niente. Credi che si arrabbierà con me adesso?” – disse dispiaciuto Jack.
“Oh no, piccolo! Farò finta di non aver sentito nulla, promesso. Ora però le devi togliere altrimenti si possono rovinare!” – rispose e aiutò suo figlio a toglierle. Gli diede il bacio della buonanotte e mentre stava chiudendo la porta, Jack non si stancava mai di dire al suo papà “Ti voglio bene”. Quelle tre semplici parole che uscivano dall’innocente bocca del suo amato figlio erano la sua consolazione. Mentre si diresse nel suo letto, ripensava al gesto di Emily. Lei non si stancava mai di stargli sempre al suo fianco. Ad ogni difficoltà, trovava sempre lei. Sapeva che il loro legame era più profondo di quanto si aspettasse. Eppure non gli ha mai svelato i suoi sentimenti. Questo conflitto interiore iniziò dal giorno in cui si erano conosciuti. Non riusciva a sentire o a capire cosa stesse dicendo la sua anima. La sua sordità era data dal suo senso del dovere. Ma quanto poteva resistere? Più il tempo passava, più era consapevole di ciò che non vorrebbe mai che accadesse: perderla. Il sonno iniziò a calare delicatamente sulle sue palpebre e si lasciò abbracciare da quel dolce silenzio che dava un freno all’impetuosità del suo cuore.

Perché l’abisso sta offuscando la mia mente?
Perché la tentazione non mi porta via?
Perché la libertà è così lontana?
Perché la felicità è la mia sofferenza?
Perché il sacrificio è la mia solitudine?
Perché il buio è la mia luce?
Perché l’amore è la mia maledizione?
Perché sono un cacciatore.


“Ehi ancora sveglia? Perché non vai a dormire?” – esclamò una voce maschile.
“Con una notte come questa, chi andrebbe a dormire? Solo tu! Il solito coglione guastafeste!” – rise la donna mentre gli diede un colpetto sulla sua fronte.
“Chiamami coglione, ma ho portato qualcosa che fa al caso nostro” – disse mentre le mostrò due bottiglie di birre per loro entrambi.
“Ora si che mi piaci, Greg!” – disse lei mentre gli strappò da mano la sua bottiglia di birra.
“Ora si che ti riconosco, infame bastarda!” – risero ed entrambi sorseggiarono la loro bevanda paradisiaca. Poi notò gli occhi di lei seri, non li aveva mai visti prima d’ora.
“Quando finirai di torturarti, Arwen?”.
“Non è una tortura, Greg. E’ il mio piacere. La mia illusione di trovare pace. Nessuno potrà fermarla. E’ la mia condanna. Quindi non farmi più queste fottute domande!” – rispose impetuosamente bevendo con forza la birra e si sentì il fuoco dentro la sua gola.
“Scusami…”.
“Ah non voglio vedere quella espressione da pesce morto sul tuo volto! Lo so che hai detto ciò perché mi vuoi bene. Io anche. Sei l’unica persona con cui vorrò sempre ubriacarmi sul tetto di un locale di una città corrotta!” – disse mentre lo abbracciava fortemente.
“Questa serata deve essere ricordata per aver sentito un po’ di romanticismo dalla tua bocca!”.
“Non provocarmi, idiota!” – minacciò lei.
“Comunque, ora ho voglia di fare il guastafeste perché domani dovresti andare a lavoro per il tuo nuovo caso”.
“Cazzo è vero! Me ne stavo dimenticando! Bourne ha chiamato anche i pezzi pesanti dell’FBI: la BAU!”
“Accidenti, i profilers di Quantico! Quando arriveranno?”
“Da quello che ho capito domani. Io non capisco perché li abbia chiamati! Cosa ha di speciale questo nuovo caso? Non siamo dei lattanti che non riescono a farsi i lacci delle scarpe! Ma le mie parole adesso non servono a niente. Forse credeva che il mio operato non fosse sufficiente per risolverlo?”
“Andiamo, Arwen. Ora non dire queste cazzate! Tu e Bourne lavorate insieme da quattro anni. Ha sempre avuto fiducia in te. Non l’avrà fatto per screditarti. E poi ho letto molti articoli riguardo loro e devo dire che sono davvero in gamba. Fidati!” – cercava di convincerla.
“Hai detto una parola grossa, Greg! Beh domani ti farò una bella recensione e magari ti porterò un loro autografo!” – rispose sarcasticamente Arwen mentre finì di bere la sua bottiglia.
“Non ne dubitavo! Bene io ora vado che sono stanco morto. Tu invece vai a nanna!”
“Ancora, Greg! Che palle! Odio la tua paranoia!” – sbuffò.
“Ehi ragazzaccia! Ti voglio bene!” – disse mentre si allontanavo.
“Anche io, imbecille!” – rispose salutandolo.

Assaporò una leggera e fredda brezza che attraversava il suo volto. Ma non riusciva a scaraventare quella domanda. La sua vendetta era ancora viva, come il fuoco, nonostante fossero passati tanti anni da quel fatto che aveva segnato completamente la sua vita. Da quel momento stipulò il suo patto con l’inferno. La passione non bussava da troppo sulla porta del suo cuore. Solo rabbia e rimorso vivevano in lei. La sua mente continuava a ripeterle di smettere. Ma il suo istinto non era d’accordo. Era l’unico a cui si poteva fidare. Poi le venne un dubbio mentre volse il suo sguardo verso il cielo.
Non so perché ma ho il presentimento che sta succedendo qualcosa di strano qui! Profilers di Quantico, benvenuti a Boston! – pensò mentre gettò la bottiglia vuota dal balcone e andò via, lasciando la silenziosa città, accompagnata da un cielo cieco.

Avrò la mia vendetta.
Avrò la mia vita.
Avrò la mia anima.
Avrò la mia dignità.
Avrò il mio perdono.
Ma riavrò l’amore?

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Capitolo 2
*** Chapter 2 - Boston ***


CAPITOLO 2

Una mattinata fredda, illuminata da un debole raggio di sole, diede inizio a un nuovo giorno.Nuovo giorno, nuovo caso – pensava Morgan mentre aprì la porta di casa e uscì per andare verso Quantico. Poi improvvisamente il suo telefono di casa iniziò a squillare. Così tanto che fece scattare la segreteria telefonica. Era Tamara.

Ciao Derek…sei in casa? A quanto pare no. Volevo sapere come stavi. Non mi hai più richiamata. Allora è davvero finita? Forse non era mai iniziata. Comunque, nonostante quello che è successo, sarò sempre debitrice del tuo supporto e del tuo affetto. Ti auguro con tutto il cuore di trovare la tua pace interiore. Te la meriti. Ora devo andare. Sii felice.

“Papà non mi piace quella cravatta. Mettiti questa!” – disse Jack mentre aiutava suo padre a prepararsi.
“Ma questa cravatta che ho addosso la metto tutti i giorni, Jack!”.
“Ma questa mi piace di più”. Hotch non riuscì a resistere alla voce innocente di Jack e lo fregò.
“Ok, figliolo! Ora tu preparati che tra poco viene zia Jessica che ti accompagna a scuola. Io vado a lavoro”. Prima di uscire di casa, Hotch fu trattenuto per un braccio da Jack.
“Papà distruggi i cattivi!”.
“Certo, piccolo. Il tuo papà ce la metterà tutta!” – sorrise mentre dava un bacio sul capo di Jack.
“Ti voglio tanto bene, papà”.
“Anche io, figliolo”.


FBI Unità Analisi Comportamentale
Quantico, Virginia


“Buongiorno, Prentiss”.
“Buongiorno, Rossi”.
“Brutta nottata?”.
“Non me ne parlare! Ho avuto un mal di stomaco davvero atroce, sarà stata un’indigestione!” – rispose Emily mentre sbadigliava.
“Dovresti prendere un po’ di bicarbonato. Diminuisce il livello di acidità dei succhi gastrici…” – si intromise Reid, che aveva ascoltato la conversazione.
“Ecco il dottor Reid! Ma buongiorno, eh?”
“Non dovresti mangiare troppo la sera in quanto i muscoli dello stomaco esercitano una pressione minore rispetto al giorno e non riescono ad assimilare…”
“Reid, tieni prenditi il mio caffé!” – lo interruppe Emily, mentre si allontanava dai suoi colleghi.
“Ma già l’ho preso…” – rispose Reid confuso.
“Dovresti provare il fumo!” – rise Rossi mentre gli diede un colpetto sulla spalla del giovane dottore e si allontanò, lasciandolo sconvolto.
“Ciao, Garcia!”
“Hey, Emily!”
“Ma JJ dove è? Lei è sempre la prima a venire qui”.
“Credo che si sarà svegliata tardi anche perché Henry, dato che sta mettendo i denti da latte, piange molto di notte” – spiegò Penelope.
“Ah, ora ho capito! Hai chiamato poi a Morgan?”
“Si! Sembrava che stesse bene, ma non ne sono molto convinta”.
“Cosa te lo fa credere?”
“Beh non occorre un profilo per capire quando una persona soffra di solitudine e di sfiducia. Ma sono convinta che riuscirà a trovare quello che tanto cerca. E tu come stai?”
“Si va avanti! Considerando che la mia casa è sommersa di riviste e manuali per single!” – risero entrambe.
“E’ arrivato Hotch! Sbaglio o vedo stampato sul suo volto un sorriso?” – disse Penelope sorpresa.
“E’ vero…”. Il volto di Emily si colorò di un leggero rosso; l’emozione che provava nel vedere quel sorriso era fortissima. Non poteva più negare il fatto che essere una semplice collega per lui non era sufficiente. Il loro rapporto si era evoluto in questi due anni, però senza certezze. Era stanca di aspettare. Voleva stringere il suo cuore per appagare il suo desiderio. "La mia agonia finirà solo quando sentirò le tue braccia sul mio petto, freddo e solo".

“Ti vedo in forma oggi!” – commentò Rossi entrando nell’ufficio di Hotch.
“Ciao, David. Anche io ti vedo lo stesso”.
“Si, ma il mio buon umore me lo può dare solo la mia vecchiaia. Invece nel caso tuo, una persona che ti aspetta sempre quando ritorni a casa!”
“Jack mi crede un eroe che sconfigge mostri”.
“Ebbene non lo sei?”
“Però penso che è a causa mia se non ha più sua madre” – il tono di voce cominciò a diventare più cupo.
“Aaron, hai salvato la sua! E’ logico che sei il suo eroe. Non lo devi negare. Tuo figlio è forte e felice di sapere che padre ha. Ora il problema è la tua felicità. Devi trovare la forza di ricominciare a costruirla. Te lo dico perché mi dispiacerebbe vederti smarrito e confuso per il resto della tua vita. Come me” – concluse Rossi.
“Tu non sei solo, David. Qui c’è la tua famiglia” – disse Hotch.
“Lo so, Aaron. Comunque chissà che caso ci toccherà oggi”.
“Già. JJ è in ritardo. Nel frattempo ci riuniamo tutti in sala riunioni”.
“Vado a chiamarli!” – disse Rossi uscendo dall’ufficio.

“Finalmente sei arrivato!” – esclamò Reid appena che vide Morgan arrivare.
“Dannatissima sveglia. Proprio stamattina si doveva rompere” – si giustificò mentre prese il suo caffè. “Ehi ragazzino, perché quella faccia sconvolta? Aspetta non mi dire che Blockbuster ha scambiato il dvd di “Star Trek” per un film porno?”.
“Coooosa? Ma perché oggi mi fate delle richieste così insensate!” – sbuffò Reid sempre più confuso.
“Deduco che sia un no. Peccato!” – continuò a ridere Morgan.
“Ragazzi, Hotch ci aspetta in sala riunioni. La ricreazione è finita!” – rammentò Rossi e i due colleghi lo seguirono.

“Ecco JJ!” – disse Emily, facendolo notare anche a Penelope.
“Scusatemi per il ritardo, ragazze! Dove sono gli altri?” – chiese JJ respirando affannosamente per la fretta.
“Credo che siano tutti in sala riunioni ad aspettarci. E’ successo qualcosa?” – chiese Penelope.
“Dobbiamo partire subito per un nuovo caso. Vado a chiamarli.” – rispose JJ, correndo verso la sala, seguita da Emily e Penelope.
“Buongiorno JJ. Eccoti qui!” - disse Morgan.
“Ragazzi dobbiamo partire subito per un nuovo caso. Ieri sera ho avuto una chiamata dall’agente Thomas Bourne di Boston. Vi spiegherò i dettagli sul jet” – disse JJ.
Boston. Hotch conosceva fin troppo bene quella città. E’ lì che ebbe il suo primo incontro con il suo peggior nemico: il Mietitore. Emily notò la sua espressione smarrita e, nonostante se lo nascondeva sotto la sua impeccabile serietà, capì subito che era difficile per lui rimettere piedi in quella città.
“Siamo pronti JJ, possiamo partire!” – ordinò Hotch e tutti lo seguirono.
Prima di salire sul jet, Emily lo fermò per un attimo, fissando i suoi occhi.
“Stai bene?”
“Si. Ora non ho più paura. Io ho vinto, lui ha perso. Sto bene. Ora pensiamo al caso” – rispose in tono freddo e avanzò il suo passo, lasciandola indietro.
"Lo so che stai soffrendo, ma io non voglio che tu lo nasconda a me. Quando ti deciderai ad aprirti? Sono stanca di vedere che ti allontani da me. Sono stanca di vedere che il tempo allunga la mia speranza di averti al mio fianco. Sono stanca di vedere che non puoi essere felice per ripagare i tuoi errori. Quando tempo devo aspettare, Aaron, per meritarti?".




“Boston. Una settimana fa è stato ritrovato il corpo di Oliver Scott, 38 anni, in una scarpata, alla ventottesima di Cambridge Street. Secondo la scientifica, la macchina è stata bruciata dopo l’impatto per coprire qualche traccia e secondo l’esame del coroner, è stato drogato con della morfina. Ieri una seconda vittima, Victoria Watts, 36 anni. Per ora non sappiamo ancora nulla riguardo l’esame autoptico. Ci aspettano sulla scena del crimine”.
“Se fosse associato al caso del killer della strada?” – pensò Emily.
“Non credo. Il killer della strada investiva le persone che gli ricordavano qualcosa che ha determinato il fattore stress. Il 40% degli incidenti stradali sono legati ai pirati della strada affetti da alcool e droga. Il fatto che abbia drogato la prima vittima significa che l’ipotetico S.I. vuole avere un controllo sulle sue vittime” – spiegò Reid, osservando le foto.
“Ciò che collega le due vittime è il luogo. Per l’S.I. è un simbolo. Qualcosa sarà successo lì nel suo passato. Se lo scopriamo abbiamo trovato il movente” – concluse Hotch.
“Deve nutrire molta rabbia e vendetta. Non si accontenta solo dello schianto, ma brucia anche i loro corpi. Credo che è solo l’inizio del suo progetto” – ipotizzò Morgan.


Stazione di Polizia
Boston, Massachusetts


“West, ma Devine ancora deve arrivare?” – chiese agitato l’agente Bourne a uno dei suoi uomini.
“No, signore, mi dispiace”.
“Porca miseria. Provo a chiamarla sul suo telefono. Tu avvertimi se la vedi arrivare” – ordinò. Fece il suo numero. Lei rispose.
“Pronto?”
“Devine! Che diavolo hai fatto? Muoviti stanno arrivando la BAU!”
“Ehi, abbassa la voce, Bourne. Quella che deve urlare dovrei essere io. Ma perchè li hai chiamati?”
“Non perdiamo tempo con queste cazzate! Alza il culo e portalo qui alla stazione di polizia” – ordinò e riattaccò.
“Ma che cazzo gli prende? Sembra che questi tizi tra poco ci fucilano!” – pensò Arwen, mentre si stava preparando.
La squadra arrivò alla stazione.
“Salve, sono l’agente Thomas Bourne, capo dell’unità di Polizia di Boston”.
“Lieto di conoscerla, agente Bourne. Io sono l’agente Hotchner, capo dell’unità analisi comportamentale. Loro sono gli agenti Morgan, Prentiss, Rossi, Jareau, il dottor Reid e il tecnico informatico Garcia. Siamo pronti per visitare la scena del crimine”.
“Si, agente Hotchner. Però dovremmo aspettare un’altra persona. La detective Devine, mia collaboratrice, che purtroppo è in ritardo. Se volete vi posso offrire un caffè nell’attesa”.
“Grazie mille, agente” – rispose Rossi.
Poi Reid vide Morgan uscire.
“Ehi Morgan dove stai andando?”
“Faccio un giro qui fuori per aspettare” – rispose.
“Sei incorreggibile! Bella la scusa del giretto: non trovi mai occasione per andare a rimorchiare!” – scherzò Emily.
“Dolcezza te la devi prendere con mia madre se hai di fronte a te questo bel fusto!” – rispose maliziosamente – “Comunque vado a prendere delle ciambelle al bar, così sarò generoso anche con voi!”.
“Bravo Derek! Mi raccomando non troppo zuccherate!” – sorrise JJ.

“Ehi non si saluta più?” – commentò offeso Greg, mentre incontrò la sua amica correre come una pazza.
“Non rompere le palle, Greg. Bourne mi ha fatto una bella sgridata per il mio ritardo. Quindi ora devo andare” – rispose Arwen dando un bacio sulla guancia al suo amico per farsi perdonare.
“La prossima volta non sarò più così magnanimo!”.
“Ma sei troppo idiota per essere cattivo. Ci sentiamo stasera!” – rispose mentre si allontanava.

Morgan, mentre camminava, ripensò al caso del Mietitore. Se fossi stato da solo, avrei perso la vita. Ma perché mi ostino a continuare a percorrere la via della mia vita con il mio orgoglio, unico mio compagno?
Arrivò al bar, che era molto affollato.
“Cosa desideri, bel straniero?” – chiese la bizzarra commessa.
“Allora vorrei quattro ciambelle e…quel pancake al cioccolato!”. Quando Morgan chiese quello, la commessa rimase titubante. So che appartiene alla mia cliente preferita, ma è così bello da dirgli di no.
“Voilà! Pronti e belli caldi!” – disse sorridendogli.
“Grazie mille! Mi hai reso la giornata più dolce” – scherzò Morgan, con il suo fascino.
Nel frattempo Arwen arrivò anche lei al bar. Prima di lavorare, era solita fare la sua deliziosa colazione.
“Buongiorno, Sally!” – disse.
“Ciao Arwen” – rispose agitata, sapendo che aveva fatto un grosso guaio.
“Ti vedo strana: è successo qualcosa? Comunque vado un po’ di fretta perché devo correre alla stazione da Bourne: è pronto il mio pancake?”.
“Beh…ecco Arwen. Non so come dirtelo…ma…non c’è il tuo pancake!” – disse come se avesse sputato un grosso rospo dalla bocca.
“Cosa? Che stai dicendo, Sally? Non può sparire un pancake, soprattutto se è il mio! Dimmi la verità chi è l’idiota?”
“Perdonami, Arwen. Ma era troppo bello e la carne è debole, scusa! Comunque è quel ragazzo seduto laggiù di colore che sta bevendo il caffè!”.
“Ok! Grazie dell’informazione. Ora ci penserò io…” – disse Arwen mentre gli andò incontro. Morgan la vide. Rimase immobile quando vide i suoi occhi azzurri, fissi sui suoi.
La misteriosa donna allontanò improvvisamente dalla sua mano il bicchiere di caffè e lo sorseggiò. Quando lo ebbe finito, si allontanò lasciandogli solamente il profumo dei suoi lunghi capelli neri.
“Ora siamo pari” – disse con sorriso ironico mentre usciva dal bar.
“Ma..cosa…” – rimase scioccato Morgan. Bevve quell’ultima goccia che era rimasta sul suo bicchiere. Era quella che preferiva di più. Potè sentire il sapore di quelle sconosciute labbra, così morbide e rosse. Fu pietrificato dal suo sguardo così profondo e arcano, come l’oceano. Quel profumo gli fece mancare il respiro per un attimo. Una sensazione che non aveva mai provato fin d’ora. Chi sarà mai quella?

  

 

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Capitolo 3
*** Chapter 3 - Scontri e Sfide ***


CAPITOLO 3

“Ehi zuccherino che fine avevi fatto? Queste ciambelle abitavano a Polo Nord?” – si lamentava Garcia.
“Bambolina c’era folla” – si giustificò, anche se aveva la mente altrove.
“Oh il bel fusto non si è fatto rispettare! Stai perdendo punti!” – ironizzò Emily mentre distribuì le ciambelle.
“Dacci un taglio, Prentiss. So solo che si fanno certi incontri…assurdi!”.
“Wow! E’ carina? Descrivimela!” – implorò JJ spinta dalla sua terribile curiosità.
“Probabilmente avrà già il suo numero!” – concluse Reid.
“Ehi basta! Ora pensiamo al caso!” – esclamò, lasciando i suoi colleghi delusi.

“Eccomi, West! Dove è Bourne?” – chiese Arwen appena arrivata alla stazione.
“Ora te lo chiamo!” – rispose l’agente correndo subito dal suo capo.
“Io arrivo e lui non c’è! Quell’uomo tanto si accontenta solo quando gli punterò la mia pistola su quella sua fottuta testa! Questa giornata è già uno schifo per quel bel-in-busto! Chissà chi fosse…”

“Agente Hotchner, anche lei crede che la seconda vittima possa essere collegata alla prima?” – chiese l’agente Bourne.
“Non possiamo ancora accertarlo, agente. Ma se fosse così, ci troviamo di fronte a un tipo di S.I. estremamente meticoloso e ben organizzato. Non sarà semplice prenderlo, se non elaboreremo un dettagliato profilo”.
“La gente è molto spaventata, anche per un solo caso di delitto. Non si sono ancora ripresi dal terribile caso del ‘Mietitore’. Ho cercato di convincerli che il male può essere sempre sconfitto se si ha la volontà. Invece credono di stare al sicuro rifugiandosi dietro l’omertà e la corruzione” – spiegò l’agente Bourne.
“Da quanto tempo lavora qui?” – chiese Rossi.
“Dodici anni, agente Rossi. Prima, appartenevo al reparto anti-droga di Washington; in seguito ebbi il trasferimento qui a Boston a capo della polizia. Due anni dopo, arrivò la detective Devine. Grazie a lei, abbiamo risolto molti casi per il suo intuito e temperamento…”.
La conversazione fu interrotta da uno degli uomini di Bourne.
“Capo, è arrivata! Ti aspetta all’open space”
“Grazie, West. Agenti, seguitemi” – disse Bourne mentre Hotch ordinò alla sua squadra di seguirlo.

Arwen aspettava impaziente, l’arrivo del suo collaboratore insieme ai profilers. Poi lo vide in lontananza, affiancato da un gruppo di persone. Ma focalizzò la sua attenzione sull’uomo che stava al fianco di Bourne. Per la prima volta, la sua indifferenza le permise di liberare le sensazioni che trasmetteva quel volto. “E’ possibile sfuggire da quello sguardo così profondo? E’ come se potessi raggiungere l’infinito attraverso i suoi occhi. Avverto un leggero calore dalla mia fredda anima, dopo tutti questi anni”.
“Eccoti finalmente” – esclamò Bourne.
“Sono tutta tua, capo”.
“Agenti, vi presento la detective Arwen Devine”.
“Molto piacere, io sono l’agente Aaron Hotch” – disse stringendole la mano. Quel sottile contatto la ipnotizzò. “Questa mano è così dura. Come la mia. E’ il peso del nostro sacrificio. Ma perché mi sento adesso così leggera?”
“Il piacere è tutto mio, agente”.
“Questa è la mia squadra: il dottor Spencer Reid, il tecnico informatico Penelope Garcia e gli agenti David Rossi, Emily Prentiss, Jennifer Jareau e Derek Morgan”. Quando Arwen lo vide, rimase per un attimo smarrita. “Cazzo! E’ l’idiota che stamattina si è fregato la mia colazione! Questo è peggio di un calcio sul sedere!” – pensò mentre si accorse che anche lui era sorpreso di rivederla e scoprire che lavoreranno insieme.
“Ma che diavolo di gioco è mai questo! Perché proprio lei?” – questo pensiero rimbombava ripetutamente, senza alcuna pietà, nella testa di Morgan. Il loro silenzio venne poi rotto da lei stessa.
“Agente Morgan…” – le strinse la mano, per mascherare i suoi pensieri.
“Detective Devine” – fece lo stesso, accennando un sorriso ironico.
Osservando la scena, non mancarono di certo i pettegolezzi di JJ ed Emily.
“JJ, hai visto la faccia di Morgan? Che segreto nasconderà?”
“Non lo so, Emily. Però è davvero bellissima!” – commentò estasiata JJ.
“La vedo una tipa tosta e determinata. Sembra Hotch in versione occhi azzurri!” – esclamò Garcia.
Poi Rossi richiamò l’attenzione di tutti.
“Bene, visto che ci siamo tutti, direi che possiamo andare”.
“Sono d’accordo con lei, agente Rossi” – disse Bourne.
“Mi servirebbe una mia personale postazione per le mie magie informatiche” – disse Garcia.
“Non ci sono problemi. West, accompagna l’agente nell’ufficio al secondo piano” – ordinò Bourne.
“JJ, controlla i media in attesa di diffondere il profilo. Mentre il resto viene con me sulla scena del crimine”.

Scena del crimine – Luogo del ritrovamento di Victoria Watts
28, Cambridge Street


“Secondo il rapporto delle testimonianze, l’auto di Victoria Watts era rimasta ferma in mezzo alla strada. In seguito un camionista, non notandola, non è riuscito a frenare in tempo il suo tir, scontrandosi e facendo esplodere la macchina. E’ avvenuto intorno alle dieci di sera” – spiegò l’agente Bourne, mentre Morgan e Devine osservarono attentamente la scena del crimine.
“Il corpo non è stato rivenuto giù nella scarpata come la prima vittima”.
“Questo come potrebbe essere utile per l’indagine?” – chiese in tono sarcastico Arwen mentre camminava lentamente lungo la strada per riflettere.
“Certo che è utile! Perché l’S.I. avrebbe dovuto cambiare il suo modus operandi?”.
“Ha ucciso due persone in questa strada. Che importa se ha cambiato il suo modo, ha agito a sangue freddo” – rispose con tono deciso.
“Il modus operandi è il lato psicologico dell’S.I.. Ha agito diversamente nella seconda vittima: è stato meno violento rispetto alla prima. Ora nel primo caso ha spinto l’auto giù per la scarpata e poi l’ha bruciata; nel secondo si è limitato solo al fatto che l’auto si sia scontrata con il tir, provocando l’incendio, senza la sua mano. Ha provato due sensazioni diverse: vendetta e rimorso. Quest’ultimo forse perché la seconda era una donna e le ricordava qualcuno”.
Arwen non era d’accordo riguardo l’ipotetica esposizione dei fatti dell’agente Morgan.
“Rimorso? Chiami questo inferno rimorso? Come diavolo fai a dire che l’incendio non sia per mano sua? Una persona che nutre vendetta non conosce la pietà o la compassione. E’ una ragione di vita, non un passatempo. Lui non pensa, agisce. Non c’è niente da spiegare in quanto è totalmente irrazionale”.
“Irrazionale lo definisci? Allora se fosse andato come lei dice, non sarebbe stato più semplice per l’S.I. ucciderli con un colpo di pistola sulla loro testa? E’ organizzato, lui li vuole far apparire come degli omicidi per coprire le sue tracce. E’ lui che detta le regole del gioco. Ha lui il potere” – rispose Morgan, trasmettendo ira e disapprovazione nelle sue parole. Lei lo faceva sentire un idiota e incapace di gestire e affrontare la situazione. Ma lei continuava a fissarlo. Le sue parole non l’avevano né intimorita né le avevano fatto cambiare idea. Continuò ad affrontarlo, lottando per le sue idee.
“Nascondersi? A lui non gli importa! Lui sarebbe capace anche di consegnarsi e arrendersi, fino a quando avrà placato la sua sete. Voi continuate a pensare quello che volete, ma di sicuro non cambierò mai la mia opinione”.
“Detective Devine, noi siamo venuti qui per aiutare lei e l’agente Bourne. Il nostro obiettivo è di catturarlo. Non è una competizione. Perché è così scettica sul nostro operato?” – chiese Morgan, stanco di essere indignato sul suo operato.
“Agente Morgan. Faccio il mio lavoro da parecchi anni e mi voglio fidare solamente del mio istinto, che le piaccia o no!” – rispose avvicinando i suoi profondi occhi azzurri sul volto dell’agente di colore.
“E’ per quello che è successo stamattina, detective? Se ho fatto qualcosa che le ha turbato, le chiedo scusa”.
“Io non voglio le sue scuse, agente. Io sono obiettiva sul mio lavoro, non bado ad offese o distrazioni nella mia vita privata”.
Hotch e Bourne notarono l’accesa discussione tra loro due e intervennero.
“Che cosa sta succedendo?” – chiese Hotch.
Arwen, per evitare scenate o inutili spiegazioni, si allontanò.
“Devine, dove stai andando?” – la richiamò Bourne.
“Vado a parlare con il camionista per verificare le dinamiche dell’incidente. Stiamo solo perdendo tempo…”. Lo lasciò senza parole.
“Non si fida di noi, vero agente Bourne?” – chiese Rossi.
“Lei non è abituata a collaborare: ha sempre agito da sola, insieme al suo istinto. E’ in gamba, però è molto impulsiva”.
“Non ne dubito, agente” – rispose Rossi.

“Ehi, Morgan. Cosa ti prende? Io non credo che la tua reazione sia stata scaturita da un’incomprensione sul caso” – chiese Emily, notando il suo collega ancora adirato.
“Niente, Prentiss. Non devo dare io le spiegazioni. Comunque avete scoperto qualcosa?”
“Reid sta analizzando con la scientifica l’auto di Victoria Watts” – rispose Emily. Poi furono interrotti quando lo stesso Reid chiamò l’attenzione di tutti.
“Ragazzi, venite qui”.
“Che hai scoperto, Reid?” – chiese Hotch.
“Guardate queste macchie che ci sono accanto alle ruote della macchina: è benzina. Infatti ho notato un foro, fatto con un coltello probabilmente, sul serbatoio. Secondo la scientifica, è stato fatto prima dell’incidente; questo spiegherebbe perché il camionista abbia trovato la macchina ferma e come sia stato provocato l’incendio. Questo è stato tutto programmato dall’S.I.” – spiegò Reid mentre si tolse i guanti di lattice.
Ecco è come dicevo io. Cosa voleva dimostrare la detective Devine! " – pensava Morgan.
“Ma c’è qualcosa che non torna: se l’S.I. usa gli incendi per coprire le tracce, perché si è fatto sfuggire un simile dettaglio?” – propose Emily.
“E’ la sua firma. L’atto finale della sua opera. La vendetta la trasmette attraverso il fuoco” – rispose Hotch, tenendo le braccia incrociate.
“Il fuoco è sempre considerato un simbolo di punizione. Per quanto sia ben organizzato, la sua mente è guidata da un impulso irrazionale. La vendetta, per quanto potrebbe essere tipica di un soggetto furbo e calcolatore, non può essere controllata. E’ un’ossessione. Così agiscono i piromani.” – teorizzò Reid.
Il telefono di Morgan iniziò a squillare.
“Dimmi Garcia”.
“Allora ho iniziato a scovare qualcosa sulle due vittime e ho trovato una cosa interessante: erano entrambi avvocati e hanno collaborato insieme in alcuni processi. Per il momento posso darti i loro indirizzi. Adesso te li invio”.
“Grazie. Ottimo lavoro”.
“Ehi zuccherino, che è successo?” – chiese preoccupata.
“Vorrei tanto che nessuno me lo domandasse più! Sto bene, Penelope. Ora devo riattaccare, tu continua a cercare” – rispose e riattaccò. Stava male per averla trattata in quel modo, ma non aveva ancora digerito l’affronto avuto precedentemente. E’ una sfida che non poteva rifiutare. “Hotch, Garcia ha trovato le residenze delle due vittime”.
“Agenti, il coroner ha terminato l’esame autoptico ed è pronto per riceverci” - avvertì Bourne.
“Allora Morgan e Prentiss andate a casa di Oliver Scott. Rossi e Reid andate insieme all’agente Bourne dal coroner. Io andrò nell’abitazione di Victoria Watts, insieme alla detective Devine” – disse Hotch.
Tutti eseguirono gli ordini. Poi Rossi si avvicinò a Hotch.
“Ti potrà dare del filo da torcere. E’ una tipa che non si arrende facilmente”.
“Ma deve farlo. Abbiamo bisogno di tutta la sua collaborazione. E io so come affrontarla”.
“Tanti auguri! Sarà molto interessante” – disse Rossi dandogli un colpetto sulla spalla e raggiunse Reid.
“Prentiss, vieni?” – chiese Morgan, notando la sua collega totalmente assente.
“Si…arrivo subito Morgan” – rispose. “Se non è gelosia, perché ho una stretta sullo stomaco? Perché non riesco ad accettare che i suoi occhi non fissano i miei? Lui è la mia debolezza.”

“Siete sicuri allora che non sono stato io il responsabile della morte di quella donna?” – chiese disperato il camionista, colto dai sensi di colpa.
“Signore, se le mi ha detto tutta la verità, lei non è coinvolto” – rispose Arwen, mentre prendeva appunti.
“Detective, mi deve credere. Era circa le dieci di sera. Stavo effettuando la mia ultima consegna, ma mi sono fermato ad un bar per concedermi un goccio. Mentre stavo al volante, mi faceva male la testa e stavo aprendo il cruscotto per prendermi qualcosa. Poi all’improvviso, ho visto quella macchina ferma in mezzo alla strada. Credevo che fosse una mia allucinazione, invece era tutto vero. Me ne accorsi troppo tardi e ho sbandato, colpendola. Ma non pensavo che un simile scontro avrebbe provocato un tale incendio. Ero corso per salvarla, ma le fiamme erano troppo alte, così ho chiamato subito i soccorsi”.
“Ha fatto quello che doveva fare, signore. Un’ultima cosa le vorrei dire: ha notato qualcosa di strano quando è sceso dal suo tir per soccorrere la signora Watts?”.
“Se non ricordo male, mi pare di aver visto un individuo, però non riuscivo a capire se fosse una donna o un uomo. E’ rimasto tutto il tempo a guardare la scena”.
“Non ricorda alcun particolare di quell’individuo?”.
“No, detective. Ricordo solo che aveva un cappotto nero lungo”.
“Grazie per la collaborazione” – disse Arwen rilasciando il camionista.
Vide avvicinarsi a lei l’agente Hotch.
“Ora che vuole questo? E’ venuto a difendere da bravo capo quell’idiota sparandomi una delle sue sentenze moralistiche?”
“Detective Devine” – disse lui.
“Mi dica, agente Hotch”.
“Ora lei mi dovrebbe accompagnare a casa della seconda vittima per indagare. Ho il suo indirizzo”.
Arwen rimase sorpresa. La sua reazione era completamente opposta a quella che si aspettasse. Forse perché si poté per un attimo scovare se stessa proprio in lui. Potevano avere qualcosa in comune.
“Allora andiamo.” – rispose e si diressero entrambi verso il SUV.

Durante il tragitto, Hotch decise che fosse il momento di rompere il silenzio.
“L’agente Bourne si fida molto di lei”.
“Vuole parlare con me? E’ uno dei suoi giochetti da profiler per farmi riflettere su quello che è successo prima. Ma non mi fotte!”
“E’ il suo dovere, agente Hotch” – rispose in tono freddo mentre assaporava l’aria dal finestrino.
“Anche io ho fiducia nella mia squadra, anche se a volte ho bisogno solo del mio istinto”.
“Dove vuole arrivare?” – chiese Arwen, consapevole delle sue intenzioni.
“Deve avere fiducia in noi, detective Devine”.
“Agente Hotch, non voglio essere sgarbata nei suoi confronti, ma lei non può dirmi o impormi cosa debba fare. Sono io l’artefice del mio io. La fiducia ha un prezzo troppo alta per affidarla al primo che capita. Qual è la ragione che lo porta ad affermare ciò?”.
Hotch rimase affascinato da tale veemenza nelle sue parole. Guardando lei, gli ricordava il motivo per cui ha scelto di fare questo lavoro. A quella domanda, ora aveva trovato la risposta, ottenuta a caro prezzo. Haley.
“Per sopravvivere. Con le mie sole forze, non sarei mai riuscito a sconfiggere il male. Questa idea non l’avevo mai accettata in quanto ho sempre lavorato da solo. Ma ora ho capito che, senza la mia squadra, sarei smarrito e affogato nei miei errori e nelle mie colpe”.
Tu non sei come gli altri, vero? Le tue parole sono la mia stessa vita in questi ultimi anni. Nessuno è riuscito a sorprendermi così. Forse perché in fondo noi due siamo simili. Dobbiamo farci del male per essere consapevoli dei nostri errori?” . I pensieri di Arwen diventavano sempre più forti. Ora aveva capito perché lui aveva deciso che fosse proprio lei ad accompagnarlo. Ma lei continuava ad avere quel buio dentro di sé che non riusciva ancora a mandarlo via.
“Non posso allontanarmi da me stessa”.
“Non deve allontanarsi, ma potrebbe cambiare” – disse Hotch e non smise per un attimo di fissarla, colpito dai suoi occhi. “Senta, detective, dopo questa lunga chiacchierata, sarebbe meglio che smettessimo di darci del lei, non crede?” – disse per alleggerire la tensione.
“Hotch, va bene?” – chiese e aveva completamente cambiato il suo tono di voce.
“Perfetto, Devine” – rispose accennando un sorriso.

Appartamento di Victoria Watts
10, Charles Street


“Ci sono segni di effrazione” – notò Arwen.
“L’S.I. sarà venuto dopo averla eliminata” – ipotizzò Hotch.
“Ci sono delle macchie. Le stesse che c’erano nella scena del crimine. E’ qui che l’S.I. ha forato il serbatoio della macchina. Però credo che sia meglio che entrassimo per controllare” – disse e Hotch la seguì.
“Secondo Garcia, Victoria Watts era un avvocato difensore, come la prima vittima. Sulla sua scrivania ci sono tutti i suoi processi” – guardò Hotch ispezionando la casa.
“Conduceva una vita normale. Ceto sociale elevato se si può concedere tailleur di Dior o Chanel. E non credo che tutti quei soldi siano dovuti alla sua magnanimità” – commentò Arwen, controllando gli armadi e i cassetti.
“Devine, vieni un attimo qui” – disse Hotch, chiamandola dalla studio della vittima. Entrambi notarono eccessivo disordine.
“L’S.I. stava cercando sicuramente qualcosa per lui importante” – disse Hotch guardando fogli e cartelle.
“Qualche resa dei conti. Dobbiamo controllare tutti i casi che si sono occupati le vittime, le loro conoscenze. Da lì possiamo trovare la verità” – concluse Arwen.
“Portiamo tutto questo alla stazione per farlo analizzare da Garcia. Raggiungiamo gli altri” – propose Hotch.
“Ok” – rispose Arwen.
Uscirono entrambi dalla casa. Poi il telefono di Arwen iniziò a squillare. Era Greg.
“Hotch aspettami nel SUV, arrivo subito” – disse lei e lui acconsentì con il capo.
Arwen rispose al telefono.
“Ehi Arwen!”.
“Greg! Sto al lavoro, cazzo! Cosa c’è?”
“Stai calma, tosta! Volevo sapere come sta andando l’indagine con i tuoi ospiti” – chiese curioso.
“Ma non potevi aspettare che ci vedessimo, idiota!”
“Lo sai quanto sono impaziente, stupida!”
“Devo andare” – Arwen cercava di liquidare subito il suo amico Greg.
“Ehi aspetta un attimo come mai tutta questa fretta? Per caso c’è qualcuno accanto a te che merita la tua attenzione più di me?”
“Lo sai benissimo che non ho bisogno di nessuno e so cavarmela benissimo da sola!” – disse seccata.
“Non mi prendere per il culo, Arwen. Comunque ti aspetto sempre nel solito posto stasera?”.
“Non vedo l’ora, così potrò spaccarti quella tua maledetta faccia!” – rise.
“Ok e io ti torturerò con la mia dialettica! A presto, Arwen!”
“Ciao Greg” – e riattaccò.

“Conversazione impegnativa?” – chiese curioso Hotch.
“Profiler ficcanaso?” – scherzò lei, mentre salì a bordo.

Questa volta toccò il telefono di Hotch a squillare.
“Pronto?” – rispose lui.
“Ciao, papà!” – era il piccolo Jack.
“Ehi campione!”
“Papà come sta andando la tua missione? Hai sparato ai cattivi?”
“Ancora no, piccolo! Vedrai che li catturerò in un batter d’occhio promesso!”
“Evviva! Torna presto, papà. Voglio sentire un’altra delle tue storie”
“Certo, tesoro. Farò del mio meglio. Ora vai a fare i compiti e fai il bravo con zia Jessica”
“Agli ordini, capo! Ti voglio tanto bene!”
“Anche io, Jack” – e terminò quella dolcissima conversazione.
“Conversazione impegnativa?” – ripetè la sua domanda Arwen.
“Detective ficcanasa?” – ed entrambi scoppiarono a ridere. “E’ meglio che partiamo ora” – le ricordò Hotch e mise in moto il SUV. Arwen non riuscì a smettere di guardarlo. Ne fu incantata.
Rimetterò di nuovo in gioco il mio cieco cuore? Siamo così diversi, ma entrambi abbiamo paura di provare di nuovo quella sofferenza che ci ha portato via la nostra stessa vita e stiamo qui per riscattarci. Vorrei sentire la tua pelle sulla mia per sciogliere il freddo che ricopre la mia anima. Ti sfiderò per conquistarti”.


 
Appartamento di Oliver Scott
15, Hancock Street


“Che disordine in questo studio!” – commentò Emily mentre osservava ogni minimo particolare.
“Sarà opera dell’S.I. Voleva qualcosa dalla vittima. Non ci sono segni di effrazione”.
“Guarda, Morgan. Ci sono tracce di sangue qui sul pavimento”.
“Oliver Scott ha opposto resistenza e l’S.I. ha avuto la meglio. Lo ha tenuto in pugno e obbligato ad obbedire ai suoi ordini”.
“Qui ci sono foto con probabilmente la sua fidanzata; qualcuna quando era al collage. Vestiti sparsi dappertutto, condizione sociale media. Cosa avrà combinato per suscitare tanta rabbia nell’ S.I. ?”.
“Sicuramente niente di nobile o generoso. Gli avvocati non hanno una buona simpatia, soprattutto se non fanno bene il loro mestiere”.
“Però sono estremamente sensuali e passionali” – scherzò Emily.
“Non parliamo delle donne: misteriose e focose!” – rise Morgan.
“Vedo che ti è ritornato il buon umore dopo la botta con la detective Devine. E non credo che sia la prima volta che vi siete visti, o sbaglio?”
“Quando si tratta di pettegolezzi o misteri, sei sempre presente, vero Emily Prentiss? Comunque è vero. Ci siamo visti stamattina al bar. Stavo facendo colazione con il mio pancake al cioccolata e la mia tazza di caffè. Lei si avvicina, silenziosa. Prende la mia tazza e beve il mio caffè, lasciando solamente una goccia. E poi se n’è andata dicendomi che ‘stiamo alla pari', lasciandomi confuso e sorpreso” – spiegò Morgan.
“Oh Morgan mi meraviglio che un tipo come te non abbia capito perché abbia reagito in quel modo. Hai preso il suo dolce preferito. Quando un uomo si appropria di qualcosa che una donna tanto brama, lei si vendica appropriandosi di ciò che un uomo sta assaporando. Dignità femminile!”.
“Siete così belle ma terribilmente complicate. Non basterebbe nemmeno il cervello di Reid per comprendere appieno le vostre intenzioni!” – disse Derek aprendo le braccia in segno di resa.
“E’ una tipa molto interessante e decisa nel suo lavoro. Non sarà facile collaborare con lei. Ma mi piacciono le sfide!” – esclamò Emily.
“Troppo competitivo il vostro mondo, Prentiss!” – ironizzò Morgan.
Poi la loro piacevole chiacchierata fu interrotta quando aprirono il cassetto della scrivania.
“Prentiss, questa agenda ha delle pagine strappate”.
“Sono annotati appuntamenti, indirizzi, numeri telefonici. Dobbiamo portarlo a Garcia per fare delle ricerche. Magari possiamo arrivare al contenuto delle pagine strappate” – concluse Prentiss.
Poi Morgan ricevette un messaggio sul cellulare.

Morgan,
io e Rossi abbiamo finito di consultarci con il coroner. Hotch ci aspetta tutti alla stazione di polizia. Raggiungeteci tu e Prentiss.
Reid.


“Ehi Prentiss! Dobbiamo andare. Hotch e gli altri ci aspettano!”.
“Andiamo, Morgan. Penso che qui non ci sia più niente che possa interessarci per l’indagine” – disse Emily ed entrambi uscirono dalla casa di Oliver Scott.
Mentre Morgan si avviò verso il SUV, Emily si fermò fuori al giardino. Stava ripensando a Hotch.
E’ ora di mettersi in gioco. Lo perderò, a causa del mio silenzio. Il mio cuore adesso vuole parlare. Parlare d’amore. Non posso più soffocare i segnali della mia anima. La mia mente non può più negare. Ti sfiderò per conquistarti.”.
“Bella addormentata, hai finito di stare tra le nuvole!” – la beffò Morgan.
“Molto gentile, Morgan. Sto arrivando!” – sbuffò mentre lo raggiunse.
“Sempre, mia cara” – ed entrambi si avviarono verso la stazione.


La razionalità non potrà mai zittire la voce del cuore.
Le catene saranno presto spezzate e saranno liberi di volare.
Dopo il tramonto, la luce non smettere mai di splendere sulle terre della sofferenza.
La felicità non sarà mai raggiunta, senza aver lottato.
Il muro potrà essere abbattuto soltanto dalla volontà di farlo.
La paura e la solitudine ritorneranno nell’oblio.
Ma per ora è solo l’inizio…

 

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Capitolo 4
*** Chapter 4 - Il profilo dell'S.I. ***


CAPITOLO 4

Stazione di Polizia – Sala riunione
Boston, Massachusetts


Tutti si diressero, guidati dall’agente West, verso la sala riunione. Rimasero indietro solo Arwen e Bourne. Voleva assolutamente discutere con lei riguardo a quello che è accaduto sulla scena del crimine.
“Devine non accetto un simile comportamento! Ho sempre apprezzato il tuo brillante operato, ma adesso voglio che tu collabori anche con i profilers”.
“Certo, magari dopo il caso li invito a casa mia per un tè con i pasticcini e diventiamo anche amici! No, Bourne: questo è il mio lavoro e il lavoro è me stessa”.
“Ma potresti almeno fidar..” – Arwen lo bloccò immediatamente.
“No! Cazzo ti hanno fritto il cervello per caso? Sono ancora dell’opinione che potevamo cavarcela benissimo da soli, senza loro”.
“Abbiamo bisogno del loro aiuto per questo caso, Devine”.
“Mi vuoi spiegare che cosa ha diverso questo fottuto caso?” – chiese adirata Arwen in cerca di una risposta a tutti i suoi dubbi, ma fu delusa dal silenzio di Bourne. C’era qualcosa che nascondeva. Ma non badava ai suoi segreti in questo momento; era più che mai determinata a portare a termine il suo lavoro.
“Comunque non perdiamo tempo con queste stronzate. Abbiamo un bastardo a piede libero” – rispose lei lasciandolo da solo ed entrò nella sala.
"Troverà mai la forza di spegnere la sua rabbia e mettere fine alla sua condanna? Credi che sia arrivato il momento di dirle la verità, Jeff?” – pensò Bourne mentre fissava la foto di un agente, affissa sul muro, e raggiunse gli altri.

“Reid, cosa dicono i risultati dell’autopsia?” – chiese Hotch.
“Sul corpo di Victoria Watts sono presenti ustioni di secondo grado, dovuto all’incendio, e fratture multiple, per l’impatto. Non sono state riscontrate segni di violenza sessuale. Mentre invece su quello di Oliver Scott, il fuoco ha degradato la superficie cutanea e ha reso impossibile la ricerca di eventuali ferite. Però c’è un particolare molto interessante: la presenza di un piccolo foro, dietro al collo, provocato da un ago. E’ da lì che poi l’ S.I. ha iniettato la morfina sulla vittima ” – spiegò Reid.
“L’S.I., dopo che ha preso il controllo della situazione, ha trascinato la vittima sulla sua macchina; una volta arrivato sul luogo, ha spinto la macchina giù per la scarpata e infine ha inferto il suo colpo di grazia” – concluse Rossi.
“Ma quando l’assassino ha portato Oliver Scott dentro la sua macchina, qualcuno lo avrà notato, dato che abitava in un quartiere non molto isolato” – notò Bourne.
“Ha improvvisato: avrà detto a qualche vicino che il signor Scott stava male o troppo ubriaco per guidare e lui, gentilmente, si è offerto di aiutarlo” – teorizzò Rossi.
“Infatti aveva un tasso alcolico elevato sul suo sangue” – intervenne Reid.
“Quindi conosceva le sue vittime?” – chiese Bourne.
“Esatto e credo anche che le vittime lo conoscessero. Nell’abitazione della prima vittima, non abbiamo trovato segni di effrazioni, però lo studio era in disordine e abbiamo trovato questa agenda con alcune pagine strappate” – disse Emily mostrandola.
“Può essere possibile per la prima, ma non per la seconda vittima: Victoria Watts non ha aperto all’S.I., ma lui stesso si è infiltrato in casa sua. Ciò è stato fatto probabilmente dopo che la vittima si è allontanata da casa. Per quanto riguarda le pagine strappate, evidentemente dovrebbero contenere delle informazioni sulle sue prossime vittime, tra cui c’è proprio la Watts” – disse Arwen appoggiata sul muro con le mani in tasca. Emily non smise per un solo momento di fissarla. Fu sbalordita dal duro temperamento della detective. Sarà dura duellare con te, ma non mi arrenderò. Sono forte anche io.
“Abbiamo elementi sufficienti per tracciare il profilo dell’S.I.” – rammentò Hotch.
“Profilo?” – chiese confusa Arwen.
“E’ il nostro strumento per risolvere i casi: attraverso il profilo, riduciamo il numero dei sospettati, senza andare alla cieca e fidarci solamente dell’istinto. Cerchiamo di dare il meglio attraverso la razionalità psicologica” – rispose alla domanda Morgan mentre si avvicinò con uno sguardo deciso e fiero verso lei. Voleva dimostrare il suo orgoglio e il suo valore nell’indagine. Lei lo doveva capire.
“Non avevo dubbi, agente Morgan” – rispose Arwen. “Questo imbecille vuole proprio mettermi i bastoni tra le ruote! Il suo bel discorso se lo poteva risparmiare, tirando fuori le palle e non buttando il suo fiato da sbruffone”.
Solo un paio di centimetri dividevano la sua bocca rossa da quella di Morgan. I loro sguardi rimasero immobili, come se si stessero studiando per prepararsi a sferrare il prossimo attacco. Ma quella tensione fu interrotta dall’arrivo di JJ.
“Hotch, sono appena tornata dall’ufficio stampa e abbiamo un problema: questo è l’articolo che uscirà domani e guarda il titolo”.
Il vendicatore di Cambridge Street” – lesse ad alta voce Hotch.
“Cambridge Street? Perché non di Boston a questo punto?” – rise sarcasticamente Arwen.
“Trovi divertente questo articolo? Quel figlio di puttana domani riderà più di te quando leggerà questo articolo!” – esclamò adirato Morgan.
“Trovo divertente pensando che siamo diventati l’ispirazione dei giornalisti, perdendo tempo a psicanalizzare questo bastardo invece di mandarlo all’inferno. Inoltre non riderà per queste quattro parole. Ha già avuto il divertimento facendo fuori due persone” – rispose Arwen.
“Sono d’accordo con lei, detective Devine, su questo punto. Ma queste frasi così enfatiche alimentano il desiderio di vendetta dell’S.I., sentendo l’appoggio della comunità” – disse Rossi prendendo l’articolo dalle mani di Hotch.
“Non c’è bisogno di un appoggio di fronte alla resa dei conti. E’ una partita che va giocata da soli”
“Una voce di fronte alla tempesta è debole. Migliaia di voci di fronte a un uragano è la vera forza”. Le parole di Rossi frenarono l’impulsività di Arwen. Erano riuscite a domare il fuoco che aveva dentro di sé per un attimo. “Possibile che anche lui ha già provato una sensazione simile alla mia? Cosa può cambiare un uomo che prima si fidava solamente delle proprie parole? Io non potrò mai capire perché non voglio”.
“Agente Bourne, la pregherei di chiamare tutti i suoi uomini per offrire loro il nostro profilo per accelerare le indagini” – disse Hotch.
“Subito, agente” – rispose Bourne ed eseguì la sua richiesta, facendosi aiutare dall’agente West.
“Nel frattempo, porto i fascicoli che c’erano a casa della Watts alla vostra collega…” – Arwen non ricordava il suo nome.
“Penelope Garcia!” – esclamò con tono duro Morgan. Lei non volle risponderlo questa volta e uscì dalla sala. “Bastardo di un profiler, hai scavato la tua fottuta fossa qui a Boston!”
JJ vide Emily soprappensiero e si avvicinò.
“Emily, tutto ok?”
“Si, JJ” – rispose lei con un sorriso, ma era soltanto una maschera.
“C’è qualcosa che non va?”
“No, stavo pensando solo che sarà dura lavorare con la detective Devine”.
“Più per Morgan che per noi. Credi che potrebbe nascere un’intesa?” – ridacchiò la bionda agente.
“Vado pazza per i colpi di scena! Dobbiamo soltanto aspettare!” – disse Emily mentre si aggiustava la sua frangetta.

“Hotch, posso parlare un attimo con te?” – chiese Morgan e Rossi capì subito che doveva trattarsi di una conversazione privata e lui era di troppo.
“Vado ad aiutare Reid a sistemare le lavagne” – disse e andò incontro al suo giovane collega intento nella sua grande impresa.
“Dimmi, Morgan”.
“Voglio parlarti seriamente della detective Devine: sta interferendo troppo sul nostro lavoro. Sembra che siamo di troppo; sarebbe meglio che lasciassimo a loro il caso”.
“Morgan abbiamo ricevuto una segnalazione dall’agente Bourne e il caso è più complicato di quanto ci aspettassimo e sappiamo benissimo che lui potrebbe da un momento all’altro colpire di nuovo. Non possiamo abbandonare il caso per il temperamento egocentrico di Devine. La sua collaborazione ci aiuterà molto per catturarlo”.
“Collaborazione? Oddio l’hai vista come ha risposto a Prentiss?”
“Non mi importa! Abbiamo un caso e lo porteremo a termine come tutti gli altri” – il tono di Hotch divenne sempre più duro.
“Non è come tutti gli altri, Hotch”.
“Lo so, Morgan. L’agente Bourne nasconde qualcosa che sarà successo in passato e avrà segnato terribilmente la vita di Devine. Altrimenti non ci avrebbe mai chiamato” – ipotizzò Hotch.
“Vedo che hai fiducia in lei”.
“La comprendo perché anche io ero così”.
“E non pensi a Jack? Lui non sopporterebbe la tua lunga assenza”.
“Lui l’ha superato nel tempo, invece io me ne sto rendendo conto adesso quanto mi manca. Però lui non vorrebbe che si sentisse responsabile della mia inefficienza lavorativa, anzi mi ha detto che devo sconfiggere i cattivi e raccontargli tutto al mio ritorno. Dice che sono il suo eroe”. Morgan sorrise e ripensava a quei pochi ricordi che aveva su suo padre, morto eroicamente. Anche lui, come Jack, considerava suo padre meglio di Capitan America; voleva essere come lui. Ma poi quando lo lasciò in tenera età, si sentì smarrito e arrivò a tal punto da odiarlo perché non aveva trascorso molto tempo con lui ed era egoista nei suoi confronti perché pensava solo al bene del prossimo.
Come si sentirebbe Jack se perdesse anche suo padre? Quale sarà la sua vita? Un uomo solitario, nell’eterna ricerca di risposte per trovare la felicità. Come me. Ma quando sarà trovata, sarà passata un’intera vita. Questa è la realtà”.
“E’ molto fortunato ad averti come padre”. Hotch notò lo sguardo cupo di Morgan. Sapeva che qualcosa stava cambiando in lui e preferiva non condividere con gli altri della squadra i suoi conflitti interiori per non dare preoccupazioni. Lui era bravo ad ascoltare gli altri e a sostenerli, ma quando si trattava di essere ascoltato, si allontanava. Per non soffrire.
“Ne vuoi parlare?”
“Va tutto bene. Sai, Hotch, sono contento che tu non sia cambiato. Avevo paura di dire addio al capo rompiscatole che sei. Ma prima di essere il mio capo, sei un amico”.
“Grazie” – rispose Hotch, comprendendo subito le parole del suo collega. Anche lui temeva di perdere se stesso, a causa di Foyet. Ma la sua forza d’animo non aveva mai abbandonato il suo corpo. Ma c’era ancora una questione che aveva in sospeso: l’amore.

Garcia, intenta nelle sue ricerche, sentì bussare la porta.
“Entra nel mio regno, dolcezza mia. Ho bisogno di sentire qualcosa di sexy dalla tua bocca!” – esclamò, convinta che fosse il suo compagno di giochi Morgan. Quando si girò, capì subito di aver fatto un’enorme figuraccia.
“De…detective Devine…”.
“Non ho sentito nulla, agente Garcia” – rispose Arwen trattenendo una grossa risata.
“Credo che fosse…”.
“L’agente Morgan?”.
“Si…” – rispose timidamente Garcia. “Le serve qualcosa, detective?”
“Sono venuta a portarle questi fascicoli che abbiamo trovato a casa di Victoria Watts” – rispose Arwen appoggiandoli sulla scrivania.
“La ringrazio, mi metterò a lavoro per trovare qualcosa di più sul caso”.
Arwen notò che lei era diversa dalla sua squadra. “Anche lei è una profiler?”
“Oh no, agente. Sono soltanto un tecnico informatico. Prima rimanevo nella mia postazione a Quantico, ma il mio capo, l’agente Hotch, decise che anche io dovevo partecipare direttamente sul luogo dei crimini per aver maggior contatto con i casi. Se le devo confessare un segreto, odio tremendamente i profiler! Però loro sono diventati la mia famiglia”.
“Come mai ha deciso di fare tutto questo?”.
“Per aiutare il prossimo, detective. Sebbene io scavo nel passato delle menti più diaboliche, io credo che in un mondo tutto nero, ci sia sempre la speranza di trovare qualche sfumatura di bianco. Anche se il mio colore preferito è il viola”. Arwen accennò un piccolo sorriso, lasciandosi per un attimo trascinare dalla contagiosa risata della bizzarra agente.
“Ora dovrei andare. Credo di averle dato tutto” – disse Arwen mentre si diresse verso la porta.
“Aspetti un attimo, detective. Questi sono tutti i contatti che avevano le vittime: serviranno molto per il profilo” – spiegò Garcia mentre le diede la cartella.
“Grazie, agente Garcia, le vado a portare subito agli altri colleghi”.
“Un’altra cosa ci sarebbe detective…”. Arwen vide la donna seria, come se dovesse dire qualcosa d’importante. Sarà riguardo l’agente Morgan?
“Mi dica”.
“Ecco…mi piacerebbe che non ci fossero formalismi tra noi, dato che collaboreremo insieme”.
Arwen rimase spiazzata. Si aspettava un’altra ramanzina per il suo comportamento. Invece lei voleva semplicemente che le desse del tu.
“Certo, Garcia. A presto allora” – disse e si allontanò dalla stanza.
“Che tizia strana, però mi piace. Avrà visto troppa sofferenza se decora così eccessivamente la sua scrivania. Certo che è strano considerare una famiglia quei strizzacervelli”

Dopo un’ora iniziò la riunione e i profiler erano pronti a trasmettere agli agenti di polizia il profilo dell’S.I.. Prima che Hotch parlasse, fu interrotto da Arwen.
“Hotch, questi te li manda Garcia per il profilo”.
“Grazie, Arwen” – rispose Hotch mentre prese la cartella.
“Ragazzi ora aprite bene le orecchie” – ordinò Bourne ai suoi uomini.
“L’S.I., ovvero l’assassino che stiamo cercando, è un uomo di età compresa tra i 25 e 45 anni. Conosceva la prima vittima, dove ha ricavato informazioni sulla seconda tramite un’agenda. Cosa importante: erano entrambi avvocati; quindi il movente è un regolamento di conti oppure per concorrenza. Ecco perchè il fuoco è la sua firma” – espose il profilo Hotch.
“Mi scusi, agente, ma mi viene da ridere perché ha descritto il mio desiderio nascosto: allora sono un potenziale assassino perché mi verrebbe voglia di arrostire l’agente West al barbecue perché ha avuto la promozione in un solo mese, mentre io l’aspetto da cinque anni!” – intervenne uno dei poliziotti suscitando le risate dei suoi colleghi.
“Chiudi quella bocca, imbecille!” – rispose l’agente West.
“Ehi ragazzino, stai parlando con me?”
“Pitt fuori dalle palle, subito!” – intervenne Bourne infuriato.
“Ma capo, che ho fatto? Ho detto semplicemente la verità” – si giustificò.
“Allora sei sordo: fuori di qui!” – e l’agente Pitt si ritrovò costretto ad abbandonare la sala e mentre uscì incrociò Arwen che stava appoggiata sullo stipite della porta.
“Ehi baby! Bourne sta andando di matto e mi sto annoiando da morire con questi tizi, che ne dici di andare a bere qualcosa?”.
Arwen si avvicinò al suo orecchio lentamente.
“Pitt, ti devo ricordare due cose. La prima: ho una Glock 17 e il mio desiderio nascosto è quello di bucarti il culo come un colapasta, se provi di nuovo a chiamarmi ‘baby’. Seconda: il tuo caffè non sarà mai all’altezza di quello che ho assaporato questa mattina. Quindi levati dai coglioni!”. Lo lasciò senza parole e, perso il suo orgoglio da maschio alfa, si allontanò. Morgan osservò tutta la scena da lontano.“Che sta combinando? Cazzo perché me ne dovrei importare?”
“Mi dispiace per questo spiacevole incidente, agente Hotch, continui pure” – disse Bourne.
“Reputiamo che sia di Boston in quanto conosce molto bene i quartieri delle vittime e in modo particolare il luogo degli omicidi. E’ estremamente meticoloso e paziente: per quanto sia spinto dalla rabbia, ha pianificato perfettamente gli omicidi. Questo può essere provato dal fatto che ha usato la morfina su Oliver Scott”.
“Perché avrebbe usato la morfina sulla prima vittima e non sulla seconda?” – chiese un agente.
“Perché il signor Scott, considerando il suo aspetto fisico, era molto atletico, probabilmente avrà fatto karate o arti marziali. L’S.I. sapeva che se avesse fallito, la vittima poteva avere la meglio” – rispose Reid.
“L’assassino ha voluto avere il controllo su di lui, diversamente dalla Watts. Non c’era segni di violenza sessuale, quindi avrà provato rimorso. Ecco perché ci sono due modus operandi diversi”. Morgan riaffermò di nuovo la sua teoria e Arwen non condivideva affatto e decise di rispondere.
“Mi scusi, agente Morgan, come già avevamo discusso sulla scena del crimine, questo assassino non prova sentimenti di rimorso o compassione. Lui è spinto, nel vostro linguaggio, da un “impulso ossessivo” e ciò è sottolineato dal fuoco. Se fosse andata come lei dice, l’avrebbe fatta fuori con un solo colpo e avrebbe nascosto le tracce. Ma purtroppo i fatti non le danno ragione”.
“Infatti nell’auto della Watts era presente un foro nel serbatoio della benzina. L’S.I. sembra che voglia coprire le sue tracce e far apparire i suoi crimini come dei tragici incidenti, ma in realtà lui è controllato da questo desiderio di vendetta e di odio, simboleggiato dal fuoco. E’ questo il movente per il 56% dei piromani” – disse Reid.
“Vedi anche il suo collega, il dottor ‘Cardigan Blu’, sostiene la mia tesi!” – esclamò fiera Arwen, facendo ridere tutti.
“Dopo questo simpatico siparietto, il vostro compito è quello di prendere informazioni dai vicini e dalle persone che hanno avuto contatti con le due vittime per stilare la lista dei sospettati, basandovi sul nostro profilo” – rammentò Rossi.
“Ultima cosa: lui non è sposato e vive da solo. Gli serve tempo per elaborare e studiare le sue vittime e, considerando che agisce di notte, è probabile che anche lui sia un avvocato o lavori a un tribunale” – concluse Hotch.

La riunione si concluse e gli uomini di Bourne uscirono dalla sala.
“Agenti, dato che si è fatto tardi e vi vedo anche stanchi, andate a riposare. Continuiamo domani con le indagini” – consigliò Bourne.
“Seguirò senz’altro il suo consiglio, agente. Ho la testa che mi scoppia e ci vorrebbe proprio un po’ di relax” – esclamò Emily grattandosi la testa.
“Ora vi devo proprio lasciare perchè mi aspettano a casa. Ah un’altra cosa: possiamo iniziare a darci del tu” – propose Bourne e gli agenti acconsentirono. Bourne notò il silenzio dissente di Arwen. “Sei d’accordo anche tu, Devine?”.
Rimase titubante e questo era proprio un colpo basso per lei.
“Certo…”.
“Perfetto! Vi auguro una buona serata”. Bourne prima di uscire si avvicinò ad Arwen.
“A domani, Devine” – le disse sorridendo.
“Sei contento ora, papino” – rispose irata Arwen mentre sistemava gli archivi.
“Non chiamarmi papino!”.
“Preferisci che ti chiami stronzo?”.
“E’ un buon inizio. Divertiti stasera”.
“Che tu sia maledetto!” – rispose ma lui si era già allontanato e non sentì le sue parole.

Garcia raggiunse gli altri.
“Ragazzi dove andiamo a cena questa sera?”
“Stavo pensando al ristorante giapponese. E’ da un po’ che non ci andiamo” – propose JJ.
“Ottima idea, ne avevo proprio voglia!” – rispose entusiasta Emily.
“Io preferisco la cucina italiana, ma se proprio insiste…” – si lamentò Rossi.
“Io voglio le forchette!” – tuonò Reid.
“Oh Spence, ma devi imparare! Certo che è davvero buffo che uno come te che ha tre lauree non riesce a tenere in mano due bastoncini di legno!” – scherzò JJ.
“E a rimorchiare!” – rise Morgan, scompigliando i capelli del giovane dottore.

Hotch, mentre i suoi colleghi parlavano, era intento a guardare Arwen. Rimase stregato dal colore dei suoi occhi. Quegli occhi così misteriosi e coinvolgenti. I suoi lunghi capelli neri incorniciavano il suo candido viso. Una simile bellezza non si vedeva tutti i giorni. Decise di andarle vicino. Lei lo notò.
“Ehi…” – iniziò lui.
“Ehi!”.
“Ti serve una mano?”
“No, grazie! Ho quasi finito. Io e gli archivi siamo diventati amici da un bel po’, anche se diventano ogni giorno sempre più pesanti!”.
“Lavori sempre fino a tarda ora?”.
“Si e non credo che sia la sola vero?” – rise Arwen.
“Saresti un’ottima profiler”.
“E’ un’offerta allettante, ma preferisco stare nei miei panni! Tu saresti un ottimo detective…”
“Preferisco stare nei miei panni” – sorrisero entrambi.
La loro conversazione fu interrotta da Rossi.
“Aaron, noi stiamo andando, vieni?”
“Si, arrivo subito, Dave. Sicura che non hai bisogno di una mano?”.
“Hotch, non voglio che tu scopra il mio lato peggiore” – minacciò. Hotch si arrese e la salutò, raggiungendo Rossi.

“Dolcezza, perché rimani lì come uno stoccafisso?” – chiese Garcia.
“Bambolina, inizia ad avviarti, devo fare un attimo una cosa” – rispose Morgan, baciando la nuca della sua Garcia e corse indietro verso la sala.
Arwen sentì dei passi.
“West, se cerchi le chiavi stanno sulla scrivania. Sei la solita testa di cazzo!”. Ma quando si girò, ebbe una brutta sorpresa. “Che ci fai tu qui?”.
“Voglio chiarire le cose” – rispose Morgan con sguardo deciso mentre avanzava il passo verso lei.
“Quali cose? Non c’è niente che dobbiamo chiarire” – disse mentre gli voltò le spalle, tenendo in mano dei fogli. Morgan non riusciva più a reggere i suoi affronti. Prese il suo braccio e la sbatté contro il muro, facendole cadere tutti i fogli per terra. La bloccò con le sue lunghe braccia, affinché lei lo continuasse a guardare e non potesse più sfuggire.
“Che cazzo vuoi da me?”.
“Io non me ne andrò che ti piaccia o no! Non credo che sia una strada giusta quella che stai prendendo” – rispose Morgan, mentre cercava di controllare i suoi violenti battiti.
“Fai quello che credi, a me non interessa la tua presenza. Ma se cerchi di farmi cambiare idea, stai perdendo tempo!”.
“Ma non stamattina, altrimenti non ti saresti mai avvicinata a me. Provi odio per una cosa tanto effimera?”.
“Credi di aver trovato tutte le risposte con quella tua aria da bravo agente, ma in realtà sei solo un idiota. Credi di conoscere gli altri e aiutarli, quando non sai un cazzo di te. Nemmeno a te piace collaborare, non ti fidi di nessuno e vorresti insegnarmi tu cosa sia giusto o sbagliato? Sei patetico!”. Arwen si sentì mancare il respiro, ma ne aveva ancora nella sua gola. Lui si avvicinò sempre di più, mancava poco che le loro labbra si incontrassero. Lei fu paralizzata dai suoi occhi profondi, come i suoi; da lì vide la sua immagine. Le mani di Arwen iniziarono a diventare fredde, ma non tremavano. Le braccia di Morgan erano impregnate di sudore, ma rimasero ferme. Il silenzio era la loro difesa. Ma poi tutto questo finì a causa dell’agente West.
“Devine dove sei? Hai visto le mie chiavi?”.
Arwen spinse violentemente Morgan per allontanarlo dai suoi occhi.
“Quando ritorno, voglio che tu te ne vada!” – disse Arwen, stando sulla soglia della porta.
“Non finisce qui…” – rispose Morgan, mentre usciva, sfiorando duramente la sua spalla.
Arwen per la rabbia, diede un colpo sulla porta.
“Ti distruggerò. Prenderò il tuo cuore. Lo stringerò così forte per appagare la mia sublime vendetta. Ma perché non riesco a togliermi dalla mia fottuta testa i tuoi occhi?”
  

 

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