Incubus: The Castle

di B3CKS0FT
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


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Ecco il primo capitolo di questa nuova storia. 
Dopo diverso tempo, in cui non sono riuscito a concludere la mia ultima storia. Ho deciso di oncominciarne un altra.
Preciso, che è una storia scritta di getto. Non ho la minima idea di dove andrà a parare. So solo che avrà elementi soprannaturali.
Spero che la storia sia di vostro gradimento.
Buona lettura!


La carovana stava procedendo a velocità sostenuta sulla strada sterrata. Era composta da due berline ed una camionetta. A ogni dosso o buca, la camionetta veniva scossa e i passeggeri nel vano carico, venivano sballottati. Nessuno proferiva parola. La maggior parte dei passeggeri, aveva un’aria trasandata, vestiti con abiti malridotti e malamente rattoppati. Vicino alla sponda del vano, si trovavano due persone vestite con uniformi militari. Entrambi imbracciavano dei mitra. Ad ogni sobbalzo della camionetta serravano la presa sulle armi.
«Lele, non preoccuparti. Andrà tutto bene», bisbigliò un uomo al ragazzo che si trovava davanti a lui.
L’uomo, aveva una folta barba castana e dei capelli crespi dello stesso colore. Con i suoi occhi neri osservava il ragazzo che si trovava davanti a lui. Samuele alzò lo sguardo per osservare l’uomo. Dalla sua fronte scendeva del sangue ormai rappreso che stonava con i suoi occhi azzurri.
“Non sopporto quando mi chiama così”, pensò Samuele mentre osservava l’uomo.
«Se lo dici te Pietro…», rispose Samuele.
«State zitti voi due!», li riprese subito uno dei due soldati.
Samuele abbassò subito lo sguardo e tornò ad osservare le corde che gli stringevano i polsi.
“Non vedo l’ora che tutto questo finisca”, pensò Samuele.
 
La carovana si fermò. Per primi scesero i soldati con le armi in pugno.
«Forza scendete! Sporchi traditori!», iniziarono a gridare dei soldati. I prigionieri cominciarono a scendere dai furgoni. Una volta sceso, Samuele venne spinto da un soldato verso un muricciolo. Il soldato gli intimò di mettersi all’estremità del muretto. Samuele vide che dopo la fine si trovava un sentiero che si inoltrava nel bosco. Il soldato che l’aveva spinto, si mise subito di guardia davanti al sentiero. Samuele spostò lo sguardo sulla carovana, per vedere che quasi tutti i prigionieri erano scesi. Spostò lo sguardo accanto a se, per scoprire che si trovava accanto a Pietro. L’uomo ricambiò lo sguardo e aprì leggermente la bocca per mostrare un sorriso.
“Non capisco, cosa abbia tanto da sorridere”, pensò Samuele.
Pietro abbassò lo sguardo per osservarsi i polsi. Samuele seguì lo sguardo e allora si accorse che l’uomo aveva consumato le corde che lo legavano. I prigionieri erano stati posti quasi tutti lungo il muro. Le voci dei soldati riempivano l’aria.
In quel casino, Pietro bisbiglio a Samuele, « Al mio segnale, corri nel sentiero e non voltarti».
 
Pietro tornò ad osservare i soldati che sfilavano davanti a lui, quando vide uno che passeggiava tranquillamente davanti a lui. Appena il soldato lo superò, spezzò le corde che aveva consumato e gli estrasse la pistola dalla fondina. Segui subito un boato e il saldato che si trovava a sorvegliare il sentiero, cadde come un sacco di patate.
«Samuele corri!», urlò Pietro.
Che poi tornò ad esplodere altri colpi di pistola sui soldati. Samuele si girò subito verso il sentiero e vi entro ad ampie falcate.  Le orecchie gli fischiavano, mentre si allontanava riusciva a sentire i colpi di pistola sparati da Pietro. Il sentiero, si inoltrava nel bosco e ci passava a malapena una persona. Samuele correva il più veloce possibile, aumentando la falcata delle gambe. Al rumore degli spari di pistola, si erano uniti quelli di alcuni fucili.
“Devo correre il più lontano possibile. È quello che mi ha detto di fare Pietro. Non guardarti alle spalle e corri”, Pensò Samuele mentre si districava nello stretto sentiero.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


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Eccoci al secondo capitolo di Incubus: The Castle. 
Buona lettura!


“Ma dove diavolo mi trovo? Quanto diavolo è grande questo bosco? Era meglio se non avessi abbandonato il sentiero”, rifletté Samuele mentre continuava la sua marcia. Il sole filtrava tra le fronde degli alberi. Samuele trascinava i piedi per terra, respirava affannosamente e gli grondava del sudore dalla fronte.
“Dai! Pensa Samuele! Cosa aveva detto Pietro riguardo al muschio sugli alberi? Che cresceva sulla parte del tronco rivolta verso il nord. O era il sud? Non me lo ricordo!”.
Mentre era perso nei suoi pensieri, mise un piede in fallo e cadde a terra. Sbatte la testa contro un albero e rimase scombussolato per qualche secondo. Una volta ripresosi cominciò a rialzarsi, ma con le mani legate fece qualche tentativo a vuoto prima di riuscirci. Una volta messo in piedi, si appoggiò sull’albero per riprendere fiato. Si guardò intorno. La luce che filtrava tra le foglie, cominciava a diventare arancione.
“Sta per fare buio, mi devo sbrigare a uscire”.
La foresta era immersa nel silenzio, nessun cinguettio di uccelli o rumore alcuno. Le foglie degli alberi erano immobili. Ma ad un tratto Samuele sentì un rumore. Si accovaccio vicino al tronco dell’albero e cominciò a scrutarsi in torno, per capire da dove provenisse il rumore. Infine vide una figuro che si muoveva nella foresta, ad una ventina di metri da lui. “Ma quello è Pietro” penso Samuele osservando la figura che si faceva strada tra alcuni cespugli.
Scattò subito in piedi e urlò contro la figura, «Pietro! Sono qui!».
L’uomo non si voltò e continuò imperterrito la sua marcia, fino a sparire dalla vista di Samuele.
“Ma quel vecchio è diventato sordo? Devo raggiungerlo.”, Cosi si mise a correre nella direzione in cui era sparito Pietro, districandosi tra alberi e cespugli.
 
“E ora dove diavolo è andato?”, si scervellò, mentre vagava con lo sguardo alla ricerca di Pietro. I pochi raggi di luce che filtravano tra le foglie, illuminavano malamente la foresta. Samuele avanzava a tentoni, cercando di non inciampare in qualche radice fuoriuscita dal terreno. Ad un tratto, il suo sguardo fu attirato da delle luci che facevano capolino da dietro degli alberi.
“Quelli sembrano dei fuochi”, constatò dirigendosi verso le luci.
Dopo pochi minuti di cammino, Samuele vide che gli alberi diventavano sempre più radi. Alla fine si ritrovò fuori dal bosco e vide da dove provenivano le luci. La sua attenzione era stata catturata da delle fiaccole piazzate vicino ad un ponte, che era collegato alle mura di un castello.
“Ma guarda un po’. Non sapevo che in questa zona ci fosse un castello”.
Le mura erano circondate da un fossato fondo almeno cinque metri. Le mura merlate erano più alte degli alberi che circondavano il castello. Mentre Samuele ammirava la struttura, il suo sguardo fu catturato da una figura in movimento sul ponte.
«Eccolo!», esclamo Samuele vedendo Pietro che si stava addentrando nel castello.
«Pietro! Aspettami!», esclamo ancora Samuele.
Allora l’uomo sul ponte si fermò. Si girò nella direzione di Samuele. Ma non fece niente, e anzi, si voltò avanti ed entrò nel castello.
“Ma cosa diavolo gli prende a quello!? Dove va con tutta questa fretta!?”,  pensò mentre osservava l’entrata del castello.
Si avviò verso il castello. L’accesso al castello, era permesso da un ponte ad arco in pietra. Sopra l’entrata del castello, svettava una torre alta almeno il doppio delle mura. Il sole era tramontato, il castello veniva illuminato da delle fiaccole poste sul ponte.
“Ora che lo vedo da vicino, ha un aspetto un po’ inquietante”, constatò mentre attraversava il ponte in pietra. Una volta superata l’entrata si apriva un ampio cortile, anche questo illuminato da delle torce. L’ampio piazzale era deserto, al centro si trovava un pozzo in pietra, sovrastato da una struttura in ferro battuto a cui era attaccata la carrucola. A quella vista, Samuele spalancò gli occhi e deglutì vistosamente.
“Quando è stata l’ultima volta che ho bevuto dell’acqua? Forse ieri?”, si avvicinò al pozzo, la catena pendeva dalla carrucola e scendeva dentro il pozzo.
Si allungò sul bordo per osservare l’interno. Con la luce emessa dalle torce non si riusciva a vedere il fondo.  Afferrò l’estremità della catena e iniziò a tirarla. Ma con le mani legate, non riusciva bene nel suo intento.
“Maledette corde! Me le devo togliere”, valutò mentre lasciava andare la catena.
Osservò il cortile. Il suo sguardo si fermò su una torcia appesa al muro. Il volto gli si illuminò mentre ad ampie falcate si dirigeva verso la torcia e la posò a terra. La fiamma ondeggiava sui ciottoli. Samuele si posizionò sopra la torcia, e si piegò per avvicinare i polsi alla fiamma danzante. La corde presero immediatamente fuoco. Samuele si ritrasse subito.
«Cazzo!», esclamò, mentre cercava di liberarsi delle corde in fiamme.
Alla fine le corde si spezzarono e riuscì a levarsele dai polsi ormai pieni di galle.
“Non è stata una grade idea”, pensò Samuele mentre si toccava le bruciature sui polsi. Le corde spezzate si incenerirono sui ciottoli. Samuele si diresse nuovamente al pozzo e cominciò a tirare la catena. La carrucola cominciò a cigolare. Ma dopo una paio di strattoni, la catena si bloccò. Samuele puntò i piedi in terra e tirò la catena con tutto il suo peso. Senza successo.
“Sembra che ci sia qualcosa che tiene bloccato il secchio”, pensò mentre osservava l’interno del pozzo, “Non c’è niente da fare. Mi toccherà rimanere assetato. È meglio che trovi Pietro.”
«Pietro! So che sei qua dentro! Rispondimi!», urlò Samuele.
Ma non ricevette alcuna risposta. Dalle finestre che davano sul cortile non si vedeva alcun segno di vita. Erano tutte buie.
«Allora vuoi giocare a nascondino? Fantastico!», disse Samuele in modo sarcastico.
Così si avvicinò alla porta spalancata. Allungò il capo per vedere meglio l’interno. Non c’era alcuna fonte di luce all’interno. Il flebile fascio di luce generato dalle torce, illuminava una grossa scalinata che si trovava davanti alla porta. Samuele tirò fuori il capo e allungò la mano per afferrare la torcia attaccata vicino alla porta. Una volta afferrata con entrambe le mani, se la portò davanti a se. Fece un profondo respiro, ed entrò.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


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Ecco il terzo capitolo di Incubus: The Castle!
Mi sa che dovrei trovare untitolo migliore.
In questo capitolo, vengono introdotti due nuovi personaggi.
Buona lettura!



«Secondo me ci siamo persi», disse Emanuele mentre osservava gli alberi attraverso il finestrino della vettura.
«Ti dico che non ci siamo persi. So esattamente, dove siamo», rispose Davide alla guida del veicolo.
La vettura sfrecciava sulla strada sterrata. I fari della macchina fendevano l’oscurità della notte senza luna e stelle. Emanuele portò una mano alla testa, per arruffarsi i folti capelli rossi, mentre con gli occhi nero pece, guardava gli alberi che sfilavano davanti al finestrino.
«Allora, se sai dove ci troviamo. Sai dirmi, quanto manca all’arrivo?».
Chiese Emanuele a Daniele.
«Non manca molto».
«Questo l’hai detto anche quando era ancora giorno».
«Vuoi guidare te?».
«Lo sai che non so guidare».
«Già, quindi stai zitto. E quando arriveremo, saprai che siamo arrivati.»
Daniele si concentrò ancora di più sulla strada. Cercando di ignorare Emanuele. Aveva degli occhi celesti e portava i capelli tirati all’indietro con un unguento. Entrambi gli uomini non superavano i trent’anni. Indossavano entrambi delle uniformi militari di colore cachi.
«Sei molto maturo», aggiunse Emanuele, mentre osservava Daniele alla guida.
«Ma che cazzo…».
«Ma bene, ora cominci anche con gli insulti? Se continui così, al prossimo incarico, mi faccio cambiare…».
«Non mi rivolgevo a te cretino. Guarda la strada!».
Daniele indicò un ponto della strada illuminato dai fari. Mentre faceva rallentare il veicolo e con una manovra dello sterzo, lo posteggiò sul ciglio della strada. Emanuele spostò lo sguardo sulla zona della strada illuminata dai fari della macchina. Allora, vide dei veicoli posteggiati in uno spiazzo. Ad una prima occhiata, sembravano veicoli militari, per il trasporto delle truppe.
Daniele aprì lo sportello dell’auto e scese. Si portò la mano alla cintura per accendere la torcia.
Emanuele lo seguì subito. E insieme avanzarono verso le vetture.
Nell’aria non si sentiva alcun rumore. I due continuavano l’avanzata. Con le torce illuminavano i vari veicoli. Tutti i posti guida erano vuoti. Cominciarono ad aggirare una camionetta, quando, le loro torce illuminarono un muretto. Ma davanti al muretto, riversati a terra, c’erano una dozzina di corpi. Daniele si avvicinò per controllare meglio. Si accovacciò accanto ad un corpo per ispezionarlo.
«Devono essere stati dei partigiani della zona», riferì Daniele.
«Mi domando solo che fine abbiano fatto i responsabili di questo».
«Io credo di sapere, dove siano», rispose Emanuele. Era davanti ad una delle camionette. Stava puntando il fascio di luce della torcia all’interno del vano di carico.
«Ecco che fine ha fatto la Guardia nazionale», aggiunse Emanuele.
Il vano della camionetta era pieno di corpi dilaniati. L’interno del telo che copriva il vano, era macchiato da chiazze rosse scure.
Mentre Daniele si avvicinava a Emanuele, vide che sotto il camion, il terreno c’era una grossa macchia. La terra si era impregnata di sangue.
«Che spettacolo orribile.»
Commentò Emanuele.
«Ho visto scene peggiori. Hanno fatto la fine che si meritavano».
«Come puoi dire una cosa simile. Nessuno si merita una fine…».
«La cosa che mi interessa ora, è sapere se questa cosa, ha qualcosa a che vedere con il nostro caso. Da qui, non dovrebbe mancare molto al castello».
«Pensi che sia tutto collegato?»
Daniele non rispose. La sua attenzione era stata attirata da delle macchie sul terreno, che si allontanavano dai veicoli. Spostò la torcia per vedere dove andassero a finire. Le macchie di sangue seguivano un percorso che andava a rifinire dietro il muricciolo, seguendo un sentiero che finiva nella foresta. Allora Daniele, tirò fuori una bussola dal cinturone, la osservò per un paio di secondi e poi disse:
«I segni di sangue, vanno nella direzione in cui dovrebbe esserci il castello».
«Ne sei sicuro?».
«Certo».
Daniele rimise la bussola a posto, si passò una mano sul volto e si girò verso Emanuele.
«Dobbiamo rimetterci subito in marcia. Speriamo di non essere arrivati troppo tardi».

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