Il Ginepro Selvatico.

di AllHailTheGlowCloud
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. La strega senza nome. ***
Capitolo 2: *** 2. La sua inconsapevolezza. ***
Capitolo 3: *** 3. Il primo spiraglio. ***
Capitolo 4: *** 4. Dinamiche familiari. ***
Capitolo 5: *** 5. Oltre i prati, oltre il fiume. ***
Capitolo 6: *** 6. Attraverso il giorno, verso la notte. ***
Capitolo 7: *** 7. Attraverso la notte. ***
Capitolo 8: *** 8. Verso la luce. ***



Capitolo 1
*** 1. La strega senza nome. ***


1. La strega senza nome.

Il ginepro selvatico.

 

~ La strega senza nome.

 

 

 

Quella di cui vi voglio parlare, non è una ragazza come le altre, e, credetemi, non solo perché io la reputo speciale.

Tanto per cominciare, ha la mia stessa età, e non ha ancora un nome.

I genitori non hanno mai saputo che nome le si addicesse di più, e le stessa dimostrò più volte di non aver cura di una questione che pare per lei sia del tutto futile.

Quindi, ognuno finisce per chiamarla come vuole…Melinda, Rosaspina, Titania, Lavinia, Calendula, Pungitopo…ed è sorprendente come la cosa non le crei problemi, neanche un minimo di confusione, come invece accade a me, ed è perfettamente capace di rispondere ogni volta venga chiamata, anche se con un nome diverso e a lei sconosciuto. Tuttavia, mi ha confidato un giorno, il nome tra tutti che predilige è Juniper, nome che io stesso le diedi il giorno in cui la incontrai, e con cui continuo a chiamarla. La conobbi che ero un bambino.

E lo era anche lei, ma in una maniera in cui nessun altro bambino avrebbe saputo.

Fin da piccola aveva dimostrato di possedere peculiarità eccezionali, le quali sorprendono, ma il più delle volte, alla maggior parte della gente ignorante, suscitano spavento.

Per citarne alcuni, fin dai primi mesi non ha mai avuto paura del buio, come spesso invece accade ai bambini –me compreso- anzi, sembrava trovarvisi perfettamente a sua agio, e pare che riuscisse a vedervi meglio di tutti gli altri, come alla luce del giorno.

Aveva grandissima familiarità con gli animali e nessun tipo di insetto le ha mai fatto paura o ribrezzo. Lo stesso si può dire dei ragni, della polvere e dell’odore di terra bagnata. Le piace uscire quando piove, e durante le sue lunghe passeggiate – che facevano e fanno preoccupare la madre come una pazza- non si è mai una volta beccata un raffreddore. Ama da sempre la natura, e –so che sembra strano dirlo- ma è come se fosse in qualche modo ricambiata. Le piante paiono ubbidirle, germogliando e seccandosi così a suo piacimento.

E’ sempre stata una bambina dal carattere pacato e composto, era educata ancora prima che la si educasse e senza toccare libro è come se le informazioni entrassero da sé nella sua testolina.

Tuttavia, non ha mai imparato ad apprezzare la compagnia delle persone.

Poche sono le cose che la infastidiscono davvero, cose come il suono delle campane della chiesa, il tintinnio dei sonagli, il pianto dei bambini e la vista degli indumenti indossati rivoltati.

In quei casi suole tuttora storcere il naso, aggrottare le sopracciglia e correre via tappandosi gli occhi o le orecchie a seconda del caso, e andandosi a nascondere chissà dove.

Un’ altra stranezza avveniva nelle notti di luna piena, in cui nemmeno una volta da quando è nata ha dormito, piuttosto se ne andava in giro per la casa saltellando, particolarmente di buon umore.

Per tutti questi motivi, capirete, le era sempre difficile trovarsi degli amici, ma lei sembrava stare perfettamente bene anche per conto suo.

Non è particolarmente bella, secondo i canoni in uso di questi tempi. Ha il naso leggermente adunco, e le sopracciglia folte, il visino rotondo che termina con il mento aguzzo, sempre incorniciati dai lunghissimi capelli neri, che alla luce della luna sembrano quasi color vinaccia, quasi sempre legati un due trecce o più. Quella chioma non sta mai davvero totalmente in ordine,e anzi, sembra che segua il suo umore, ingrifandosi e spettinandosi più lei è nervosa o giù di morale.

Gli occhi –oh, gli occhi!- si potrebbe aprire un capitolo a parte su quelli. Sono grandi e belli, e il loro colore varia dal dorato dell’ambra al grigio piombo del mare in tempesta. Non si seppe mai il motivo dei repentini cambiamenti di questo, né, del resto, della maggior parte dei suoi comportamenti.

Nel complesso, eppure, ha un so che di affascinante, che la fa apparire comunque bella.

Nonostante tutto, i genitori le hanno sempre voluto un bene dell’anima, anche se…ma da che parte si comincia a dirlo?

Iniziamo col dire che bisogna che ci crediate.

Le streghe, dovete sapere, sono creature magiche che amano vivere nelle grotte nelle montagne, in mezzo ai boschi. Il loro aspetto non è sempre dei migliori, come il loro carattere. Sono tra le creature magiche che più detestano –oh, che parola grossa!- mal sopportano –diciamo- la presenza e la compagnia degli umani. Si crede tuttavia erroneamente, che odino i bambini, che li uccidano, che li mangino e chi sa cos’altro…in realtà, quando sono così piccoli, è una delle uniche circostanze in cui non farebbero mai del male ad un umano, Non che in genere gliene facciano, ma come tutte le creature magiche hanno insito l’amore per il fare gli scherzi, e tendono a diventare dispettose se si invadono i loro spazi, ma, come dicevo, non nel caso dei neonati.

Anzi, li adorano così tanto, che capita che li rapiscano, e li crescano come loro. In genere, sostituendoli con i loro sosia magici, ovvero i loro piccoli.

La differenza non si nota, almeno non nei primi mesi – o in certi caso anni- d’età, fatta eccezione per dei dettagli, che possono però sfuggire all’occhio poco attento di un genitore umano, anche perché spesso nascosti da incantesimi, e si rivelano colo con l’avanzare dell’età, questi quali: orecchie a punta, occhi di colore diverso l’uno dall’altro, coda di animale…o altre parti del corpo animalesche, ma queste ultime sono più rare.

Tornando alla nostra Junie, il perché di questo discorso? Ormai è facilmente intuibile. Ebbene, abbiamo tutti i motivi per sostenere che si tratti di una bambina scambiata, altresì una piccola strega inconsapevole della propria natura magica.

 

 

 

 

 

 

 

Note:

…ok.

Prima cosa: non sparatemi a distanza perché invece di scrivere per ben altre fanfic che devono essere continuate mi ostino a scrivere minchiate.

Seconda cosa: boh.

Cioè…non è che abbia un senso.

Allora…mentre ero in autobus per andare a scuola qualche giorno fa…in realtà in più giorni a più riprese…ho partorito i vari pezzi della descrizione di ‘sto personaggio qua.

Mi ci sono affezionata subito, perché era particolare rispetto al mio solito, e volevo usarlo, ma non sapevo e non so tutt’ora che farmene.

Quindi, giustamente, ho pensato di procedere tanto per cominciare scrivendo ciò che mi ricordavo su di lei.

Lei sarebbe Juniper…o Junie abbreviandolo. Il che significa ginepro, ma mi suonava male chiamarla così, quindi in inglese che fa sempre fAigo e suona meglio LOL

Ah, naturalmente chiamatela come vi pare…Teodolfa…Ariperta…Gigismonda…non ha un nome.

Per come la ho pensata –sì, perché ho perfino pensato!- dovrebbe tipo essere una raccolta di vari momenti ed esperienze anche magiche che questo tizio-narratore(?) vive essendo amico di Junie…o semplicemente delle corbellerie(?) che questa combina col suo carattere tutto particolare.

Non aggiornerò MAI regolarmente e i capitoli avranno lunghezza variabile.

Insomma “alla come viene” =D

 

♥Daruku

 

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Capitolo 2
*** 2. La sua inconsapevolezza. ***


2. La sua inconsapevolezza.

Il ginepro selvatico.

 

~ La sua inconsapevolezza.

 

 

 

Seduta a gambe incrociate sull’erba, si sistema la stoffa stropicciata del vestito, si copre meglio le gambe: sicuramente perché l’erba alta le fa il solletico. Le sue guance non sfiora l’idea di arrossire, non si vergogna lei. Eppure non è più una bambina, anche se non n’è ancora accorta. Tuttavia non è mai volgare. E’ bella sì, è proprio bella Junie.

Il vestito a fiori dai colori pastello le fascia gentilmente il corpo. I lunghissimi capelli neri li ha anche oggi accuratamente sistemati in due belle trecce, che le ricadono morbide sul petto. Ha una sola ciocca impertinente fuori posto, che le ondeggia silenziosa davanti al viso assorto, spostata dall’aria tiepida. E’ primavera, ormai abbiamo preso l’abitudine di venire qui tutti i giorni. E’ il nostro posto preferito sulla collina, perché è toccato dal sole tutto il giorno. Qui l’erba cresce alta, è un luogo silenzioso, lontano dai sentieri dei contadini, ed equidistante dal bosco e dal fiume, così è facile arrivarci. Noi conosciamo la strada, ne abbiamo una tutta nostra: passando vicino al vecchio faggio, non abbiamo ostacoli. Da lì, che è circa al centro del bosco, basta camminare per altri venti minuti verso sud-ovest.

Ora siamo qui. Siamo in silenzio, sento un cinguettio tranquillo e, come un sospiro ovattato e lontano, lo scrosciare impetuoso del fiume che scorre instancabile; le api laboriose ronzano, qualche cicala canta da qualche parte. Protende la mano, e una farfalla bianca e leggera si posa senza paura sul suo dito indice.

Ridiamo, lei è immobile, si osservano.

Sento un fruscio tra l’erba, ma non ci faccio caso, sono abituato a questi rumori. La farfalla riprende a volteggiare, ma Junie resta ferma. E’ impassibile, e solo ora mi accorgo di un serpente che sta strisciando attorno al suo braccio, salendo fin sulla sua spalla. Io sbianco, non ci posso credere. Il mio petto impazzisce, ma cerco di mantenere la calma e deglutisco.

«J- Junie…» bisbiglio il suo nome, sibilando anzi, quasi parlassi col rettile invece che con lei, ma lei non trema come me.

«Che è successo?» mi chiede, come totalmente ignara della situazione, come se qualcosa stesse accadendo a me, invece che a lei. Allora sto per parlare, ma mi rendo conto che Junie l’ha visto perfettamente, e mente decido di tacere, il serpente le ha circondato le spalle e inizia la sua discesa per l’altro braccio. Lo osserva sorridente. Intanto quello, raggiunto il suolo, si dirige verso di me.

Scatto in piedi. «Junie!», grido allarmato, come se lei avesse qualche controllo su quell’animale, ma io so che ce l’ha. Lei ride e mi fa una linguaccia, per poi alzarsi e iniziare ad allontanarsi saltellando.

Sono scombussolato, ma non sorpreso.

Guardo un istante ai miei piedi e mi pare di vedere che il serpente mi sorrida. Strabuzzo gli occhi, ma non ho il tempo di accertarmi di nulla, perché la bestiola è già strisciata via, confondendosi tra l’erba. Junie mi aspetta ad una decina di metri di distanza, con la schiena dritta e i piedi piantati a terra, e fa una buffa smorfia delle sue.

La raggiungo mentre penso. Un serpente che sorride… è solo una delle tante cose assurde che capitano quando sono con lei. La cosa ancora più assurda è che io sembro essere l’unico a notarle. Non dico che le altre persone debbano a tutti i costi, anche se sarebbe logico, ma lei stessa non ci fa caso! Le sembra così normale quando si lamenta perché non è ancora tempo di mirtilli, e il giorno dopo sua madre torna a casa con un canestro pieno. O quando stiamo per essere attaccati da un orso, e un attimo dopo stiamo beatamente passeggiando per la campagna a cavallo di questo. Non è consapevole delle proprie capacità, proprio come non è consapevole di essere una donna, né di essere bellissima. Non sa di essere speciale.

 

 

 

 

 

Note:

E chi se l’aspettava che come prossima fanfic avrei aggiornato proprio questa!?
Io no di certo, sicuramente, lol.

L’ultima volta (esattamente 6 mesi fa) avevo detto che sarebbe stata una raccolta di corbellerie. (Oh, andate a rileggere se non ci credete, ho detto proprio così!) e invece ora credo di aver quasi trovato una trama a questa storia. Ma è ancora presto per dirlo.

Dunque, visto che negli ultimi giorni mi sento particolarmente ispirata, continuerò a scrivere quello che mi viene quando e come mi viene, poi vedremo cosa salta fuori.

Au revoir, gente! Ahahah! *e scompare nel nulla.*

Daruku

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Capitolo 3
*** 3. Il primo spiraglio. ***


3. Il primo spiraglio.

Il ginepro selvatico.

 

~ Il primo spiraglio.

 

 

 

Sbadiglia rumorosamente.

«Che siamo venuti a fare in biblioteca?»

Alzo gli occhi dal libro.

«Te l’ho detto, non era necessario che venissi pure tu.»

«Che sciocchezza! Andiamo sempre ovunque insieme!»

«Ecco, questa è una sciocchezza! Se non ti va di starci, che ci sei venuta a fare? Potevi non venire!»

Mi guadagno così un’ occhiataccia dalla bibliotecaria. Torno su Junie: ha abbassato lo sguardo. Devo essere stato troppo duro con lei, non avevo motivo di alzare così la voce. Sbuffo. Troverò il modo di farmi perdonare. Il vero motivo per cui non volevo che venisse, è perché non voglio che scopra cosa sto cercando prima che io l’abbia trovato. Quest’enorme tomo, ad esempio, è innanzitutto una raccolta dei fatti più strani avvenuti qui negli ultimi decenni, ma certi risalgono addirittura a secoli fa. Poi sto consultando altri libri, tra cui libri sulla genealogia degli abitanti e altri libri di leggende, più alcuni di storia…penso vi sia chiaro ormai il mio intento. Sto cercando le prove concrete per dimostrare, principalmente a lei stessa, che Junie è una strega. Voglio trovarle. Voglio che sappia la verità su se stessa, perché sia pienamente cosciente delle proprie possibilità. Io sono convintissimo ormai che Junie sia una creatura magica, non ho dubbi. Tutto ora sta nel trovare un fondamento a questa mia teoria. Come ho già detto più volte, lei non ha assolutamente idea di niente, quindi sarebbe un colpo troppo grosso da superare tutto all’improvviso, e non voglio assolutamente darle false speranze o illuderla senza poi saperle spiegare. Per questo, ora cerco le risposte.

Batte i piedi a terra e sbuffa, poi si lascia scivolare pigramente sulla sedia, fino a che sporgono a malapena solo i suoi occhi dal tavolo. Appena lo noto vorrei ridere, ma distruggerei tutto il lavoro che ho fatto fin ora per farle capire che è una cosa seria.

«Cosa leggi?» mi domanda improvvisamente colta da curiosità, ma a malapena la sento. Sono troppo concentrato, forse ho finalmente trovato qualcosa di importante! Qui si parla di bambini scambiati, e di altre strane abitudini delle streghe. Leggo più nel dettaglio e trovo dove sono avvenuti gli ultimi avvistamenti delle streghe, e dove si crede che abitino.

Soddisfatto chiudo di scatto il libro, e guardo Junie, che a sua volta mi fissa sorpresa. Cerco di nascondere il mio sorriso e le annuncio che finalmente è libera di scegliere la nostra prossima meta. In un attimo il suo viso si illumina e salta in piedi facendo spostare rumorosamente la sedia.

La bibliotecaria ci lancia un’ altra occhiataccia, ma la ignoriamo beatamente. Il tempo di rimettere in ordine la catasta di volumi che avevo accumulato, e siamo fuori.

Mentre ci incamminiamo, continuo a pensare. Una possibilità sarebbe andare là, dove dovrebbero trovarsi le streghe, e sperare di incontrarne una. Sì, potrebbe rivelarsi un’ impresa davvero pericolosa, non si scherza con le creature magiche. Eppure io confido nel fatto che accoglieranno ben volentieri Junie. E’ una strega tanto quanto loro, non invaderà il loro territorio, ma si limiterà a tornare in un luogo che le appartiene. Non le faranno del male. E io dovrei poter contare sulla sua protezione. Poi, anche se si trattasse di rischiare la vita o di venir trasformato in qualche bestia orrenda, io ci tengo. Voglio davvero che Junie scopra se stessa. E’ troppo importante, per questo è un rischio che sono disposto a correre.

 

 

 

 

 

Note:

Due capitoli di fila. Mi sento taaanto figa ora lol.

Penso che presto scriverò qualcos’altro…non che interessi a qualcuno, dato che nessuno segue questa ff, ma mi da soddisfazione la cosa, dato che ero convinta che non l’avrei continuata mai e poi mai.

A presto lettore sperduto…se ci sei…almeno tu…ok :’D

 

Daruku

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Capitolo 4
*** 4. Dinamiche familiari. ***


4. Dinamiche familiari.

Note sulle mie baggianate(?):

 

  • Nomi:

Essendo ambientata in Irlanda, molti personaggi avranno nomi Irlandesi o simili, quindi vi indicherò man mano le pronunce (ed eventuali significati rilevanti). Considerate che le pronunce sono frutto di una ricerca fatta su internet, e che io non conosco la lingua gaelica (:’D) quindi potrebbero essere approssimative, e in ogni caso quella che vi indico è la pronuncia inglese:

 

Briana (Breeana)

Aìbell (Evil)

 

  • piccolo popolo” è un modo di riferirsi all’ intera comunità degli esseri magici, che comprende indistintamente fate, elfi, folletti, streghe, e altri spiritelli di ogni tipo.

Quando il nonno dice “se davvero Pungitopo fosse mai una fata”, lì per “fata” si intende comunque in generale una creatura magica, non necessariamente una fata.

 

***

 

 

Il ginepro selvatico.

 

~ Dinamiche familiari.

 

 

 

Quando siamo nei pressi di casa sua, Junie assume un atteggiamento diverso. Smette di saltellare e il sorriso scompare dal suo viso dal mento appuntito.

Appena entrati siamo accolti dal sorriso caloroso della madre di Junie. E’ una donna tutto sommato giovane, dai lunghi capelli biondissimi. Suo padre invece ha i capelli di un castano scuro e intenso, e il volto lievemente spigoloso è circondato dalla barba incolta. La richiama, e lei va a sedersi sulle sue ginocchia, sulla vecchia poltrona polverosa.

Oggi sono presenti anche i nonni. Briana, la nonna materna, più che una donna è un vecchio manico di scopa, nodoso e ciondolante, totalmente l’opposto di quella paterna. Questa è una donna in carne, non molto alta, con la schiena leggermente ricurva per il peso degli anni, e i lunghissimi capelli argentati raccolti in una treccia morbida. Lei ci sorride affettuosamente, e il suo sorriso è una buffa linea increspata che va da una guancia piena e colorita all’altra. Messe a confronto, dimostra molti meno anni di quell’altra vecchia emaciata, pallida e sghemba, nonostante –almeno così credo- quella sia più anziana. Al suo fianco, poi, sta suo marito. Un uomo robusto, nonostante gli acciacchi dell’età, evidentemente temprato dal lavoro nei campi di una vita. Anche questo ha un’aria gioconda e serena, e se ne sta sprofondato nel divanetto opposto alla poltrona.

L’unica a non avere un atteggiamento gioviale è la prima delle due vecchie che ho nominato. Io ho preso una sedia e mi sono accomodato accanto al nonno. Mi trovo in una posizione opposta alla sua nella stanza, e – in effetti- è l’unica a starsene lì, lontana dal resto della famiglia, e lancia continua strane occhiatacce alla nipote. Junie pende dalla nostra parte, ma vedo un ‘ombra scura di finzione nel suo sorriso. Ora inizio a intuire perché Junie aveva cambiato così atteggiamento man mano che ci avvicinavamo. Effettivamente, non ricordo di averle mai viste insieme, e credo che tra loro non corra buon sangue, per qualche strano motivo.

La donna improvvisamente si alza, tutti ci voltiamo verso di lei, sorpresi.

«Finché Aìbell è in questa casa, non intendo restare tra queste mura un minuto di più.» proclama seccamente, la sua voce non vacilla nemmeno un po’, e non dà segno di volersi rimangiare la sua crudeltà immotivata.

«Oh, avanti Briana… sei sempre la solita vecchia megera scorbutica! Siediti e falla finita!» le risponde a tono la nonna paterna.

«Mamma, per favore, smettila!» cerca di intromettersi la figlia, ma poco valgono i tentativi di arrestarla, ormai è diretta verso la porta, ed in un attimo è fuori dalla casa.

«Mamma!» continua a gridarle dietro la figlia disperata.

Ho seguito tutta la scena e sono costernato. Poi ho come un’ illuminazione e mi volto di scatto verso Junie. Mi sorride flebilmente, ma il suo sorriso sembra risultare troppo pensate, e la costringe ad abbassare mollemente la testa.

«Junie- » va tutto bene?- ma non faccio in tempo a terminare la frase che i suoi occhi di miele si fanno lucidi ed enormi goccioloni intraprendono la discesa delle sue guance rosee.

Un moto di rabbia, come un groviglio viscido di odio e dispiacere, mi pervade dalla bocca dello stomaco, trasmettendosi velocemente anche al cuore, che prende a battere forte.

Juniper si alza e corre nella propria stanza, chiudendosi la porta alle spalle con un schianto sordo e cigolate. Mi alzo fulmineamente, pronto a rincorrerla, ma ogni mio intento è bloccato da suo padre, che con un braccio proteso dinnanzi a me, mi impedisce ogni movimento; così torno seduto.

Allora la donna anziana e paffuta si dirige a passo lento, ma sicuro, sugli stessi passi della mia amica, e io la seguo col cuore e con lo sguardo. Sua madre torna in cucina a preparare il pranzo. Nella stanza restiamo solo noi uomini, in religioso silenzio.

Dopo alcuni minuti, il più anziano sbuffa, attirando la mia attenzione. Inizia a parlare, e –sebbene non sia proprio sicuro che si stia rivolgendo a me- non posso fare a meno di ascoltare cosa ha da dire.

«Dice che non ha nulla di umano». Il mio respiro di fa per un attimo più veloce a questa sua affermazione. «Sostiene che quel giorno, quand’è nata, portava per sbaglio un gilet al rovescio, e Pungitopo si mise a piangere… ». Rifletto… so che la vista degli indumenti rivoltati porta scompiglio tra gli esseri magici. «… che sciocchezza. Anche fosse vero è stata una coincidenza. Quella vecchia pazza non sa cos’è avere a che fare col piccolo popolo. Se davvero Pungitopo fosse mai una fata…» alza lo sguardo, e i suoi occhi, che sgrana inconsapevolmente, fremendo, si accendono di una vivace e disperata agitazione, ma poi si calma. «… ma non lo è.» termina col tono di chi vuole che la propria fievole certezza penetri negli animi dei suoi interlocutori, e lì ritrovi vigore.

«Non lo è. » ripeté bisbigliando tra sé e sé. Sta volta è il turno del padre per sbuffare, ma non ho il tempo di dargli la giusta considerazione, che la mia attenzione viene attratta altrove: Junie e sua nonna stanno uscendo dalla stanza.

Sta nuovamente sorridendo, le è passata. Tiro un sospiro di sollievo.

Alla luce degli avvenimenti di oggi mi decido. Junie ne soffre. La sua ignoranza –e di tutta la sua famiglia- la fa soffrire. Deve sapere.

Ed io farò in modo che lei sappia, ho deciso.

 

 

 

 

 

 

 

 

Note:

Mh… sono passati un po’ di giorni, sinceramente pensavo di aggiornare prima.

Eh, beh, oh. Poteva andare peggio. In ogni caso ora sono qui, e sto scrivendo il prossimo capitolo, e ne ho in testa qualcun’ altro… Vediamo cosa riesco ad estrarre da questo povero cervello.

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Capitolo 5
*** 5. Oltre i prati, oltre il fiume. ***


5. Oltre i prati, oltre il fiume.

Corbellerie:

 

  • Buoni vicini”: così come “piccolo popolo”, è un altro modo di riferirsi benevolmente alla comunità magica.

 

 

Il ginepro selvatico.

 

~Oltre i prati, oltre il fiume.

 

 

 

E se non dovessi riuscire?

Del resto io sono pienamente e completamente umano. Spero almeno di riuscire a condurla dove vivono e streghe. Secondo le mie ricerche, dovremmo fare la stessa strada che facciamo per andare sulla collina, dobbiamo però poi scendere dal lato opposto e attraversare il fiume, per poi dirigerci verso le montagne.

Dovremmo partire dopo mezzogiorno, impiegheremo massimo due ore ad arrivarci, solo che da lì dovremo cercare il luogo esatto, e non è detto che saremo tanto fortunati da incontrarle subito, quindi è bene arrivare per tempo, prima che faccia buio. Si dice infatti che il momento del crepuscolo sia il migliore per vedere le fate… quindi voglio arrivare prima, così da avere la possibilità di vederle.

 

«Qualcosa di interessante? Di che tipo!?» mi domanda Junie, impaziente.

Le ho detto di aver trovato qualcosa di interessante, ma non ho specificato cosa… la tengo volutamente sulle spine: gioco sulla sua infantile e vorace curiosità, per spingerla al punto in cui sarà lei stessa ad implorarmi e a voler partire a tutti i costi.

Junie soffre di curiosità, non c’è niente da fare. E non so se questa sua caratteristica sia più umana o magica. Ad ogni modo… Ora la questione è riuscire a partire in segreto. I nostri genitori sono abituati al nostro uscire di casa e vagare ovunque per le campagne e non tornare fino a sera e alle nostre ginocchia sbucciate, ma qui si tratta di un viaggio ben più pericoloso.

Alla fine decido che ci limiteremo ad uscire di casa come se fosse uno dei nostri ordinari vagabondaggi. Spero solo di poter tornare intero per spiegare cosa diavolo ci è passato per la mente.

Dunque, dopo il pranzo in famiglia, riempiamo le nostre borse del minimo indispensabile e ci avviamo.

Junie ha un’ aria così spensierata… la faccenda della nonna deve essere pesante per lei, mi stupisce che l’abbia presa così bene, ma forse ci è abituata, o che so io. Trotterella spensieratamente lungo il sentiero. Ai lati solo campi coltivati, qualche rada quercia qua e là, più lontano le case di altri contadini. Andando più avanti iniziano le distese verdi di prati e di erba incolta, e di fiori di campo e greggi di pecore che brucano tranquille. Ancora più avanti, giungiamo dove ha inizio il bosco, folto di querce, faggi, betulle, e con un altrettanto fitto sottobosco. Ci muoviamo bene qui, conosciamo la strada a memoria.

Quando, svariati minuti dopo, iniziamo ad intravedere la luce del sole –quella vera e potente, non quella rada e occasionale che filtra timida tra le fronde- impieghiamo un attimo per riabituare gli occhi, ma sappiamo di essere quasi arrivati. Ora dobbiamo solo passare oltre la collina, la nostra collina.

Questo è già un grande passo per me, che più lontano di qui, in questa direzione, non ero mai andato. Nemmeno Junie, credo, dato che qualunque viaggio di esplorazione lo abbiamo sempre condiviso, da quando io riesca a ricordare. Tuttavia, quello che sarà l’ostacolo maggiore deve ancora arrivare. Mentre scendiamo il dorso della collina, così familiare, si fa largo nella mia testa un suono, che si fa sempre più chiaro e dirompente. Suona molto come un monito, un grido di avvertimento, una voce che, nel contempo, invita sia ad avvicinarsi che a stare alla larga.

Effettivamente, fin da piccoli, ci è sempre stato proibito oltrepassare il confine naturale –ma immaginario- tracciato dal fiume, e noi –se non per ubbidienza, per buon senso- non l’abbiamo mai fatto. I padri dei vecchi raccontavano di gente che una volta passata non tornò più, di altra che tornò, ma morì poco dopo, o di altra ancora che si dice sia tornata, ma nessuno l’ha saputa riconoscere perché aveva cambiato forma. E’ in un luogo del genere che ci stiamo dirigendo. Ad ogni passo il cuore mi si stringe per la paura, e più questo batte forte, più aumenta la velocità con cui pongo un piede avanti all’altro nel mio comporre passi sempre più lunghi. Ho sempre avuto timore dei fiumi. Ritengo siano cosa di più ingannevole esista, e rispecchia perfettamente la natura dei buoni vicini, il che giustifica la mia apprensione.

La cantilena del suo sonoro scorrere già ce lo annunciava da molto lontano, ed ora eccolo dinnanzi a noi. A tratti limpido e trasparente, a tratti profondo, torvo e insidioso. I raggi del sole ancora alto a sud-ovest rimbalzano sulla sua superficie e creano giochi di luce e bagliori, come se qualcuno avesse cosparso un telo di diamanti.

Mi si fa vicina –mi aveva seguito restando a pochi passi dietro i miei- solo ora, e fa capolino da dietro le mie spalle e rimira stupefatta lo spettacolo. Non so ancora come arriveremo di là, ma la mia mente già si figura cosa vi troveremo, e i mie occhi seguono questo consiglio, alzandosi dall’acqua alla selva che, da rada a sempre più folta, si erge massiccia davanti a noi, e ci impedisce la vista, in parte, delle montagne che ambiamo.

«Aodhàn… Come facciamo adesso?» domanda ansiosamente, alludendo all’ostacolo del corso d’acqua.

«Si oltrepassa il fiume» dico con un sospiro, che più che convinto appare rassegnato. Spalanca gli occhi ambrati, sopra i quali passa un’ ombra plumbea, poi le iridi riprendono a brillare dorate, e socchiude la bocca pensierosa. Mi guarda interrogativa, ma sorride compiaciuta. Sapevo che avrebbe esitato meno di me. Chiede una soluzione, e io la trovo colpito repentinamente da un lampo di genio. Scorgo dei massi più in là, e le faccio cenno di seguirmi. Dopo qualche metro si rende evidente una sorta di ponte, costituito da grandi pietre sorgenti, sufficientemente lisce da poterci camminare sopra, anche se sembrerebbero rese un po’ scivolose dall’acqua.

Io per primo mi avvicino, ed evitando di pensarci più di tanto, allungo una gamba, raggiungendo il primo masso. Respiro. Allungo nuovamente la gamba, raggiungo anche il secondo. Mi volto a controllare, Junie è diritta in piedi sul primo. Mi sorride. Questo mi da un po’ di coraggio, così mi allungo di nuovo e riesco ad arrivare al terzo, poi fulmineamente mi giro. Junie mi sta seguendo, e va tutto bene. Un altro sospiro di sollievo. Il prossimo è molto vicino, ci salgo su senza problemi, ma ora la riva è più lontana di quanto sembrasse vista dall’altro lato. Esito un po’, ma mi costringo a saltare. Quindi piego le gambe e stringo i denti. Mi libro in aria per la frazione di secondo più lunga della mia vita, finché i miei piedi non toccano il suolo.

Ora tocca a lei. Le porgo istintivamente la mano, nel caso ne avesse bisogno. Se dovesse cadere i miei muscoli sono già tesi e pronti a lanciarmi in acqua, ma lei non cade, sembra che voli, e in un attimo è al mio fianco, sempre sorridente. Tiro l’ultimo enorme sospiro e sorrido soddisfatto.

Mi sento un po’ come Ulisse che varcò le colonne d’Ercole. Un impresa titanica sembra, ma questo è solo l’inizio.

Distolgo lo sguardo dal suo viso radioso e mi concentro sul da farsi. Eccola, di fronte a noi, la suddetta “selva massiccia”.

Iniziamo subito a camminare in quella direzione, perché non c’è tempo da perdere.

 

 

 

 

 

Note:

Beh… visto che sto aggiornando così velocemente, e che quasi nessuno segue la ff, effettivamente non ho nulla di particolare da dire.

Ma se aveste domande o curiosità, chiedete pure :3

 

♥ Daruku

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Capitolo 6
*** 6. Attraverso il giorno, verso la notte. ***


6. Attraverso il giorno, verso la notte.

Corbellerie varie:

 

  • Aodhàn: si legge “Aidan” (più o meno. Yeah, finalmente hai un nome, eh? LOL ndDaruku)

 

 

Il ginepro selvatico.

 

~ Attraverso il giorno, verso la notte.

 

 

 

 

Ci introduciamo così nella folta vegetazione, tornando nella penombra umida che avevamo da poco lasciato. Gli alberi sono tutti robusti e antichi, e il sottobosco è rigoglioso e lussureggiante. E’ un luogo meraviglioso, il bosco più bello in cui abbia mai messo piede, eppure continuo ad avere dei brividi che salgono dalle caviglie fin sulle spalle, e viceversa, e più andiamo avanti, più i miei muscoli sono tesi e scossi da tremiti; sono tesi come corde di violino, pronti a guizzare come giovani rane al minimo fruscio tra le fronde. Improvvisamente sobbalzo e mi volto: la sensazione tiepida e piacevole delle ditine bianche di Junie che si intrecciano con le mie mi ha colto di sorpresa. Ci guardiamo intorno stupefatti. Nessuno dei due osa parlare, forse perché non c’è niente da dire, o ce ne sarebbe anche troppo, e non sappiamo come esprimerlo. Anche se ormai siamo totalmente immersi in questo tripudio della natura, e l’entrata ormai lontana è scomparsa dall’orizzonte, inghiottita dal verde alle nostre spalle, ho la gola ancora secca. Junie invece si è già ripresa. Cammina qualche passo avanti a me, a testa alta, osservando curiosa ogni movimento delle foglie, ogni scanalatura delle cortecce, e tutto ciò che ci circonda. Sento uno strano rumore e mi blocco improvvisamente. Junie origlia con le orecchie ben aperte. Lo strano suono –che più ci avviciniamo, cautamente, poi così strano non è, e si rivela essere un suono a noi ben familiare- sembra venire da poco più avanti, da un grande cespuglio di rovi dai rami spessi. Il belato accentua la sua nota acuta quando la capra nota la nostra presenza, e inizia a dimenarsi più di prima, torcendo il collo e tirando, impuntandosi e calpestando nervosamente con gli zoccoli, nel tentativo di fare leva e liberarsi. Io e Junie ci guardiamo, decidendo unanimemente, senza consultarci, di avvicinarci e cercare di aiutare quel povero animale.

Io l’avvicino da un lato, avvolgendola con le braccia per tenerla più ferma possibile, mentre Junie si adopera per spostar i rami in cui sono impigliate le sue corna. Dopo un po’, con un po’ di sforzo, una volta riesce a liberarle. Indietreggio, l’animale scuote la testa, come volendo accertarsi della veridicità della propria libertà, poi saltellando si gira e si allontana velocemente, sparendo tra la fitta boscaglia.

«Povero animale.»

«Poveri noi! –sbuffo- ci ha fatto perdere tempo, e poi se n’è andato così!»

«Ti aspettavi un ringraziamento speciale?» mi rimbecca. Ci guardiamo e scoppiamo a ridere.

Dopo aver ancora camminato per un tempo indefinito, mi rendo conto che è decisamente il caso di procurarci un po’ di legna, prima che faccia buio, o dopo sarà impossibile, e avremo sicuramente freddo, e non vedremo più nulla intorno a noi. Lo faccio presente a Junie, così, avanzando, raccogliamo qualche ramoscello che troviamo. Ormai è tardo pomeriggio, quindi decidiamo di fermarci e cercare di accendere un fuoco. La sua fiamma vivida ci riscalda facilmente. Sediamo l’uno accanto all’altro, e io tiro fuori dalla mia borsa del pane e del formaggio, che offro anche a Junie, la quale mi confessa che il suo stomaco stava brontolando già da un po’. «Perché non l’hai detto prima!?» ribatto e lei, per tutta risposta, mi fa una linguaccia e continua a mangiare. Ha conservato perfettamente tutti i tratti tipicamente infantili, e questa è una delle cose che maggiormente me la fanno apparire bella: è vivace e curiosa, e sa essere nel contempo sia astuta e ingegnosa, sia di un ingenuità disarmante, il tutto condito di una spontaneità genuina che la accompagna in ogni suo gesto. Mi guarda con un cipiglio interrogativo. Sorrido scuotendo la testa e distolgo lo sguardo, addentando il mio ultimo boccone di formaggio. Mi capita sempre più spesso di restare incantato a guardarla senza nemmeno accorgermene.

Mi pare di sentire un rumore, un calpestio, e mi volto, ma non c’è nulla. Junie non ci ha nemmeno fatto caso, forse mi starò solo autosuggestionando. Mi guardo intorno. In realtà, per essere il crepuscolo, c’è molta più luce di quanto immaginassi. Il mio sguardo viene rapito da un dettaglio, che solo ora noto.

Alle nostre spalle, non molto distante da noi, un fungo si è appena tirato fuori dalla sua postazione nella terra, e con minuscole zampine, molto simili a quelle di un pulcino, ha iniziato a camminare. Avanza a tratti velocemente, poi si ferma e si guarda intorno, proprio con l’andatura impacciata di un pulcino. Posso dire “si guarda intorno” perché –ho avuto modo di notare- appena sotto il cappello c’è un piccolo volto paffuto, come di un bambino. Faccio cenno a Junie di voltarsi, ma le impongo il silenzio, mostrandole il dito indice davanti alle mie labbra. Di seguito a quel buffo fungo, anche altri più piccoli si uniscono alla marcia, e il curioso corteo prosegue con non poche difficoltà, dato che i più piccoli hanno anche zampe più piccole, e di conseguenza ogni tanto inciampano.

Sono troppo preso da questo spettacolo per rendermi conto che il tramonto è arrivato, e che, insieme a quei funghi, anche tutto il resto del bosco si sta animando. Dai cespugli sbucano minuscole creaturine dall’aspetto più bizzarro, quasi tutte dalla pelle verde, e vestite di muschio e di foglie. Certe mettono delle alucce e salgono sui rami degli alberi. Dalla corteccia iniziano ad emergere volti dalle fattezze umane, così, dopo un po’ ciascun albero ha il suo. Perfino dal tronco della quercia sotto la quale siamo seduti escono in piccoli gruppi altri esserini di varie dimensioni, alati, come uno sciame, che in breve si sparpaglia ovunque. Alcuni di loro hanno dei microscopici strumenti, come violini, tamburi e flauti e iniziano a suonare una musica confusa, ma molto ritmata. Quindi l’intero gruppo inizia a dimenarsi in una danza folle. Tuttavia non tutte quelle creature vi partecipano, molte sembrano interessate alla nostra presenza, e ci scrutano minuziosamente con i loro occhietti scuri. Hanno sguardi curiosi, alcuni sorridono maliziosamente, altri ridacchiano tra di loro.

Sono totalmente rapito, ma riesco provvidenzialmente a riavermi almeno per un attimo, e istintivamente la mia attenzione va a Junie. Sorride estasiata ammirando quelle meravigliose creature e la loro ipnotica danza. La fisso insistentemente, e forse lei se ne accorge, perché mi prende nuovamente la mano. Siamo circondati da esseri magici. Ovunque mi giri, tutto è fate e folletti, e spiritelli, e pixie, e la natura stessa sembra presa dall’euforia dei loro festeggiamenti.

Scorgo poi di lontano, alle spalle di Juniper, due corna, e riconosco subito la capra di oggi pomeriggio. I suoi caratteristici occhi fissi, dallo sguardo vacuo e un po’ folle, riescono a distogliermi dal resto. Non capisco per quale motivo, ma sento che anche la capra sta guardando proprio me, e ci ha riconosciuti. Poi si volta indietro e continua a fissarci, belando. L’intera situazione mi lascia in bilico tra il visibilio e lo sgomento.

«Junie, la capra. Io credo voglia che la seguiamo.» bisbiglio al suo orecchio, indicandole l’animale con un cenno. La mia amica allora annuisce, e decidiamo di andarle dietro. Seguendola ci allontaniamo dalle creaturine che, fortunatamente, sembrano aderire alla decisione della capra di allontanarci da lì, e in breve si dimenticano dei loro ospiti.

Ci lasciamo il nostro fuocherello alle spalle. Più procediamo , più la poca luce si fa ancora più fioca, finchè, in pochi minuti, non ci ritroviamo completamente sommersi dal buio.

 

 

 

 

Note:

Uuuuh! Ok, non credevo di essere capace di descrivere un viaggio, specie di questo tipo. E invece qualcosa l’ho scritto! :D

Beh, questo capitolo mi sembra più denso e corposo degli altri, forse anche leggermente più lungo? Boh, forse mi sbaglio. °-°

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Capitolo 7
*** 7. Attraverso la notte. ***


7. Attraverso la notte.

Il ginepro selvatico.

 

~ Attraverso la notte.

 

 

 

 

Avanziamo a tentoni, guidati solo dal belare rauco della capra, che è totalmente invisibile ai nostri occhi, ormai. Belare rauco, dicevo, che lentamente pare farsi sempre meno ruvido, e sempre più mieloso, nel contempo alleviandosi, fino a scomparire del tutto. Così anche l’ultima traccia è andata perduta. Proseguiamo di qualche altro passo, stringendoci come possiamo l’uno al braccio dell’altra. Ora come ora, ho una paura folle che anche Junie scompaia, non la sua figura, perché non la vedo più in realtà, ma la sua presenza, che è l’unica cosa concreta rimastami. Deglutisco a vuoto, un enorme boccone d’aria che mi raschia la gola. Siamo immobili, i cuori palpitanti e i nervi tesi, nella speranza di riuscire di nuovo a percepire quel verso, che la mia mente ha designato quanto mai essenziale per la nostra sopravvivenza. Sentiamo un fruscio, rabbrividisco. Potrebbe essere qualunque cosa, e la nostra fine potrebbe essere segnata da un momento all’altro. Il fruscio diventa dapprima un chiaro rumore di passi, poi prende forma, e dal buio emerge la figura longilinea di una giovane dalla pelle chiara e dai lunghissimi capelli neri. Il suo volto viene a tratti fiocamente illuminato dai radi raggi della luna che filtrano tra le fronde, scoprendo lineamenti delicati, le guance piene e rosee, e gli occhi in fondo al quale brilla una luce che non so decifrare.

Si avvicina a noi, componendo un sorriso benevolo, che non sembrerebbe mostrare affatto alcun segno di malizia o di divertimento. E’ difficile esprimere il mio stupore: mi chiedo cosa ci faccia questa donna nel bosco, al buio, e chi sia, ma ancor di più perché sembri così ben disposta nei nostri confronti e cosa voglia da noi. Mi prende un dubbio, e subito la precedente angoscia mi assale brutale: le creature magiche hanno spesso l’abitudine di assumere le sembianze di fanciulle bellissime, per attirare i passanti, invitandoli a seguirle o offrendo loro doni e cibo. Solo dopo averli volentieri accettati, l’incanto svanisce, e gli sventurati si trovano sul ciglio di un dirupo, o immersi fino al collo in un fiume, e i doni si rivelano foglie e sassi, e il cibo succulento si tramuta in funghi velenosi; altre volte ancora, sono le fate stesse a decidere un tremendo destino per loro ospiti, facendoli soffrire, spaventandoli a morte, o addirittura, riservandogli una morte orribile, per punirli delle loro stoltezza. La paura mi scuote tutto, e vorrei quasi mettermi a piangere, ma ritiro le lacrime che mi pendono dagli occhi e mi impongo di mantenere il controllo. Mi dico che non posso sapere se le mie previsioni sono esatte, e che forse, tutto sommato, non c’è nulla da temere. Allora lancio un’ occhiata a Juniper, e la trovo totalmente immobile. Non riesco a capire cosa, perché la sua espressione è imperscrutabile, ma capisco che sta sicuramente pensando, e questo è un fatto positivo, infatti mi tranquillizza. Se sta pensando, significa che non è stata presa dal panico, e, se proprio lei non ha paura in questo momento, è quasi sicuramente segno che nemmeno io ho motivo di agitarmi tanto. Quindi torno sulla bellissima donna, che nel frattempo è arrivata a pochi passi di distanza da noi e osserva attentamente prima me, poi Junie. Quella allunga un sottile braccio bianco come il latte, e afferra con delicatezza la mano della mia amica. Questa sussulta per la sorpresa, e si fissano. La donna misteriosa allora accentua di più il proprio sorriso, e rivolge anche a me uno sguardo amorevole.

«Vi ringrazio sentitamente per il vostro ausilio.» sussurra, tanto lievemente che devo rifletterci un attimo, prima di essere sicuro che abbia parlato, e che quello non fosse uno dei tanti rumori della notte. Junie sorride estasiata. Io impiego alcuni secondi a ricollegare questa sua affermazione agli avvenimenti del pomeriggio, dandogli finalmente un senso.

«Bellissima signora del bosco, sareste così gentile da accompagnarci ancora?» azzarda a domandare Junie, con rispetto, ma con una spontaneità tale da farmi temere sinceramente. Se noi l’abbiamo salvata oggi pomeriggio, liberando le sue corna dai rovi, mentre aveva ancora sembianze caprine, ora che ha perfino deciso di rivelarsi a noi in questa nuova forma, probabilmente si sentirà riconoscente nei nostri confronti, quindi non c’è motivo di aver paura a chiedere qualcosa in cambio, ma essendo una buona vicina, non riesco ancora a fidarmi cecamente del suo sorriso ammaliante. Juniper, al contrario, le si è fatta vicina, e quella non sembra dispiacersene, anzi, accetta subito di buon grado la nostra richiesta, e ci confessa che era già suo intento aiutarci, infatti ci ha allontanati dall’orda magica appena ha potuto, perché dei folletti e delle fatine c’è davvero da guardarsi.

«Io non sono la signora di questo bosco – ci spiega poi – ma se lo desiderate, posso condurvi…»

«Veramente» sta volta sono io che ardisco parlare, ma lo faccio più tranquillamente, sicuro di potermelo permettere. «Veramente… noi staremmo cercando una person-…cioè, una strega.»

Spalanca leggermente gli occhi, stupita.

Junie attira la mia attenzione strattonandomi la manica, quindi mi volto. Mi fissa interrogativa, aspettando curiosa una spiegazione. Del resto non le ho ancora spiegato i dettagli del nostro viaggio, ma non voglio ancora farlo, quindi taccio. E’ difficile non rispondere a Junie quando vuole sapere qualcosa, ma a questo punto si rivela fondamentale l’intervento della donna, che a sua volta mi pone la sua domanda.

«State cercando una strega in particolare?» chiede, sembra più per curiosità che per necessità, ma le rispondo.

«Purtroppo non so come si chiami, o dove viva… so solo che deve trovarsi da queste parti». Annuisce pensierosa, poi torna a sorridere serenamente e ci assicura che ci porterà dalle altre streghe. Poi lì avremo occasione di trovare quella che cerchiamo.

Riprendiamo il difficile cammino nel buio, sta volta più rincuorati dalla ferma presenza della nostra nuova guida.

Ora che ci penso, effettivamente non so ancora come potremo riconoscere la madre di Junie. O se lei potrà riconoscere sua figlia, o che aspetto abbiano le altre streghe, né come prenderanno la nostra incursione nel loro territorio, ma anche la benevolenza di questa, che è una di loro, potrebbe intercedere per noi e facilitarci le cose… anche se non riesco a convincermene fino in fondo.

 

 

 

 

 

Note:

Note… note di cosa, se non ho niente da dire? LOL

Grazie a chi la segue, grazie ancora di più a chi la recensisce.

Solo una cosa vorrei capire… chi non dice niente è perché è talmente schifato da restare senza parole? Io accetto benissimo le critiche, anzi, mi farebbe piacere scambiare qualche parere con voi! Non vi mangio mica :3 (…su questo non ci soffermiamo però...)
Ah! Ho avuto occasione di far leggere questa storia alla mia professoressa di italiano, e le è piaciuta.

Ghaghaghahsasjhfgd… questa cosa mi esalta una cosa troppissimo ♥

Ad ogni modo… mi scuso per gli enormi ritardi, ma non appena l’ispirazione si farà viva tornerò ad aggiornare di continuo. Ogni giorno. Giorno e notte. (?)

Daruku

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Capitolo 8
*** 8. Verso la luce. ***


8. Verso la luce.

Note iniziali:

 

  • Glaistig: /’ɡʃtɨɡ / è una creatura magica più tipica della mitologia scozzese che irlandese in realtà, almeno per quanto riguarda il nome. Infatti esistono davvero un gran numero di creature che corrispondono alla stessa descrizione, pur essendo chiamate in modi diversi a seconda della regione. Inoltre, della stessa esistono più versioni, ho ragione di credere che le leggende si fondano l’una con l’altra, è per cui difficile raggiungere un parere univoco. Io ho deciso di interpretarla come donna dalla pelle verde, divoratrice di bambini. Anche se poi in seguito applicherò la mia reinterpretazione personale… ma questo lo vedrete a suo tempo.

 

 

 

Il ginepro selvatico.

 

~ Verso la luce.

 

 

 

 

 

 

Affondando passi lievemente insicuri nel terreno del sottobosco inumidito dalla notte, riusciamo a portarci notevolmente più avanti, ora che la guida ha acquisito un aspetto più concreto. Quella figura quasi eterea si muove con passo sinuoso con destrezza, dimostrando di conoscere monto bene la zona circostante, sia il percorso migliore da seguire, sia il suolo stesso.

Io e Juniper ci guardiamo intorno, per quel poco che possiamo vedere con la pochissima luce a disposizione, e io torno quanto più spesso possibile sulla donna, perché, sebbene sia irrazionale, ho sempre il costante timore che scompaia di nuovo.

Ad un certo punto la fanciulla sembra incespicare e per alcuni passi barcolla leggermente. Esito a chiederle se ci sia qualcosa che non va, e mi chiedo se Junie l’abbia notato, mentre osservo la nostra guida proseguire serena rimettendosi dritta. Soltanto pochi passi dopo accade di nuovo, e questa volta mi faccio coraggio e le domando se si senta bene. Senza voltarsi scuote la testa e asserisce con tono pacato e premuroso che non ho di che preoccuparmi. Mi rilasso un po’, allora, ma stento a tirare un sospiro di sollievo, perché m’è parso che la sua voce fosse un po’ meno mielosa di quanto lo era prima.

Il nostro cammino prosegue imperterrito e non abbiamo interruzioni. Ormai dobbiamo essere davvero molto distanti dal punto in cui l’abbiamo incontrata per la prima volta, ma ho totalmente perso la cognizione del tempo e non saprei dire assolutamente quanto tempo possa essere passato.

Junie viene distratta da un rumore, che poco dopo percepisco anche io. Come un piccolo tonfo di qualcosa che si tuffa nell’acqua, probabilmente una rana. Anzi, lo è sicuramente, perché dopo poco udiamo anche il suo inconfondibile verso. Questo significa che qui vicino deve esserci dell’acqua, ma non sento alcuno scorrere, dunque non può essere un fiume: si tratterà sicuramente di un lago.

Junie esprime il desiderio di avvicinarsi per rinfrescarsi la gola alla lunga resa secca dal lungo camminare.

La donna allora si volta e con sguardo severo, ma sempre affettuoso, la rimprovera e le sconsiglia di avvicinarsi a quello specchio d’acqua.

«Perché mai?» oso chiedere incuriosito da tale affermazione, voltandomi verso la mia interlocutrice e resto allibito nello scoprire che questa ha ora dei lineamenti davvero molto stanchi. Vorrei fermarmi a riflettere sul fatto, ma ciò mi è impedito dall’immediata risposta di quella, che mi distoglie dall’argomento, almeno per ora.

In quel lago vive una Glaistig –come ci racconta- una creatura dalla pelle verdastra, assai pericolosa.

Normalmente non avrebbe avvertito dei passanti della presenza di quella creatura –aggiunge poi- ma nel nostro caso ha fatto un’eccezione perché non vuole che ci accada nulla di male finché siamo sotto la sua protezione. Sia io che Junie la ringraziamo sentitamente di questo.

Il nome Glaistig mi fa suonare un campanello. Devo averlo già sentito da qualche parte, anzi, è molto probabile che mi sia capitato di leggerlo in uno dei tanti libri che ho letto prima di intraprendere questo viaggio, ma non ricordo con precisione di cosa si tratti. Non ho il tempo però di porre alcuna domanda, perché la mia amica mi precede, spinta dalla curiosità.
«Una Glaistig è in genere una creatura dall’aspetto di donna dalla pelle verde, che vive nei laghi e la sua occupazione principale è quella di spaventare i passanti e annegarli afferrandoli per le caviglie per poi trascinarli nelle profondità della sua dimora. Si nutrono di carne umana, in realtà, prediligono i bambini.»

Rabbrividisco al sentire questa descrizione. Chiedo, sperando di ottenere maggiori informazioni, se saprebbe dirmi qualcosa in più su questa in particolare, perché so che spesso ciascuno di questi esseri ha una storia propria diversa dalle altre, o almeno delle leggende a riguardo, e io ne sono irresistibilmente affascinato.

Purtroppo vengo liquidato con poche parole spicciole, e la nostra guida ci esorta a seguirla e proseguire il cammino se vogliamo arrivare prima possibile, e questo mi mette un po’ in imbarazzo. Non vorrei aver fatto qualche domanda scomoda.

«Avanti, rimettiamoci in marcia!» ci sollecita esclamando un po’ troppo entusiasticamente, e ho di nuovo l’impressione che la sua voce si sia fatta appena più roca e vibrante.

Non ho possibilità di guardarla di nuovo in volto, perché si è già voltata verso la meta, allora lancio uno sguardo a Junie, che a sua volta osserva ancora un’ultima volta in direzione di quel presunto lago, e poi mi si fa vicina e mi segue.

Ci allontaniamo molto dal lago, tanto che non si sente più alcun suono che possa farci intendere la sua vicinanza. Mi è difficile togliermi dalla testa quella Glaistig. Non ne ho mai vista una, ecco il motivo, e sono affascinato dalle creature magiche, quindi, sebbene chiunque pregherebbe perché nella sua vita non avvenga mai la sciagura di avere la sua visione, pur rendendomi conto della sua pericolosità, qualcosa nella mia mente viaggia in direzione di quello specchio d’acqua, rincorrendo quella figura verde a lei sconosciuta.

Riemergo improvvisamente dalle mie fantasticherie -giusto in tempo, prima di essere divorato da quella creatura che nella mia mente avevo persistito nel rincorrere e che avevo finalmente trovato, generando una forma inventata di sana pianta dalla mia stessa mente, una scena tanto raccapricciante da darmi un brivido lungo la spina dorsale- quando Junie parla rivolta alla nostra guida.

«Le streghe sono tutte belle come te?». Resto allibito e impallidisco. La spontaneità disarmante di Junie sa essere a dir poco sconcertante. Non perché io non comprenda la ragione e i motivi di tale domanda, che alle volte durante il viaggio aveva attraversato anche la mia di mente, ma perché io stesso avevo ritenuto più lecito tenerla solo per me, ad alimentare la mia fantasia, piuttosto che proferirla con tanta facilità ad una creatura imprevedibile la quale sensibilità può essere offesa in mille modi molto più facilmente e diversamente da quella umana. In realtà, potrebbe non esserci nulla di male, visto che suona come un complimento, ma se invece avessi ragione io, e questa figura non fosse altro che un’ingannevole sortilegio, potrebbe sentirsi oltraggiata nel sentirsi rinfacciare come sia molto più bella così che non nelle sue vere sembianze.

Impiega alcuni secondi per rispondere e già inizio a figurarmi le terribili sciagure che Junie potrebbe averci attirato addosso involontariamente. Degli istanti che sembrano durare lunghissimi anni, in cui per me il tempo si è fermato, ma riprende presto a scorrere e sta volta non ho alcuna esitazione a sospirare di sollievo a pieni polmoni.

Fortunatamente quella si gira sorridendo, come una madre che si intenerisce di fronte all’ingenuità della propria figlia di pochi anni, che crede che quando viene la notte è perché il sole è stanco e ha bisogno di dormire, così cede il posto a sua sorella Luna.

La sua testa che –noto solo ora- sembra più grande del normale, infossata tra le spalle che si sono fatte ricurve, come se la schiena improvvisamente le pesasse, e avvolta in una cascata scomposta di capelli corvini, si piega in direzione del volto di Junie. Si ferma, e si avvicina a noi di qualche passo, ma i suoi passi prducono un suono che non sembra quello normale di comuni piedi, è più simile al rumore degli zoccoli di un mulo.

«Mia cara, la bellezza va ben oltre quello che i tuoi occhi vedono. Nulla è ciò che sembra, tutto è ciò che non ti spetteresti che fosse. E’ importante che impariate questo concetto se volete sopravvivere, specie ora che ci stiamo avvicinando.»

«Ci stiamo avvicinando?» ripeto quasi sovrappensiero.

Si volta verso di me, accentuando il sorriso, che a sua vola accentua delle curiose rughe intorno alle sue labbra, che prima non avevo visto sul suo viso. «Sì, manca molto poco. State attenti.»

Junie sembra perplessa, almeno quanto me, e probabilmente non è soddisfatta della risposta che ha ottenuto, anzi, forse solo è sorpresa perché non è quella che si aspettava.

Mentre riprendiamo il cammino, in parte rinfrancati dalla nuova forza che pervade le nostre membra stanche, dataci dalla consapevolezza che presto il nostro lungo camminare ci porterà alla meta, rifletto. O sono impazzito o la bella fanciulla che ci accompagna si sta lentamente mutando, probabilmente assumendo la sua forma originale. Mi chiedo davvero se sia possibile che Junie non ci abbia fatto caso. Poi le sua parole mi hanno molto colpito. E’ a questo che si riferiva? Se così fosse, ho ragione nel pensare che fino ad ora non si è ancora rivelata per come è veramente? Avremo possibilità di vederla? Ed ora che stiamo per arrivare, altri dubbi mi assalgono. Cosa penseranno le altre streghe di noi?

Mentre questo turbine di domande spinge i miei pensieri di qua e di la come una bandiera impazzita in mezzo ad una tempesta di venti, inizio ad intravedere qualcosa in lontananza, come uno o più bagliori.

 

 

 

 

 

 

Note:

T’oh! Pare che ogni tanto l’ispirazione si faccia viva quindi… incrociamo le dita! :DD
Beh, non ho tanto da dire, spero di aver reso bene l’idea della progressiva trasformazione fisica del personaggio…era la cosa che mi premeva di più :3

 

Daruku

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